MAFIA A CATANIA, OPERAZIONE “MERCURIO”, CHI ERA NELL’ANTIMAFIA-G.CASTIGLIONE- E’ ORA ACCUSATO DI MAFIA INSIEME AD ALTRI

 

 

Sala d'Ercole, l'aula dell'Assemblea regionale

Catania,

l Raggruppamento operativo speciale dell’Arma . si apprende – ha notificato  un provvedimento cautelare nei confronti di 19 indagati.

E cioè: Antonino Bergamo; Emanuele Bonaccorso; Rosario Bucolo; Giuseppe Coco; Antonino Della Vita.

In stato di fermo pure i Antonio Di Benedetto; Domenico Di Gaetano; Pierpaolo Luca Di Gaetano; Vincenzo Fresta; Salvatore Fornaro; Matteo Marchese; Ernesto Marletta; Rosario Marletta; Salvatore Mendolia; Salvatore Mirabella; Santo Missale; Vincenzo Rizzo; Nunzio Vitale.

Sequestrate la «Società Nicotra Biagio Alessio» e la «Onoranze Funebri San Marco».

Nei loro confronti è stata emessa un’ordinanza dal Gip etneo, su richiesta della locale Procura distrettuale, che indica a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso,
estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e scambio elettorale politico mafioso.

Contestualmente alle misure cautelari, nell’ambito della medesima  operazione denominata «Mercurio»,  si aggiunge  un decreto di sequestro preventivo di aziende e beni per un valore di 300 mila euro. Il provvedimento notificato  dal Ros con il supporto in fase esecutiva del Comando provinciale Carabinieri di Catania, dello squadrone eliportato Cacciatori Sicilia e del XII nucleo elicotteri dell’Arma.

L’inchiesta Mercurio rappresenta la prosecuzione del procedimento Agorà e, secondo la Dda di Catania, ha consentito di «acquisire un grave quadro indiziario sulla base del quale sono stati ricostruiti gli affari criminali della famiglia catanese dei Santapaola-Ercolano sviluppati attraverso gruppi a loro storicamente collegati quali quello del Castello Ursino e quello della famiglia di Ramacca, quest’ultima egemone nel territorio anche dopo l’arresto nel 2022 del suo esponente di vertice, Pasquale Oliva. Il quadro indiziario anche evidenziato la capacità dei clan di infiltrarsi nelle istituzioni, attraverso soggetti politici locali dei quali hanno sostenuto la candidatura rispettivamente per le tornate elettorali per i Comuni di Misterbianco e Ramacca del 2021 e dell’Assemblea Regionale Siciliana del 2022.

 

Ma sotto i riflettori , per la carica di deputato e i numerosi incarichi di antimafia, ‘è il deputato regionale siciliano Giuseppe Castiglione, capogruppo del movimento Popolari e autonomisti, tra i destinatari del provvedimento cautelare dell’operazione Mercurio dei Ros contro Cosa nostra etnea coordinata dalla Procura distrettuale di Catania. Eletto nel novembre del 2022 ha ricoperto infatti  ruoli in commissione regionale Antimafia e nelle commissioni Affari istituzionali e Attività produttive. Prima di essere eletto all’Ars era stato eletto al consiglio comunale di Catania, di cui era presidente d’Aula.

L’indagine Mercurio dei carabinieri del Ros, coordinata dalla Dda di Catania, ha fatto luce sulla capacità della famiglia Santapaola Ercolano di «penetrare all’interno della pubblica amministrazione per coltivare i propri interessi economici nel settore degli appalti pubblici». In questo senso, scrive la Procura di Catania, sarebbero «documentate relazioni tra i vertici del gruppo del Castello Ursino ed esponenti della politica locale e regionale, come Giuseppe Castiglione».

Sempre dalle indagini del Ros, ricostruisce la Procura, «sarebbe emerso a livello di gravità indiziaria, in epoca prossima alle consultazioni elettorali per l’Assemblea Regionale Siciliana, avvenute il 15 ottobre del 2022, un accordo tra i vertici dell’articolazione mafiosa dei Santapaola Ercolano, individuati dalle indagini in Ernesto Marletta, Rosario Bucolo e Domenico Colombo, e Giuseppe Castiglione, quale candidato della lista Popolari e Autonomisti per l’Ars, che, in quel periodo, era già presidente del Consiglio Comunale di Catania».

La Guardia di Finanza sequestra beni a un noto penalista per un valore di oltre dieci milioni di euro

 

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari stanno dando esecuzione a un decreto di sequestro preventivo – emesso, su richiesta della  Procura della Repubblica, dal competente G.I.P. del locale Tribunale – di beni, fra i quali prestigiosi immobili ubicati a Bari, nonché cospicue disponibilità finanziarie, del valore complessivo di oltre 10,8 milioni di euro.

Nel provvedimento è stata riconosciuta l’esistenza di un concreto quadro indiziario (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) a carico di un noto avvocato penalista( nominativo non citato nel comunicato) del Foro di Bari, in relazione all’ipotesi di reato di dichiarazione infedele dell’i.v.a. e delle imposte sui redditi dovute all’Erario.

L’operazione odierna costituisce l’epilogo di articolate e complesse investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari – su delega di questa Procura della Repubblica – in seguito all’esecuzione di una misura cautelare personale nei confronti del predetto legale disposta dal Tribunale di Lecce per vari episodi di corruzione in atti giudiziari e al contestuale rinvenimento, presso l’abitazione del figlio, della somma pari a circa 1,1 milioni di euro in contanti, contenuti in tre zaini e in parte sigillati all’interno di buste sottovuoto.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia l’indagato ha riconosciuto come proprie tali somme di denaro, indicandole come i risparmi di vent’anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l’attività professionale prestata. In tale contesto, alla presenza del Procuratore della Repubblica e del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari, le Fiamme Gialle baresi hanno perquisito lo studio legale del penalista, ubicato in questo capoluogo, rinvenendo e acquisendo copiosa documentazione (tra cui 239 fascicoli processuali) utile all’identificazione della sua clientela e alla quantificazione del volume dei compensi professionali effettivamente percepiti.

Considerato che tra i numerosi assistiti vi erano anche soggetti divenuti collaboratori di giustizia, si è proceduto ad acquisirne le pertinenti dichiarazioni, secondo le quali l’onorario del penalista – per il solo studio del procedimento – ammontava a 10 mila euro, per raggiungere l’importo di 100 mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio.

Pagamenti, questi, effettuati tutti per contanti, in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale. Le dichiarazioni, tutte convergenti (allo stato, salvo la verifica successiva in fase dibattimentale con il contraddittorio della difesa), sono state riscontrate dalla documentazione in atti.

I conseguenti approfondimenti hanno, quindi, permesso di appurare la dichiarazione al Fisco di compensi per importi largamente inferiori rispetto a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia e rispetto ai parametri indicati nelle cosiddette “tabelle professionali”.

In esecuzione di una specifica delega di indagine emessa da questa Procura della Repubblica, il Gruppo Tutela Mercato Capitali del Nucleo PEF di Bari ha poi eseguito anche accurate indagini patrimoniali finalizzate a ricostruire l’effettiva capacità di spesa del nucleo familiare dell’indagato, risultata – nonostante i modesti redditi dichiarati, oscillanti nel periodo 2016-2019 tra i 60 e i 26 mila euro – particolarmente elevata, come dimostrato dall’acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti.

Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal competente G.I.P. presso il Tribunale di Bari (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), come emerso dall’incrocio delle risultanze degli approfondimenti investigativi svolti, alla cui esecuzione hanno partecipato anche consulenti tecnici nominati da questa Procura della Repubblica, il penalista – tra il 2014 e il 2019 – avrebbe evaso l’i.v.a. e le imposte sui redditi dovute all’Erario per oltre 10,8 milioni di euro.

Tale condotta ha integrato il “fumus” del delitto di dichiarazione infedele, tenuto conto del superamento delle soglie di punibilità previste dalla norma violata. Ciò è risultato corroborato anche dagli esiti delle indagini finanziarie svolte dai Finanzieri di Bari nei confronti del professionista e dei componenti del suo nucleo familiare, che hanno evidenziato il versamento sui conti correnti ispezionati di denaro contante e assegni per un valore di oltre 1 milione di euro.

Il competente G.I.P. del Tribunale di Bari – condividendo l’analoga proposta avanzata dalla Procura della Repubblica, basata sul solido compendio indiziario acquisito dalla p.g. operante – ha ora emesso un decreto di sequestro preventivo di beni, anche nella forma per equivalente, per un importo di oltre 10,8 milioni di euro, pari alle imposte evase.

Contestualmente all’esecuzione del provvedimento di sequestro è altresì in corso la perquisizione dell’abitazione dell’indagato finalizzata all’individuazione di ulteriori beni da sottoporre a vincolo.

Gli esiti dell’attività d’indagine costituiscono un’ulteriore testimonianza del costante presidio economico-finanziario esercitato dalla Procura della Repubblica di Bari – in stretta sinergia con il locale Nucleo PEF Bari – per la repressione del grave fenomeno dell’evasione fiscale, a tutela dei cittadini, degli imprenditori e dei professionisti rispettosi delle regole, al fine di assicurare l’equità sociale quale condizione fondamentale del benessere della collettività, soprattutto nell’attuale periodo di crisi finanziaria correlata all’emergenza sanitaria da Covid 19.