Mafia Sicilia. Montante condannato pesantemente annuncia ricorso. Il Presidente dell’Antimafia lancia accuse prima del processo. Vibrata polemica con i legali

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Con una condanna a 14 anni di carcere, quasi 4 anni più della pena richiesta, finisce la storia  dell’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani accusato di avere ordito un vero e proprio sistema di spionaggio con la complicità di alti funzionari delle forze dell’ordine. La sentenza è stata emessa in serata, dopo quasi due ore di Camera di consiglio, dal gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello nel processo abbreviato.

La Procura aveva richiesto la condanna a 10 anni e sei mesi di carcere. L’ex comandante della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone è stato condannato a 3 anni,  la Procura ne aveva chiesti 4 anni e sei mesi di reclusione. Quattro anni a Marco De Angelis, ex funzionario della Questura di Agrigento per il quale la Dda aveva chiesto sei anni e undici mesi. Ancora: un anno e quattro mesi per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi, assolto per altri due capi, per il quale erano stati chiesti due anni e otto mesi di reclusione. Diego Di Simone, responsabile security di Confindustria ed ex poliziotto è stato condannato a 6 anni e 4 mesi mentre la richiesta era di  sette anni e un mese di carcere. Assoluzione per Alessandro Ferrara, funzionario Regione siciliana.

 

 

Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, Montante, che dopo avere trascorso quasi un anno in carcere si trova adesso agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media, come spiegato dai pm durante la requisitoria, sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino.

Mentre noi lavoravamo di giorno, qualcuno di notte disfaceva le indagini”, aveva denunciato il pm Luciani durante la requisitoria fiume. I difensori, durante le arringhe difensive, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, avevano detto invece che Montante “ha operato all’insegna dell’antimafia quasi per 10 anni e mezzo e pare che la pubblica accusa si sia ispirata a questo concetto: dieci anni e mezzo hai governato, dieci anni e mezzo stai in galera“. ”Qui c’è anzitutto da prendere atto – ha detto ieri Taormina – che da un punto di vista di implicazioni di carattere mafioso non ce ne sono assolutamente. Si tratta poi di capire se all’interno di questo percorso ci possano essere state delle situazioni che non siano andate secondo quello che avrebbe voluto la legge e questo sarà oggetto di accertamento”.  Antonello Montante resta comunque il simbolo dell’antimafia, conclude Taormina..

Nella foto, Montante amareggiato
Rivendichiamo la titolarità in capo a Montante di essere stato e di essere ancora il vessillo dell’antimafia e chi lo vuole abbattere è il potere mafioso che è riemerso, purtroppo allineato a quello giudiziario che inconsapevolmente sta dando un forte contributo alla sua vittoria”. Prima di concludere le arringhe difensive, c’è stato anche lo spazio per una polemica a distanza tra il difensore di Montante, Giuseppe Panepinto, e il presidente della Commissione nazionale antimafia, Nicola Morra. Panepinto, fuori dall’aula, durante una pausa del processo, ha detto: “E’ semplicemente vergognoso che il presidente della Commissione nazionale antimafia nel momento in cui c’è un processo ancora in corso, venga fuori con esternazioni sulla stampa su vicende che riguardano il processo, perché queste cose possono condizionare il processo”.

Nicola Morra aveva annunciato che la Commissione si occuperà del processo nel quale sono evidenti le trame torbide di interi pezzi di Stato che hanno tradito, e naturalmente sono molto preoccupato che la Procura rimanga isolata, anche perché il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile, un segnale grave”.

Ma il difensore di Montante tuona: “La Commissione nazionale antimafia nel rispetto delle istituzioni ha la possibilità di fare tutte le indagini che vuole, ma non può pubblicare due giorni prima della sentenza esternazioni sul processo. Questi sono fatti molto gravi”. Anche in aula, davanti al gup Luparello, Panepinto ha parlato di “pressioni sul processo“. E prima della sentenza, ha detto: “Non mi aspetto niente di buono…”.

Il legale  Giuseppe Panepinto spiega: “I 14 anni sono perfettamente in linea con il clima che si respirava…”. “Considerando che 14 anni con l’abbreviato sono 20 anni di base vale quanto un omicidio…”. E annuncia già ricorso.

– “Il dispositivo della sentenza dà largamente conto della fondatezza dell’accusa e dello straordinario lavoro che l’ufficio della Procura di Caltanissetta ha svolto in questi anni e fa giustizia di alcune affermazioni che ho sentito durante il processo”. E’ quanto ha detto il Procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone. “Non so di cosa parli la difesa di Montante quando parla di pressioni che ci sono state sul processo Montante, certamente l’ufficio di procura si è mosso in condizione di assoluta libertà senza alcun condizionamento. Abbiamo cercato le prove per ricostruire questo sistema che ha trovato riconoscimento nel dispositivo della sentenza”. “La decisione della Commissione antimafia di indagare sul processo Montante non riguarda noi, certamente il sistema che è stato delineato dalle indagini può consentire sul piano della ricerca amministrativa e dei rapporti tra uomini che svolgono attività pubblica e altri soggetti, la necessità di un ulteriore verifica, quindi la Commissione vorrà acquisire ulteriore elementi”.

Un “cerchio magico” costruito attorno ad Antonello Montante, con la partecipazione di alti rappresentanti delle forze dell’ordine e un rapporto stretto con alcuni organi di informazione. Così, la Commissione regionale antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, presieduta da Claudio Fava, aveva definito il ‘sistema Montante’. Un lavoro intenso, durato dieci mesi, con 49 audizioni. Una relazione, lunga 121 pagine, approvata all’unanimità dai commissari, frutto di centinaia di ore di audizione e decine di migliaia di pagine acquisite sia dall’autorità giudiziaria che dall’amministrazione regionale. Claudio Fava incontrando i giornalisti aveva definito il sistema come un vero e proprio “governo parallelo” che “per anni ha occupato militarmente le istituzioni regionali e ha spostato fuori dalla politica i luoghi decisionali sulla spesa”. “Abbiamo assistito per anni a una privatizzazione della funzione politica che ha trovato un salvacondotto in una presunta lotta alla mafia. Parlo di sistema non a caso – aveva aggiunto Fava – perché si è andati avanti grazie alla benevolenza, alla complicità e alla solidarietà di personaggi appartenenti ai settori più diversi: da quelli istituzionali, a quelli delle professioni. Un sistema con una sua coesione che si è auto protetto”. “Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva proseguito il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. L’obiettivo che si è data la relazione è stato quello di comprendere “i meccanismi che hanno reso possibile una lunga stagione di anarchia istituzionale”. “La forzatura delle procedure, la sistematica violazione delle prassi istituzionali, l’asservimento della funzione pubblica al privilegio privato, l’umiliazione della buona fede di tanti amministratori, l’occupazione fisica dei luoghi di governo, la persecuzione degli avversari politici, fino al vezzo di una certa ‘antimafia’ agitata come una scimitarra per tagliare teste disobbedienti e adoperata come salvacondotto per se stessi attraverso un sillogismo furbo e falso: chi era contro di loro, era per ciò stesso complice di Cosa nostra. Un repertorio di ribalderie spesso esibito come un trofeo: era il segno di un potere che non accettava critiche e non ammetteva limiti”, diceva Claudio Fava. La Commissione antimafia aveva anche raccontato dell’esistenza di accordi per le nomine dei vertici istituzionali regionali: “Abbiamo accertato che alcuni dirigenti regionali sono stati selezionati attraverso dei veri e propri ‘provini’ fatti a casa di Montante che era un privato cittadino. In un caso un dirigente è stato indotto a mettere per iscritto che avrebbe mantenuto fede a certi impegni. Una sorta di scrittura privata usata come garanzia che i ‘desiderata’ di Montante sarebbero stati osservati”. “I dirigenti erano di due tipi – aveva spiegato Fava – quelli fedeli da premiare, sottoposti a forme di quasi vassallaggio, e quelli da cacciare”.

Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva detto il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. La Commissione antimafia ha ascoltato “tutti i dirigenti che si sono succeduti. Ci sono state due categorie di comportamenti nei loro confronti: quelli da premiare perché disponibili alla benevolenza e alle direttive e quelli che andavano cacciati via. Con liste di proscrizione elaborate a tavolino in cui si decideva quelli che dovevano uscire dagli assessorati”. Fava aveva anche parlato dei “provini che questi dirigenti fossero chiamati a tenere prima di entrare all’assessorato. Provini da fare a casa di Montante. In un caso arrivando anche alla impudenza di fare mettere per iscritto al dirigente che doveva essere indicato dall’assessore, ciò che Montante voleva che facesse. Una scrittura privata totalmente illegittima in triplice copia: una da dare all’Assessore, una a Montante e una al futuro dirigente“.

-“Una spy story dai contorni ancora tutti da definire. Che arriva fino al Quirinale con l’ombra delle intercettazioni distrutte tra l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino. . C’è tutto questo nel ‘Sistema Montante’, così come lo hanno ricostruito gli inquirenti, una vicenda complessa che ha  come protagonista Antonello Montante, fino a poco tempo fa considerato un ‘paladino dell’antimafia’, fatta di spie ed ex amici diventati nemici.

Si apprende anche che , secondo l’accusa, rappresentata dai pm di Caltanissetta Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, l’ex presidente degli industriali Montante, che oggi è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino. Montante è stato arrestato nel maggio del 2018 a Milano. Un arresto un po’ rocambolesco perché i poliziotti rimasero fuori dalla porta per quasi un’ora in attesa che Montante aprisse. Solo dopo qualche ora si è capito il perché. L’ex paladino dell’antimafia, amico di politici, prefetti e giornalisti, dopo l’arrivo delle forze dell’ordine, avrebbe gettato dal balcone sei sacchetti contenenti diverse pen drive dopo averle distrutte. O meglio, dopo avere tentato di distruggerle. Fino ad oggi, ufficialmente, non si è mai saputo il contenuto delle pen drive”.

L’AVIDITA’, L’EGOISMO E L’INGIUSTIZIA SOCIALE DI UNA POLITICA CRIMINALE SICILIANA CHE NON VA IN PARADISO

Papa Berlusconi

(Archivio Sud Libertà-)

        SICILIA:   BLOCCO DEI VITALIZI E ASSENZA DI OGNI FENOMENO COSTRUTTIVO    —    I GIOVANI VANNO VIA DALL’ISOLA

di Raffaele.Lanza

 

Non è possibile non condividere il taglio dei vitalizi tranne che si rivesta la carica di parlamentare e si abbia l’interesse – e la spudoratezza- a mantenere il privilegio anche di fronte al grande pubblico.  Se i politici siciliani vogliono dare uno schiaffo alla battaglia identitaria del Movimento proponente hanno essi altri modi per duellare e fronteggiarsi. Riteniamo che tale punto sia indiscutibile nell’interesse della popolazione siciliana e dell’Isola.  Non importa se si è di destra o di sinistra. Quando la casa brucia , si dice, non si guarda la casacca dei pompieri.   La Sicilia è a terra. I  giovani appena laureati vanno via dall’Isola e, adesso dall’Italia pure. Il coraggio di cambiare. Imitato persino dai pensionati che stanno affollando – è il caso di dirlo – le piazze del Portogallo e della Spagna.

Le imprese vanno via, fra l’altro la Mafia è sempre presente con le sue generazioni ed estorsioni. L’informazione è sospettata di omissione e di complicità con diversi leader della politica regionale e capi delle organizzazioni     mafiose prepotenti.  La Magistratura siciliana  offre esempi quotidiani della corruzione e del modus vivendi di certi manager e della classe dirigenziale che comanda tenebrosamente l’apparato regionale.     E’ arbitrario cercare attenuanti a tutto ciò nel fatto che i fenomeni negativi che caratterizzano la nostra vita di siciliani – e del Sud – sono riscontrabili anche altrove. L’affermazione è certamente vera: sarebbe pretender troppo affermare che la Sicilia ha inventato l’abuso, l’arrivismo, l’insipienza amministrativa, la miopia politica, il parassitismo degli inetti, l’ingiustizia sociale…   Adesso non dateci il primato di bloccare il taglio dei vitalizi perchè significherebbe attestare l’assenza pressochè assoluta -oltre all’egoismo e all’avidità personale- di voler creare fenomeni costruttivi

 La scadenza del 31 marzo ha messo ora in fibrillazione  -com’è noto – il presidente dell’Ars G.Miccicchè che candidamente ha ammesso di “opporsi con tutte le sue forze al taglio dei vitalizi “perchè non è immaginabile che un parlamentare debba vivere di stenti e non possa sopravvivere..”

“Io non mi presto ad atti di macelleria sociale”- ha affermato– si sa-  Micciché. ” In Sicilia c’è un ex deputato comunista, una delle persone più belle che questa regione possa annoverare, che vedrebbe il suo assegno ridotto da 6 mila a 600 euro netti. Ma siamo tutti impazziti?”. “Sono invece disponibile – afferma il presidente dell’Ars,  anche commissario di Forza Italia in Sicilia – a studiare un diverso sistema di tagli: se l’Ars la pensa diversamente, mi sfiduci. Sarei orgoglioso di raccontarlo a mia figlia”.

 

Sicilia, il no di Micciché al taglio dei vitalizi: "Se l'Ars lo vuole, mi sfiduci"
Il Presidente dell’Ars G.Miccicchè

E a questo punto è destinato ad acuirsi anche lo scontro con il governatore Nello Musumeci, che condivide moralmente la proposta e  non ha impugnato la norma sul taglio dei vitalizi contestata da Micciché. L’amministrazione regionale, se l’Ars non varasse la riduzione degli assegni, perderebbe circa 70 milioni di euro di trasferimenti statali. Un salasso che Palazzo d’Orleans proprio non può permettersi.

Vitalizi, Musumeci: "Favorevole al taglio, nessuno scaricabarile"

Il governatore Musumeci interviene pubblicamente sull’assegno dei vitalizi

 

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Nella foto, il deputato Francesco Cappello del M5S

La reazione dei 5 Stelle: “Micciché rappresenta il vero volto dell’Assemblea regionale siciliana, anacronistica e irresponsabile. Di fronte alla quotidiana e dilagante difficoltà dei siciliani di pagare le bollette e riempire il frigo – ricorderemo l’affermazione del  capogruppo Francesco Cappello – c’è ancora chi vuole salvare la ricchezza dei pochi, fatta di privilegi come il vitalizio. Micciché fa appello alla sfiducia? Ebbene, é evidente che si sta sfiduciando da solo“.

L’Isola afferma Giancarlo Cancellieri a viva voce perderà circa 5o milioni di euro E non sono pochi per una terra deserta conquista degli ex politici corrotti ed egoisti.    L’assemblea siciliana “costa più della Casa Bianca”    Inammissibile che prevalga ancora questo assunto. Riproponiamo la missiva -comunicato di Giancarlo Cancelleri sul “Ricalcolo dei vitalizi, la responsabilità dell’omesso taglio, e i soldi perduti per la Sicilia…..” sintetizzata nella parte in cui si sofferma sul parere del Presidente della Regione Musumeci perchè pubblicamente lo stesso ha dichiarato che “e’ un fatto morale di cui mi faccio carico, d’altronde la mia storia è chiara”. Per quanto riguarda la norma dello Stato che prevede la riduzione del 30% dei trasferimenti alle Regioni che non taglieranno i vitalizi, il governatore ha precisato: “Il governo non intende impugnare la norma, perché non ritiene che presenti particolari aspetti di incostituzionalità  Ecco la lettera di Cancelleri:

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“Come sappiamo, questo Parlamento costa 137 milioni di euro ogni anno, e in questi anni il Movimento 5 Stelle ha proposto diverse soluzione per abbassarne i costi. Questo è un tema a noi caro di cui abbiamo parlato tanto e che in questi mesi ci ha visti protagonisti di una proposta importante: il taglio dei vitalizi. Il Parlamento Siciliano eroga ogni anno circa 17 milioni di vitalizi, a partire dal primo Presidente nel 1947.

Noi del Movimento 5 Stelle abbiamo proposto, in linea con Camera e Senato, il ricalcolo dei vitalizi che farebbe risparmiare alle casse della Regione Siciliana circa la metà, quindi circa 9 milioni di euro ogni anno. Questa è una grande cifra se si pensa di poterla utilizzare per start-up di giovani per esempio, o come incentivi per le imprese siciliane.

È chiaro però che quando non si governa una regione, quando il Movimento 5 Stelle, che è l’unico che rinuncia al vitalizio, non è al Governo di una regione è difficile pensare che chi gode di questo privilegio rinunci o predisponga una legge che lo taglia. Infatti, anche con Musumeci Presidente della Regione Siciliana e Miccichè Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana i vitalizi in Sicilia non si toccano.

Ma il Governo del Cambiamento, con i Ministri Di Maio e Fraccaro, nella legge di Stabilità del 2018 inseriscono il comma 965 “…ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dall’anno 2019, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, (…) entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, (…) provvedono a rideterminare, ai sensi del comma 966, la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale. Qualora gli enti non vi provvedano entro i termini previsti, ad essi non è erogata una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali a loro favore diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale…”

Nel caso della Sicilia, il 20% dei trasferimenti eventualmente NON erogati, si aggira attorno a 50 milioni di euro. Quindi, ricapitolando, se l’Assemblea Regionale si adegua e taglia i vitalizi, risparmia circa 9 milioni di euro ogni anno, se non lo fa e non si adegua alla norma nazionale, il Governo trasferirà alla Regione Siciliana circa 50 milioni di euro in meno!

Tutti noi abbiamo dato per scontato che entro il 31 Marzo 2019 anche in Sicilia finirà questo privilegio e finalmente si metterà fine a questo spreco…….”

Disco verde alla manovra anche al Senato – Il Pd annuncia ricorso alla Corte Costituzionale- Si scoprono altre tasse per i cittadini

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Tra un fiume di contestazioni ed insulti la manovra è riuscita ad avere l’approvazione al Senato. Nella notte tra il 22 e il 23 dicembre Palazzo Madama ha dato disco verde con 167 voti a favore. Sono stati 78 i contrari mentre 8 gli astenuti. Ora il testo è atteso nuovamente alla Camera prima di diventare legge. Polemiche in Aula con il PD che durante le dichiarazioni ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale.

Adesso il Governo pone la questione di fiducia al Senato  con i deputati di Pd e Leu che hanno abbandonato la Commissione del bilancio sulla manovra. La protesta  è stata fatta  dopo che Daniele Pesco (M5S), presidente della Commissione, ha fatto sapere che probabilmente la commissione non avrebbe avuto il tempo necessario per analizzare tutti gli emendamenti.  Emma Bonino piange in Aula :  alcuni affermano che tale comportamento equivale ad una  sintesi di un iter politico travagliato e complicato.

 

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Come previsto, il Senato si è riunito alle ore 17.00 con la presidente Casellati che ha immediatamente interrotto i lavori convocando i capigruppo per stabilire come procedere per l’analisi del testo della manovra.  Intanto il PD annuncia l’occupazione dell’Aula. Le critiche da parte dell’opposizione sono legate al fatto che la Commissione non ha discusso neanche un emendamento perchè il tempo a disposizione non consentiva l’esame o la lettura

Fedelissimo a sé stesso, il governo sembra tuttavia non curarsi delle proteste e andare avanti sostenuto  dalla maggioranza che gli ha consentito di passare in Senato e rispedire la manovra alla Camera per la terza lettura. “Siamo stanchi ma contenti” ha detto il vicepremier Matteo Salvini, poco prima del voto e “mi pare sia tutto pronto”, ha aggiunto, spiegando che i decreti su reddito di cittadinanza e pensioni saranno approvati “nei primi giorni di gennaio”