I Carabinieri della Compagnia Messina Centro, supportati dalle pattuglie del Nucleo Radiomobile di Messina, intensificano in questo periodo i controlli lungo le principali arterie stradali del capoluogo peloritano ed in particolare sono stati predisposti controlli allo scopo di contrastare lo smercio di sostanze stupefacenti e reati predatori in generale, con una particolare attenzione al rispetto della normativa anti-covid. Nel corso dei servizi, in applicazione di ordine di esecuzione della misura di sicurezza detentiva emesso dall’ufficio esecuzioni penali della Procura della Repubblica del Tribunale di Messina, i militari dell’Arma hanno arrestato il 51enne messinese R.D., già noto alle forze dell’ordine, che è stato rintracciato dai Carabinieri della Stazione di Messina Giostra e condotto alla REMS (Residenza Esterna Misure di Sicurezza) di Naso (ME). Il provvedimento è scaturito a seguito della condanna inflitta all’uomo, ad oltre quattro anni di reclusione, per reati contro la persona. I Carabinieri della Stazione Arcivescovado hanno arrestato, in flagranza di reato, il 47enne M.D., ritenuto responsabile di avere violato le prescrizioni imposte dalla misura della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza con obbligo di soggiorno applicata a suo carico. L’uomo, nonostante avesse l’obbligo di permanere a casa in determinate fasce orarie imposto dalla misura di prevenzione cui è sottoposto, veniva individuato dai militari sulla pubblica via, mentre attendeva di ricevere una consegna tramite servizio di delivery. All’esito delle formalità di rito su disposizione dell’Autorità Giudiziaria è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Nel corso dell’attività di controllo, i Carabinieri del Nucleo Radiomobile hanno altresì proceduto, segnalandoli alla Procura della Repubblica di Messina, nei confronti di: un 37enne ed un 18enne, entrambi messinesi, poiché sorpresi nella recidiva del reato di guida senza patente perché mai conseguita; un 31enne messinese, poiché ritenuto responsabile del reato di porto abusivo di oggetti atti ad offendere. L’uomo, fermato e controllato alla guida di un’autovettura, è stato trovato in possesso, senza giustificato motivo, di un coltello con lama della lunghezza di oltre 20 centimetri, custodito all’interno del vano bagagli. In Procura finito anche un 45enne del capoluogo che, fermato alla guida della sua vettura durante un posto di controllo in stato di apparente alterazione, si è di rifiutato di sottoporsi agli accertamenti sanitari inerenti lo stato psicofisico. Infine, nel corso dei servizi, in cui sono state controllate complessivamente 70 autovetture ed oltre 80 persone, i Carabinieri hanno accertato violazioni alla normativa prevista per il contenimento della diffusione del virus covid-19, con conseguenti sanzioni amministrative elevate nei confronti di 4 persone ed hanno segnalato alla locale Prefettura quali “assuntori di sostanze stupefacenti” sei giovani, di età compresa tra i 18 e 25 anni, trovati in possesso di modici quantitativi di stupefacenti, che sono stati sottoposti a sequestro.
–CHE VERGOGNA BIANCO: RICHIESTA LA MISURA INTERDITTIVA PER ANNI DIECI PER L’EX SINDACO
La Procura regionale della Corte dei conti chiesto alla sezione giurisdizionale Siciliana la misura interdittiva legale per anni 10 e la sanzione di 1,2 milioni di euro per l’ex sindaco di Catania, Enzo Bianco, la sua giunta in carica tra il 2013 e il 2018 e l’allora collegio dei revisori di conti “per avere contribuito al verificarsi del dissesto finanziario” dell’Ente. L’udienza è stata fissata per il prossimo 23 luglio a Palermo.
Dall’attività istruttoria, sottolinea in una nota la Procura regionale della Corte dei Conti, è “emerso, non solo l’omissione delle iniziative necessarie a fronteggiare le gravi irregolarità contabili e la rilevante crisi finanziaria in cui versava il Comune di Catania, ma anche una perdurante ‘mala gestio’ nonché la palese e cosciente violazione dei principi di veridicità, attendibilità e universalità del bilancio, tutte cause che hanno determinato un ulteriore e progressivo aggravamento della situazione finanziaria dell’Ente”…
Sono stati ‘convenuti’ dalla Procura, oltre al sindaco Bianco, anche gli assessori Luigi Bosco, Rosario D’Agata, Fiorentino Trojano, Giuseppe Girlando, Orazio Licandro, Angela Mazzola, Salvo Di Salvo, Marco Consoli Magnano San Lio, Angelo Villari, Valentina Scialfa Chinnici, Agatino Lombardo, e Salvatore Andò. Chiamati a rispondere anche il Collegio dei revisori in carica nel quinquennio antecedente la dichiarazione di dissesto (Natale Strano, Calogero Cittadino, Fabio Sciuto, Francesco Battaglia, Massimiliano Carmelo Lo Certo). “L’articolata e complessa attività istruttoria – sottolinea la Procura regionale della Corte dei conti – si è connotata per una efficace interazione con la Procura di Catania che ha approfondito gli aspetti di rilevanza penale connessi al dissesto del Comune di Catania, ed è stata definita grazie anche al contributo di alta professionalità degli ufficiali e dei militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Catania“.
Nega ogni evidenza l’ex sindaco di Catania Enzo Bianco. Non ci sta a sacrificarsi sulla decisione della Procura dei conti e si difende: “Ricordo che il Comune di Catania aveva dichiarato il predissesto nel 2012 sotto l’amministrazione Stancanelli per indebitamenti della precedente amministrazione”. “Ricordo che per cinque anni – aggiunge Bianco – abbiamo, con grandi sacrifici della comunità, evitato il dissesto, che sarebbe stato pagato dai creditori del Comune. Ricordo che , a parità di criteri contabili, il deficit del Comune non è cresciuto. Anzi. E sono false le affermazioni di segno diverso. Forniremo alla Corte prestissimo ogni utile elemento. La stessa Corte ci ha dato atto della efficacia delle azioni che abbiamo avviato in campo -per esempio- di spese del personale, di costi degli organi politici, di fitti passivi
OMISSIONE DI VIGILANZA ED ISPEZIONE DELL’EX SOPRINTENDENTE PATANE’ AL CIMITERO ETNEO IN VIOLAZIONE DELL’ART19 DEL CODICE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGIO?
Video sulla Vicenda della Biga di Morgantina -Y.T. (Tv.2000)
di Raffaele Lanza
Sul ritrovamento della celebre -oggi ancor di più- biga di Morgantina, reperto archeologico trafugato nel 2017 e la cui inchiesta dei Carabinieri ha «consentito- comè noto – di sgominare un gruppo criminale a elevata pericolosità sociale, dedito alla commissione di reati contro il patrimonio nelle province di Catania, Enna e Siracusa sia concesso spendere due parole.
Anzitutto il recupero – abbiamo appreso dai Carabinieri- è avvenuto prima che potesse essere venduta al mercato nero delle opere d’arte
Secondo quanto si è appreso, sarebbero stati gli indagati, intercettati, a ricostruire la dinamica dell’operazione illegale, realizzata con un complice interno al cimitero.
Il gruppo criminale dalla vendita dell’opera bronzea sperava di potere realizzare due milioni di euro.Abbiamo saputo tutti che una volta imbragata la biga , essa è stata sollevata con elicottero – proprio come se si girasse la scena di un film -e poi poggiata su un camion. Successivamente è stata divisa: la carrozza è stata nascosta in un garage nel Catanese, i due cavalli appunto occultati in una stanza «segreta» realizzata in una villetta privata dell’Ennese. Fin qui la cronaca.
L’appendice riguarda l’epoca del bene che pare non proviene dall’area archeologica situata nel territorio di Aidone (Enna). Secondo l’archeologa Rosalba Panvini, soprintendente-protempore ai Beni culturali di Catania, il manufatto individuato dai militari non risalirebbe infatti al 450 a.C, bensì a poco più di un secolo fa. “È un’opera di fine Ottocento o dei primi del Novecento. Una riproduzione ben fatta, ma non risale certo all’età classica”,
La “Biga di Morgantina”, in bronzo e del peso di una tonnellata, era stata posizionata nel cimitero di Catania sul tetto di una cappella monumentale dalla famiglia Sollima
Apprendiamo che i Carabinieri hanno programmato la consegna alla Soprintendenza ai Beni culturali e all’Identità siciliana di Catania. Ed è qui il punto. O meglio l’appunto. Anche qui viene da sorridere: la comicità prosegue proprio come in un film a puntate. La scoperta del furto della biga è avvenuta con oltre un anno di ritardo, i Carabinieri la ritrovano e la consegnano alla Soprintendente.. Ma viene trascurata finora la responsabilità (indiretta) pure della Soprintendenza di Catania nell’arco di tempo 2017-2018. La riportiamo perchè la Magistratura etnea abbia elementi ulteriori idonei per individuare tutte le responsabilità ipotizzate sulla clamorosa vicenda
Si trascura infatti che la Soprintendenza sia incorsa – l’esperienza ai Beni culturali insegna – nella fattispecie in una chiara violazione del Codice ai Beni culturali e del Paesaggio in vigenza dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, per aver omesso o trascurato la vigilanza del bene bronzeo del Cinquecento e/o fine Ottocento (sarà accertato successivamente) nel periodo di tempo di oltre un anno dalla scoperta del furto e dalla denuncia Sissignore: la vigilanza. Come si applica?
1). La vigilanza sui beni culturali sulle cose di cui all’articolo 12, comma 1, nonché sulle aree interessate da prescrizioni di tutela indiretta, ai sensi dell’articolo 45 compete al Ministero (e alle Soprintendenze n.d.r.). 2. Sulle cose di cui all’articolo 12, comma 1, che appartengano alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali il Ministero provvede alla vigilanza anche mediante forme di intesa e di coordinamento con le Regioni medesime.
Ma riveste pure interesse la lettura dell’ Articolo 19 che prevede l”Ispezione”
E cioè: spieghiamo papale papale:
1. I soprintendenti possono procedere in ogni tempo, con preavviso non inferiore a cinque giorni, fatti salvi i casi di estrema urgenza, ad ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali.
2.” Con le modalità di cui al comma 1 i soprintendenti possono altresì accertare l’ottemperanza alle prescrizioni di tutela indiretta date ai sensi dell’articolo 45 “..
Non trascuriamo neppure che sulle tombe monumentali del Cimitero di Catania la Soprintendenza di Catania ha realizzato una specifica pubblicazione scientifica (una sorta di censimento) Era a conoscenza dunque l’Ente regionale dell’esistenza del bene bronzeo. E non dimentichiamo che per esercitare vigilanza ed ispezioni i Soprintendenti possono – ricordiamo che la penultima Soprintendente era, prima della messa in pensione,_la dirigente M.Grazia Patanè- anzi hanno il dovere di esercitare un controllo periodico sui monumenti del Cimitero etneo. Non sembra affatto che ciò sia stato fatto. Comprendiamo la complessità dei loro compiti dirigenziali,ma in caso positivo la Soprintendente , anche se la Biga di Morgantina non risalga all’epoca classica-non sappiamo- e, quindi priva di elevata preziosità, avrebbe certamente presentato una denuncia -in primis- al Dipartimento ai beni culturali-Sezione del direttore generale- dal quale essa dipende -di Palermo.
Le indagini dei Carabinieri, durate dal 2018 al 2019 e coordinate dalla Procura di Catania, hanno preso spunto da un assalto, il 16 aprile 2018,degli autori del furto a un centro scommesse di San Giovanni la Punta, che fruttò oltre 17.000 euro. Quindi la scoperta del “mediatore tedesco”
E’ passato oltre un anno- secondo i Carabinieri- la scoperta del furto(nel 2018) in virtù delle particolari indagini ed intercettazioni..
Come non sembra pure che sia stato utilizzato il personale Catalogatore degli Uffici di Via Luigi Sturzo a Catania addetto proprio per legge al censimento delle opere d’arte. E la scomparsa della Biga di Morgantina non riguarda un oggetto artistico o piccolo bene ma addirittura- come nelle foto sopra-un bene visibilissimo, importante e prezioso nonostante tutto anche per tipo di materiale impiegato -per gli addetti ai lavori- collocato sopra una tomba monumentale con tanto di foto pubblicata all’epoca dalla Soprintendenza. Non esiste la responsabilità della Soprintendenza? O la Vigilanza sui monumenti è uscita dalla magia di un prestigiatore anzichè del Codice ai Beni culturali che espressamente lo prevede ed è rimasto nell’occasione inapplicato?
L‘ex comandante di Guardia Costiera Gregorio De Falco non ci sta di subire una grave ingiustizia passando per chi non rispetta le regole e ha deciso di impugnare il provvedimento di espulsione decretata dal collegio dei probiviri M5S lo scorso 31 dicembre, incaricando l’avvocato Lorenzo Borrè di procedere con l’atto di citazione nei confronti dell’Associazione M5S contro ill capo politico Luigi Di Maio, depositato presso il Tribunale ordinario di Roma.
“Gregorio De Falco rimane dunque a bordo. Poiché gli atti sono nulli, voglio rimanere nel Movimento perché la mia azione politica è coerente con il contratto, con il programma e con le finalità fondanti del M5S” “Se si fosse deciso a maggioranza di seguire una linea politica differente, per esempio sul dl sicurezza, avrei anche valutato di seguirla se non fosse stata in contrasto con i principi del M5S e con la Costituzione”. E ancora: “Il Movimento ha fatto un grave errore, dando prova del fatto che nel M5S non ci può essere dialettica, contraddicendo anche l’articolo 49 della Carta”.
La decisione disciplinare del M5S contro De Falco – viene giudicato dal ricorrente “gravemente ingiusto e illegittimo sotto molteplici profili” a partire dalla “volontaria lesione delle guarentigie costituzionali sancite dall’articolo 67” della Carta, in base al quale “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. A De Falco i probiviri M5S avevano contestato, tra i vari punti, la mancata partecipazione al voto in Aula del ‘decreto Genova’ e al voto di fiducia su un emendamento del governo al ‘decreto sicurezza’.
Per il M5 S De Falco avrebbe dovuto solo obbedire agli ordini incorrendo nell’inosservanza dell’articolo 3 del Codice etico, il quale tra l’altro obbliga il parlamentare “a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle”.
Non è plausibile – rende noto il legale -“una fiducia in bianco che contrasta apertamente con il dettato dell’articolo 67 e 68 della Costituzione. Il giudice – – dovrà stabilire se un atto negoziale, imposto dal capo di un partito, possa prevalere sulle prerogative costituzionali”.
De Falco “si è sempre mosso in modo ortodosso rispetto ai principi del Codice etico, non si è mai sottratto al principio della concertazione democratica. E’ stato posto un voto di fiducia su questioni che vanno contro non solo il programma elettorale del M5S ma anche contro la coscienza del parlamentare. Espellere un parlamentare sul presupposto della violazione episodica di un vincolo, quello di mandato, vietato dalla Costituzione, esula da una visione democratica e improntata ai diritti costituzionali. Uno Statuto di un partito non può porsi contro i diritti costituzionali”.
“Se la Costituzione vieta il vincolo di mandato, e il vincolo viene inserito in uno Statuto, in un Codice etico – – è comunque nullo perché contrario al dettato costituzionale. Non si può far entrare dalla finestra quello a cui la Costituzione sbarra la porta“.
Il provvedimento di espulsione è illegittimo anche per una serie ulteriore di ragioni tecniche e giuridiche. In primis, scrive Borrè nell’atto di citazione, la nomina di Riccardo Fraccaro, Nunzia Catalfo e Jacopo Berti quali componenti del collegio dei probiviri è avvenuta “in violazione dello Statuto” del M5S…………………….
Si allarga il fenomeno dello sfruttamento lavorativo . Quattro imprenditori agricoli sono stati arrestati dalla Polizia di Ragusa, che ha denunciato anche altri tre imprenditori, accusati di caporalato. Tutti sfruttavano la manodopera dei braccianti agricoli – africani richiedenti asilo, romeni, tunisini e in minima parte italiani – impiegati presso le serre di Vittoria. “Al termine dei controlli, la ‘fotografia’ del territorio rappresenta una situazione di illegalità diffusa – dicono gli inquirenti -. In questa occasione nessuna delle aziende agricole controllate rispettava le norme vigenti”.
Contestate infrazioni pure per le modalità di assunzione (molti i lavoratori in nero); normative sull’edilizia (alloggi dei lavoratori fatiscenti e abusivi); violazioni delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro; violazione del c.d. codice dell’ambiente (discariche abusive di plastica ed anticrittogamici); violazione delle norme sulla salubrità degli ambienti adibiti a civile abitazione (abusive ed in pessime condizioni igieniche incompatibili con la vita).
“I lavoratori hanno reso dichiarazioni tali da permettere alla Squadra Mobile di procedere all’arresto (nei casi più gravi) e alla denuncia in stato di libertà (nei casi meno gravi)”
Sottoposte a sequestro le aree adibite a discarica abusiva e le abitazioni costruite in violazione delle leggi sull’edilizia. I poliziotti hanno accertato l’impiego di minori privi di qualsiasi dispositivo di protezione mentre irrigavano con fertilizzanti tossici per l’uomo. Nelle abitazioni abusive vivevano interi nuclei familiari con neonati che sono stati segnalati ai servizi sociali del comune di Vittoria.
I Carabinieri del N.A.S. di Catania, dopo la denuncia/ segnalazione di alcuni dipendenti dello stabilimento industriale della “St MicroelectroniCs”, per gravi criticità del servizio di refezione aziendale, hanno condotto una ispezione igienico-sanitaria all’interno della mensa ubicata nel sito di via Gorgone 36, gestito da una ditta di Albano Laziale (RM).
Il titolare della ditta, un 65enne di Terni, non nuovo a denunce in materia di violazione alle norme sulla sicurezza , è stato denunciato all’A.G. per la violazione delle leggi in materia igienico-sanitaria.
Riscontrate gravi carenze igienico-sanitarie sia nel laboratorio di produzione alimenti, in cui era in corso- si apprende – il confezionamento di 2.500 pasti, che nella sala di distribuzione, in opera di restauro e tinteggiatura pareti…
Di fronte a tanta evidenza i Nas hanno disposto la chiusura del servizio mensa e del locale dove si svolgeva il servizio sospeso adesso dai Carabinieri
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