Il Tribunale penale per i Minorenni di Catania con Sentenza N° 73/2018, depositata in cancelleria il 24 settembre scorso, ha assolto l’imputata M.R.. – accusata di aver ceduto e/o procurato a terzi e comunque illecitamente detenuto quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente di tipo hashish e marijuana, – dal reato di spaccio di sostanze stupefacenti (previsto dall’art. 73 I e IV comma del DPR 309/90). L’imputata era difesa dal legale Davide Tutino noto penalista catanese
“Le motivazioni del Tribunale –commenta l’avvocato Davide Tutino, difensore di fiducia dell’imputata – sono perfettamente in linea con costante e granitica giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha più volte affermato che le risultanze delle intercettazioni non richiedono di riscontri esterni solo “allorché siano connotate da un linguaggio chiaro ed inequivoco”. Nel caso di specie – prosegue Tutino – il contenuto delle poche espressioni estrapolate dalle intercettazioni non consentono di muovere alcun rimprovero all’imputata, nè di poter dimostrare che la stessa fosse coinvolta personalmente nella detenzione e nello spaccio”.
SUD LIBERTA’ RIPORTA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE:
Sentenza
Testo della Sentenza n. 73/2018 del Tribunale penale per i Minorenni di Catania
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE PENALE PER I MINORENNI di Catania,
composto dai Signori:
Dott. Nino Minneci Presidente
Dott.ssa Rosalia Montineri Giudice
Dott.ssa Giuseppina Chiarenza Componente privato
Dott. Gaetano Grimaldi Componente privato
Con l’intervento del Pubblico Ministero Dott.ssa Silvia Vassallo Procuratore della Repubblica sostituto.
E con l’assistenza dell’Assistente Giudiziario Daniela Giunta questi ultimi due non presenti alla votazione ha proferito la
SENTENZA
nella causa
CONTRO
M. R. (omissis), difesa di fiducia dall’Avv. Davide Tutino del foro di Catania – libera non comparsa
IMPUTATA
in ordine al delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 73 I e IV comma DPR 309/90 (formulazione antecedente alle modifiche della L. 49/2006) perché, in concorso con il maggiorenne V.C., nei confronti del quale procede la competente A.G., con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori delle ipotesi previste dall’art. 75 del citato DPR, cedeva e/o procurava a terzi e comunque illecitamente deteneva quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana.
Fatti commessi in Noto in data antecedente e prossima all’08/11/2010 e fino al 13/12/2010.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto emesso dal G.U.P. in data 07.06.2017, M.R. veniva tratta a giudizio per rispondere dei reati a lei ascritti e riportati in rubrica.
All’udienza del 09.01.2018, verificata la regolare notifica del decreto che disponeva il giudizio e constata l’assenza dell’imputata veniva dichiarato aperto il dibattimento ed ammessi i mezzi istruttori richiesti dalle parti. Quindi, con il consenso della difesa, venivano acquisiti gli atti contenuti nel fascicolo del P.M. ivi compresi i verbali di trascrizione delle intercettazioni di conversazioni telefoniche che vedevano coinvolta l’odierna imputata ed altri indagati maggiorenni. Il P.M. rinunciava quindi all’escussione dei testi ammessi.
All’udienza del 27 marzo 2018 si procedeva all’esame dell’imputata.
Infine, all’udienza del 26.06.2018, le parti formulavano le rispettive conclusioni
Il P.M.: assoluzione ai sensi dell’art. 530, 2 c c.p.p. per non aver commesso il fatto.
La difesa: assoluzione perché il fatto non sussiste, in subordine si associa alla richiesta del P.M.
Il Tribunale, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, pronunciava la presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
M.R. è stata tratta a giudizio per rispondere, in concorso con il maggiorenne V.C. (nei confronti del quale procede la competente autorità) dei reati previsti e puniti dall’art. 73 comma I e IV del D.P.R. 309/90, ossia per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, anche in tempo diversi, ceduto e/o procurato a terzi e comunque illecitamente detenuto quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente di tipo hashish e marijuana.
I fatti sarebbero stati commessi a Noto in data “antecedente e prossima all’8.11.2010 e fino al 13.12.2010.”
A sostegno dell’accusa formulata nei confronti dell’odierna imputata, il P.M., con il consenso della difesa produceva l’informativa della Questura di Siracusa datata 13.6.2018 riguardante un’ampia indagine volta a sventare l’attività illecita di spaccio di stupefacenti nella città di Noto e che vedeva coinvolti, oltre all’odierna imputata, diversi indagati maggiorenni, alcuni dei quali legati da un rapporto di amicizia o di parentela con la minore.
Dalla documentazione prodotta dal P.M. emergeva che nel corso della detta indagine intercettando l’utenza (3**.*******) intesta all’indagato M.R., era emerso che detta scheda era in uso prevalente all’allora minore M.R. odierna imputata.
Da accertamenti effettuato dalle Forze dell’Ordine risultava che la giovane, all’epoca, lavorava presso il bar “C*****” ubicato in (…omissis), intestato a M.C., moglie dell’indagato C.G. e sorella di M.R., e che quest’ultimo, che pare lavorasse anch’egli con la sorella, avesse fornito all’imputata la scheda telefonica, monitorata dalle Forze dell’Ordine.
È stato anche accertato che la giovano M.R. intratteneva contatti telefonici con G.E., zio acquisito (in quanto convivente di R.L., zia della minore) e con alcuni proseliti del G.E. fra i quali, per l’appunto, V.C..
Dalle diverse conversazioni captate emerge chiaramente che, gli interlocutori utilizzavano un linguaggio criptato finalizzato ad eludere i controlli.
In particolare poi per diversi indagati minorenni (fra questi M.R., C.G. e G.E.) l’attività investigativa e le diverse operazioni di polizia, conclusesi anche con diversi sequestri di consistenti quantità di sostanza stupefacente conseguenti, hanno permesso di documentare lo svolgimento da parte degli indagati (che pare si servissero anche di giovani pusher) di una cospicua attività volta a garantire illeciti profitti ed hanno fornito riscontri oggettivi a quanto emerso dalle intercettazioni (la cui valenza probatoria è comunque al vaglio della competente autorità giudiziaria).
Diversamente, questo Tribunale ritiene che per quanto concerne M.R. non siano stati acquisiti elementi probatori che possano portare a ritenere la minore coinvolta, in maniera inequivocabile, nell’attività di detenzione e spaccio contestata.
Come la stessa imputata ha dichiarato, in sede di esame, all’epoca lavorava presso il bar di M.C., moglie dell’indagato C.G., ed aveva avuto “una storia di qualche mese” con M.R., fratello della titolare del bar. È emerso inoltre che la M.R., tramite il telefono fornitogli da M.R. intratteneva conversazioni telefoniche con A.C., G.E. e V.C., indagato con il quale la minorenne avrebbe concorso nell’attività di detenzione e spaccio e che la predetta ha dichiarato di conoscere perché facevano parte della medesima comitiva.
Come la stessa ha affermato (sempre in sede di esame) erano persone frequentate perché conosciute sul posto di lavoro e legate da rapporti di parentela o amicizia ed ammesso che in quel periodo faceva uso di sostanze stupefacenti che circolavano nel gruppo.
In particolare, il linguaggio criptico e la brevità delle conversazioni nelle quali l’allora minorenne è coinvolta, non appaiono sufficienti a far ritenere che la ragazza fosse coinvolta direttamente nell’attività di detenzione e spaccio. Infatti, anche a voler ritenere che le poche espressioni estrapolate da una più ampia conversazione, espressioni sicuramente criptiche (“ancora è presto” “va bene nunn’hai” utilizzata nella telefonata con l’A. l’11.11.2010, e “pi mia fatti pensare” relativa alla conversazione con il V. del 21.11.2010), si riferissero alla sostanza stupefacente (della quale comunque genere e quantità rimangono comunque indeterminati) non appaiono sufficienti ad avvalorare le tesi che la minorenne oltre a far uso di droga ed essere verosimilmente, in ragione del contesto frequentato, a conoscenza dell’attività svolta da amici e familiari, fosse coinvolta personalmente nella detenzione e nello spaccio.
Non si ritiene infatti che possano ravvisarsi quei canoni di “chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità che possano consentire, nella ricostruzione del significato delle conversazioni, di non lasciare margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione, (Cass. Sez. VI 3.5.2006 Rispoli, Cass. Sez. IV 25.2.2004, Spadaro).
Per altro secondo costante giurisprudenza della Suprema Corte le risultanze delle intercettazioni non richiedono di riscontri esterni solo “allorché siano connotate da un linguaggio chiaro ed inequivoco (v. Cass. pen. Sez. VI, Sent., 14-11-2016, n. 48009 Sez. 6, n. 3882, del 4/11/2011 – dep. 2012, Annunziata, Rv. 251527).
Nel caso che ci occupa non emergono elementi di conferma idonei a far superare i “ragionevoli dubbi esistenti”.
Invero l’informativa del 13.6.2013 della Questura di Siracusa (acquisita con il consenso della difesa) riferisce che il M.C., la sera del 22.11.2010 era stato visto dai poliziotti appostati, mentre affiancava l’auto Fiat *** tg C*******, a bordo della quale si trovava l’imputata (sedile posteriore) e nell’atto di consegnare qualcosa attraverso il finestrino. Il M. venne per tal motivo fermato per un controllo e poi arrestato, avendo tentato di disfarsi, il durante controllo da parte delle Forze dell’ordine di un pacchetto contenente mezzo panetto di Hashish e 50 gr di marijuana.
Sottoposta a perquisizione anche l’auto nella quale l’odierna imputata si trovava in compagnia di C.G., G.P., M.A. e T.A., veniva però rinvenuta solo “una scaglia di Hashish pari a circa “00,400gr”.
È vero che la minore, mentre era la Commissariato di Polizia, aveva telefonato ad uno dei componenti della comitiva, il V., per l’appunto, e che poco dopo aveva ricevuto una chiamata dalla zia R.L. moglie del G.. Ma da dette conversazioni, brevissime, emerge solo l’esistenza di un rapporto con dette persone e la preoccupazione per la presente della minore al Commissariato, e che non consentono di aggiungere molto al quadro probatorio acquisito.
Per altro neanche la telefonata fatta dalla minore a P.C., a madre del M., il giovane arrestato in flagranza di reato, appare di per sé sola determinante o sufficiente, in maniera inequivoca a dimostrare che la ragazza fosse direttamente coinvolta nelle detenzione e nello spaccio.
Appare infatti in linea con le telefonate precedenti fatte dalla minore ad A.C. ed al V. che esprimono la preoccupazione della minore per l’arresto di uno dei giovani componenti del gruppo arrestato dopo aver ceduto loro la sostanza stupefacente.
In sede di esame l’imputata ha dichiarato “Il ragazzo era stato arrestato ed io volevo aiutarlo, sono una ragazza così, che aiuta il prossimo”.
Infine, al di là delle predette conversazioni, l’imputata non è stata mai vista dagli inquirenti cedere la sostanza a terzi, né è stata trovata in possesso di stupefacenti (anche se la stessa ha ammesso di farne uso), né è stata trovata in possesso di proventi presumibilmente provenienti da attività illecita.
Si ritiene quindi, che al di là di quanto le citate conversazioni possano fare ipotizzare non possa dirsi raggiunta la piena prova della commissione del fatto di reato così come contestato.
L’imputata va quindi assolta sia pure con formula dubitativa.