PIAGA ASSENTEISMO A CATANIA: TIMBRAVANO IL BADGE AL POSTO DEI COLLEGHI ASSENTI..

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L’assenteismo, il fenomeno di lasciare vuoti uffici e scrivanie, si allarga a macchia d’olio. Siamo convinti che la Finanza debba maggiormente esercitare controllo e vigilanza anche negli uffici ed enti periferici e microuffici della Regione sicilianaSostare, l’azienda del Comune che si occupa degli stalli blu, sotto i riflettori ancora della Procura. Il Cda della società ha provveduto a licenziare tre dipendenti del settore “rimozione” e  a sostituire il responsabile delle rimozioni – che è tra i licenziati – provvedendo a nominare al suo posto il vice responsabile. 

Sono 28 in atto gli indagati e rinviati a giudizio per assenteismo.

   Secondo l’accusa i dipendenti si sarebbero «assentati senza autorizzazione dal posto di lavoro dopo aver timbrato il proprio badge attestante l’ingresso in ufficio e senza segnalare l’uscita». Avrebbero inoltre «timbrato il badge al posto del collega non ancora presentatosi in servizio o andato via anzitempo, attestandone falsamente la presenza». Per la Procura gli indagati avrebbero così «indotto in errore l’ufficio contabile preposto alla determinazione della retribuzione e la società Sostare sull’effettiva esecuzione della prestazione lavorativa» procurandosi «un ingiusto profitto della percezione di un compenso in realtà non spettante». Sostare, avverte il Presidente Luca Blasi, si costituirà parte civile.

Alcuni degli indagati hanno richiesto alla Procura di risarcire del danno economico la Società per le ore complessive non lavorate.  I procedimenti disciplinari sono stati avviati e in alcuni, senza attendere la sentenza della Procura, la Società ha pure licenziato tre dipendenti per” illeciti palesi”.    La parola ora agli avvocati e ai sindacati di categoria se hanno contestazioni od osservazioni da pubblicare sulla delicata questione

 

Università bandita: si allarga il numero della classe dirigenziale corrotta- Anche Bianco e Licandro tra “i corrotti”

 

Con l’accusa di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta e altro, il rettore dell’Università di Catania e 9 professori, ma sono finora 66 i docenti ad essere indagati. Professori di varie università: di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.Università Catania corrotta

Università Catania corrotta

“Università bandita”  nome c dato all’operazione della Digos, che ha accertato 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.

 – Adesso un altro nome di spicco – l’ex sindaco Enzo Bianco insieme all’ex assessore alla Cultura Orazio  Licandro , professore ordinario del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università,si aggiunge alla lista nera dei  66 indagati  Notificati dalla Procura della Repubblica, ulteriori quattordici avvisi di conclusione indagine. La professoressa Marina Paino, direttore del Dipartimento medesimo, è destinataria di un avviso giudiziario..       Non è escluso -osserviamo noi di SUD LIBERTA’ –  che l’inchiesta giudiziaria possa allargarsi  ad altri enti culturali quali la Soprintendenza di Catania -ultimo ventennio – e una classe dirigenziale regionale molto legata all’Università di Catania per la scelta dei docenti universitari nei progetti europei e gare d’appalto in cui vincono docenti universitari “dal doppio lavoro”

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Enzo Bianco, l’ex sindaco di Catania “responsabile del tracollo finanziario dell’ente”

Altre notifiche : a Valerio Pirronello, direttore in pensione del Dipartimento di Fisica e astronomia; Luigi Caranti, ordinario di Filosofia politica nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali; Caterina Cirelli, ordinario di Geografia economico politica nel Dipartimento di Economia e impresa; Rosa Alba Miraglia, ordinario di Economia aziendale nel Dipartimento di Economia e impresa.

 

Ricorderemo che i timori di una forza sociale sensibile, il Codacons di una corruzione molto estesa a Catania si sono rivelati fondati motivo per cui aveva richiesto al Ministero competente la costituzione di una Commissione di Inchiesta sull’ultimo ventennio dell’Ateneo catanese

Il Presidente Regionale Codacons, Giovanni Petrone spiegava le illusioni provate dalla Sicilia e scriveva così: “Nel 2017, l’elezione a Rettore del Prof. Basile, che aveva condiviso il Protocollo Propositivo di Unicodacons, ci illuse che le nostre speranze di rinascita, che erano quelle dei tanti componenti dell’Ateneo che assolvono al proprio compito di docenti o tecnici con impegno e dedizione, potessero finalmente concretizzarsi. In quell’occasione il Codacons accolse con grande compiacimento l’elezione del Prof. Basile al quale offrì gratuitamente la propria collaborazione per il miglioramento dei servizi accademici”.

Peccato che subito dopo la bella favola promessa da Basile iniziava a crollare e nulla di quello che aveva detto di realizzare si è realmente realizzato: “Purtroppo, già a distanza di quasi un anno e mezzo dalla sua elezione, avevamo dovuto constatare con amarezza e delusione che ben poco il Rettore Basile aveva realizzato di quanto da lui stesso condiviso con Unicodacons nel corso della propria campagna elettorale. Anzi, aveva fatto talmente poco che si aveva la sensazione che Pignataro fosse rimasto a fare il Rettore”, continua il Presidente.Università Catania corrotta

“Adesso, l’Operazione “Università Bandita” ha finalmente sollevato il velo sul marciume che per tanto tempo ha causato tanti danni al nostro Ateneo e ha posto fine alle nostre illusioni di rinascita”.

“Le indagini hanno scoperto di tutto e di più. Una gigantesca cricca di cui fanno parte rettori, tanti direttori di dipartimenti e pare anche noti politici ha cinicamente truccato tutto, dai concorsi per avanzamento di carriera a quelli per assunzioni, dai dottorati di ricerca, alla assegnazione di borse di studio (…) Adesso ci sono pochi dubbi che tutto sia stato organizzato per favorire parenti, amici ed amici degli amici. Alla faccia della meritocrazia, dell’impegno, dei sacrifici e delle aspettative delle persone oneste”.Università Catania corrotta

“E c’è il timore fondato che quanto sinora portato alla luce dalle indagini della Polizia di Stato di Catania sia solo la punta dell’iceberg”,

 

BATTAGLIA NELLE PROCURE SICILIANE: INDAGATI DUE EX PM TRA CUI IL PROCURATORE PETRALIA PER DEPISTAGGIO SULLA STRAGE DI VIA D’AMELIO

Nella foto il Procuratore Carmelo Petralia

 A distanza di 27 anni dall’attentato in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, la Procura di Messina ha iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di calunnia aggravata, almeno due magistrati che indagarono sulle stragi del 1992. I loro nomi sono Annamaria Palma, Avvocato generale dello Stato, e Carmelo Petralia, Procuratore aggiunto di Catania.

I  magistrati coinvolti secondo la Procura di Messina e Maurizio De Lucia che coordina le clamorose indagini, , in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, “avrebbero depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio. Un depistaggio che i giudici della sentenza del processo Borsellino quater definirono “clamoroso”. Ai magistrati è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga per il coinvolgimento di un noto magistrato in servizio a Catania,”che si occupa di mafia”,  un avviso di accertamenti tecnici irripetibili notificato anche alle parti lese, cioè Giuseppe La Mattina , Gaetano Murana, Cosimo Vernengo, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso, Natale Gambino, ingiustamente accusati nei primi processi.

Nello scorso novembre la Procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo per il depistaggio delle indagini sull’attentato, aveva trasmesso un fascicolo scottante alla Procura di Messina per l’accertamento delle responsabilità dei magistrati. Così la Procura di Messina ha aperto in un primo tempo un fascicolo di atti relativi, una sorta di attività pre-investigativa sfociata adesso in una inchiesta per calunnia aggravata in concorso per due magistrati, che si afferma nell’ambiente giudiziario, il cui numero comunque potrebbe salire

Nel documento inviato dai pm di Caltanissetta a Messina si parla della  sentenza del processo Borsellino quater. Nelle motivazioni della sentenza i giudici della Corte d’assise parlavano di depistaggio delle indagini sull’attentato al magistrato. Depistaggio su cui i pm di Caltanissetta hanno indagato e poi incriminato tre poliziotti del pool che indagò sull’eccidio, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Ma nella sentenza si denunciavano anche gravi omissioni nel coordinamento dell’indagine, costata la condanna all’ergastolo di otto innocenti, coordinamento che spettava ai pm dell’epoca.uno dei quali Carmelo Petralia salito alla carica ora di Procuratore della Repubblica aggiunto.

Preferisco non parlare di indagini ancora in corso…” ha detto pubblicamente alla stampa  Fiammetta Borsellino, figlia minore del giudice Paolo Borsellino. La donna, che ha partecipato a numerose udienze del processo sul depistaggio sulle indagini sulla strage del 19 luglio 1992, dove si è costituita parte civile, più volte ha lamentato il comportamento dei magistrati che indagarono sull’attentato. “Mio padre è stato lasciato solo, sia da vivo che da morto. C’è stata una responsabilità collettiva da parte di magistrati che nei primi anni dopo la strage – ha sempre ripetuto Fiammetta – hanno sbagliato a Caltanissetta con comportamenti contra legem e che ad oggi non sono mai stati perseguiti né da un punto di vista giudiziario né disciplinare”.

Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina che indaga sul depistaggio dell’indagine sulla strage di via D’Amelio e che ha iscritto nel registro degli indagati gli ex pm Palma e Petralia, vertono sulle “ le cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino registrate durante il periodo in cui quest’ultimo era sottoposto al programma di protezione. Secondo l’accusa il pentito, che proprio nelle scorse udienza, è stato ascoltato nel processo a carico dei tre poliziotti, sarebbe stato indotto, dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato a mentire sulla strage incolpando persone innocenti “.

Si tratta di 19 microcassette, cioè supporti magnetici contenenti registrazioni prodotte con vecchie strumentazioni dell’epoca contenenti le parole di Scarantino. Proprio per questo motivo si farà il prossimo 19 giugno un “accertamento tecnico non ripetibile” al Racis di Roma.

Fino a ieri il Procuratore aggiunto Carmelo Petralia aveva aperto un procedimento penale sulla trasmissione “Realiti” per le espressioni giudicate “offensive” sui giudici Falcone e Borsellino. Un modo per distrarre l’opinione pubblica? O una tecnica per consacrarsi pubblicamente giudice “antimafia”.    Sarebbe interessante sentire anche il magistrato catanese. Nelle prossime ore vedremo.

Clamore della prima puntata di “Realiti”: persino il giudice antimafia della Procura di Catania, CarmeloPetralia, apre procedimento

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Nella foto d’Archivio il giudice Carmelo Petralia della Procura di Catania

Persino la Procura di Catania ha aperto un fascicolo,  senza indagati, sulla prima puntata della trasmissione ‘Realiti”andata in onda su Rai2 la settimana scorsa. Titolare del fascicolo è il procuratore aggiunto Carmelo Petralia, che ha delegato le indagini preliminari alla Polizia Postale di Catania, che dovrà acquisire i video della trasmissione e fare le proprie osservazioni.

Si intendono esaminare le dichiarazioni di due cantanti neomelodici, Leonardo Zappalà, presente in studio, e Niko Pandetta, nipote del boss ergastolano Salvatore Cappello, sui giudici Falcone e Borsellino.

Probabilmente il clamore è sproporzionato alle cose dette dagli attori ma anche la Rai vuol vederci chiaro avviando una istruttoria interna..

Pandetta ha commentato pubblicamente : “Volevo solo dire che io ho parlato e replicato degli sbagli che ho fatto da adolescente e che ho pagato con consapevolezza. Oggi sono una persona diversa grazie alla musica e al pubblico che mi ha reso ‘Niko Pandetta’. Non ho mai offeso questi due grandi eroi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno dato la propria vita per una giusta lotta. Oggi sono un uomo diverso e canto per essere ogni giorno una persona migliore”.

S.Pietro Clarenza, appalto rifiuti: corruzione e turbativa d’asta, in manette il sindaco , amministratore e impiegati

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Nella foto d’archivio S.Pietro Clarenza

CATANIA –

Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti. : con questa accusa sono stati arrestati il  sindaco e un funzionario del Comune di San Pietro Clarenza , l’amministratore e un dipendente di una società privata  dalla Guardia di Finanza di Catania..

I reati ipotizzati dalla  Procura distrettuale di Catania sono inerenti la procedura di gara per l’assegnazione del servizio di raccolta, spazzamento e trasporto rifiuti. Valore complessivo dell’appalto-trattativa – oltre 3 milioni di euro, per gli anni  2015-2018. Nei confronti degli indagati il Gip di Catania ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per due e agli arresti domiciliari per altri due.

Nella foto il sindaco Giuseppe Bandieramonte accusato di corruzione insieme ad altri

Chi sono gli interessati al provvedimento giudiziario?   IL primo cittadino del Comune, Giuseppe Bandieramonte, nato nel 1975 e al suo secondo mandato di sindaco, e Angelo La Pianata, (nato nel 1978), amministratore della Progitec Srl – esercente l’attività di “raccolta di rifiuti solidi non pericolosi” – con sede a Castel di Iudica (Catania) e società aggiudicatrice della gara al centro dell’inchiesta. L’azienda in questione è indagata per “responsabilità amministrativa degli enti”.

La misura degli arresti domiciliari è stata invece disposta nei confronti di Michele Faro, nato nel 1958, nella sua qualità di responsabile dell’Ufficio Igiene e Manutenzione e del servizio “rifiuti solidi urbani” del Comune di San Pietro Clarenza nonché responsabile unico dei procedimenti amministrativi oggetto di corruzione e turbativa; ai domiciliari, poi, anche Silvio Calandrino, nato nel 1979, dipendente della “Progitec” ma «di fatto – si legge in una nota della Procura di Catania – impiegato presso il Comune di San Pietro Clarenza fino alla fine di ottobre 2018 quale collaboratore del citato Faro».

 

La Procura di Catania afferma  che «l’investigazione, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania (Gruppo Tutela Finanza Pubblica) e coordinata da questa Procura Distrettuale, convenzionalmente nota come Operazione “Differenziata” (in ragione del trattamento parziale e di aperto favoritismo riservato dal sindaco Bandieramonte alla “Progitec” nell’aggiudicazione di gare e servizi pubblici), ha disvelato l’esistenza di un articolato circuito corruttivo che ha visto il fluire di svariate utilità a beneficio dei pubblici ufficiali corrotti» quali «assunzioni come lavoratori dipendenti nella “Progitec” su indicazione del sindaco Bandieramonte, di soggetti che garantivano appoggio elettorale al sindaco (tra i quali anche la sua attuale compagna); sponsorizzazioni da parte della “Progitec” di eventi sportivi organizzati da associazioni promosse da familiari del sindaco; pagamento di stipendi per circa 50.000 euro annui a favore della compagna».

Rinviati a giudizio-per distrazione di denaro pubblico- moglie e figlie dell’ex Presidente del Consiglio De Mita

Inchiesta Aias, rinvio a giudizio
per moglie e figlie dell’ex Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita (ultranovantenne)

Citati in giudizio la moglie e le figlie di Ciriaco De Mita-un grande ex dc – per l’inchiesta Aias, che si occupa di assistenza ai diversamente abili, condotta dalla Procura della Repubblica di Avellino. La decisione è del giudice per l’udienza preliminare di Avellino, Marcello Rotondi che ha raccolto elementi idonei per la citazione.
La comparizione in giudizio è prevista per il 9 Ottobre – probabilmente rinviata- con il giudice Roberto Melone, Anna Maria Scarinzi, moglie di Ciriaco De Mita, le due figlie dell’ex presidente del Consiglio, Simona e Floriana, l’ex consigliere comunale di Avellino Gerardo Bilotta. Ancora: Luca Catallo, Antonio Nigrelli, Carmine, Massimo, Annamaria e Marco Preziuso.  I reati ipotizzati negli avvisi sono di peculato, riciclaggio, malversazione ai danni dello Stato e truffa aggravata.     Gli imputati, in base a quanto ricostruito dai magistrati inquirenti, avrebbero creato un sistema per cambiare la destinazione dei finanziamenti pubblici destinati all’assistenza dei diversamente abili a quella “privata”.
La parola spetta ora alla difesa legale di De Mita. Attendiamo

Un marito -mostro rinchiuso nel carcere etneo: era arrivato al punto di far avere alla moglie rapporti sessuali con estranei

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Foto Archivio -Sud Libertà-

Su disposizione della Procura etnea un uomo trentaseienne è stato arrestato dai carabinieri per abusi e violenze familiari.

Il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare  attesta  «azioni aberranti» compiute nei confronti della moglie «relegata ad una condizione di “donna oggetto” e privata della propria dignità di consorte e madre».

L’uomo inoltre, sempre in presenza dei tre figli minorenni, dicono gli investigatori, “avrebbe mantenuto un atteggiamento aggressivo, minaccioso e prevaricante nei confronti della moglie, prendendola spesso a calci e pugni in viso e nel corpo, fino ad arrivare a tentare di soffocarla. Ma non solo: diverse volte l’avrebbe costretta, alla sua presenza e in luoghi appartati, ad avere rapporti sessuali con estranei mentre più volte l’avrebbe minacciata di morte. In un’occasione l’avrebbe anche cosparsa di liquido infiammabile dicendole: «Ora ti do fuoco perché devi morire».     L’uomo -mostro adesso è rinchiuso nel carcere di Piazza Lanza di Catania.

 

Eutanasia Caso Giordano: la Procura ipotizza il reato di istigazione al suicidio

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  ALESSANDRA GIORDANO SOFFRIVA SOLO DI DEPRESSIONE:  CHI L’HA SPINTA AL SUICIDIO?

La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio   Il caso di  Alessandra Giordano ,l’insegnante di Paternò con  problemi psicologici, che il 27 marzo è morta a Forch per aver ha fatto ricorso all’eutanasia in una Clinica in un paese della Svizzera, la Dignitas di Zurigo, (la stessa Clinica-che legalizza l’eutanasia- di  Dj Fabo),focalizzato dalla magistratura etnea, adesso si tramuta in una indagine giudiziaria. La donna non era malata terminale, ma da tempo soffriva di depressione  diagnosticata dall’Asp. La famiglia della donna aveva manifestato dubbi sulla sua decisione e, con l’assistenza di tre legali, ha presentato una denuncia ai carabinieri.   Dubbi che sarebbero stati accolti dai magistrati etnei.

La Giordano , che non soffriva di cancro o tumori devastanti,”potrebbe essere stata ‘assecondata’ in maniera  superficiale: inoltre i parenti temono che abbia addirittura fatto testamento a favore della clinica che aveva assistito Dj Fabo, . . 

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Foto d’Archivio Sud Libertà-( Il caso di Dj Fabo)

La Procura di Catania informa pure  di aver  ipotizzato il reato di istigazione al suicidio e disposto, a scopo cautelativo, il sequestro di un conto corrente e di un bene   immobile della donna,…

Il provvedimento, però, è stato rigettato dal Gip che ha sottolineato come la donna abbia seguito regolarmentela procedura  per la preparazione per la morte assistita..  Il giudice delle indagini preliminari ha osservato che la 47enne, “quando si è rivolta all’associazione in Svizzera, non fosse in uno stato di infermità o deficienza fisica tale da indurla ad avere compiuto la sua scelta senza averne la necessaria consapevolezza. La Procura è di parere diverso e ora vuol vederci chiaro.

 

 

 

PATTO TRA MAFIA E ‘INDRANGHETA’ SULL’OMICIDIO DEL GIUDICE SCOPELLITI: C’E’ ANCHE LA PRIMULA ROSSA ,MATTEO MESSINA DENARO

 

Giudice Scopelliti ucciso per volere di M. Denaro? Primula rossa tra 17 indagati per delitto

(Nella foto a sinistra il latitante Matteo Messina Denaro, a destra il Giudice Scopelliti-  Archivio Sud Libertà)

La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 persone per l’omicidio del Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione Antonio Scopelliti ucciso- ricorderemo – da un commando mafioso il 9 agosto del 1991 a “Piale”, Villa San Giovanni, mentre faceva ritorno a Campo Calabro dove viveva e trascorreva le vacanze.

Tra i 17 indagati un boss di spicco,attorno al quale il cerchio si stringe sempre più,  il “Capo dei capi” dopo la morte di Totò Riina,  Matteo Messina Denaro, come  comunicato dal Procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri. L’inchiesta della Dda di Reggio mette in luce che dietro  l’omicidio del giudice ci sarebbe stata una vera e propria alleanza tra mafia e ‘ndrangheta. I 17 indagati sono infatti boss siciliani e calabresi e di ciò avrebbe dato conferma anche il pentito catanese Maurizio Avola.

Che l’alleanza  tra mafia siciliana e calabrese fosse poi  concreta  già all’epoca del delitto,era intuibile dal momento che il giudice Scopellitti si doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione contro la mafia. Per questo i vertici della cupola finirono a processo: i boss Bernardo Provenzano, Giuseppe Calo’, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano però poi furono assolti in via definitiva dall’accusa di avere svolto un ruolo nell’assassinio dell’alto magistrato.Dieci gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti

Tutti gli  indagati , ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo le indagini degli inquirenti, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.
I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear» ed una grigia con scritto «Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania» alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. 

Nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista, il collaboratore di giustizia Francesco Onorato ha dichiarato che il giudice Scopelliti fu ucciso dalle cosche calabresi per favorire il boss siciliano Totò Riina. Riina -si sa- prendeva di mira i magistrati che controllavano la sua attività mafiosa in espansione  e  temeva l’esito del giudizio in Cassazione sul maxiprocesso a Cosa Nostra.

 

REGIONE,DIPARTIMENTO ALLA FORMAZIONE: “C’E’ IL MANGIA MANGIA”- FRODE PER FINANZIARE “ASSOCIAZIONI”

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Nella foto il deputato di F.Italia Riccardo Savona

Con un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura di Palermo nei confronti di 7 persone fisiche, la Guardia di Finanza ha fermato l’attività “dubbia” anche del  deputato regionale Riccardo Savona, presidente della commissione Bilancio all’Assemblea regionale siciliana, e di otto associazioni, per un importo di circa 800 mila euro, secondo l’accusa «indebitamente sottratti al bilancio regionale e comunitario».

 «Le indagini hanno scoperto che varie associazioni riconducibili al politico hanno ricevuto numerosi finanziamenti per piani di formazione professionale negli ultimi 15 anni». L’elaborazione della documentazione acquisita nei vari assessorati regionali – dicono gli investigatori – oltre ai riscontri sul territorio e all’audizione di oltre 50 persone a vario titolo coinvolte nella realizzazione di progetti, ha messo in luce l’esistenza di un’articolata associazione che, dal 2012 ad oggi, ha frodato il bilancio regionale e comunitario attraverso un reiterato modus operandi posto in essere attraverso l’utilizzo di documenti falsi, furti di identità ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, avente come unica finalità quella di bypassare i controlli degli enti pubblici per l’ottenimento del contributo economico».

Alla Procura sono state denunciate  11 persone accusate, tra l’altro, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il procedimento ha previsto pure la perquisizione da parte delle Fiamme Gialle  delle abitazioni degli indagati, compresa la segreteria politica di Savona, per reperire documentazione relativa ad ulteriori finanziamenti ottenuti. 

  «Riccardo Savona è assolutamente estraneo alla vicenda» ha affermato il legale avvGiuseppe Di Stefano.

«Alcune di queste associazioni condividono i locali dove si trova la segreteria politica di Savona – ha spiegato il legale – ma lui non è mai stato presidente di nessuna di queste associazioni, se è stato commesso un reato ne risponderanno i rappresentanti legali: lui è completamente estraneo».