PAOLO BORSELLINO: SOLO IN VITA A LOTTARE CONTRO LA MAFIA SOLO ANCHE DOPO LA MORTE
Il giudice Paolo Borsellino in una foto di Archivio della famiglia
Osservazioni di fuoco del consigliere del Consiglio superiore della magistratura Antonino Di Matteo, al processo sul presunto depistaggio sulle indagini sulla strage del 19 luglio 1992 che vede alla sbarra tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di avere imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino. “Non fu solo mafia” la strage di via D’Amelio, in cui furono trucidati il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta”Lui Pm antimafia risponde ai Pm Gabriele Paci e Stefano Luciani.
FIAMMETTA BORSELLINO: ” CI SI RIEMPIE LA BOCCA A PARLARE DI LAVORO IN POOL MA TUTTI CADONO DALLE NUVOLE”
Fiammetta Borsellino,(nella foto sopra), figlia minore del giudice che alla fine dell’udienza si dice “amareggiata, delusa e arrabbiata”. Nel lungo controesame l’ex pm Di Matteo ricorda anche un aneddoto che riguarda l’iscrizione nel registro degli indagati di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, come mandanti esterni alle stragi. “Resistenze o no, io e i colleghi siamo andati avanti per la nostra strada. Sulle indagini su Contrada e la eventuale presenza di personaggi dei servizi nessuno mi disse mai nulla. Le indagini le facevamo noi e nessuno mi pose mai un freno. Per quanto riguarda invece i mandanti esterni alle stragi e il coinvolgimento di Berlusconi e Dell’Utri fu diverso: ci fu una riunione della Dda e fu imbarazzante”.
E aggiunge: “Già si sapeva che la riunione era stata convocata per valutare l’eventuale iscrizione di Berlusconi e Dell’Utri nel registro degli indagati. Il procuratore di allora Giovanni Tinebra dopo una lunga e animata discussione diede l’ok anche se non era d’accordo, ma disse anche che dovevamo procedere con nomi di fantasia e che lui non avrebbe sottoscritto nessun atto”. E’ lo stesso magistrato, senza aspettare la domanda dei pm o degli avvocati, a parlare della polemica scoppiata qualche tempo fa dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni tra il falso pentito Vincenzo Scarantino e il pm Carmelo Petralia in cui il magistrato diceva all’ex collaboratore: “Iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione alla deposizione al dibattimento… mi sono spiegato Vincenzo… se sente pronto lei…”.
Carmelo Petralia e Annamaria Palma sono coinvolti nell’inchiesta per favoritismo a Cosa nostra e calunnia aggravata . “Si è tanto parlato dell’attività di preparazione del collaboratore di giustizia – è Di Matteo che parla – Ricordo che in occasione di interrogatori che venivano verbalizzati e che erano prossimi all’impegno dibattimentale del processo ‘Borsellino ter’ io ho preparato i collaboratori Salvatore Cancemi, o Giambattista Ferrante oppure Francesco Onorato. Cioè tutti quelli che smentivano Scarantino. Ma che cosa significa preparare? Vuol dire al collaboratore ‘Lei giorno tot comparirà davanti alla Corte d’assise’. Oppure ‘gli argomenti saranno questi’ e ancora ‘dica la verità’, né una cosa in più né una cosa in meno. Oppure ‘esponga in chiarezza, non entri in polemica’. Questo vuol dire preparare un collaboratore”.
Di Matteo parla della attendibilità di Scarantino: “Abbiamo dato un giudizio di attendibilità assai, ma assai, limitata, perché nel processo ter non lo abbiamo neppure inserito nella lista dei testimoni – dice -E nei confronti di chi era accusato esclusivamente da Scarantino abbiamo chiesto l’assoluzione di tre dei revisionati. Questo non viene detto da nessuno”. E’ ancora Di Matteo a sottolineare che “c’erano dubbi molto seri sulla credibilità di Vincenzo Scarantino”.
Il Pm si sofferma poi su un fatto: “Siccome l’ipotesi era che soggetti legati ai servizi avessero partecipato alla strage di via D’Amelio, avrei respinto di certo un eventuale loro tentativo di contribuire all’indagine. Noi non ci siamo fatti aiutare dai Servizi, li abbiamo indagati”. E ancora: “Indagai a fondo sulla presenza di Bruno Contrada in via D’Amelio dopo la strage. Fui io a riaprire le indagini su di lui sulla base delle dichiarazioni del pentito Elmo che ci aveva detto di averlo visto allontanarsi dal teatro dell’attentato con una borsa, o dei documenti in mano. A quel punto lessi tutto il vecchio fascicolo, acquisii le sue agende”.Pao
“Vedendo quegli atti mi accorsi che c’era stato un ufficiale del Ros, Sinico, che era andato in procura a Palermo e aveva riferito ad alcuni magistrati di aver saputo che la prima volante accorsa dopo l’esplosione aveva constatato la presenza di Contrada – ha spiegato ancora Di Matteo che indagò sulla strage Borsellino – Fu aperta una indagine molto spinta sui Servizi Segreti. Io stavo per chiedere il rinvio a giudizio del carabiniere che, poi, si decise a fare il nome della sua fonte che indicò in Roberto Di Legami, funzionario di polizia. Di Legami negò tutto. Fu rinviato a giudizio ma poi fu assolto”.
“Né io né i miei colleghi Carmelo Petralia e Annamaria Palma abbiamo mai avuto rapporti con i Servizi segreti, e neppure la Polizia giudiziaria, però c’era il capo del Sisde di Caltanissetta che in quegli anni, tra il 1995 e il 1996, frequentava gli uffici giudiziari di Caltanissetta, anche i magistrati della giudicante, in particolare una collega”. “Ricordo in particolare un soggetto che si presentava ufficialmente come il capocentro della sede di Caltanissetta del Sisde, Rosario Piraino, aveva l’abitudine di frequentare non solo la procura di Caltanissetta, ogni tanto bussava alle porte dei pm amichevolmente. Io personalmente non gli ho mai dato l’occasione di parlare di inchieste ma aveva una frequentazione con i giudici che seguivano il dibattimento come supplenti, in particolare una collega“.
Di Matteo spiega: “Non ho mai avuto nessun elemento di conoscenza, diretta o indiretta, nessuno, né Scarantino né le centinaia di persone che ho sentito, ha mai ipotizzato che Scarantino fosse stato costretto dai poliziotti a dire delle cose. Questo lo devo dire assolutamente. O che sono stati acquisiti elementi in questo senso”.
Sfogo di Fiammetta Borsellino: “Ho ascoltato molto attentamente la deposizione del consigliere Di Matteo e rimango sempre stupita da questa difesa oltre che personale a oltranza di questi magistrati e poliziotti che si sono occupati dell’indagine sulla strage. Ma sembrano tutti passati lì per caso”. “Sembra che tutto quello che riguarda la vicenda di Scarantino e del depistaggio sia avvenuto per le virtù dello spirito santo – dice – Sembra che la vicenda Scarantino si solo un segmento molto piccolo di una indagine, anzi ha dato una incidenza molto importante. Ci si riempie la bocca del lavoro in Pool, ma tutte le volte in cui si chiede come mai non sapessero nulla dei colloqui investigativi cadono tutti dalle nuvole“.
“Tutti dicono che sono venuti in un momento successivo – conclude – ma ciò non vuol dire non venire a sapere ciò che accadeva prima”.