Ue, Meloni: “Ventotene non è la mia Europa”. Sospesa due volte la seduta in una Camera ad alta tensione

 

Giorgia Meloni - Fotogramma /Ipa

Toni accesissimi a Montecitorio dopo le critiche della premier al testo di Spinelli, Rossi e Colorni al confino nel 1941. Dai banchi della minoranza le urla: “Si vergogni, no al fascismo”. Via libera della risoluzione della maggioranza sul Consiglio

Toni accesissimi in Aula a Montecitorio dopo l’attacco della premier Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene, il testo per la nuova Europa scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 confinati dai fascisti presso l’isola delle Pontine. Seduta sospesa due volte e opposizioni sul piede di guerra in una giornata che ha registrato una escalation di tensione alla Camera.

L’Aula della Camera ha votato, inoltre, a favore della risoluzione di maggioranza, presentata dopo le comunicazioni del premier, Giorgia Meloni, in vista della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21. Il testo della maggioranza ha incassato 188 voti a favore, no 125 e 9 gli astenuti. Bocciate le altre cinque risoluzioni a firma delle opposizioni: del partito democratico, del M5S, di Avs, Italia Viva e Azione. Alcune di queste sono state votate per parti separate, per richiesta dei gruppi firmatari.

Non mi è chiarissima l’idea d’Europa alla quale si fa riferimento -dice la premier alla fine del suo intervento, dopo aver ribadito la linea che terrà al Consiglio Ue del 20 e 21 marzo – anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: ora io spero che tutte queste persone in realtà non abbiano mai letto il manifesto di Ventotene perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa…”.

 Parole che arrivano in chiusura del suo intervento alla Camera, che segneranno l’inizio delle tensioni in Aula, con una doppia sospensione dei lavori decisa dal presidente Fontana. Meloni si dilunga sulla disamina di alcune parti del documento, che vuole citare ad una ad una. Tra i brani letti l’Aula ascolta ‘la rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista’, con tanto di chiosa della premier (“e fino a qui vabbè…”) e ancora: ‘La proprietà privata deve essere abolita, limitata…'”. Le opposizioni iniziano a rumoreggiare, si distingue Federico Fornaro, deputato del Pd e autore di un saggio su Matteotti che si fa sentire.

Ma Meloni incalza, citando un nuovo passaggio: ‘La politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria’, è un altro virgolettato citato. Il manifesto, legge sempre Meloni, conclude: ‘Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna’ e ancora ‘attraverso questa dittatura del partito si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia’.

Bagarre alla Camera, ira opposizioni contro la premier: “Si vergogni”

Quanto basta per scatenare la bagarre finale in Aula, con il presidente Fontana costretto a sospendere i lavori, ma la sosta non placa gli animi e le opposizioni, alla ripresa della seduta alla Camera, attaccano a testa bassa.

A prendere la parola per primo, sull’ordine dei lavori, è il vicecapogruppo di Avs, Marco Grimaldi: “Ci sentiamo profondamente offesi e indignati”, inizia il deputato rossoverde, che poi attacca per il “fatto gravissimo”: “Questo Paese, questa democrazia, questa Costituzione è nata anche a Ventotene. Quegli uomini e quelle donne parlavano dal confine, da una dittatura, in questo Paese o eri suddito o eri ribelle. E’ anche grazie a loro se siete e se siamo liberi”.

A Grimaldi fa eco proprio Fornaro: “Quello che è avvenuto lo riteniamo un fatto grave nei confronti del Parlamento, della storia di questo Paese”. Il manifesto di Ventotene, spiega l’esponente dem, non è “l’inno alla dittatura del proletariato, è l’inno dell’Europa federale, contro i nazionalismi che sono stati il cancro che nel Novecento ha prodotto due guerre mondiali”. Per Fornaro, questo è un oltraggio alla “memoria di Altiero Spinelli, considerato il padre dell’Europa, di Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni”. “Si inginocchi la presidente del Consiglio davanti a loro, altro che dileggiarli. Vergogna, vergogna, vergogna”, conclude il deputato dem.

Credo che alle gravissime parole che la presidente Meloni, un oltraggio alla nostra democrazia, la risposta migliore sia stata data dal presidente Mattarella“.

E’ l’inizio dell’intervento di Alfonso Colucci, del Movimento 5 stelle, che poi ricorda le parole del capo di Stato direttamente a Ventotene, mettendo l’accento soprattutto sulla parte in cui Mattarella disse che era “il fascismo” ad aver mandato “qui diverse persone per costringerle a non pensare o quantomeno per evitare che seminassero pericolose idee di libertà”. “Quanto abbiamo sentito oggi in quest’aula dalla presidente del Consiglio -ribadisce il deputato pentastellato- è un oltraggio. Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo e lei dovrebbe per primo alzarsi da quello scranno. Presidente, si vergogni”, tuona Colucci.

Duro il commento di Elly Schlein: “Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia”. Scrive Matteo Renzi sui social. “La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare”.

La premier a Bruxelles

Nella serata di mercoledì la premier è tornata sul tema da Bruxelles. “Ho solo letto un testo,un testo si  puà distribuire ma non leggere? È un simbolo del quale ho riletto i contenuti. Non capisco cosa ci sia di offensivo nel leggere il testo. Non l’ho distorto, l’ho letto testualmente. Ma non per quello che il testo diceva 80 anni fa, ma per il fatto che è stato distribuito sabato scorso. Un testo 80 anni fa aveva la sua contestualità. Se lo distribuisci oggi, io devo leggerlo e chiederti se è quello in cui credi” commerta in conclusionee.

Tamburi di guerra fra il Libano ed Israele. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani esorta gli italiani a lasciare subito il Paese”

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, condividendo il numero dell’Unità di crisi della Farnesina +390636225 invita gli italiani a lasciare il Paese e comunica:

Visto l’aggravarsi della situazione, invitiamo gli italiani che soggiornano temporaneamente in Libano a non recarsi assolutamente nel Sud del Paese e a rientrare in Italia con voli commerciali il più presto possibile“. . Un invito che, ovviamente, si allarga anche ai turisti italiani a cui si chiede di non recarsi nel Paese.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani
Archivi-Sud Libertà

La  Spagna esorta i connazionali a lasciare il Paese

Anche la Spagna ha esortato i suoi connazionali a lasciare il Libano, mentre si attende l’attacco iraniano contro Israele in rappresaglia all’uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh. “Agli spagnoli che si trovano in Libano, soprattutto se il loro soggiorno è temporaneo, si raccomanda di lasciare il Paese utilizzando i mezzi commerciali esistenti”, fa sapere il ministero degli Esteri, sottolineando “il contesto generale di instabilità”.

Francia: “Lasciare il Libano adesso”

La Francia esorta i connazionale “a lasciare il Libano il più presto possibile“. In una nota, il ministero degli Esteri di Parigi avverte: “In un contesto di sicurezza altamente instabile, richiamiamo ancora una volta l’attenzione dei cittadini francesi, in particolare di quelli di passaggio, sul fatto che sono ancora disponibili voli commerciali diretti con scalo in Francia e li invitiamo a organizzarsi fin da ora per lasciare il Libano il prima possibile”.

 

 

Elezioni, tensioni sia a destra che a sinistra, i seggi disponibili sono ora ridotti per il taglio dei parlamentari

Conte torna a minacciare la crisi. Letta: 'Così si va al ...

 

C’è fibrillazione nel Pd dopo l’approvazione delle liste dei candidati per le prossime elezioni del 25 settembre. Il taglio dei parlamentari riduce i seggi disponibili e aumenta i malumori degli esclusi. “Escluso per scelta politica, no a scuse vigliacche”, il commento di Luca Lotti, mentre Monica Cirinnà accetta in extremis la candidatura: “Farò la mia battaglia”.

PD –  il segretario dem Enrico Letta sarà capolista alla Camera in Lombardia e Veneto. Carlo Cottarelli sarà invece candidato capolista per il Senato a Milano, Fanceschini al Senato a Napoli, Casini e l’ex sindaco Merola a Bologna, l’ex segretaria della Cisl Furlan in Sicilia, Zingaretti nel Lazio. Il microbiologo Andrea Crisanti sarà capolista in Europa.

Nuovamente in corsa con il Pd Alessandro Zan, relatore della proposta di legge contro l’omotransfobia: sarà candidato alla Camera sempre nel collegio di Padova. Tra tante conferme, infine, da segnalare la scelta anche della linea verde, con la decisione di Letta di indicare gli under 35 Rachele Scarpa, Caterina Cerroni, Raffaele La Regina e Marco Sarracino come capilista in Veneto, Molise, Basilicata e Campania.

Tensioni anche in casa pentastellata – Gli iscritti hanno intanto approvato il listino proposto da Giuseppe Conte nell’ambito delle parlamentarie Hanno risposto Sì in 43.282 pari all’86,54% dei voti espressi, mentre i No sono stati 6.732 pari al 13,46%. Alla consultazione hanno partecipato 50.014 persone, il dato più alto di sempre.

Il leader pentastellato spiega: “Ho proposto una piccola squadra di 15 persone, ma non è questione di fedelissimi… Sono persone che possono contribuire a realizzare le nostre battaglie”, prosegue l’ex premier, sottolineando come il listino servirà a garantire “un nucleo essenziale per una continuità d’azione”. Sui social il senatore Danilo Toninelli però critica la decisione del presidente M5S  “I listini bloccati lasciamoli alla Meloni o a Letta. Una candidata come Chiara Appendino merita di essere eletta perché ha preso più voti dagli iscritti grazie al suo eccellente lavoro da sindaca, non perché è blindata da una scelta che non ha nulla a che vedere con la democrazia diretta”.