I Carabinieri del N.O.E. di Catania, con la collaborazione dei militari della Stazione Carabinieri di Stromboli, hanno effettuato un controllo volto alla tutela ambientale nella turistica località di Ginostra, isola di Stromboli,(nella Foto-immagine d’Archivio Sud Libertà) appartenente all’arcipelago delle Eolie in questo momento oggetto della presenza di centinaia di turisti.
Il controllo è stato determinato dai numerosi esposti pervenuti al N.O.E. di Catania nei giorni scorsi, che segnalavano presunte irregolarità nella raccolta e deposito dei rifiuti solidi urbani prodotti nell’isola.
Le attività svolte hanno immediatamente evidenziato che in effetti la società che gestisce la raccolta degli RR.SS.UU. aveva occupato abusivamente un’area di circa 80 mq. collocando sulla stessa decine di sacchi di colore nero contenenti i rifiuti solidi urbani raccolti in maniera indifferenziata.
L’area demaniale marittima in argomento è posta a pochi metri dal mare e direttamente adiacente lungo l’unica strada percorribile a piedi che collega il porticciolo al centro abitato. In pratica tutti gli abitanti di Ginostra ed i turisti che sbarcano sull’Isola erano costretti ad osservare uno scenario costituito da decine di sacchi di spazzatura maleodorante depositata direttamente sulla nuda sabbia, circostanza assolutamente non accettabile per un sito dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
L’area è stata posta immediatamente sotto sequestro. La grave situazione di degrado ambientale e le conseguenti problematiche igienico- sanitarie provenienti dal fatto che i rifiuti lasciati sotto il sole cocente emanavano cattivo odore, è stata immediatamente segnalata all’Ufficio Ambiente del Comune di Lipari che ha assicurato un loro pronto intervento per la rimozione immediata dei rifiuti e la bonifica della stessa, già nel corso della mattinata odierna.
Tali operazioni sono state compiute sotto la vigilanza dell’Arma dei Carabinieri, ripristinando la particolare bellezza dei luoghi.
Dell’avvenuto sequestro è stato portato immediatamente a conoscenza il Magistrato di Turno della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, per i provvedimenti di competenza.
Al vaglio della stessa A.G la posizione del titolare della società interessata, deferito per i reati di Gestione illecita di rifiuti, Occupazione abusiva di beni demaniali, Deturpamento di bellezze paesaggistiche e di condotta comportante emissioni maleodoranti moleste.
Articolate indagini delle Fiamme gialle di Messina,dirette dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), nella persona del Procuratore Capo dr. Emanuele Crescenti, hanno scoperto una strutturata frode ai danni del bilancio dell’Unione Europea e della Regione Siciliana, dando esecuzione ad una misura cautelare personale, nonché al sequestro del profitto illecito pari a 180 mila euro, nonché di un impianto fotovoltaico, del valore oltre 230 mila euro.
L’operazione conferma l’attenzione della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto e della Guardia di Finanza di Messina, quale forza di polizia a competenza generale in materia economico-finanziaria, alla sempre più necessaria tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea e nazionali, così recuperando ingenti risorse indebitamente sottratte alle finalità di interesse pubblico, per le quali erano state originariamente destinate.
Le Fiamme Gialle della Tenenza di Patti, coordinate dal Sost. Proc. Emanuela Scali, sviluppavano complesse investigazioni rispetto ad una articolata frode internazionale, finalizzata ad indebitamente intercettare contributi pubblici, comunitari e regionali, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013, in relazione alla realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio di Montalbano Elicona (ME).
In tale ambito, secondo ipotesi investigativa, emergevano responsabilità penali nei confronti di tre soggetti, un imprenditore ed un ingegnere, messinesi, ed una imprenditrice catanese, quest’ultima dimorante a Enna, indagati a vario titolo per truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio. Più in particolare, anche all’esito di perquisizioni locali e complesse analisi documentali e bancarie, emergeva come un ingegnere messinese, L.F.S. cl. 77, gestisse, di fatto – attraverso un trust amministrato da una società fiduciaria – una società maltese, secondo ipotesi investigativa esistente solo cartolarmente, del tutto priva di personale dipendente e di una reale struttura operativa, e come tale schermo giuridico estero fosse stato utilizzato per consentire ad un imprenditore messinese, A.A. cl. 81, operante nella coltivazione di frutti oleosi, non solo l’evasione delle imposte, ma soprattutto di beneficiare di un contributo AGEA per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
A tal fine, si accertava l’emissione di fatture fittizie per oltre 130 mila euro, asseritamente per l’acquisto di materiali e prestazioni d’opera.
Analogamente, le indagini documentali, integrate da ulteriore attività istruttoria, consentivano di attribuire analogo comportamento anche all’imprenditrice catanese, C.M. cl. 40, la quale, con le medesime finalità, emetteva nei confronti dell’A.A. cl. 81 fatture in tutto o in parte false per oltre 70 mila euro, per la compravendita di due mezzi agricoli.
In altri termini, la fittizia documentazione così prodotta veniva annotata nel computo metrico allegato alla domanda per l’ottenimento del pagamento del contributo, presentata dall’A.A. cl. 81 all’Assessorato Regionale all’Agricoltura della Regione Sicilia, inducendo pertanto in errore i relativi funzionari e così ottenendo l’ingiusto profitto, peraltro corrisposto, di circa 180 mila euro sui 237 mila euro di spesa ammessa.
Seppur in una fase cautelare – che solo attraverso il contraddittorio tra le parti e le decisione di Giudici ulteriori e diversi rispetto al GIP si potrà trasformare in una decisione definitiva in ordine alle responsabilità sino ad ora ipotizzate – i convergenti elementi indiziari raccolti dalle Fiamme Gialle pattesi e condivisi dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, sono stati adeguatamente vagliati dal competente Giudice del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, all’esito, ha ritenuto le “articolate consecuzioni di una serie di false fatturazioni inerenti un rapporto tra soggetti fittizi”, “riconducibili ad un unico centro decisionale, anche per mezzo di società di Malta”, un chiaro indice di pericolo di reiterazione delittuosa da parte dell’ingegnere messinese, cui veniva conseguentemente applicata la misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale di ingegnere e l’attività imprenditoriale, per un periodo di 12 mesi.
Con il medesimo provvedimento, inoltre, il medesimo Giudice, su conforme richiesta della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, disponeva anche il sequestro finalizzato alla confisca dei circa 180 mila euro indebitamente ottenuti.
Ancora, nel medesimo ambito, sempre i Finanzieri della Tenenza di Patti hanno altresì sottoposto a sequestro, con separato provvedimento del Giudice del Tribunale e su richiesta della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, anche l’impianto fotovoltaico con annesso biotrituratore, del valore di stima pari ad oltre 230 mila euro.
Sono 22 i cavalcavia dell’autostrada A20 Palermo-Messina citati nel provvedimento giudiziario / decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)ed eseguito dalla locale sezione di polizia stradale.
Tutti i ponti interessati sono in uno stato pressochè pietoso e sono a notevole rischio per l’utenza automobilistica L’omissione e il disinteresse di chi aveva il dovere di provvedere è piuttosto evidente, inequivocabile.
I cavalcavia sono stati affidati in custodia agli enti fruitori del piano viabile “e sottoposti a limitazioni di traffico al fine di limitarne la capacità portante in attesa dei necessari interventi funzionali e delle operazioni di ripristino”.
Quattro le persone denunciate in stato di libertà per il reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina: il direttore del Cas Salvatore Minaldi, il suo predecessore Salvatore Pirrone, un ex dirigente, Giovanni Raffa, e Alessia Trombino, capo della segreteria tecnica del presidente della Regione.
“Com’è ormai noto, teniamo in grande considerazione il tema della sicurezza infrastrutturale di ponti, viadotti e cavalcavia; tanto è vero che tutte le strutture indicate nel sequestro, nessuna esclusa, sono interessate già da tempo o da interventi di manutenzione seguiti da esperti ingegneri strutturisti, o ancora da rilievi e indagini scientifiche, condotte tenendo in considerazione anche le linee guida fornite dal Ministero”, scrive in una nota Salvatore Minaldi. “L’indagine a tappeto avviata, che in verità interessa la totalità della nostra rete autostradale, ha già fornito i primi esiti a seguito dei quali, com’è noto, siamo intervenuti dove era necessario in modo celere e deciso”.
“Nel dettaglio sono 21 le strutture oggetto di indagine, tutte attraversate da strade non di nostra competenza. Di queste 21, 17 sono attualmente oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, progettati da ingegneri e approvati secondo le normative vigenti. Per 3 sono in corso indagini strutturali approfondite sulla scorta delle segnalazioni rilasciate dai progettisti. Infine, su l’ultimo rimanente si è già intervenuto sulle selle di appoggio alle travi”
Resta da chiedersi allora: perchè non pensarci prima? Negli anni passati? Perchè il cammino dei tecnici-politici deve essere sempre quello della tartaruga? Domande che dovranno avere una risposta esauriente , documentata chetutti gli indagati dovranno fornire adesso alla Magistratura competente
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