Revocati i domiciliari al sindaco Mimmo Lucano per il quale è arrivato però il divieto di dimora a Riace. Questa la decisione del Tribunale della libertà depositata nella serata di ieri, giorno stesso dell’udienza.
Il primo cittadino del piccolo comune calabrese era finito agli arresti domiciliari il 2 ottobre per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Una libertà condizionata dunque a lasciare Riace e trasferirsi altrove.
Lucano ha ribadito: “Riace non morirà, andremo avanti con un’accoglienza autonoma. Adesso sono io che voglio uscire dal sistema Sprar, non voglio avere più niente a che fare con un governo che non rispetta i diritti umani”. Il sindaco ha poi replicato al prefetto Morcone, che ieri aveva ricordato come il governo negli anni scorsi avesse già avvertito il sindaco delle irregolarità nelle procedure e ha detto: “Morcone si ricordi quando dalla sera al giorno dopo ci mandò 400 immigrati. Come avremmo potuto fare ad ospitarli senza un affidamento diretto della gestione della loro accoglienza?”
Prima di Lucano è comparsa davanti al tribunale del Riesame Lemlem Tesfahun, la compagna etiope del sindaco che ha chiesto la revoca del provvedimento che la obbliga a stare lontano da Riace. La donna è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Avrebbe tentato di far entrare illegalmente in Italia suo fratello combinando un falso matrimonio grazie ai documenti che le avrebbe fornito Lucano. La donna ha pianto davanti ai giudici respingendo le accuse. Poi è uscita accompagnata dal suo avvocato senza rilasciare alcuna dichiarazione .