Attiravano le loro vittime inserendo in alcuni siti internet dei banner pubblicitari di inesistenti società di investimenti finanziari e successivamente le convincevano a effettuare investimenti con la falsa promessa di lauti guadagni le due persone arrestate dai poliziotti della Polizia postale di Torino.
L’operazione “Trade scam” condotta dagli investigatori della Postale si è conclusa a Tirana, in Albania, e ha visto il coordinamento internazionale di Eurojust e la collaborazione della Spak albanese, la Procura speciale deputata al contrasto della corruzione e della criminalità organizzata.
Le indagini condotte dal Cosc (Centro operativo per la sicurezza cibernetica) di Torino e coordinata dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, hanno ricostruito, grazie al rilevante sequestro di materiale informatico, l’organigramma preciso, risalendo al ruolo che ognuno aveva all’interno del gruppo criminale che agiva anche grazie alla creazione di società di comodo necessarie per il riciclaggio dei proventi delle truffe.
È seguendo i flussi finanziari che i poliziotti hanno delineato il modus operandi degli indagati che, dopo aver raggirato le vittime, le convincevano a versare le somme da investire. Questo denaro veniva poi immediatamente trasferito su conti stranieri per aggirare i controlli antiriciclaggio e convertito in criptovalute.
La fase finale dell’operazione, conclusasi con l’arresto dei due indagati e il sequestro preventivo di 4 milioni di euro, si è svolta sul territorio albanese con la collaborazione degli organi di Giustizia e di Polizia locali grazie al supporto del Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia (Scip), che, per la diffusione internazionale dei mandati di cattura, ha attivato la sede centrale Interpol, in stretto contatto con l’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza italiano in Albania, distaccato all’Ambasciata di Tirana ( Comunicato)…
La Polizia di Stato ha eseguito la più vasta operazione contro la pirateria audiovisiva condotta in Italia ed in Europa. Oltre 270 operatori della Polizia Postale hanno effettuato 89 perquisizioni in quindici regioni italiane e, con la collaborazione delle forze di polizia straniere, 14 perquisizioni nel Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania e Croazia, nei confronti di 102 persone. Nel medesimo contesto, la polizia croata ha eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti indagati. E stata smantellata la più vasta organizzazione criminale transnazionale dedita alla pirateria audiovisiva che si avvaleva di una complessa infrastruttura informatica che serviva illegalmente oltre 22 milioni di utenti finali. –
L’Operazione basata su oltre due anni di indagini dirette dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catania e condotte dai poliziotti del locale Centro operativo per la sicurezza cibernetica della Polizia postale, coordinati dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica di Roma. Grazie al coordinamento di Europol e Eurojiust e il supporto della rete operativa @ON (Operation network), finanziata dalla Commissione europea e guidata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), l’inchiesta ha permesso l’esecuzione di provvedimenti di perquisizione e sequestro in Italia e in quasi tutta Europa.
Oltre 270 poliziotti hanno effettuato 89 perquisizioni in 15 regioni italiane, mentre altre 14 perquisizioni, sono state fatte dalle polizie dei relativi paesi in Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania, Croazia, e Cina nei confronti di 102 persone.
La risonanza internazionale delle investigazioni partite dal capoluogo siciliano ha sviluppato diversi filoni di indagini che, ad esempio, hanno permesso alla polizia croata di eseguire 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti indagati.
L’operazione di oggi ha smantellato una complessa, estesa e capillare infrastruttura informatica che serviva illegalmente oltre 22 milioni di utenti finali, dentro e fuori i confini nazionali. Infatti, attraverso strutture informatiche disseminate su tutto il globo, utilizzando il sistema informatico delle Iptv (Internet protocol television) illegali, venivano illecitamente captati e rivenduti i palinsesti delle più note piattaforme televisive nazionali e internazionali come Sky, Mediaset, Amazon prime, Netflix, Paramount, Disney+.
Grazie alle indagini svolte, sono stati spenti e sequestrati oltre 2500 canali illegali e server che gestivano la maggior parte dei segnali illeciti in Europa e che generavano un giro d’affari illegale di oltre 250 milioni di euro al mese.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori la struttura criminale, con una organizzazione di tipo verticistico, al cui interno ognuno degli indagati rivestiva ruoli distinti e ben determinati, era ben congeniata per commettere una serie di reati, in particolare inerenti lo streaming illegale, l’accesso abusivo in sistemi informatici, frode informatica e riciclaggio.
I poliziotti della postale hanno rintracciato in Romania e ad Hong Kong 9 server attraverso i quali veniva diffuso in tutta Europa il segnale audiovisivo piratato, che in collaborazione con le locali forze di polizia hanno provveduto a spegnere. Sono stati individuati, inoltre, in Inghilterra e Olanda 3 amministratori di livello superiore e 80 pannelli di controllo dei flussi streaming per i vari canali Iptv.
Nel corso delle perquisizioni sono state rinvenute e sequestrate criptovalute per un valore di circa 1.650.000 di euro e oltre 40.000 euro di denaro contante, ritenuto frutto dell’attività criminale. Si stima che il denaro sequestrato, infatti, sia solo una minima parte del giro d’affari illegale che ogni anno frutta circa 3 miliardi di euro e provoca oltre 10 miliardi di euro di danno economico alle aziende che gestiscono le pay tv.
Per tentare di eludere le investigazioni gli indagati usavano app di messaggistica crittografata, identità e documenti falsi utili per intestarsi utenze telefoniche, carte di credito, abbonamenti televisivi e noleggio di server. I poliziotti hanno rilevato inoltre che, utilizzando piattaforme social di canali, gruppi, account, forum e blog, gli indagati hanno pubblicizzato nel tempo i loro prodotti di streaming illegale anche con l’offerta di abbonamenti mensili.
Oltre agli indagati nel Regno Unito, Svezia, Svizzera, Olanda, Germania, i server collocati in Olanda, Romania e Cina, l’inchiesta ha toccato oltre 40 città italiane.
Ciao! Mi dispiace disturbarla! Posso avere un po’ del tuo tempo per un po’?”.
Se vi capitasse di ricevere questo messaggio sul telefonino, sappiate che è una truffa. È questo l’avviso lanciato dai poliziotti della Postale attraverso il Commissariato di P.S. online. Gli esperti della Polizia di Stato consigliano di non rispondere al messaggio, di bloccare i messaggi ricevuti da mittenti sconosciuti e di non aprire eventuali link.
I cybercriminali infatti utilizzano le app di messaggistica istantanea per adescare giovani in cerca di un lavoro che non richieda competenze specifiche e possa essere svolto comodamente da casa. Rispondendo al messaggio esca, una presunta reclutatrice tenterà di invogliare la vittima ad accettare un’allettante proposta di lavoro. L’azienda di cui dice di far parte ha necessità di reclutare dipendenti per un lavoro part-time da casa. Il compito è seguire vari marchi che vogliono pagare per aumentare la loro popolarità su Instagram.
La richiesta è semplice ovvero vedere alcuni video e mettere “mi piace”. I potenziali guadagni vanno da 100 a 500 euro al giorno con pagamento tramite PayPal o Postepay. Per l’ultima frontiera del raggiro è questa la narrazione consolidata. Per conquistarsi la fiducia vengono effettuati i primi pagamenti. Infine, con la scusa di frequentare corsi di formazione, il malcapitato è persuaso a fornire dati personali o bancari e a versare una somma di denaro.
Sono 9 gli arresti in flagranza effettuati dalla Polizia di Stato nel corso di una vasta operazione su tutto il territorio nazionale di contrasto alla pedopornografia online. L’indagine ha consentito di indagare 26 persone in tutta Italia per detenzione e divulgazione di materiale pedoporpornografico, sottoposte a perquisizioni personali ed informatiche. Uno di loro, oltre a migliaia di file pedopornografici, aveva nella disponibilità del suo cloud il formato digitale del libro ‘Guia del pedofilo’ (‘Guida del pedofilo‘).
Le investigazioni, coordinate dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online (CNCPO) del Servizio Polizia Postale, hanno preso avvio da una complessa attività di analisi informatica su alcuni dispositivi elettronici sequestrati a un indagato, arrestato mesi fa per le stesse condotte, sui quali – all’interno di una piattaforma di messaggistica – erano stati trovati gruppi dediti allo scambio di immagini e video raccapriccianti, con abusi anche su bambini piccolissimi. Meticolose e complesse indagini anche di natura estremamente tecnica hanno portato all’identificazione dei soggetti attivi sui gruppi, nei confronti dei quali la Procura ha emesso provvedimenti di perquisizione personale ed informatica.
Le perquisizioni sono state eseguite con la collaborazione dei vari Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale, a Catania (1), Roma (3), Milano (3), Brescia (2), Varese (1), Bergamo (1), Catanzaro (1), Bari (2), Foggia (1), Torino (2), Cuneo (1), Genova (2), Imperia (1), Avellino (1), Livorno (1), Prato (1), Ravenna (1), Ascoli piceno (1). Gli arrestati risiedono nelle province di Catania (1), Roma (1), Milano (2), Firenze (1), Bergamo (1), Ravenna (1), Varese (1) e Imperia (1).
Indagate 7 persone appartenenti ad un’organizzazione criminale specializzata in truffe ai danni di piccole e medie impreseoperanti sull’intero territorio nazionale. Nei loro confronti sono state applicate le misure cautelari dell’obbligo di dimora e della presentazione alla polizia giudiziaria, oltre al sequestro preventivo di quasi mezzo milione di euro. La Polizia di Brescia ha inoltre eseguito perquisizioni personali, locali e informatiche nelle province di Milano e Brescia.
Dallo sviluppo dell’attività investigativa svolta dai poliziotti della Polizia postale di Crotone, dove una delle vittime ha presentato denuncia, è emerso che il meccanismo delle truffe era basato sull’utilizzo di e-mail e Pec apparentemente riconducibili ai principali istituti bancari italiani, inviate massivamente per promuovere falsi finanziamenti per l’industria.
Alle società prese di mira dagli indagati, veniva prospettata la possibilità di accedere a finanziamenti per piccole e medie imprese garantiti da Cassa Depositi e Prestiti, la sola condizione imposta per l’erogazione del prestito era la sottoscrizione di una polizza assicurativa, con versamento di premio unico iniziale corrispondente al 1,2% o 1,4% del valore della somma erogata. Il pagamento di tali premi confluiva di fatto su conti correnti esteri nella disponibilità dell’organizzazione.
Una volta avvenuto il pagamento, al momento della concretizzazione dell’operazione e della stipula del contratto di prestito, i truffatori sparivano. Tale attività illecita, in breve tempo, ha consentito di guadagnare circa 500 mila euro.
Durante l’operazione sono stati sequestrati 20 mila euro in contanti nella disponibilità degli indagati, oltre a numerose carte di credito e a numerosi dispositivi informatici e telefonici usati per commettere le truffe.
Operatori della Polizia postale di Firenze e della Sezione financial cybercrime del Servizio polizia Postale di Roma, in collaborazione con i militari della Guardia di finanza in servizio alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Firenze, hanno concluso un’indagine ad alto impatto tecnologico, la prima a livello mondiale nel settore delle cryptovalute.
Eseguita la misura cautelare del divieto di esercitare attività d´impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese, emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, nei confronti di un 34enne amministratore unico di una società italiana che gestisce una piattaforma di scambio di cryptovalute (exchange), ritenuto responsabile di una frode informatica di 120 milioni di euro, di bancarotta fraudolenta e di autoriciclaggio.
L´attività si inquadra in una più ampia strategia finalizzata al contrasto alla criminalità economica ed in particolare degli illeciti arricchimenti attraverso l´utilizzo indebito di piattaforme online e di strumenti informatici.
L’indagato è accusato di essere il responsabile di un “buco” di circa 120 milioni di euro sulla piattaforma hackerata Bitgrail, e di aver truffato oltre 230mila risparmiatori.
L’attività investigativa è stata avviata nel febbraio del 2018, a seguito di una denuncia, presentata dall’amministratore unico della piattaforma di exchange, relativa al furto di un´ingente somma della cryptovaluta denominata “Nano” Xrp, per un controvalore di circa 120 milioni di euro, realizzato sfruttando un bug del protocollo Nano ed effettuando illecite transazioni, tutte relative a gennaio 2018.
Nonostante la sua apparente condotta collaborativa, sin dalle prime dichiarazioni l’uomo ha indotto gli investigatori a non escludere un suo coinvolgimento nella vicenda, soprattutto a seguito di dichiarazioni contrastanti e contraddittorie rilasciate da lui stesso e dai suoi soci collaboratori.
Con gli sviluppi dell´attività investigativa, coordinata dal Servizio polizia postale e delle comunicazioni di Roma con il supporto dell´Fbi statunitense, è emerso il coinvolgimento dell´uomo nei reati contestati.
Le indagini hanno dimostrato che le illecite sottrazioni di cryptovaluta sono avvenute in più volte, a partire da giugno 2017, e che il 34enne non le ha impedite consapevolmente, omettendo di implementare la sicurezza della piattaforma con uno dei metodi disponibili resi noti dal Team Nano developers (società americana creatrice della cryptovaluta), così procurando agli hacker, non ancora individuati, un enorme ingiusto profitto, per l´ammontare di circa 11.500.000 Xrb, equivalenti a circa 120 milioni di euro, danneggiando più di 230.000 persone in tutto il mondo, con l´aggravante di aver commesso i fatti con abuso della qualità di operatore del sistema.
Tenendo aperta la piattaforma nonostante la consapevolezza dei fatti, l’uomo ha continuato ad attrarre nuovi utenti, passati nell´arco di pochi mesi da 70mila a circa 217mila, beneficiando della notorietà dovuta al fatto di essere il primo e unico exchange italiano a trattare Xrb (poi divenuto Nano), approfittando inoltre dell´incremento crescente di valore della cryptovaluta, pur essendo consapevole della mancanza di fondi in Xrb sufficienti alla copertura dei wallets personali delle migliaia di utenti della piattaforma, su scala mondiale, procurando a sé un ingiusto profitto corrispondente ai “profits” ricavati dai depositi e dal trading, in vertiginoso aumento nel periodo intercorrente tra dicembre 2017 e febbraio 2018 proprio in corrispondenza dell´exploit dell´Xrb (Nano) sul mercato.
Gli investigatori, inoltre, attraverso accertamenti informatici e analisi di operazioni bancarie online, accertavano che l´uomo, tre giorni prima della presentazione della denuncia, aveva trasferito sul proprio conto personale, 230 cryptomonete Bitcoin Btc (che al cambio nel periodo di riferimento corrispondeva a circa 1,7 milioni di euro), riconducibili ai clienti della piattaforma di scambio.
Questi valori, nel mese di maggio 2018, sono stati in parte trasformati in moneta legale convertendoli nella somma di euro 514.690, che, successivamente, cercava a più riprese di prelevare, nel tentativo di “svuotare” il conto.
Nella foto d’Archivio il giudice Carmelo Petralia della Procura di Catania
Persino la Procura di Catania ha aperto un fascicolo, senza indagati, sulla prima puntata della trasmissione ‘Realiti”andata in onda su Rai2 la settimana scorsa. Titolare del fascicolo è il procuratore aggiunto Carmelo Petralia, che ha delegato le indagini preliminari alla Polizia Postale di Catania, che dovrà acquisire i video della trasmissione e fare le proprie osservazioni.
Si intendono esaminare le dichiarazioni di due cantanti neomelodici, Leonardo Zappalà, presente in studio, e Niko Pandetta, nipote del boss ergastolano Salvatore Cappello, sui giudici Falcone e Borsellino.
Probabilmente il clamore è sproporzionato alle cose dette dagli attori ma anche la Rai vuol vederci chiaro avviando una istruttoria interna..
Pandetta ha commentato pubblicamente : “Volevo solo dire che io ho parlato e replicato degli sbagli che ho fatto da adolescente e che ho pagato con consapevolezza. Oggi sono una persona diversa grazie alla musica e al pubblico che mi ha reso ‘Niko Pandetta’. Non ho mai offeso questi due grandi eroi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno dato la propria vita per una giusta lotta. Oggi sono un uomo diverso e canto per essere ogni giorno una persona migliore”.
A CATANIA ISTITUZIONI A CONFRONTO SU “ECONOMIA E CYBERCRIME”
A cura di Banca d’Italia, Università, Confindustria, Ordini dei Commercialisti, Notai e Avvocati, con la partecipazione di Procura della Repubblica, GdF, Polizia Postale, Arbitro Bancario Finanziario e Regione Siciliana
CATANIA –
«L’Economia e il cybercrime: l’evoluzione del sistema dei pagamenti e la tutela dei cittadini e delle imprese»: emerge già dal titolo l’importanza sociale del convegno che si svolgerà a Catania il prossimo 11 aprile, presso il Monastero dei Benedettini. Una rilevanza sottolineata dall’entità istituzionale degli organizzatori: Banca d’Italia, Università di Catania, Confindustria, e gli Ordini professionali etnei dei Commercialisti, dei Notai e degli Avvocati; con la partecipazione di: Guardia di Finanza, Procura della Repubblica, Polizia Postale, Arbitro Bancario e Finanziario, e Regione Siciliana.
Una giornata di studio su un tema molto attuale ma ancora poco approfondito nel territorio catanese; una problematica, come quella dei crimini informatici e dei reati commessi attraverso la rete internet, che incombe nella quotidianità digitale di tutti i cittadini, con conseguenze dannose per lo sviluppo economico e sociale del Paese, dal furto on line di denaro, al falso inserimento dei clienti “morosi” delle banche e delle società finanziarie nei sistemi o registri di informazione creditizia, alla violazione dell’identità telematica.
Le tematiche che saranno trattate durante il convegno saranno presentate alla stampa mercoledì 10 aprile, alle 17.00, nella sede della Filiale di Catania della Banca d’Italia (Piazza della Repubblica, ingresso dal numero civico 50), nel corso di una conferenza in cui interverranno: il direttore della Filiale Gennaro Gigante, il comandante provinciale della Guardia di Finanza gen. Antonio Quintavalle Cecere, il direttore del Dipartimento universitario di Giurisprudenza Roberto Pennisi, i presidenti delle categorie professionali di CataniaAndrea Grasso (Notai), Giorgio Sangiorgio (Commercialisti) e Marco Tortorici (Avvocati), il presidente della sezione cittadina di Confindustria Antonello Biriaco.
Saranno altresì presenti alcuni relatori: Giuseppe Balestrazzi (notaio), Fabio Bernasconi (capo servizio Rapporti Istituzionali di Vigilanza Banca d’Italia), Sabina Di Giuliomaria (titolare Divisione CERTBI Servizio Pianificazione Informatica Banca d’Italia), Paola Giucca(direttore senior Servizio Supervisione Mercati e Sistema dei Pagamenti della Banca d’Italia), Marcello La Bella (Polizia di Stato, dirigente Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni “Sicilia Orientale”), Maria Rosaria Maugeri (presidente ABF di Palermo e docente ordinario Diritto Civile Unict), Fabio Regolo (sostituto procuratore Tribunale di Catania).
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