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Ragusa
Si può morire anche per l’ esecuzione di una Tac .Dopo il decesso di una donna di 44 anni, avvenuto la scorsa notte al pronto soccorso dell’ospedale ‘Giovanni Paolo II’ di Ragusa, il direttore sanitario aziendale, Raffaele Elia, ha avviato un’indagine interna.
La 44enne aveva eseguito una Tac con l’utilizzo del mezzo di contrasto. Venerdì prossimo, come richiesto dal primario di Pronto soccorso, sarà verificata la sussistenza di eventuale shock anafilattico attraverso un riscontro diagnostico sulla salma. Ricorderemo che il l Pronto Soccorso di Ragusa –è costituito da una sala di emergenza – in un locale della Radiologia – e nei casi estremi ha recentemente attivato il piano di Emergenza intraospedaliera con l’arrivo in PS della squadra di emergenza….
Ragusa,
I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ragusa hanno dato esecuzione ad un provvedimento emesso dal G.I.P. presso il Tribunale ibleo, con cui è stata disposta la misura cautelare personale in carcere per un imprenditore modicano indagato per aver abilmente e fittiziamente creato nonché commercializzato, in concorso con altri cinque soggetti residenti tra la Lombardia e la Puglia, oltre 3,5 milioni di euro di falsi crediti d’imposta relativi alle spese sostenute per interventi edilizi assistiti dal regime agevolativo del cd. Sisma Bonus, in realtà mai avvenuti.
L’Autorità Giudiziaria ha disposto, altresì, il blocco di tali crediti fiscali inesistenti, con il sequestro di denaro, beni e assetti societari in misura equivalente al profitto del reato, ammontante a 3.572.000 €. Il provvedimento -informa una comunicazione delle Fiamme g.- è stato emesso all’esito di un’articolata indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Ragusa e condotta, sotto il coordinamento del Gruppo di Ragusa, dai Finanzieri della Tenenza di Modica che, tramite i dati estratti dalla “Piattaforma Cessione Crediti” dell’Agenzia delle Entrate, l’approfondita analisi della documentazione bancaria, i mirati sopralluoghi e la raccolta di testimonianze da parte di persone informate sui fatti, hanno portato alla luce il complesso meccanismo fraudolento con cui è stata perpetrata la truffa a danno del bilancio dello Stato.
In particolare, cinque persone compiacenti hanno falsamente attestato di aver ricevuto una serie di lavori di ristrutturazione edilizia per il rischio sismico, su immobili che non sono mai stati nella loro disponibilità, da parte di una società riconducibile ad un imprenditore modicano, formalmente operante nel settore della costruzione di edifici residenziali. La società facente capo all’indagato, di fatto risultata una mera cartiera, ha acquistato i crediti d’imposta generati dai fittizi lavori mediante l’opzione dello “sconto in fattura”. All’esito degli opportuni riscontri, gli immobili utilizzati per l’inserimento nelle comunicazioni, inviate all’Agenzia delle Entrate dagli indagati, sono risultati di proprietà di altre persone fisiche all’oscuro di tali operazioni.
I Bonus si sostanziano nel riconoscimento di una detrazione, di importo variabile a seconda della tipologia, commisurata alle spese documentate per interventi di recupero/restauro degli edifici esistenti o, in particolare, per la riduzione del rischio sismico. I cittadini o le imprese nella disponibilità di immobili, a seguito degli interventi edilizi, possono fruire direttamente della detrazione maturata, beneficiandone nei dieci anni successivi. Tuttavia, il Decreto Rilancio ha previsto, dal 2020, altresì la possibilità di usufruire dei bonus optando alternativamente per: un contributo di ammontare pari alla detrazione spettante, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore che ha effettuato gli interventi (c.d. “sconto in fattura”), ovvero, la cessione a terzi del credito corrispondente alla detrazione maturata. Nel caso oggetto d’indagine, una volta creati, attraverso la falsa attestazione di lavori mai eseguiti, i crediti fittizi sono stati oggetto di ripetute cessioni a terzi per consentire poi la monetizzazione presso intermediari finanziari del “bonus” e la successiva dispersione del profitto del reato. In tal modo gli indagati si sono assicurati i proventi illeciti che sono stati in gran parte autoriciclati per far perdere ogni traccia delle origini fraudolente di tali risorse economiche.
Per queste ragioni, su proposta della locale Procura, il G.I.P. ha disposto il sequestro di quote societarie, beni, disponibilità finanziarie degli indagati, nonché il blocco sul portale dell’Agenzia delle Entrate dei crediti compensabili nei cassetti fiscali riconducibili a 8 imprese (aventi sede tre in provincia di Pistoia, una a Roma, una a Milano, una a Cassino, una in provincia di Cosenza ed una in provincia di Brescia) e 3 soggetti (originari uno della provincia di Pavia, uno della provincia di Brescia e uno della provincia di Cosenza), risultati cessionari finali dei fittizi crediti di imposta. L’attività portata a termine testimonia la particolare attenzione delle Fiamme Gialle iblee verso i più attuali e pericolosi meccanismi di frode al bilancio dello Stato e dell’Unione Europea, che possono essere contrastati solamente unendo all’ampio patrimonio informativo messo a disposizione dai moderni strumenti tecnologici le peculiari tecniche investigative della polizia economico-finanziaria.
Garantire che le risorse necessarie per il rilancio dell’economia del nostro Paese siano correttamente distribuite rappresenta una cruciale forma di tutela dei diritti di tutti i cittadini onesti e degli imprenditori italiani che conducono le proprie attività economiche all’insegna della legalità.
Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Ragusa, su richiesta della Procura, interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie supportate da gravi indizi di colpevolezza, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio……
-V I D E O –
RAGUSA
Approfittavano della serata di Ferragosto per minacciare e rapinare i ragazzi che avevano deciso di passare la vigilia dell’Assunta sulla spiaggia di Marina di Ragusa ma sono stati individuati ed arrestati dai Carabinieri. È quanto in sintesi è successo nella notte tra il 14 e il 15 agosto sul litorale ragusano che per fortuna non ha avuto ulteriori strascichi per il tempestivo intervento dei Carabinieri coadiuvati anche da personale della Polizia di Stato.
In tarda serata numerose segnalazioni hanno iniziato ad essere inoltrate al 112 riferendo di un paio di soggetti che, armati di un collo di bottiglia rotto, minacciavano i giovani avventori del litorale facendosi consegnare i telefoni cellulari per poi dileguarsi sul lungomare. Le pattuglie delle forze di polizia presenti, supportate anche da una squadra della Compagnia di Intervento Operativo del 12° reggimento Carabinieri di Palermo, dopo un rapido coordinamento, hanno iniziato la ricerca dei due balordi che dopo poco sono stati individuati e fermati.
Si tratta di due ragazzi, uno con precedenti specifici e un altro ancora incensurato entrambi originari del Vittoriese. Riconosciuti dalle vittime, gli sono stati rinvenuti addosso quattro telefoni cellulari sottratti poco prima e riconsegnati ai legittimi proprietari mentre uno dei due occultava ancora il collo di bottiglia più un piccolo sfollagente che ovviamente non era autorizzato a portare e che ha comportato anche la denuncia per porto abusivo di oggetto atto ad offendere. I due soggetti sono stati tratti in arresto e condotti presso la caserma dei Carabinieri di Maria di Ragusa dove sono state espletate le formalità di rito.
RAGUSA,
Lotta agli sprechi del denaro pubblico.Militari del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ragusa su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di una organizzazione responsabile di numerose truffe per l’indebito ottenimento di finanziamenti comunitari concessi tra il 2013 ed il 2018 per l’impianto e l’ammodernamento di strutture serricole nelle campagne del vittoriese.
Quindici le persone indagate a vario titolo nell’ambito dell’operazione “CENTOVENTUNO”, portata a termine dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ragusa, con il coinvolgimento di sei aziende ed imprese agricole, utilizzate dagli indagati per accedere indebitamente ai contributi che l’Unione Europea mette a disposizione per lo sviluppo del settore in attuazione della “Misura 121- ammodernamento delle aziende agricole”.
Per cinque degli indagati i giudici hanno configurato l’accusa di associazione a delinquere (art. 416, commi 1 e 2 c.p.), finalizzata alla truffa ai danni della UE (art. 640 bis c.p.) all’utilizzo ed emissione di fatture false (artt. 2 e 8 D. Lgs. 74/2000), bancarotta fraudolenta (art. 216 legge fallimentare) e autoriciclaggio (art. 648 ter 1 c.p.), perché considerati principali artefici dell’intero articolato disegno criminoso, ideato e promosso da T.G. (classe ’56) imprenditore agricolo di Vittoria. Gli altri quattro, familiari e persone vicine, sono:
Sequestrati anche 19 immobili ed orologi di superlusso
Tra gli altri indagati, oltre a soggetti piccoli imprenditori che si sono prestati ad agevolare le diverse fasi delle truffe scoperte, figurano anche quattro funzionari ed un dirigente dell’Ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa, incaricati di procedere ai controlli per constatare lo stato dei lavori, in realtà non realizzati.
L’indagine delle Fiamme Gialle è scaturita dagli sviluppi di una relazione dell’AGEA inviata in Procura, nella quale venivano segnalate incongruenze in merito alle domande di accesso ai finanziamenti presentate da alcune società agricole che avevano ottenuto l’anticipo di contributi economici previsti dal Programma di sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013 – Misura 121. L’attività investigativa delegata dall’A.G. si è articolata sui tradizionali mezzi di ricerca delle prove tipiche delle indagini di polizia economica e finanziaria, quali l’acquisizione di documentazione, l’escussione a sommarie informazioni testimoniali di persone informate sui fatti, l’esecuzione di riscontri nelle scritture contabili delle aziende coinvolte, l’esame della documentazione bancaria di supporto, tutto potendo sempre contare sul supporto delle risultanze ottenute dall’incrocio delle banche dati in uso al Corpo.
All’esito degli accertamenti si rilevava l’esistenza di un sodalizio criminale promosso, coordinato e diretto dall’indagato T.G. che, tramite numerose società agricole a lui o a suoi familiari riconducibili, attraverso un complesso sistema di false dichiarazioni ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, molte delle quali emesse da una società (successivamente fallita), ha ottenuto indebitamente quasi 2 milioni di euro di contributi grazie anche alle condotte di compiacenti funzionari dell’ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa.
Il modus operandi utilizzato prevedeva la predisposizione di articolati progetti di ammodernamento, destinati poi a rimanere solo sulla carta, idonei però ad essere presi a base dagli organi eroganti per l’assegnazione ed il pagamento dei contributi. Infatti, a fronte di un contributo deliberato pari al 40% del valore totale del progetto, vi era immediatamente l’erogazione di un’anticipazione pari al 50% del valore deliberato (20% del totale del progetto). Successivamente, l’istante poteva presentare uno o più stati avanzamento lavori, allegando apposita relazione tecnica, corredata dalle fatture quietanzate riportanti gli estremi della data e del numero del titolo di spesa, del nominativo del fornitore, dell’imponibile e della descrizione della fornitura, per ottenere fino ad un ulteriore 45% del contributo deliberato.
Difatti l’istante poteva ottenere dal momento in cui la propria domanda risultava ammissibile e fino a quanto i lavori erano completati un ammontare pari al 95% del contributo riconosciutogli. In sintesi si è appurato che:
Nel corso delle perquisizioni, sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro:
L’attività in esame costituisce un esempio dell’impegno che la Guardia di Finanza sviluppa quotidianamente nella lotta agli sprechi di denaro pubblico allo scopo di tutelare un utilizzo trasparente ed efficiente dei finanziamenti nazionali e comunitari, tanto più importante in un contesto emergenziale come quello attuale.
RAGUSA
Militari del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ragusa su richiesta del Sost. Proc. Dott. Santo Fornasier nei confronti di 3 soggetti, tutti cittadini italiani, tra cui un pubblico ufficiale appartenente alla polizia locale di Comiso, ritenuti responsabili per aver favorito la permanenza sul territorio nazionale di immigrati clandestini.
Si tratta di: D.G. (classe 1969) di Comiso (RG) – obbligo di dimora ;D.M. (classe 1971) di Comiso (RG) – obbligo di dimora;P.F. (classe 1968) di Ragusa – sospensione dai pubblici uffici mediante interdizione per mesi 6.
Il provvedimento trae origine dallo sviluppo di elementi investigativi emersi nel corso di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico –Finanziaria di Ragusa nell’ambito della op.ne “Smart Truck”, nel settore degli stupefacenti, conclusasi nel novembre scorso con l’arresto complessivo di 8 persone ed il sequestro di 105 Kg di marijuana e 15 Kg di hashish
In particolare, la disamina dei tabulati telefonici delle utenze intestate ai due cittadini extracomunitari individuati in due episodi di minuto spaccio consentiva l’individuazione di una utenza riconducibile ad una donna di Comiso precedentemente arrestata in provincia di Cosenza dall’Arma dei Carabinieri perché trovata in possesso di circa 5 Kg. di marijuana destinata al mercato clandestino vittoriese.
Gli accertamenti avviati permettevano di riscostruire i contatti della donna che da un lato risultava essersi volontariamente addossata la responsabilità del trasporto dello stupefacente per conto di un noto pregiudicato vittoriese e dall’altro aveva messo su una vera e propria “agenzia matrimoniale” e di disbrigo pratiche per consentire ai cittadini extracomunitari l’indebito ottenimento del permesso di soggiorno.
La donna, D.G. (classe 1969) originaria di Pomezia e disoccupata era riuscita a inventarsi un business particolarmente redditizio potendo contare su una fittissima rete di conoscenze sul territorio a fronte di una domanda sempre più incessante. Le modalità erano sempre le stesse: venivano contattate donne single e bisognose di denaro – anche di altre province – con le quali, dopo aver ottenuto la disponibilità a contrarre matrimonio con cittadini extra-comunitari sconosciuti, pattuiva il compenso che mediamente si aggirava attorno ai 5.000 euro e che veniva elargito in più tranches in parallelo con gli adempimenti burocratici.
Ma il momento nel quale la messa in scena raggiungeva l’apice era quello del giorno del fatidico “si”: il trucco e l’abito, i testimoni, la “solita torta” per il festeggiamento presso la Casa Comunale tutto veniva orchestrato nei minimi dettagli per non destare sospetti dinnanzi ad un “amore” che sarebbe durato il tempo strettamente necessario per poter sfruttare lo strumento dei termini previsti dal c.d. divorzio breve introdotto dalla legge 55/2015.
Come se non bastasse, D.G. aveva avviato anche un altro fiorente giro d’affari, mettendo a disposizione la propria abitazione, con falsi contratti di locazione per consentire a suoi conoscenti extra-comunitari di ottenere una fittizia residenza e conseguentemente avviare le pratiche per l’ottenimento in maniera indebita del permesso di soggiorno.
Tra i servizi offerti ai propri “clienti”, la donna si rendeva disponibile a fornire la propria presenza, in sostituzione dei soggetti extracomunitari, per attestare l’effettiva residenza al momento della visita del personale della polizia locale incaricato dei controlli. Stesso tipo di attività veniva svolta anche da D.M. (classe 1971), che oltre a collaborare con la donna, aveva avviato da tempo una lucrosa attività da vero e proprio professionista del settore.
L’uomo, infatti, potendo contare su una fitta rete di conoscenze nell’ambito di uffici comunali e di polizia locale, utilizzava un immobile nella propria disponibilità, diroccato ed inagibile, indicato in decine di richieste di residenza, mentre in altri casi veniva indicato un altro indirizzo ancora più inverosimile in quanto riferibile ad un supermercato. Le richieste invece andavano tutte a buon fine grazie alla esibizione di falsi contratti di locazione registrati all’Agenzia delle Entrate ed al fondamentale illecito contributo di un appartenente alla Polizia Locale di Comiso, P.F., che nell’esercizio delle funzioni di organo accertatore, confermava la presenza dei cittadini extra-comunitari, “chiudendo un occhio” in cambio di 100 euro per ogni residenza falsamente attestata.
Infatti il citato pubblico ufficiale compariva in tutti i verbali di accertamento nei quali veniva sistematicamente confermata e certificata la presenza dei richiedenti, “clienti” del D.M.. Come se non bastasse, quest’ultimo è risultato beneficiario di reddito di cittadinanza che percepisce da oltre un anno.
Al riguardo sono in corso ulteriori accertamenti volti a verificare la titolarità ai fini dell’eventuale decadenza della misura assistenziale. Nel complesso, l’attività ha permesso di individuare:n. 28 casi di falsi contratti di locazione
L’attività in esame costituisce un esempio dell’impegno che la Guardia di Finanza sviluppa quotidianamente per contrastare ogni forma di illecito incluso il favoreggiamento all’immigrazione clandestina e l’insorgere dei numerosi fenomeni illeciti che vi ruotano attorno. Le investigazioni hanno dimostrato infatti come persone senza scrupoli siano riuscite ad individuare delle vere e proprie opportunità di indebito arricchimento dietro un fenomeno, che interessa fortemente la provincia iblea.
Al termine delle perquisizioni, considerati gli elementi raccolti fino a quel momento, i Carabinieri di Vittoria hanno deferito in stato di libertà -per il reato di ricettazione in concorso- quattro persone di origine rumena, che non hanno saputo fornire la provenienza dei materiali rinvenuti. La refurtiva è stata sottoposta a sequestro.
Ora i Carabinieri cercano i legittimi proprietari degli oggetti rinvenuti che siano in grado di dimostrare di essere i titolari dei beni. Pertanto, si invitano gli aventi diritto a presentarsi presso il Comando Compagnia Carabinieri di Vittoria, portando a seguito copia della denuncia di furto ed eventuali fotografie degli oggetti sottratti necessari per effettuare il riconoscimento della merce ed avviare l’iter per la successiva restituzione.
RAGUSA,
Decreto di sequestro beni per circa due milioni di euro per l’imprenditore di 47 anni, Raffaele Donzelli, nel settore del recupero e della trasformazione di materie plastiche del Ragusano.
Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su proposta del Procuratore etneo e del direttore della Dia. Già l’imprenditore era stato arrestato nel maggio dello scorso anno per bancarotta fraudolenta in concorso con dei familiari.
Gli inquirenti ritengono che sia associato al clan ‘Dominante -Carbonaro’, come sostenuto in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’ottobre 2019 confermata dal Tribunale del riesame un mese più tardi. Da ciò era scaturita, nel gennaio 2020, una misura ablativa nei confronti del padre, Giovanni Donzelli, accusato di avere avuto”rapporti con l’associazione di stampo mafioso riferibile alla Stidda, offrendo rifugi e covi a latitanti e mettendo a disposizione la propria casa per le riunioni tra gli esponenti dell’organizzazione mafiosa vittoriese e quelli appartenenti ad altri clan”.
Secondo la direzione investigativa antimafia “l’associazione mafiosa avrebbe reimpiegato proventi illeciti in attività imprenditoriali riferibili a Raffaele Donzelli” e avrebbe aiutato le aziende “a sbaragliare la concorrenza servendosi di metodi criminali come l’intimidazione sistematica”. Tra i beni sequestrati dalla Dia ci sono anche due aziende operanti nel settore dell’abbigliamento, due autovetture, un motociclo, conti correnti e disponibilità bancarie.