LA FINE DEL MINISTRO ALLA CULTURA SANGIULIANO -CHE RAGGIRATO(INGENUAMENTE) DA BOCCIA, RICORDA QUELLA DELLA STORIA DI SANSONE E DALILA

 

 

 

 

di  Raffaele   Lanza

 

Questa storia mi fa venire in mente la leggenda di Sansone che comincia con una violazione della legge di Dio..  Il personaggio biblico si innamorò di una ragazza filistea contro il parere dei proprie genitori .Quando incontrò Dalila, e lei lo pregò di rivelarle il segreto della sua forza, egli violò la parte finale della legge dei nazirei

  Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano, a dieci giorni dallo scandalo emerso per l’incarico di consigliera dei grandi eventi promesso e mai formalizzato al ministero della Cultura   La prima figura, da porre in luce, è una donna molto bella ed attraente.

Le affermazioni della Boccia : “Lui meritava quel posto, è una persona molto competente.  È anche una brava persona, si è trovato in un situazione che non ha saputo gestire, e mi dispiace”, ha poi aggiunto Boccia, seconda la quale Sangiuliano poteva non dimettersi: “Poteva non farlo dicendo la verità dall’inizio”. ù

Boccia ha ribadito il desiderio delle scuse: “Io voglio le scuse dall’uomo, per me e la mia famiglia. Mi ci ha messo lui in pubblica piazza. Fino a pochi giorni fa la mia vita era fantastica, ora non è proprio semplice”

Apprendiamo che il  caso Boccia viene fuori alla luce  a fine agosto, quando la 41enne di Pompei ringrazia pubblicamente via social il ministro Sangiuliano dell’incarico di consigliera per i grandi eventi del ministero della Cultura.

Un incarico che il dicastero smentisce. L’operazione di smentita però si rivela artificiosa,scomposta. E mentre nel palazzo del Collegio Romano tutti si affrettano a prendere le distanze da Boccia, dicendo di non conoscerla o di non sapere, Boccia fa sapere di aver inviato tante email ufficiali, di essere in possesso di biglietti di viaggio, foto nel seguito del ministro Sangiuliano durante un sopralluogo a Pompei in vista dell’organizzazione del G7 della Cultura, video girati con un paio di smart glass dentro la Camera dei deputati.

La moglie di Sangiuliano chiedeva di strappare la nomina

Io non sarei qui se il ministro avesse detto la verità dal primo momento – ha detto Boccia -. Io ho solo rettificato le bugie del ministro. Io non spiavo il ministro, io lavoravo con il ministro”.

Boccia ha detto che lei e Sangiuliano si sono sentiti di continuo in questi giorni, fin dopo il primo incontro con Meloni.

. “Il ministro è diretto da una squadra”, ha aggiunto la 41enne, che ha criticato la gestione della comunicazione da parte del ministero e dello staff di Sangiuliano del caso. “In questa verità ci sono coinvolte tante donne, che io non posso menzionare”. “Io non ero con il ministro quando parlava con la moglie, non conosco la signora [la giornalista Federica Corsini, ndr] – ha detto Boccia -. Io questa conversazione l’ho potuta ascoltare perché il ministro mi ha chiamato e ha lasciato il telefono aperto”. In quella conversazione, la moglie chiedeva “di strappare la nomina. Vorrei sapere se la nomina è stata stracciata per un capriccio di una donna”.

documenti del ministero, dati dal gabinetto

““Io ho solo custodito i documenti che mi sono stati dal gabinetto”, ha poi aggiunto, precisando di non aver mai registrato incontri e altre conversazioni con i parlamentari della destra con cui ha collaborato in precedenza. “Io sono sicura che la scelta di andare in video non è stata del ministro”, ha poi aggiunto.

Io non ho mai avuto un computer quando ero con il ministro – ha detto – e non ho mai scaricato Whatsapp del ministro“.

La donna ha anche smentito che il ministro e lei siano usciti da uno studio medico, circostanza di cui, secondo alcune testate, ci sarebbero delle fotografie acquistate e mai pubblicate da alcuni giornali. Boccia ha riferito che un direttore avrebbe fatto sapere al ministro di avere in mano delle foto dell’ex direttore del Tg2 e della donna, che non avrebbe pubblicato, con l’obiettivo di acquisire credito agli occhi del ministro.

. Boccia ha anche affermato . di non  conoscere il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, al quale alcune testate l’hanno accostata.

Vicenda antipatica per il giornalista Sangiuliano, l’attrazione per la Boccia e i contesti non istituzionali in cui i due sono stati visti e fotografati, fa capire come un uomo di cultura, attento alle proprie cose professionali, possa perdere la testa -anche se per poco tempo- per una bella donna quale è in effetti la Boccia. Troppo tardi si accorge di essere sfruttato come uomo delle Istituzioni e a quel punto l’errore -umano- gli costa la carica  Addio Sangiuliano      , ti hanno cucinato e messo da parte. Chi riceve i benefici da questa fastidiosa vicenda sarà senza dubbio  Maria Rosaria Boccia che potrebbe cambiare i suoi metodi di comunicazione e metterli al servizio dei massimi social.     Riportiamo qui sotto l’analisi dei post rilevanti della faccenda

 

 Elaborata un’analisi dei 50 top post per engagement per ogni social network. Solo su X si ritrovano 4 post sulla vicenda nella classifica dei primi 50 per interazione, mentre sulle altre piattaforme dominano tematiche sportive (calcio, F1, paralimpiadi) e dello spettacolo (Festival del Cinema di Venezia, nuovi film in uscita).

È stata infine analizzata la crescita del profilo Instagram di Maria Rosaria Boccia. Solo nella prima settimana di settembre l’imprenditrice ha guadagnato oltre 89K followers dei 119K totali che la seguono. La media like a post è di 5,8K, mentre la media commenti è di 1,2K. Ipotizzando quale possa essere oggi il valore economico del profilo Instagram di Boccia, si può stimare un guadagno di 2.000 euro per 1 post e 1 storia. Se Boccia decidesse di diventare un influencer, potrebbe dunque guadagnare fino a 20mila euro al mese, pubblicando una media di 20 contenuti al mese (10 post e 10 stories).

“ Tra i primi 50 post per engagement pubblicati in Italia sui social dal 27 agosto, nessuno tratta il caso Sangiuliano. I temi più discussi riguardano invece lo sport (calcio e Paralimpiadi), l’intrattenimento (Festival di Venezia e musica in generale) e le vacanze”. Nel frattempo, “il profilo Instagram della Boccia sta crescendo esponenzialmente, sia in termini di numero di follower sia per il potenziale valore economico associato”.

Messina, Ponte sullo Stretto:” Necessaria una reazione di popolo del Meridione..”

Infrastrutture al Sud e Ponte sullo Stretto: Quali e quanti benefici…?”. È stato il tema del convegno tenutosi oggi, venerdì 4, nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca organizzato dal Rotary Club Messina, Kiwanis Distretto Italia – San Marino, dall’Associazione Centro Studi Diodoro e E-Campus Università. Alla cerimonia di apertura dei lavori è intervenuto il Sindaco Cateno De Luca, dopo i saluti istituzionali e i ringraziamenti per l’invito a partecipare si è soffermato sulle ultime notizie relative alla realizzazione del Ponte sullo Stretto.

Proprio stanotte nel corso dell’ennesima riunione di Commissione è stata definita – ha riferito il Sindaco De Luca – la relazione per evidenziare gli elementi scientifici che portano ahimè, alla non realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Da tempo assistiamo al cosiddetto ‘festival delle fesserie sul Ponte’, poiché a partire da, è meglio fare il Tunnel al Ponte a tre campate, ciò che è emerso qualche ora fa è veramente inverosimile cioè, tra 15-20 anni non oltre, la Sicilia si unirà alla Calabria e dunque il Ponte non è più necessario realizzarlo, per cui questi convegni diventano inutili. Ecco perché le nostre iniziative politiche insieme a questi convegni diventano addirittura un incubo.

Vi ringrazio ancora una volta per l’invito, in quanto anche voi per l’ennesima volta portate al centro dell’attenzione la necessità di realizzare questa importante opera. Intendo esprimere il mio pensiero sotto il profilo politico e per certi aspetti socio – economico, non mi permetto di entrare nel merito degli aspetti tecnici. Sotto il profilo politico quest’opera – ha sottolineato De Luca – rappresenta un delitto di Stato, da quel momento in cui una legge cancella con il governo allora Monti ciò che era stato fatto concretamente perché eravamo quasi ormai all’apertura dei cantieri. Un provvedimento anomalo collegato ovviamente ai poteri forti dell’Europa del nord cioè a quelli che sono i poteri legati alla potenza e alla politica dei loro porti che riescono ad intercettare le merci provenienti dal canale di Suez. Noi invece, mancando le infrastrutture ferroviarie, l’alta velocità che consentono ai nostri porti di diventare punti di riferimento, di conseguenza non siamo nelle condizioni di potere fare una sana concorrenza al nord Europa. Per cui è chiaro che c’è un interesse forte che si è sostituito a quello che nel 2006 aveva portato a coniare definitivamente il corridoio Berlino- Palermo.

Tralasciando questo aspetto dal punto di vista politico in merito alla nostra rappresentanza meridionale in Parlamento – ha continuato il Sindaco – superato lo Stretto questa si consegna al nemico, e chi continua ad agire contro la realizzazione del Ponte lo considero un nemico. E’ indispensabile mostrare la nostra forza meridionalista che declini in termini chiari ciò che è necessario per il Sud, ma ad oggi ancora non si è riusciti. Non si può parlare di Ponte solo qualche anno prima delle elezioni e una volta fatte le elezioni regna il silenzio totale. Lo scandalo a cui abbiamo assistito di recente con il Recovery plan è quello che il Ponte non si poteva inserire perché non previsto nel cronoprogramma relativo al collaudo di questa infrastruttura. Di conseguenza noi riceviamo dall’Europa quasi 200 miliardi perché esiste il Meridione, riconoscono al sud delle risorse con l’obiettivo di tentare il livellamento socio-economico per superare il divario tra nord e sud.

Quindi il 70 per cento di quelle risorse sono state assegnate perché c’è il meridione, e non è altrettanto vero che sono state attribuite al sud il 40 per cento di queste risorse, in quanto a monte ci sono progetti già coperti da appositi finanziamenti che sono stati definanziati e rimessi in circolazione in quel 40 per cento, e quindi a mala pena del Recovery plan se arriverà a noi, circa il 15%, è già una fortuna. Questo è il trattamento che hanno riservato al Sud.

A seguire, si sono inventati il ‘fondino’, peccato che pure in quest’ultimo non hanno introdotto il Ponte sullo Stretto e tutto continua serenamente a tacere. Noi sicuramente, dobbiamo organizzarci perché questa impostazione non ha dato risultati, è necessaria una reazione di popolo del meridione al fine di essere livellati ad avere tutte le opportunità per essere competitivi. Basta – ha concluso il Sindaco de Luca – ad essere lì pronti a chiedere con un cappello in mano”.

Il programma dei lavori è proseguito con gli interventi di Agata Rinciari, presidente Kiwanis Peloro, Tonino Brancato, chairman del convegno, Piero Luccisano, testimonial per il Centro Studi Diodoro e il Prorettore vicario dell’Università degli Studi di Messina Giovanni Moschella. In qualità di relatori hanno partecipato Enzo Siviero, Rettore Università e-Campus su “Connessioni Mediterranee”; Giovanni Mollica, imprenditore e appassionato meridionalista ed esperto di trasporti con “Il ponte e le reti ten-ti”; Fernando Rizzo presidente Rete Civica per le Infrastrutture del Mediterraneo su “Recovery Fund, i fondi assegnati per il Meridione e la violazione dei diritti umani dello Stato centrale”; Salvatore Sciliberto, chair distrettuale “Mantenimento e sviluppo”.

A conclusione dei lavori gli interventi di Francesco Garaffa, segretario Kiwanis Distretto Italia- San Marino; Alfredo Buttafarro, Lgt. Kiwanis Divisione I Sicilia Due Mari Valdemone; e Maura Magni, governatore Kiwanis Distretto Italia-San Marino.

Scandalo dieselgate: la Corte di Giustizia europea boccia la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

 

Pubblichiamo una comunicazione Stampa del M5s a firma di Eleonora Evi con un breve preambolo per la reale comprensione della problematica.

La bufera ha avuto inizio negli Usa quando l’Epa, l’Agenzia americana per la protezione ambientale, ha scoperto l’uso di software che modificavano i dati sulle emissioni delle auto. Tra le case automobilistiche più coinvolte le tedesche Volkswagen e Audi

Il Dieselgate o scandalo emissioni, consiste nella scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel vendute negli Stati Uniti e in Europa consentendo così alle vetture di emettere sostanze inquinanti superiori ai limiti imposti per legge. La manipolazione avveniva attraverso un software. La bufera è scoppiata nel settembre 2015 e non è ancora conclusa come dimostra il fermo dell’amministratore dell’Audi Rupert Stadler.

Dopo quasi due anni dalla fine lavori della Commissione di inchiesta del Parlamento europeo sullo scandalo Dieselgate (EMIS) non si è fatto abbastanza per togliere dalla strada milioni di auto diesel che inquinano più di quanto dichiarato da costruttori e autorità di omologazione. Lo dice chiaramente la Corte dei conti nel documento di riflessione intitolato “La risposta dell’UE allo scandalo Dieselgate” (febbraio 2019).

I revisori inchiodano letteralmente la Commissione Junker alle proprie responsabilità quando affermano che potrebbero essere necessari molti anni per migliorare la qualità dell’aria nelle città considerato l’elevatissimo numero di auto diesel altamente inquinanti in circolazione in Europa, che secondo le stime a disposizione ammonterebbero a ben 43 milioni di veicoli. Perché i recenti sviluppi normativi promossi a livello dell’Unione, tra cui l’introduzione della prova RDE per gli inquinanti atmosferici, ovvero il test in condizioni reali di guida, non hanno avuto un impatto incisivo.

I revisori della Corte dei Conti scrivono che proprio la prova RDE avrebbe potuto portare ad una riduzione maggiore delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) da parte delle auto diesel se la Commissione europea non ne avesse indebolito l’efficacia introducendo dei moltiplicatori con cui rendere più laschi i limiti da far rispettare ai costruttori di auto diesel: “l’introduzione della prova RDE ha portato ad una significativa riduzione delle emissioni di NOx da parte delle autovetture diesel, ma l’impatto avrebbe potuto essere ancora maggiore se fosse stato adottato il limite massimo di 128 mg/km di NOx inizialmente proposto invece di quello di 168 mg/km.”

Tradotto: la Commissione poteva (e noi diciamo doveva) essere più ferma nei confronti delle case automobilistiche e non concedere loro di piegare la nuova procedura di test su strada a loro piacimento, consentendo il raddoppio dei limiti da rispettare fino al 2020.

Una vergogna. Esattamente quanto noi abbiamo sempre denunciato in Commissione EMIS. E un punto su cui la Commissaria all’industria e il mercato interno (la polacca Elżbieta Bieńkowska) è stata incalzata anche durante l’ultimo confronto sul follow-up dell’UE allo scandalo Dieselgate il 20 febbraio scorso.

E non è finita qui. La Commissione europea ha ricevuto un’altra sonora bocciatura del suo operato, questa volta da parte della Corte di Giustizia europea, con sentenza  di condanna di Dicembre 2018.

La sentenza ha annullato parzialmente il regolamento della Commissione – a cui il Movimento 5 Stelle si era opposto con un’obiezione in Parlamento UE – che aveva fissato limiti di emissione per i NOx troppo elevati, in base al cosiddetto “fattore di conformità” ovvero quei moltiplicatori (peraltro privi di solide fondamenta scientifiche) che consentono di annacquare i limiti.

La Corte condanna la Commissione perché la modifica dei limiti è avvenuta per mezzo di un atto “esecutivo”, ovvero una procedura che sfugge al pieno controllo e coinvolgimento dei co-legislatori – quindi del Parlamento europeo – atto che ha modificato un regolamento di base. Cosa significa in poche parole? che la Commissione ha modificato i limiti del regolamento con una procedura “secondaria” e non aveva il potere di farlo.

Ci sono voluti tre anni dallo scoppio dello scandalo dieselgate per confermare quello sempre denunciato, ovvero che annacquare i limiti non avrebbe risolto il problema. Il fatto che il 20 febbraio la commissaria Bieńkowska abbia pubblicamente dichiarato in Parlamento europeo che la sentenza della Corte verrà “probabilmente impugnata” di certo non fa ben sperare e dice moltissimo di quanto l’esecutivo comunitario continui ad essere tristemente prigioniero delle lobby dell’auto.