Diatribe, polemiche, fibrillazioni, sulla sentenza della Cassazione secondo la quale lo Stato deve ora risarcire i migranti della Diciotti

 

Corte Suprema di Cassazione | Palazzo

 

Anche se la riunione della premier Meloni con i componenti dell’Anm sulla riforma della separazione delle carriere è  un ricordo ancora fresco, nuove contestazioni piovono sul governo. E Con  la sentenza  della  Cassazione in accoglimento del  ricorso presentato da alcuni migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018, dopo essere stati soccorsi in mare una pioggia di critiche su Matteo Salvini che all’epoca era il Ministro di turno.

Naturalmente anche la coalizione di centrodestra  criticala decisione dei magistrati, sulla questione della difesa europea continuano a registrarsi dei distinguo, come dimostrano gli attacchi rivolti dal segretario della Lega Matteo Salvini al progetto di riarmo europeo avallato dal Consiglio Ue straordinario di Bruxelles e, soprattutto, nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron (un “matto” che parla di “guerra nucleare”, l’affondo del vicepremier).

La sentenza della Cassazione

Intanto, però, è la diatriba con la magistratura sulla questione migranti a unire la maggioranza, sulla scia dello scontro consumatosi con le toghe sul protocollo d’intesa siglato con l’Albania.

La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti definendo “illegittima” la restrizione della loro libertà personale voluta dall’allora governo giallo-verde con ministro dell’Interno Salvini.

Arrivano puntuali le “critiche”

La sentenza scatena dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che esprime il suo disappunto con un tweet molto critico: è “assai opinabile”, secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della “presunzione del danno”, in contrasto “con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”.

Afferma la premier: “In sostanza, il governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano“. “Non credo”, insiste Meloni, “siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante”.

Anche altri esponenti della maggioranza di governo criticano la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.

Non parliamo di Matteo Salvini, che all’epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. “Mi sembra un’altra invasione di campo indebita“, dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come “vergognosa” invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: “Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno”.

Respinge al mittente le “contestazioni -pesanti” – la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale “sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto”. “Di inaccettabile c’è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso”, replica la Lega.

Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio – presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra – anche i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, vengono sollecitati sulla questione.

Il titolare del Viminale (che all’epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: “Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto”, chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato “stabilì l’inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico”.

Drastico anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente “devastanti” legati alla sentenza della Cassazione: “Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali… Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina”.

L’uccisione di Lorena Quaranta, la studentessa a Furci Siculo, la Corte di Cassazione annulla ergastolo per ex fidanzato: «Stressato dal Covid»

 

Lorena Quaranta, la Cassazione annulla l'ergastolo per il femminicidio: il  fidanzato “era stressato per il Covid”

 

I giudici di merito non avrebbero verificato se la specificità del contesto, il periodo Covid e la difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale». È il ragionamento dei giudici della Corte di Cassazione, nelle motivazioni sulla decisione di annullare con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo per l’infermiere calabrese Antonio De Pace per l’uccisione di Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina, originaria di Favara, in provincia di Agrigento. La giovane fu strangolata dal fidanzato, che ha confessato in una villetta di Furci Siculo (Messina), il 31 marzo 2020. Il femminicidio si verificò nella prima fase della pandemia di Covid-19. Ed è proprio a quel periodo particolare che per i giudici bisogna guardare. L’emergenza e le restrizioni, come è stato ricostruito nella sentenza, avrebbero inciso sull’animo dell’infermiere.

«Deve stimarsi –  che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale».

 

 

 

Verdetto Cassazione: c’è la prova che “Raffaele Lombardo strinse un patto con la Mafia e fece favoritismi”-

Foto d’archivio  “Problemi di Mafia”: a destra l’ex presidente della Regione Sicilia dr.Raffaele Lombardo
di        Raffaele     Lanza

                           SI  APRONO LE PORTE  DELL’INFERNO  PER I MAFIOSI  ECCELLENTI SICILIANI

La vecchia Sicilia politica e mafiosa sta per  entrare per sempre in un girone dell’Inferno e qui seppellita. I favoritismi istituzionali, i rapporti con i boss, le amicizie interessate, gli appalti di comodo, i dirigenti simpatizzanti per la carriera fulminea, hanno ciascuno un prezzo da pagare alla Società . Ci pensano i Supremi Giudici a Catania .

Proprio la Cassazione non fa dormire sonni tranquilli all’ex governatore della Sicilia Raffaele Lombardo  tanto da giudicare  “illogica” la Sentenza che in appello ha assolto dal concorso esterno il  Lombardo – nonostante affermi che strinse un “patto” con la mafia per essere eletto “rapportandosi direttamente” con i boss – sostenendo che manca la prova dell’oggetto del “patto”.

Tale prova  invece “ragionevolmente”, secondo la Suprema Corte, si può individuare in “favoritismi nell’aggiudicazione” di appalti. Sono queste le  motivazioni della Suprema Corte che ha accolto il ricorso del Pg di Catania.

La Cassazione inoltre afferma che  “si impone l’annullamento” della condanna emessa in appello – il 31 marzo 2017 – che aveva ridotto a due anni di reclusione (pena sospesa) e 2400 euro di multa per corruzione elettorale, la pena stabilita in primo grado dal gup di Catania che, il 19 febbraio 2014, aveva condannato l’ex leader del Mpa a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale. “E’ illogico” – “avere conclusivamente attribuito valore dirimente al presunto mancato accertamento dell’oggetto specifico del patto, che tra l’altro, per essere stato necessariamente stipulato ex ante, non poteva riguardare vicende specifiche, ma solo una generica accondiscendenza del politico alle mire del sodalizio, che i quattro settori oggetto d’indagine(vicenda parchi commerciali, vicenda Safab, rapporti don Di Dio Rosario, rapporto con il Bevilacqua) potevano ragionevolmente lasciare individuare in favoritismi riguardanti l’aggiudicazione di opere pubbliche o l’esecuzione di opere private”.
Il  ricorso di Lombardo  è stato valutato dal Tribunale inammissibile per  “incompatibilità logica” perchè con esso il Lombardo tendeva  ad ottenere “una modifica in melius delle statuizioni” che invece sono “suscettibili di essere modificate in peius all’esito del giudizio di rinvio”. Adesso si attende la Sentenza finale. 

 

 

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