In manette a Ragusa i braccianti agricoli che abusarono di una ragazzina di 13 anni

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Una storia incredibile , di povertà, che spinge una madre snaturata  a condurre alla prostituzione la propria  figlia 13enne 

Le indagini conclusive della Procura distrettuale di Catania, mettono in luce che la piccola aveva avuto rapporti sessuali con braccianti agricoli dopo aver lavorato in campagne di Acate, in provincia di Ragusa, dove vi sono migliaia di metri quadri destinati alle coltivazioni in serra.

I fatti criminosi sono ricondotti proprio dentro le serre dove  la ragazzina consumava rapporti sessuali con braccianti agricoli nord africani, rumeni e italiani.  I “clienti” fermati sono stati identificati attraverso intercettazioni telefoniche.

Gli illeciti si sono verificati dunque in un ambiente degradato: la madre che spesso non aveva dove dormire ha offerto la figlia in cambio di un tetto, ma anche di soldi, vino, birra, sigarette o di una doccia. La bambina era così abituata ad avere rapporti sessuali con adulti che da poco tempo, hanno scoperto gli uomini della squadra mobile di Ragusa, si era anche “fidanzata” con un marocchino di 30 anni. Un 61enne pretendeva persino l’esclusiva della ragazzina in cambio dell’uso di una sua casa a mare.

La Procura distrettuale di Catania ha subito  disposto il fermo della madre e di quattro clienti, due italiani e due marocchini.

Gli arresti sono stati convalidati dal Gip, che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per quattro di loro e l’obbligo di firma nel comune di residenza per il novantenne.

 

Calabria: per oltre due anni 13enne fu violentata e stuprata dal branco. Sei condanne e due assoluzioni

 

 

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Sei condanne e due assoluzioni per il branco guidato dal figlio del boss che per ben due anni violentò una 13enne a Melito Porto. Una sentenza – affermano Fondazione Pangea e Reama – che nell’assolvere due degli imputati e nel rendere liberi gli altri in attesa del pronunciamento definitivo, rende la ragazza vittima due volte e la umilia. Questa sentenza tollera gli stupri e non protegge le donne dentro e fuori dai processi”.

Carabinieri sotto accusa: due studentesse americane affermano di essere state violentate

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Si cercano adesso riscontri al racconto delle due americane

Un fascicolo è stato aperto dalla Procura di Firenze.  Riguarda il caso di due giovani studentesse statunitensi che accusano due carabinieri di averle violentate mentre erano in servizio. Le ragazze si sono presentate stamani in questura a Firenze, raccontando la loro versione agli agenti di polizia su quanto sarebbe accaduto la notte precedente nella zona di via Tornabuoni.

Secondo quanto riferito dalle due americane, poco più che ventenni, sarebbero state avvicinate dai due carabinieri fuori da un locale e poi le avrebbero accompagnate a casa con l’auto di servizio. Le due giovani, secondo la denuncia depositata in questura, sarebbero state violentate nel loro appartamento nel centro storico, affittato per un soggiorno di studio presso una nota università Usa con sede a Firenze.

Resta da vedere se la loro versione avrà riscontri perché in caso contrario rischiano una denuncia -querela di falso oltre al reato di aver attivato indagini lesive dell’ immagine Arma dei Carabinieri.     Una inchiesta è stata aperta pure dal Comando dei Carabinieri al fine di verificare la fondatezza del racconto delle due giovani studentesse.

 

"Interferenze" nelle acque internazionali

La Libia non è cambiata, vuol agire con violenza

Una imbarcazione delle autorità doganali tunisine hanno fermato due pescherecci del Compartimento Marittimo di Mazara del Vallo, sotto la minaccia delle armi.Si trovavano in acque internazionali antistanti la località tunisina di Zarzis, non distante dal confine con la Libia,

Il momento non è proprio propizio perché come si sa , proprio nella zona  il generale libico Khalifa Haftar, a capo dell’esercito che controlla l’est del Paese, avrebbe impartito la disposizione di colpire le navi italiane che sconfineranno nelle acque territoriali libiche.

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L’avvertimento del rivale del premier libico Fayez al-Sarraj, che parla della missione italiana come di “un’interferenza” sembra quindi farsi sempre più concreta.

Soltanto il contemporaneo intervento di un elicottero militare italiano e di un’unità navale della Marina Tunisina ha fatto allontanare l’imbarcazione. “Esprimo grande apprezzamento per l’azione sinergica ed operativa del Ministero degli Affari Esteri italiano e dell’Ambasciata Italiana a Tunisi, della Marina Militare Italiana e della Marina Militare Tunisina – ha detto il Presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu, Giovanni Tumbiolo -. Tuttavia registriamo indignazione e sgomento per quanto accaduto, un ulteriore episodio di una guerra del pesce che dura da oltre 50 anni e mette a repentaglio l’incolumità dei nostri pescatori”.