Palermo, controlli, sequestri, sanzioni, nel settore del commercio

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Palermo

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo, nell’ambito dell’esecuzione dei servizi d’istituto volti a verificare il rispetto della normativa nel settore del commercio a tutela della sicurezza del consumatore, hanno sottoposto a sequestro, nel corso di quattro distinte attività di servizio, n. 221.068 accessori di vario genere.

In particolare, al momento dell’accesso presso gli esercizi commerciali ubicati in Termini Imerese, Bagheria, Cefalù e Lercara Friddi, i militari appartenenti rispettivamente al Gruppo di Termini Imerese, alla Compagnia di Bagheria, alla Tenenza di Cefalù e alla Tenenza di Corleone hanno rinvenuto tale merce non riportante, in forme chiaramente visibili e leggibili, le indicazioni minime in lingua italiana previste dalla normativa sull’etichettatura e sulla sicurezza dei prodotti, riguardanti le informazioni circa il luogo d’origine, il produttore/importatore, le istruzioni, le precauzioni e la destinazione d’uso, nonché il marchio CE che conferisce al prodotto il diritto alla commercializzazione, alla libera circolazione e all’utilizzazione nel territorio comunitario, attestandone la conformità agli standard di sicurezza imposti dall’Unione Europea.

Nel dettaglio, sono stati sottoposti a sequestro oggettistica e decorazioni natalizie (fiocchetti per pacchi regalo, bicchieri natalizi, addobbi per albero di Natale ecc.), prodotti per la persona (brillantini, strass per unghie, elastici, fermacapelli, cerchietti ecc.), materiale casalingo (mollette di legno, petali di stoffa ecc.), nonché prodotti da fumo privi del contrassegno dei Monopoli di Stato e cosmetici non riportanti le indicazioni in lingua italiana degli ingredienti e dell’importatore.

Oltre al sequestro della merce, ai quattro esercenti sono state irrogate le sanzioni amministrative disposte dal Codice del Consumo, prevedendo, nel complesso, sanzioni nel massimo di oltre 100 mila euro. I titolari delle attività sono stati, quindi, segnalati alla Camera di Commercio per gli adempimenti di competenza.

Continua l’attività della Guardia di Finanza diretta a contrastare in tutta la provincia palermitana la diffusione di prodotti non conformi agli standard di sicurezza, contribuendo a garantire una protezione efficace dei consumatori e un mercato competitivo ove gli operatori economici onesti possano beneficiare di condizione eque di concorrenza.

Napoli, la Finanza sequestra a due clan camorristici 150 milioni di euro per reati tributari e finalità mafiosa

Finalità di agevolazione mafiosa di due clan camorristici

 

Napoli

Per delega del Procuratore della Repubblica,  militari dei Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, Trieste e Frosinone, in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, stanno dando esecuzione in Campania, Lazio ed Emilia Romagna a due decreti di sequestro preventivo aventi ad oggetto beni mobili e immobili per un ammontare complessivo di oltre 150 milioni di euro nei confronti di undici soggetti indagati, a vario titolo, anche in forma associativa, per plurimi reati tributari, false comunicazioni sociali, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio.

I reati per cui si procede sono aggravati, per sei indagati, dalla finalità di agevolazione mafiosa di due clan camorristici operanti nell’area orientale di Napoli e, per uno di essi, dall’aver commesso il fatto nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale.

Le indagini che hanno dato luogo ai provvedimenti di sequestro, corroborate dalle convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno fatto luce su articolati meccanismi di frode nel settore degli idrocarburi realizzati, tra il 2015 e il 2021, mediante la costituzione, in Italia e all’estero, di società “cartiere” funzionali a permettere a terzi l’evasione dell’IVA e delle accise e l’applicazione ai consumatori finali di prezzi illecitamente competitivi.

Le società strumentalmente interposte nella filiera commerciale presentavano, infatti, i tratti tipici dei soggetti economici inesistenti: la rappresentanza legale attribuita a soggetti privi di esperienza imprenditoriale, nullatenenti e gravati da precedenti di polizia, a cui veniva garantito un corrispettivo dai promotori del sodalizio; l’operatività limitata nel tempo per evitare controlli ispettivi; l’ammontare sproporzionato, in un limitato spazio temporale, di acquisti e vendite di gasolio per autotrazione; l’assenza di sedi, depositi, dipendenti e mezzi aziendali; il mancato assolvimento degli obblighi contabili, dichiarativi e di versamento delle imposte; la cessazione dell’attività di “impresa” dopo l’avvio di accertamenti di natura fiscale o giudiziaria e il subentro di nuove “imprese” aventi le medesime caratteristiche.

Tra i principali beneficiari della frode vi è una società di Napoli che, fino alla dichiarazione di fallimento, era cogestita di fatto da elementi apicali del clan Formicola e del clan Silenzio, uno dei quali già destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale antimafia.

Agli amministratori di diritto o di fatto di detta società vengono contestati anche i reati di autoriciclaggio per aver impiegato nell’attività economica ingenti flussi finanziari provenienti da una società “cartiera” e di falso in bilancio per aver rappresentato, attraverso crediti inesistenti, una situazione di solidità patrimoniale e di affidabilità creditizia in luogo di ammanchi che avrebbero dato luogo ad una riduzione del capitale sociale.

Le indagini hanno fatto emergere il concreto rischio che gli indagati vanificassero la garanzia patrimoniale per l’erario anche attraverso operazioni su conti esteri, la costituzione di trust, l’iscrizione a piattaforme di bitcoin e la reiterata fittizia intestazione di società e di beni mobili e immobili a soggetti prestanome.

Da qui i provvedimenti di sequestro in corso di esecuzione in data odierna, misure cautelari disposte in sede di indagini preliminari avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i cui destinatari sono presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

 

Napoli: sequestro di 2 milioni di euro ad un elemento di vertice della camorra

 

 

Sequestro di beni a Napoli

 

Un sequestro di rilievo .Gli agenti della Divisione anticrimine-Sezione misure di prevenzione patrimoniali della questura di Napoli hanno sequestrato beni per circa 2 milioni di euro a un elemento di vertice di un clan camorristico, attivo nei comuni napoletani di Arzano, Casavatore e zone limitrofe.

L’uomo, condannato in via definitiva per vari reati, tra cui estorsione aggravata dal metodo mafioso, illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso e furto militare, è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza della durata di 3 anni.

Secondo  accertamenti eseguiti , l’uomo ha continuato a gestire gli affari del clan, soprattutto nel settore delle onoranze funebri.        Su proposta del Questore, il tribunale ha emesso un decreto di sequestro di beni finalizzato alla confisca.

In particolare, sono stati sequestrate diverse unità immobiliari nei comuni di Arzano, Casavatore e Napoli; conti correnti, depositi bancari ed altro per un ammontare complessivo di circa 1 milione di euro; 2 società operative nel settore delle onoranze funebri, attive nel comune di Arzano già destinatarie di provvedimenti interdettivi antimafia emessi nel corso del 2022 dal prefetto di Napoli.

Operazione internazionale “PANGEA XVI” sequestro di 7 milioni di farmaci falsificati o illegali, chiusura di oltre 1300 siti Internet illegali e rischi salute

Negoziazione prezzi dei farmaci: cambiano le procedure. Nuovi criteri e più  trasparenza

Archivi -Sud Libertà

 Roma – Territorio Nazionale
Si è svolta dal 3 al 10 ottobre 2023 la XVI edizione di PANGEA, l’operazione internazionale (svolta dal 3 al 10 ottobre 2023 )  finalizzata a contrastare la commercializzazione online di medicinali e illegali o falsificati.
L’operazione, coordinata a livello mondiale da INTERPOL, ha visto la partecipazione di 89 Paesi. Lo sforzo congiunto di autorità doganali, autorità regolatorie e forze di polizia ha portato a livello mondiale al sequestro di oltre 7 milioni USD di farmaci e dispositivi medici sequestrati, alla chiusura di oltre 1300 siti internet illegali e all’arresto di un considerevole numero di soggetti coinvolti nel traffico di medicinali potenzialmente dannosi per la salute.
Le attività di controllo in Italia sono state effettuate presso i maggiori hub aeroportuali dei Corrieri Espresso e delle Poste, in ragione dell’elevato numero di spedizioni di cui questi sono destinatari. Presso questi hub sono state condotte verifiche congiunte da parte di “team misti” composti da personale di ADM, militari dei Nuclei dei Carabinieri NAS e uffici USMAF, coadiuvati dall’Ufficio Investigazioni della Direzione Antifrode ADM e dal Nucleo Carabinieri AIFA con il supporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Grazie all’intensificazione dei controlli, tra le spedizioni dirette in Italia sono state individuate e sequestrate nel corso della week of action quasi 47.000 unità di farmaci illegali e falsificati, per un valore stimato di oltre 170.000 euro.
L’operazione ha consentito di raccogliere spunti investigativi relativi al traffico internazionale di farmaci ad alto costo. In particolare, è stato possibile intercettare spedizioni illegali di medicinali, effettuate da soggetti non autorizzati e, in molti casi, nel mancato rispetto degli obblighi di garantire la conservazione dei medicinali a temperatura controllata, prefigurando notevoli rischi per la salute qualora somministrati.

 

 

Napoli, maxsequestro di prodotti contraffatti e dannosi per la salute

 

Napoli,

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, nel corso di una serie di interventi effettuati tra il capoluogo e l’area metropolitana, ha sottoposto a sequestro oltre 100.000 prodotti contraffatti e/o “non sicuri”, tipici della festa Halloween, tra cui costumi, mascherine, giocattoli e palloni.

Gli articoli sono risultati privi delle certificazioni minime di sicurezza e di indicazioni per l’utilizzo, e quindi dannosi per la salute del consumatore, soprattutto dei più piccoli.

I responsabili individuati, in totale, sono 12, di cui 4 denunciati all’Autorità Giudiziaria, per i reati di frode in commercio, vendita di prodotti con segni falsi e ricettazione, e 8 segnalati alla Camera di Commercio per violazioni di natura amministrativa.

In particolare, i “Baschi Verdi” di Napoli, nel pieno centro cittadino, hanno individuato un deposito con oltre 20.000 articoli contraffatti gestito da un cittadino senegalese che organizzava lo smistamento della merce falsa insieme ad altri 2 connazionali, per poi venderla nelle zone maggiormente frequentate dai turisti.

Sempre riconducibili al tema Halloween, altri 73.000 articoli, non sicuri e dannosi per la salute, esposti per la vendita, sono stati sequestrati nel corso di un secondo intervento eseguito all’interno di un esercizio commerciale nella Zona Industriale di Napoli, gestito da un cittadino di origine cinese.

Nel corso delle attività di controllo economico del territorio nei quartieri di Poggioreale e Barra nonché nel comune di Portici, i finanzieri del 2° Nucleo Operativo Metropolitano e della Compagnia di Portici hanno sequestrato complessivamente oltre 5.000 articoli, in violazione al Codice del Consumo.

Ai sensi della stessa normativa, anche tra Pozzuoli, Casalnuovo di Napoli, Nola e Santa Maria la Carità, i Reparti del Corpo territorialmente competenti, in distinti interventi, hanno individuato e sequestrato oltre 8.000 pezzi, pronti per essere ceduti in vista della festa, all’interno di 5 esercizi commerciali.

Il dispositivo adottato a presidio del comparto assume ancor più rilevanza se si considera la stretta correlazione tra beni contraffatti e prodotti non sicuri.

 

 

 

Catania, il GIP indaga 28 persone, sequestra attività commerciali, beni e disponibilità finanziarie per un valore di circa 86 milioni di euro

 

La giustizia - bilancia non è l'unico modello possibile: «Il bene non si  costruisce con altro male» - Santalessandro

Archivi-Sud Libertà- (la spada della Giustizia)

Catania

Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica etnea, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (SCICO) e con l’ausilio dei Comandi Provinciali di Milano, Monza, Napoli, Roma, Varese e Verona, un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale etneo ha disposto l’applicazione di misure coercitive personali nei confronti di 3 persone, indagate, a vario titolo e in concorso con ulteriori 28 soggetti, dei reati di bancarotta fraudolenta e documentale, omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio e reimpiego di denaro illecito.

Il Giudice ha disposto, inoltre, il sequestro, nei confronti di tutti gli indagati, delle quote sociali di 25 imprese nonché di beni e altre utilità nella disponibilità di ciascuno di essi per un ammontare complessivo pari a 86 milioni di euro.

Nel dettaglio, l’indagine trae origine dallo sviluppo di talune evidenze emerse nel corso dell’operazione “FOLLOW THE MONEY”, che pone in luce l’attività di  alcuni degli attuali destinatari di misura, tra cui due imprenditori ritenuti nel precedente contesto investigativo contigui al clan “Scalisi” di Adrano (CT), articolazione locale della famiglia mafiosa “Laudani”.

Il procedimento penale scaturito dalla citata operazione è stato definito con la condanna in primo grado di 8 imputati che avevano optato per il rito abbreviato ed il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa dei citati imprenditori, già tratti in arresto nel 2021.

Questi ultimi, alla luce delle evidenze emerse in quell’indagine, avrebbero sistematicamente favorito il clan “Scalisi” di Adrano (CT), articolazione locale della famiglia mafiosa “Laudani”, e il suo esponente di spicco, fornendo, mediante l’alimentazione della cassa e il mantenimento del gruppo e dei suoi sodali, un contributo, stabile e protratto nel tempo, alla realizzazione delle finalità dell’organizzazione mafiosa, al consolidamento del potere economico e all’occultamento e all’incremento del patrimonio del sodalizio, in cambio del quale avrebbero ricevuto protezione e agevolazione nell’espansione delle proprie attività imprenditoriali.

In particolare, a conclusione della citata operazione “FOLLOW THE MONEY”, unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania e dello SCICO della Guardia di Finanza hanno effettuato perquisizioni locali in esecuzione delle misure cautelari disposte dal Tribunale di Catania nel 2021 nei confronti di 5 indagati, rivenendo documenti societari riferibili non soltanto alle aziende già monitorate in quella fase d’indagine, ma anche a ulteriori società e attività imprenditoriali, apparentemente intestate a soggetti terzi, ma di fatto ritenute riconducibili ai due imprenditori.

Nel nuovo filone investigativo, su delega della Procura della Repubblica di Catania, sono stati approfonditi i rapporti commerciali e i flussi finanziari all’interno della rete di 25 imprese facenti capo a tali imprenditori e, al contempo, ricostruite le cause che hanno portato al gravissimo dissesto economico di una delle principali società gestite dai medesimi, avente sede a Catania. Tale impresa, attiva nella commercializzazione di carburante e formalmente amministrata da un soggetto di comodo, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Catania con sentenza del 15 ottobre 2021, a seguito di istanza di fallimento presentata dalla locale Procura.

I mirati approfondimenti svolti dal Nucleo PEF di Catania della Guardia di Finanza sulla società fallita hanno messo in luce – nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti – che lo stato di decozione societario sarebbe stato determinato da due principali fattori:

  • le molteplici e ripetute violazioni alle norme tributarie legate all’omesso versamento dell’IVA per oltre 9,7 milioni di euro solo nel 2019 e stimate nel complesso (per gli anni 2019-2020) in 50 milioni di euro;
  • le condotte di carattere distrattivo operate dai reali dominus, ovverosia i predetti due imprenditori, che, con il concorso di soggetti prestanome a capo di 6 diverse società, tutte riconducibili ai predetti, avrebbero operato ingiustificati prelievi in contante e bonifici in favore di tali compagini societarie, così drenando liquidità per non meno di 27,7 milioni di euro in un arco temporale di poco più di 3 anni (metà 2018 – inizi 2021).

Le distrazioni delle risorse della fallita sarebbero avvenute in un primo momento a favore di 6 società (con sede a Catania, Enna e Milano, operanti nel settore della commercializzazione di carburanti, nella logistica e trasporti e nella compravendita di autoveicoli) e di una persona fisica – rappresentante legale di ulteriori 2 imprese (con sede a Catania e in Bulgaria, attive nel settore della logistica e dei trasporti).

Sono state inoltre individuate e ricostruite molteplici operazioni di trasferimento di fondi “infragruppo”, potendo gli imprenditori contare sul “controllo di fatto” di un numero consistente di aziende, in totale 25, dislocate in diverse province del territorio nazionale (Catania, Milano, Napoli, Roma, Varese e Verona). Tali operazioni avrebbero consentito di riciclare e reimpiegare nel circuito economico legale somme di denaro stimate in circa 48 milioni di euro, rendendo difficoltosa l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

In un caso, ad esempio, le somme trasferite dalla fallita ad un’altra società della “rete”, pari a 6 milioni di euro, sono state successivamente frazionate e trasferite, senza una reale ragione economica, ad altre 11 imprese rientranti sempre nel reticolo societario controllato dai due principali indagati.

In un altro caso, invece, la fallita ha trasferito circa 9,5 milioni di euro ad una società la quale, analogamente a quanto avvenuto nell’esempio precedente, ha a sua volta frazionato e dirottato tali somme su altre 10 aziende del “gruppo”, una delle quali ha poi impiegato parte della liquidità per l’acquisto di beni di lusso del valore di 240.000 euro.

L’anello di congiunzione tra i due imprenditori e la rete dei prestanome a capo delle 25 società e ditte coinvolte sarebbe stato il soggetto posto agli arresti domiciliari, il quale avrebbe rappresentato per i formali rappresentanti legali il referente da cui ricevere indicazioni e a cui rivolgersi in caso di necessità.

Le complesse attività investigative sviluppate dal Nucleo PEF etneo della Guardia di finanza, anche mediante l’acquisizione e l’analisi di copiosa documentazione bancaria, contabile e contrattuale, hanno permesso di sottoporre al vaglio dell’Autorità Giudiziaria etnea plurimi elementi indiziari in merito a condotte di omesso versamento dell’IVA, bancarotta, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio.

Alla luce del complesso delle evidenze investigative raccolte, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale – su richiesta della Procura della Repubblica catanese – ha pertanto disposto:

  • la custodia cautelare in carcere nei confronti dei due imprenditori e gli arresti domiciliari a carico del referente per la rete di prestanome;
  • il sequestro delle quote sociali di 25 attività commerciali (13 società e 12 ditte individuali), site nelle province di Catania (n. 5), Enna (n. 1), Mantova (n. 1), Napoli (n. 1), Milano (n. 13), Roma (n. 3), Verona (n. 1), operanti nel settore della logistica e dei trasporti, delle ricerche di mercato, della commercializzazione di prodotti petroliferi e metalliferi nonché della compravendita di autoveicoli;
  • il sequestro di beni e altre utilità nella disponibilità degli indagati e comunque agli stessi riconducibili fino a concorrenza del valore complessivo di 86 milioni di euro.

L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura della Repubblica di Catania e dalla Guardia di finanza volte a contrastare sotto il profilo economico-finanziario ogni forma di manifestazione criminale e ad evitare i tentativi, sempre più insidiosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, mediante partecipazione al capitale di imprese sane, e di distorsione della concorrenza.

 

Lotta alla criminalità organizzata a Catania – La Finanza applica il Codice Antimafia e sequestra beni, disponibilità finanziarie, rolex e attività commerciali

Archivi -Sud Libertà

Catania

Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito, con il supporto dello Servizio Centrale Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (SCICO) e l’ausilio dei Comandi Provinciali di Mantova, Milano, Monza, Roma e Verona, un provvedimento di sequestro patrimoniale in materia antimafia – emesso dal Tribunale etneo, Sezione Misure di Prevenzione – relativo all’ingente patrimonio, pari a circa 98 milioni di euro, riconducibile a due imprenditori, padre e figlio, ritenuti “socialmente pericolosi” in quanto contigui al clan “Scalisi” di Adrano (CT), articolazione locale della famiglia mafiosa “Laudani”.

L’indagine di prevenzione da cui origina il citato provvedimento si collega alle operazioni “FOLLOW THE MONEY” e “BLACK BLEND”, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania della Guardia di Finanza.

In particolare, nell’ambito dell’indagine “FOLLOW THE MONEY”, i citati imprenditori, già tratti in arresto nel 2021 in esecuzione di apposita Ordinanza di custodia cautelare in carcere del Tribunale etneo, sono stati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa poiché avrebbero sistematicamente favorito il clan “Scalisi” fornendo, mediante l’alimentazione della cassa e il mantenimento del gruppo e dei suoi sodali, un contributo, stabile e protratto nel tempo, alla realizzazione delle finalità dell’organizzazione mafiosa, al consolidamento del potere economico e all’occultamento e all’incremento del patrimonio del sodalizio, in cambio del quale avrebbero ricevuto protezione e agevolazione nell’espansione delle proprie attività imprenditoriali.

Grazie a tale “mutua assistenza” tali soggetti – imprenditori inizialmente operanti nel settore della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano (CT) – avrebbero progressivamente esteso le loro illecite attività imprenditoriali in altre aree del territorio nazionale, diversificandole verso il settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi.

La diversificazione dell’attività sarebbe confermata dalle risultanze dell’operazione “BLACK BLEND”, anch’essa condotta dal Nucleo PEF di Catania della Guardia di finanza, al cui esito i predetti sono stati destinatari, unitamente ad altri indagati, di un decreto di sequestro preventivo delle società e disponibilità a loro riconducibili, emesso dal locale Tribunale, in quanto ritenuti responsabili dei reati di omessa e infedele dichiarazione dei redditi (artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74/2000) nonché di sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici (art. 40 del D.Lgs. n. 504/1995).

In particolare, le investigazioni delle Fiamme Gialle etnee avrebbero disvelato l’operatività di un gruppo criminale, di cui i due soggetti in parola sarebbero stati i promotori e organizzatori, dedito:

  • all’illecita introduzione nel territorio dello Stato di ingenti quantitativi di prodotti energetici provenienti da Austria, Germania, Repubblica Ceca, Romania e Slovenia, formalmente indirizzati a due depositi in provincia di Verona e Catania, ma di fatto destinati ad altri siti etnei di stoccaggio gestiti dagli indagati;
  • alla successiva cessione dei citati carburanti a favore di imprese di autotrasporto e distributori stradali operanti nel territorio siciliano. La competitività dei prezzi praticati sarebbe stata assicurata grazie alla sistematica evasione, per decine di milioni di euro, delle imposte dovute sui prodotti energetici, in particolare l’IVA, ricorrendo all’omissione ovvero alla presentazione di dichiarazioni fiscali infedeli.

Sulla base degli elementi raccolti nel corso delle indagini, i due imprenditori sono stati considerati soggetti “pericolosi per la società” e, pertanto, nei loro confronti sono stati eseguiti mirati approfondimenti diretti a verificare il sussistere delle condizioni previste dal codice delle leggi antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) per l’applicazione delle misure di prevenzione a carattere patrimoniale. A tal fine, il Nucleo PEF di Catania della Guardia di Finanza ha svolto articolati accertamenti economico-finanziari individuando i beni e le disponibilità, direttamente o indirettamente riconducibili ai proposti.

Le analisi svolte per valutarne la loro coerenza rispetto alle fonti reddituali lecite prodotte dai medesimi e dai relativi nuclei familiari hanno fatto emergere – nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti – un’evidente sproporzione tra le ricchezze accumulate e i redditi complessivamente prodotti, risultati talmente esigui da non poter assicurare nemmeno il sostentamento familiare.

Alla luce dei riscontri eseguiti, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, su proposta della Procura etnea, ha pertanto disposto il sequestro di prevenzione dei seguenti beni e disponibilità riconducibili ai citati soggetti, ritenuti frutto o reimpiego dei proventi illecitamente accumulati:

  • quote sociali e relativi compendi aziendali di 28 attività commerciali (di cui 23 società con sede in Italia, 1 società di diritto estero e 4 ditte individuali), site nelle province di Catania (n. 16, di cui 9 in Catania città, 5 in Adrano e 2 in Biancavilla), Enna (n.1), Mantova (n.1), Milano (n.3), Roma (n.1), Verona (n.5) nonché nella città di Villach in Austria (n.1), operanti nel settore della logistica e dei trasporti, della commercializzazione dei prodotti petroliferi e immobiliare;
  • 70 beni immobili (di cui 36 fabbricati e 34 terreni), situati nelle province di Catania (n. 47, di cui 1 in Aci Catena, 40 in Adrano e 6 Biancavilla), Enna (n.6), Messina (n.2), Mantova (n.6), Modena (n.2) e Verona (n.7);
  • denaro contante per 1,7 mln di euro nonché gioielli e preziosi (9 rolex e 16 tra monili, anelli e bracciali) per un valore di oltre 250.000 euro, rinvenuti nella disponibilità dei medesimi;
  • rapporti bancari e finanziari, personali e societari, con disponibilità poste a disposizione dell’amministratore giudiziario complessivamente pari a 16 milioni di euro,

per un valore complessivo di circa 98 milioni di euro.

 

 

 

Sequestrati dalla Finanza 90.515 farmaci dopanti estremamente pericolosi per la salute (come l’ipertrofia muscolare)

Archivi-Sud Libertà 

 

Napoli

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno proceduto al sequestro, nei confronti di due soggetti italiani residenti tra Casoria e Afragola, di un ingente quantitativo di farmaci dopanti provenienti dall’estero, sprovvisti di autorizzazione all’immissione in commercio in Italia e contenenti sostanze nocive alla salute.

Le operazioni sono state condotte dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Frattamaggiore che, a seguito di attività info-investigativa, hanno intercettato due pacchi provenienti dall’est Europa, in transito nell’hinterland partenopeo, al cui interno erano contenuti i medicinali illegali.

Dopo aver identificato i destinatari della merce, due personal trainer gestori di una palestra, nei loro confronti è stata effettuata una perquisizione domiciliare che ha consentito di rinvenire e sottoporre a sequestro 90.515 prodotti confezionati.

Tra i dopanti cautelati, sono state individuate anche numerose dosi di anabolizzanti e androgeni, sovente utilizzati in occasione di gare di bodybuilding e inseriti nella lista dei farmaci vietati stilata dalla World Anti-Doping Agency (WADA), in quanto estremamente pericolosi per la salute. Tali sostanze, infatti, contribuendo ad accelerare l’ipertrofia muscolare, alterano i normali processi ormonali degli assuntori, favorendo l’insorgenza di gravi effetti collaterali.

Il quantitativo sequestrato, una volta immesso sul mercato nero, avrebbero fruttato ricavi illeciti per circa 1 milione di euro.

Per farmaci come il GH “Growth Hormone”, presenti tra le sostanze sottoposte a sequestro ed estremamente vietati, infatti, i bodybuilder sono disposti a spendere fino a 500 euro per singola confezione, pur di ottenere risultati visibili in occasione di gare ed eventi sportivi.

Palermo, la Finanza sequestra, con numerosi mezzi aerei e navali, oltre 5,3 tonnellate di cocaina

 

 

Palermo

I Finanzieri del Comando Provinciale di Palermo e della componente aeronavale del Corpo, nell’ambito di un articolato dispositivo di contrasto ai traffici illeciti via mare, hanno portato a termine un’eccezionale operazione di servizio che ha portato, al momento, al fermo, disposto dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, di 5 soggetti – un italiano, 2 tunisini, un francese ed un albanese – e il sequestro di 1 imbarcazione e di oltre 5,3 tonnellate di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

Si tratta del più importante sequestro di cocaina mai eseguito sull’intero territorio nazionale e uno dei più rilevanti a livello mondiale.

L’intervento, condotto con l’impiego di numerosi mezzi aerei e navali – costieri e alturieri – del Comando Operativo Aeronavale di Pratica di Mare (RM) e del Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, in coordinamento con gli investigatori del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Palermo e sotto la costante direzione della Procura della Repubblica – DDA Palermo, ha interessato il tratto di mare prospiciente le coste dell’agrigentino.

In particolare, nella serata di martedì scorso – su segnalazione del II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza – un ATR 72 del Comando Operativo Aeronavale, in servizio di ricognizione nel canale di Sicilia, impiegato da alcuni giorni nel monitoraggio di una nave mercantile di interesse investigativo battente bandiera di Palau, rilevava l’avvicinamento alla stessa da parte di un motopeschereccio partito dalle coste calabresi, emerso nell’ambito delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Palermo.

Veniva quindi predisposto uno strutturato dispositivo di polizia, con l’impiego di ulteriori mezzi aerei e navali in forza al Gruppo Aeronavale di Messina, al Gruppo Esplorazione Aeromarittima e al Reparto Operativo Aeronavale di Palermo e con il supporto investigativo degli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di polizia economico-finanziario di Palermo.

Lo sviluppo dello scenario operativo portava ad accertare, di notte, che la “nave madre” stazionava ai limiti delle acque territoriali ove aspettava il peschereccio, verosimilmente per un trasbordo illecito.

In particolare, nelle prime ore di mercoledì 19 luglio, si rilevavano anomale operazioni di accumulo di numerosi pacchi sul ponte della nave “madre”, che venivano successivamente scaricati in mare con il repentino avvicinarsi del peschereccio italiano, che nel frattempo aveva disattivato il sistema di localizzazione AIS, per le operazioni di recupero del carico gettato nel canale di Sicilia.

Il dispositivo di intervento si attivava immediatamente sottoponendo a fermo il peschereccio che stava facendo rientro verso le acque territoriali, a bordo del quale, abilmente occultato dietro una pannellatura che celava un ampio locale, veniva rinvenuto un enorme quantitativo di stupefacente.

Immediatamente dopo le unità navali del Corpo si lanciavano all’inseguimento della nave mercantile che nel frattempo stava cercando, senza successo, di riprendere il largo in direzione della Turchia.

Il peschereccio è stato condotto presso il porto di Porto Empedocle (AG) mentre la “nave madre”, con equipaggio composto da 15 soggetti di nazionalità ucraina, turca e azera, è, al momento, scortata da mezzi navali del Corpo in navigazione verso il porto di Palermo.

Le oltre 5,3 tonnellate di cocaina sottoposte a sequestro, destinate a rifornire l’intero mercato nazionale, avrebbero fruttato introiti per oltre 850 milioni di euro.

I soggetti sottoposti a fermo sono stati condotti presso la Casa Circondariale “Pagliarelli” di Palermo a disposizione dell’Autorità giudiziaria.Il Mar Mediterraneo si conferma, ancora una volta, uno dei bacini mondiali maggiormente interessati dai traffici illeciti.

In questo scenario, la Guardia di Finanza svolge il suo ruolo esclusivo di “polizia del mare”, potendo sfruttare le potenzialità di un dispositivo integrato tra la componente investigativa territoriale e quella aeronavale, costiera e di proiezione, tanto per il controllo delle frontiere esterne, quanto per la difesa degli interessi economicofinanziari del Paese e dell’Unione Europea.

 

 

Palermo, la Polizia accoglie provvedimento del Tribunale e applica il Codice Antimafia con sequestro oltre 700 mila euro

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Sequestro della  Polizia di Stato di Palermo , ai sensi del Codice Antimafia, di un conto corrente per un valore di oltre 779 mila euro. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Palermo in accoglimento della proposta congiunta del Procuratore della Repubblica e del Questore di Palermo.

Il provvedimento ablativo è stato ottenuto a seguito dell’attività di indagine sulla gestione di alcuni conti correnti, confiscati nel 2012, nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di alcuni noti mafiosi, da parte di un amministratore giudiziario, alla luce del fatto che lo stesso era deceduto senza avere depositato il rendiconto finale delle attività.

I poliziotti hanno scoperto che l’amministratore giudiziario a partire dall’anno 2005 e fino al 2008, aveva effettuato una serie di indebiti prelievi di denaro dai conti correnti confiscati per oltre 600 mila euro. L’uomo era stato indagato per il reato di peculato continuato, successivamente archiviato per intervenuta morte del reo.

In particolare, tali accertamenti hanno consentito di stabilire che il denaro sottratto era stato utilizzato per scopi personali in investimenti di natura imprenditoriale nel settore vitivinicolo in provincia di Agrigento.  Inoltre, grazie agli accertamenti patrimoniali è stato possibile risalire anche al beneficiario delle attività create con i soldi del peculato.  Successivamente alla morte dell’uomo è emerso che l’erede, in qualità di rappresentante legale e socio di maggioranza dell’azienda agricola, ha venduto un ramo dell’attività per un importo superiore ai 900 mila euro.

In considerazione che il ricavato di tale vendita è stato ritenuto il frutto del reimpiego del denaro illecitamente sottratto attraverso le reiterate condotte di peculato e sussistendo il concreto pericolo che lo stesso potesse essere disperso, il Tribunale di Palermo – sezione misure di prevenzione ha disposto il sequestro d’urgenza del saldo del conto corrente societario per un valore di quasi 800 mila euro.