Secondo gli investigatori le materie plastiche di scarto – provenienti dal territorio ibleo – venivano recuperate prevalentemente dai teloni di copertura degli impianti serricoli del vittoriese, e risultavano inquinate da agenti altamente tossici come fitofarmaci e pesticidi.
Di “conseguenza vi era una forte concorrenza tra le aziende che si occupavano della raccolta della plastica, le quali cercavano di ottenere il monopolio, anche attraverso il ricorso all’intimidazione mafiosa”
Il sistema messo in atto dagli indagati “era finalizzato ad ottenere il conferimento, in via esclusiva, della plastica dismessa dalle serre alla SIDI della famiglia Donzelli, tanto che il gip ha applicato la misura cautelare nei loro confronti per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”. I Donzelli, titolari di più impianti per il riciclo di materie plastiche, riuscivano ad ottenere tale vantaggio economico attraverso l’intimidazione sistematica dei serricoltori e dei raccoglitori di plastica, messa in atto dal clan, acquisendo una posizione di sostanziale monopolio nel settore.
Il controllo dell’intera vicenda passava da Claudio Carbonaro, il quale, “dopo aver completato il percorso come collaboratore di giustizia, ha fatto ritorno dal 2013 a Vittoria, dove negli anni 80/90 si era reso responsabile di più di 60 omicidi, assumendo un ruolo fondamentale per l’associazione mafiosa e ponendosi a capo dello storico clan Carbonaro-Dominante” e ha promosso, organizzato e diretto l’associazione, d’intesa con Giovanni Donzelli e con l’ausilio di Salvatore D’Agosta detto “Turi Mutanna”, reclutando e coordinando l’attività di raccolta della plastica svolta dai Minardi; quest’ultimi, detti i “barbani”, avvalendosi della capacità di intimidazione promanante dall’appartenenza al clan e dalla conseguente condizione di assoggettamento e omertà, si assicuravano in via esclusiva la raccolta del prodotto, per poi conferirlo, in esecuzioni dei precedenti accordi, esclusivamente presso le imprese della famiglia Donzelli.
L’intervento di Carbonaro nel 2015 ha inoltre “permesso di raggiungere un accordo criminale con la famiglia gelese dei Trubia (anche loro colpiti da provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nissena nel 2016 per i medesimi fatti) per la spartizione dei terreni: difatti i Minardi ottenevano l’esclusiva per la provincia di Ragusa”, dicono gli inquirenti. Tra gli episodi accertati, nel 2015 Salvatore D’Agosta e Gaetano Tonghi “appiccavano il fuoco ad un autocarro di proprietà di una ditta di raccolta plastica al fine di intimidirli e non farli operare sul territorio vittoriese. Nel 2017 Antonino Minardi e Giuseppe Ingala danneggiavano l’autovettura di uno dei responsabili di un’azienda agricola, reo, a loro dire, di aver fatto prelevare la plastica dismessa ad un’altra impresa di raccolta plastica. In quella occasione, venivano arrestati dalla Squadra Mobile di Ragusa due soggetti per detenzione di armi rubate, immediatamente dopo aver commesso il grave atto intimidatorio“.
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. Tra i reati contestati oltre al possesso di armi (Giovanni Donzelli, Raffaele Donzelli, Andrea Marcellino, Francesco Farruggia e Giovanni Longo), figura la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti. Gli indagati smaltivano abusivamente i fanghi speciali provenienti dal lavaggio della plastica, nocivi in quanto costituiti da terra mista a fertilizzanti e pesticidi. I rifiuti venivano interrati e ricoperti con cemento e asfalto o occultati mediante sversamento abusivo nei terreni adiacenti la SIDI dei Donzelli o in altri terreni di Vittoria provocando danni di non poco conto di natura ambientalde