PAPA FRANCESCO: ” LA FEDE IN DIO CI FA CONFIDARE IN LUI..”

 

Roma,

Un unico disegno d’amore perché Egli ama il mondo nonostante i suoi peccati. Si spandono come un balsamo sul cuore le parole di Papa Francesco all’Angelus di oggi che porta con sé le ferite e le speranze di un periodo che ha stravolto destini e sicurezze.

l Pontefice spiega subito  la necessità di continuare a seguire le regole per frenare un eventuale contagio. «Saluto tutti voi, romani e pellegrini – ha detto Bergoglio – i singoli fedeli, le famiglie e le comunità religiose. Anche la vostra piccola presenza in piazza è segno che in Italia la fase acuta dell’epidemia è superata, anche se rimane la necessità di seguire con cura le norme vigenti, sono norme che ci aiutano. Non bisogna cantare troppo presto la vittoria».       La  Piazza San Pietro diventa sempre più popolata e vitale. Citando il Vangelo di Giovanni, in cui Cristo si presenta a Nicodemo come Colui che porta a compimento il piano di salvezza del Padre in favore del mondo, Francesco afferma:

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito» (v. 16). Queste parole stanno ad indicare che l’azione delle tre Persone divine – Padre, Figlio e Spirito Santo – è tutto un unico disegno d’amore che salva l’umanità ed il mondo. E’ un disegno di salvezza per noi.

“Noi siamo figli nel Figlio con la forza dello Spirito Santo. Noi siamo l’eredità di Dio.”

DIO AMA GLI UOMINI NONOSTANTE I LORO PECCATI

Un amore, quello di Dio, che “ama il mondo, nonostante i suoi peccati” e che ama “ciascuno di noi anche quando sbagliamo e ci allontaniamo da Lui”:

Dio Padre ama talmente il mondo che, per salvarlo, dona ciò che ha di più prezioso: il suo Figlio unigenito, che dà la sua vita per gli uomini, risorge, torna al Padre e insieme a Lui manda lo Spirito Santo. La Trinità è dunque Amore, tutta al servizio del mondo, che vuole salvare e ricreare. E oggi pensando a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, pensiamo all’amore di Dio! E sarebbe bello che noi ci sentissimo amati: “Dio mi ama!”. Questo è il sentimento di oggi.

Ed è proprio in virtù di questo amore, che nasce l’invito e l’esortazione del Pontefice a “lasciarci affascinare dalla bellezza di Dio”, “umile” e presente nella nostra vita:

Cari fratelli e sorelle, la festa di oggi ci invita a lasciarci nuovamente affascinare dalla bellezza di Dio; bellezza, bontà e verità inesauribile. Ma anche umile, vicina, che si è fatta carne per entrare nella nostra vita, nella nostra storia, perché ogni uomo e donna possa incontrarla e avere la vita eterna. E questo è la fede: accogliere Dio-Amore che si dona in Cristo, lasciarsi incontrare da Lui e confidare in Lui.

“Questo è la fede: accogliere Dio-Amore. Accogliere questo Dio-Amore che si dona in Cristo, ci fa muovere nello Spirito Santo; lasciarsi incontrare da Lui e confidare in Lui.”

LA FEDE IN DIO CI FA CONFIDARE IN LUI

Nella viva fiducia che la Vergine Maria, dimora della Trinità, “ci aiuti ad accogliere con cuore aperto l’amore di Dio”, Papa Francesco indica il senso dell’essere cristiani:

Questo è la fede: accogliere Dio-Amore. Accogliere questo Dio-Amore che si dona in Cristo, ci fa muovere nello Spirito Santo; lasciarsi incontrare da Lui e confidare in Lui. Questa è la vita cristiana. Amore, incontrare Dio, cercare Dio e Lui ci cerca per primo. Lui ci incontra per primo.

Papa Francesco: “Prendiamoci cura di chi non ha nessuno o è solo”

Oggi in una piazza ordinata, distante ognuno dall’altro, Papa Francesco si rivolge in un messaggio video a tutti coloro che condividono la preghiera globale promossa da Thy Kingdom Come (“Venga il tuo Regno”), un movimento iniziato nel 2016 dall’arcivescovo di Canterbury e primate anglicano, Justin Welby, assieme a quello di York e “un’occasione per i cristiani di unirsi in preghiera per l’evangelizzazione del mondo”, come sottolinea in un comunicato il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.

Rivolgiamoci allo Spirito Santo Consolatore

Il Papa si sofferma sul significato della Pentecoste, un evento col quale, osserva, “Dio ha contagiato di vita il mondo”, mentre oggi “stride tutto ciò con il contagio di morte che da mesi infesta la Terra”. Quel giorno, prosegue, “popoli che parlavano lingue diverse si incontrarono”, tutto l’opposto di quelle “misure giuste e necessarie per distanziarci” che da mesi si osservano in tutti i continenti. “C’è bisogno – afferma Francesco – di risollevare tanti cuori affranti” e lo Spirito Santo è il Consolatore per eccellenza, “ci dà la certezza di non essere soli, ma sostenuti da Dio” e dunque capaci di fare altrettanto.

“Vogliamo che qualcuno si prenda cura di noi? Prendiamoci cura di chi non ha nessuno. Ci serve speranza per il domani? Doniamo speranza oggi”

La strada è quella della regola d’oro, del fare agli altri ciò che si vuole per sé. “Desideriamo essere ascoltati? Ascoltiamo. Abbiamo bisogno di incoraggiamento? Incoraggiamo. Vogliamo che qualcuno si prenda cura di noi? Prendiamoci cura di chi non ha nessuno. Ci serve speranza per il domani? Doniamo speranza oggi”, insiste Francesco, che riconosce nel mondo attuale “una tragica carestia della speranza”. Per questo, il Papa invita i cristiani a farsi “più ancora e più insieme testimoni di misericordia per l’umanità duramente provata”.

Chiediamo allo Spirito, dice, “il dono dell’unità, perché diffonderemo fraternità solo se vivremo da fratelli tra noi. Non possiamo chiedere all’umanità di stare unita se noi andiamo per strade diverse. Allora preghiamo gli uni per gli altri, sentiamoci responsabili gli uni degli altri”.

“Bisogna investire sulla Salute, sul Lavoro, sulle disuguaglianze e sulla povertà”

E poi un pensiero concreto, perché la sofferenza per il Papa è sempre carne di Cristo da toccare. Poiché, ricorda, lo “Spirito Santo dona sapienza e consiglio”, in “questi giorni invochiamolo su quanti sono tenuti a prendere decisioni delicate e urgenti, perché proteggano la vita umana e la dignità del lavoro. Su questo si investa: sulla salute, sul lavoro, sull’eliminazione delle disuguaglianze e delle povertà”. Mai come ora, ripete, “ci serve uno sguardo ricco di umanità”, c’è “bisogno di tornare a camminare verso Dio e verso il prossimo: non separati, non anestetizzati di fronte al grido dei dimenticati e del pianeta ferito. Abbiamo bisogno di essere uniti per fronteggiare le pandemie che dilagano: quella del virus, ma anche la fame, le guerre, il disprezzo della vita, l’indifferenza. Solo camminando insieme andremo lontani”.

Ricordate – ha detto oggi Papa Francesco all’Angelus- le parole di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”

 

Riflessioni di Papa Francesco, oggi all’Angelus .Nella solennità dell’Ascensione, che si celebra oggi in Italia e in altri Paesi, il Papa prima della recita del Regina Coeli, dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, riflette sul brano odierno del Vangelo di Matteo  che narra dell’ultimo incontro del Signore Risorto con gli Apostoli radunati in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro indicato”.

Il monte, ricorda Francesco, ha una forte carica simbolica, evocativa: è su un monte che “Gesù ha proclamato le Beatitudini; sui monti si ritirava a pregare; là accoglieva le folle e guariva i malati”.

Ma questa volta sul monte, non è più il Maestro che agisce e insegna, guarisce, ma è Colui risorto che chiede ai discepoli di agire e di annunciare, affidando a loro il mandato di continuare la sua opera.

Annunciare, battezzare, insegnare a camminare sulla via tracciata dal Maestro, cioè il Vangelo. Questi, spiega il Papa, sono i contenuti della missione che Gesù affida agli Apostoli, una missione presso tutte le genti che coinvolge anche noi oggi:

Questo messaggio di salvezza implica prima di tutto il dovere della testimonianza,  senza testimonianza non si può annunciare, alla quale anche noi, discepoli di oggi, siamo chiamati per rendere ragione della nostra fede. Di fronte a un compito così impegnativo, e pensando alle nostre debolezze, ci sentiamo inadeguati, come di certo si sentirono anche gli Apostoli stessi.  Ma non bisogna scoraggiarsi, ricordando le parole che Gesù ha rivolto a loro prima di ascendere al Cielo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo»

Quella di Gesù è, dunque, una promessa di presenza “costante e consolante” che si realizza mediante il suo Spirito, che non solo “conduce la Chiesa” ma che opera la “remissione dei peccati” e “santifica” quanti, pentiti, “si aprono con fiducia al suo dono”. Con l’esperienza dell’Ascensione, spiega Francesco, Gesù inaugura lo stile della sua presenza nel mondo, presenza sempre viva nella Parola, nei Sacramenti, nell’azione costante e interiore dello Spirito Santo.

La festa dell’Ascensione ci dice che Gesù, pur essendo salito al Cielo per dimorare glorioso alla destra del Padre, è ancora e sempre tra noi: da qui derivano la nostra forza, la nostra perseveranza e la nostra gioia, proprio nella presenza di Gesù tra noi con la forza dello Spirito Santo.

Infine, l’invocazione di Francesco alla Vergine Maria affinché accompagni il nostro cammino con la sua materna protezione; da Lei, dice, impariamo la dolcezza e il coraggio per essere testimoni nel mondo del Signore Risorto.

PAPA FRANCESCO “LA CHIESA E’ VUOTA MA NON DELL’AMORE DI GESU’…”

 

 

 

Il Vangelo di questa domenica  presenta due messaggi, afferma Papa Francesco: l’osservanza dei comandamenti e la promessa dello Spirito Santo.

Gesù lega l’amore per Lui all’osservanza dei comandamenti, e su questo insiste nel suo discorso di addio: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» ; «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama»

. Gesù ci chiede di amarlo, ma spiega: questo amore non si esaurisce in un desiderio di Lui, o in un sentimento, no, richiede la disponibilità a seguire la sua strada, cioè la volontà del Padre. E questa si riassume nel comandamento dell’amore reciproco – il primo amore [nell’attuazione] –, dato da Gesù stesso: «Come io ho amato voi, così anche voi amatevi gli uni gli altri»  Non ha detto: “Amate me, come io ho amato voi”, ma “amatevi a vicenda come io vi ho amato”. Egli ci ama senza chiederci il contraccambio. È un amore gratuito quello di Gesù, mai ci chiede il contraccambio. E vuole che questo suo amore gratuito diventi la forma concreta della vita tra di noi: questa è la sua volontà.

Per aiutare i discepoli a camminare su questa strada, Gesù promette che pregherà il Padre di inviare «un altro Paraclito» , cioè un Consolatore, un Difensore che prenda il suo posto e dia loro l’intelligenza per ascoltare e il coraggio per osservare le sue parole. Questo è lo Spirito Santo, che è il Dono dell’amore di Dio che discende nel cuore del cristiano.

Dopo che Gesù è morto e risorto, il suo amore è donato a quanti credono in Lui e sono battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Lo Spirito stesso li guida, li illumina, li rafforza, affinché ognuno possa camminare nella vita, anche attraverso avversità e difficoltà, nelle gioie e nei dolori, rimanendo nella strada di Gesù. Questo è possibile proprio mantenendosi docili allo Spirito Santo, affinché, con la sua presenza operante, possa non solo consolare ma trasformare i cuori, aprirli alla verità e all’amore.

Di fronte all’esperienza dell’errore e del peccato – che tutti facciamo –, lo Spirito Santo ci aiuta a non soccombere e ci fa cogliere e vivere pienamente il senso delle parole di Gesù: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» . I comandamenti non ci sono dati come una sorta di specchio, nel quale vedere riflesse le nostre miserie, le nostre incoerenze. No, non sono così. La Parola di Dio ci è data come Parola di vita, che trasforma il cuore, la vita, che rinnova, che non giudica per condannare, ma risana e ha come fine il perdono. La misericordia di Dio è così.  Una Parola che è luce ai nostri passi. E tutto questo è opera dello Spirito Santo! Egli è il Dono di Dio, è Dio stesso, che ci aiuta ad essere persone libere, persone che vogliono e sanno amare, persone che hanno compreso che la vita è una missione per annunciare le meraviglie che il Signore compie in chi si fida di Lui.

La Vergine Maria, modello della Chiesa che sa ascoltare la Parola di Dio e accogliere il dono dello Spirito Santo, ci aiuti a vivere con gioia il Vangelo, nella consapevolezza di essere sorretti dallo Spirito, fuoco divino che riscalda i cuori e illumina i nostri passi.


Domani ricorre il centenario della nascita di S.Giovanni Paolo II, a Wadowice, in Polonia. Lo ricordiamo con tanto affetto e tanta riconoscenza. Domani mattina, alle 7, celebrerò la Santa Messa che sarà trasmessa in tutto il mondo, all’altare dove riposano le sue spoglie mortali. Dal Cielo egli continui a intercedere per il Popolo di Dio e la pace nel mondo.

In alcuni Paesi sono riprese le celebrazioni liturgiche con i fedeli; in altri se ne sta valutando la possibilità; in Italia, da domani si potrà celebrare la Santa Messa con il popolo; ma per favore, andiamo avanti con le norme, le prescrizioni che ci danno, per custodire così la salute di ognuno e del popolo.

Nel mese di maggio, in tante parrocchie è tradizione celebrare le Messe di Prima Comunione. Chiaramente, a causa della pandemia, questo bel momento di fede e di festa è stato rimandato. Perciò desidero inviare un pensiero affettuoso ai bambini e alle bambine che avrebbero dovuto ricevere per la prima volta l’Eucaristia. Carissimi, vi invito a vivere questo tempo di attesa come opportunità per prepararvi meglio: pregando, leggendo il libro del catechismo per approfondire la conoscenza di Gesù, crescendo nella bontà e nel servizio agli altri. Buon cammino!

Oggi comincia la Settimana Laudato si’, che finirà domenica prossima, nella quale si ricorda il quinto anniversario della pubblicazione dell’Enciclica In questi tempi di pandemia, nei quali siamo più consapevoli dell’importanza della cura della nostra casa comune, auguro che tutta la riflessione e l’impegno comune aiutino a creare e fortificare atteggiamenti costruttivi per la cura del creato.

E auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.”

 

 

“Il muro di gomma della burocrazia killer”

 

 

Immagine “Interris” e nel riquadro l’autore dell’Articolo comunicato al direttore di “Sud Libertà”

Riceviamo dal “Quotidiano Interris” un articolo di commento ,ricco di interessanti osservazioni varie , di Don Aldo Buonaiuto,direttore.

 

di Don Aldo Buonaiuto

Eccolo ”  Un’immagine, tratta dalle Sacre Scritture, simboleggia la paradossale e pericolosissima situazione nella quale l’emergenza sanitaria sta diventando tragedia sociale: la torre di Babele. In tempo di pandemia, la moltiplicazione delle task force di rinomati esperti e dei centri decisionali rende ancora più angosciosa la condizione dei cittadini, costretti a decifrare linguaggi tra loro inconciliabili che fanno sfociare la burocrazia in accanimento. Come nella Bibbia, la sovrapposizione di idiomi incomprensibili che tra loro non comunicano anzi confliggono, diventa causa ed emblema di rovina e condanna divina, così, il diluvio di carte, ordinanze, decreti, autocertificazioni ostacolano una ripresa già notevolmente difficoltosa e sempre più sofferta. Per evitare che l’intero impianto normativo crolli come la torre di Babele su un tessuto socio-economico già duramente provato da due mesi di lockdown, c’è bisogno immediatamente di un sussulto di dignità e soprattutto di concretezza. Come non smetterò mai di ripetere ovunque, il nuovo abbraccio al tempo della distanza di sicurezza deve essere un aiuto concreto da parte delle istituzioni nazionali e locali. Meno parole, più fatti. Tante persone ci descrivono il vero e proprio calvario al quale devono sottoporsi quotidianamente per richiedere i sussidi indispensabili a tenere in vita le attività e i mestieri che soli possono garantire la prosecuzione di una normale convivenza civile.

In tempi normali la burocrazia ferisce e danneggia, in questa situazione disperata la burocrazia uccide. Ne abbiamo avuto una sanguinosa testimonianza con il suicidio che a Napoli ha spezzato l’esistenza di un titolare di azienda e conseguentemente la serenità della sua famiglia e dei dipendenti. Lo sconforto culminato in un gesto così estremo e irreversibile è lo stesso che serpeggia, come il maligno nel giardino dell’Eden, tra milioni di cittadini che non sanno quanto e come potranno sopportare un’ulteriore decurtazione del proprio reddito.

All’ultima udienza generale, il Papa ha lanciato un accorato appello per richiamare l’attenzione dei governanti sulla dignità del lavoro che viene oggi sottoposto ad un inaudito declassamento a causa della pandemia. Non sono solo le inammissibili lungaggini burocratiche che costringono, senza alcuna ragione, a interminabili istruttorie prima di sapere se verranno concessi o no finanziamenti che risulteranno comunque tardivi e che imporranno, come una spada di Damocle, una restituzione gravosa che contrasta con la logica di una ripresa che nella migliore delle ipotesi sarà lenta e graduale.

Un muro di gomma contro il quale si scontrano e si disperano milioni di famiglie e di realtà economiche. Si favoleggia che nulla sarà più come prima. L’economia dovrà diventare più etica, la comunità sarà obbligata a maggior senso di condivisione, le singole libertà andranno modulate e in alcuni casi limitate per il superiore interesse comune, le religioni piegate alla ragione di Stato e alla realpolitik. In tutto questo c’è un unico universo che non sembra minimamente scalfito dalla rivoluzione in atto ed è quello della politica, con annessa amministrazione pubblica. Qui, nella casta rigenerata e intoccabile del potere, (che cambia forma per mantenere i contenuti) sembra che il Covid-19 sia una Giano Bifronte da tirare da un estremo all’altro a seconda delle convenienze. Un giorno torniamo a sentire che è una semplice influenza, il giorno dopo è un’apocalisse dalla quale non ci salveranno né il vaccino (chissà quando sarà pronto) né riaperture progressive che altra ragione non hanno se non quella di tentare una strada di cui si ignora lo sbocco.

In tre punti il mio auspicio alla classe dirigente. Abbandonare subito i balletti stucchevoli della litigiosità partitica. Azzerare i tempi necessari a mettere nelle tasche dei cittadini le risorse, senza onerose mediazioni. Regolarizzare le posizioni lavorative nei contesti (sanità, assistenza domiciliare, agricoltura) che si sono dimostrati vitali per la filiera della nostra sopravvivenza. Con una postilla finale prima di parlare di riapertura totale predisporre per aziende e scuole l’indispensabile dotazioni di sicurezza e test diagnostici. Se Parigi val bene una Messa, a Roma sarà difficile che tutto ciò accada nel breve volgere di una celebrazione concessa.

Papa Francesco: “Pregare perchè l’Europa cresca unita nella sua diversità”

Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco ricorda due recenti commemorazioni: la festa dell’Europa e l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale nel vecchio continente, pregando che l’Europa cresca unita nelle sue diversità. Nell’omelia, ha affermato che la preghiera è l’accesso al Padre: bisogna avere il coraggio di pregare e di credere nell’onnipotenza della preghiera

Nelle premesse il Pontefice  ha rivolto il suo pensiero all’Europa:

In questi due giorni passati, ci sono state due commemorazioni: il 70.mo della Dichiarazione di Robert Schuman, che ha dato inizio all’Unione Europea, e anche la commemorazione della fine della guerra. Chiediamo al Signore per l’Europa, oggi, che cresca unita, in questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i popoli nell’unità nella diversità.

Il Papa ha centrato la sua omelia sulla preghiera, commentando il passo del Vangelo in cui Gesù dice ai suoi discepoli che chi crede in Lui, anch’egli compirà le opere che Lui compie e ne compirà di più grandi di queste, perché va al Padre. Gesù afferma: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio”.

Possiamo dire –  che questo passo del Vangelo di Giovanni è la dichiarazione dell’ascesa al Padre. Il Padre sempre è stato presente nella vita di Gesù, e Gesù” diceva che il Padre ha cura di noi e delle sue creature. E quando i discepoli gli chiesero di imparare a pregare, Gesù ha insegnato il “Padre nostro”. Gesù “va sempre al Padre” e “in questo passo è molto forte” perché “è come se aprisse le porte della onnipotenza della preghiera”, perché dice: “Io sono con il Padre: voi chiedete e io farò tutto. Ma perché il Padre lo farà con me”.

Questa fiducia nel Padre, fiducia nel Padre che è capace di fare tutto. Questo coraggio di pregare, perché per pregare ci vuole coraggio, ci vuole lo stesso coraggio, la stessa franchezza che per predicare: la stessa”. Il Papa ricorda il coraggio di Abramo, quando “mercanteggiava”: aveva “il coraggio della lotta nella preghiera, perché pregare è lottare: lottare con Dio”. E anche il coraggio della preghiera di Mosè che osava dire “no” al Padre. Pregare con poco coraggio “è una mancanza di rispetto. Pregare è andare con Gesù al Padre che ti darà tutto. Coraggio nella preghiera, franchezza nella preghiera. La stessa che ci vuole per la predica”.

Il Papa poi si sofferma sugli  Atti degli Apostoli,  di “quel conflitto nei primi tempi della Chiesa, perché i cristiani di origine greca mormoravano – mormoravano, già a quel tempo si faceva questo: si vede che è un’abitudine della Chiesa … – mormoravano perché le loro vedove, i loro orfani non erano ben custoditi; gli apostoli non avevano tempo”. E Pietro, insieme agli altri apostoli, “illuminato dallo Spirito Santo, ‘inventò’ i diaconi: sette persone di fede che si prendessero cura del servizio, in modo che quelle persone che avevano ragione di lamentarsi, fossero assistite nei loro bisogni”. Una decisione presa dagli apostoli perché potessero dedicarsi alla preghiera e all’annuncio della Parola.

Questo – ha detto Francesco – è il compito del vescovo: pregare e predicare. Con questa forza che abbiamo sentito nel Vangelo: il vescovo è il primo che va dal Padre, con la fiducia che ha dato Gesù, con il coraggio, con la parresìa, a lottare per il suo popolo. Il primo compito di un vescovo è pregare”.

Il Papa ricorda un sacerdote, “un santo parroco, buono”, che quando incontrava un vescovo faceva sempre la stessa domanda: “Ma eccellenza, quante ore al giorno lei prega?”, e sempre diceva: “Perché il primo compito è pregare”. “Perché è la preghiera del capo della comunità per la comunità, l’intercessione al Padre perché custodisca il popolo”.

La preghiera del vescovo, il primo compito: pregare. E il popolo, vedendo il vescovo pregare, impara a pregare. Perché lo Spirito Santo ci insegna che è Dio che ‘fa la cosa’. Noi facciamo un pochettino, ma è Lui che ‘fa le cose’ della Chiesa, e la preghiera è quella che porta avanti la Chiesa”. E per questo “i vescovi devono andare avanti con la preghiera”.

Quella parola è profetica: “Che i diaconi facciano tutto questo, così la gente è ben custodita e ha risolto i problemi e anche i suoi bisogni. Ma a noi, vescovi, la preghiera e l’annuncio della Parola”.

È triste – ha osservato Francesco – vedere bravi vescovi, bravi, gente buona, ma indaffarati in tante cose, l’economia, e questo e quell’altro e quell’altro … La preghiera al primo posto. Poi, le altre cose. Ma quando le altre cose tolgono spazio alla preghiera, qualcosa non funziona. E la preghiera è forte”. Gesù lo ha detto: “Io vado dal Padre, e qualunque cosa chiederete nel mio nome al Padre, la farò, perché il Padre sia glorificato”. “Così – ha concluso il Papa – va avanti la Chiesa, con la preghiera, il coraggio della preghiera, perché la Chiesa sa che senza questa ascesa al Padre non può sopravvivere”.

Papa Francesco: “Oggi nella storia ci sono tanti finti pastori che hanno sfruttato il gregge pensando di far politica, carriera o soldi”

 

 

 

Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco, nella domenica del Buon Pastore, rivolge il suo pensiero a ai tanti sacerdoti , medici – finora 154 – infermieri che hanno perso la vita per prendersi cura delle persone in questo tempo caratterizzato dalla pandemia. Nell’omelia, ha affermato che uno dei segni del buon pastore è la mitezza e la tenerezza. È un’idea di comunità, di tenerezza, di bontà, di mitezza. È la Chiesa che vuole Gesù e lui custodisce questa Chiesa

Oggi è la cinquantesima celebrazione eucaristica in diretta streaming dalla cappella della Domus Sanctae Marthae dal 9 marzo scorso, segno di vicinanza del Papa al popolo di Dio che in tante parti del mondo non può recarsi a Messa per l’emergenza coronavirus.

A tre settimane dalla Risurrezione del Signore, la Chiesa oggi nella quarta domenica di Pasqua celebra la domenica del Buon Pastore, Gesù Buon Pastore. Questo mi fa pensare a tanti pastori che nel mondo danno la vita per i fedeli, anche in questa pandemia, tanti, più di 100 qui in Italia sono venuti a mancare. E penso anche ad altri pastori che curano il bene della gente: i medici. Si parla dei medici, di quello che fanno, ma dobbiamo renderci conto che, soltanto in Italia, 154 medici sono venuti a mancare, in atto di servizio. Che l’esempio di questi pastori preti e “pastori medici”, ci aiuti a prenderci cura del santo popolo fedele di Dio.

Nell’omelia il Papa ha commentato la prima lettera di San Pietro in cui l’apostolo dice che dalle piaghe di Gesù siamo stati guariti: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime”. Gesù è il pastore che viene a salvare le pecore erranti. Il Vangelo odierno (Gv 10,1-10) parla della porta attraverso la quale si entra nel gregge: tutti quelli che non entrano attraverso questa porta sono ladri e briganti, i finti pastori. Nella storia della Chiesa – ha affermato Francesco – ci sono stati tanti finti pastori che hanno sfruttato il gregge, pensando solo a far carriera o politica o soldi. Ma il gregge li conosce e cerca Dio per le sue strade.

Il buon pastore ascolta il gregge, guida il gregge, lo cura, e il gregge sa distinguere tra i pastori, non si sbaglia, il gregge si fida del buon pastore, di Gesù. Solo il pastore che assomiglia a Gesù dà fiducia al gregge. Lo stile di Gesù deve essere lo stile del pastore. Il buon pastore è mite e tenero, non si difende, ha quella tenerezza della vicinanza, conosce le pecore per nome e si prende cura di ogni pecora come se fosse l’unica. Il buon pastore, Gesù, ci accompagna sempre nel cammino della vita. È un’idea di comunità, di tenerezza, di bontà, di mitezza. È la Chiesa che vuole Gesù e lui custodisce questa Chiesa. Questa domenica – ha concluso il Papa – è una domenica bella, di pace e di tenerezza, perché il buon pastore si prende cura di noi, come dice il Salmo 22: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”.

PAPA FRANCESCO: “NO AI CHIACCHERICCI NO ALLE NOTIZIE FALSE E AL LINCIAGGIO SOCIALE”

Data nascita e età di Papa Francesco

 

Il Papa, a Santa Marta, invita all’attesa e alla “prudenza” nonchè alla “obbedienza” alle disposizioni governative per sconfiggere il Covid 19 .

Spiega Papa Francesco: “In questo tempo nel quale si incomincia ad avere disposizione per uscire dalla quarantena -preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”.

“NO AL LINCIAGGIO SOCIALE” – Il Papa a Santa Marta respinge i fenomeni di  “linciaggio sociale e , quindi anche di “mobbing”, chiacchere, difficile da provare ma fenomeno esistente in particolare negli uffici pubblici numerosi: anche questo succede con i martiri di oggi”. Il Pontefice, celebrando la quotidiana messa, cita  l’esempio di “Asia Bibi: abbiamo visto dieci anni in carcere perché è stata giudicata da una calunnia e un popolo che vuole la morte davanti a questa valanga di notizie false che creano opinione e tante volte non si può fare nulla”.

Il Papa pensa anche alla Shoah: “La Shoah è nata così, è stata creata l’opinione contro un popolo e poi è diventata normale, ‘vanno uccisi’, un modo di procedere per fare fuori la gente che ti disturba. Tutti sappiamo che questo non è buono ma c’è un piccolo linciaggio quotidiano che cerca di condannare la gente, di scartarla. Si crea una opinione – osserva Bergoglio – e con quel ‘si dice’ si crea opinione per farla finita con una persona”.

“La verità è un’altra – avverte Francesco – è testimonianza del vero, è chiara, trasparente. Non tollera le pressioni. Pensiamo a Stefano, primo martire dopo Gesù e ai tanti martiri per cui si crea una fama e questa persona va uccisa e pensiamo a noi che con i nostri commenti tante volte iniziamo un linciaggio del genere”. Il Pontefice pensa anche alle “istituzioni cristiane. Nelle nostre istituzioni lo abbiamo visto tante volte. No alla condanna che provoca il chiacchiericcio”.

Papa Francesco in soccorso del premier Conte: “L’Europa dia prova di solidarietà anche con soluzioni innovative. Non è più il tempo di divisioni e di egoismi..”

Francesco ha un sogno: che indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza siano parole da bandire. «Vogliamo bandirle da ogni tempo!»

Città del Vaticano

L’Unione Europea dia prova di solidarietà, non perda questa occasione, anche ricorrendo a soluzioni innovative, ha di fronte una sfida epocale”«Non è questo il tempo degli egoismi». L’appello in mondovisione di Papa Francesco è per tutti ma, stavolta, in particolare, è diretto al cuore dell’Europa. Le divisioni tra i paesi del Nord e quelli dell’area mediterranea sarebbero, infatti, fatali.  Il problema Italia con il trascorrere dei giorni è diventato il problema dell’Europa, di tutti e del mondo intero

 

Il futuro dell’Europa

Il virus che «stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone» ha detto. Il pensiero di Francesco si è concentrato su una Europa sempre più spaccata e sorda, come non è stata nemmeno dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando – «questo continente è potuto risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha consentito di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda». Praticamente quello di Francesco è un atto d’accusa contro le posizioni granitiche della Germania e dell’Olanda che tengono in scacco un progetto comune. «Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni». E poi il Papa ha ripetuto che non è questo il tempo delle divisioni, delle separazioni, degli smembramenti.

RICORDO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME MORTE IN ASSOLUTA SOLITUDINE

Papa Francesco ha martellato sul concetto di speranza. Un contagio che stavolta «si trasmette da cuore a cuore (..) Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No, la risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non “scavalca” la sofferenza e la morte». Da qui il ricordo dei malati di coronavirus, dei familiari, delle vittime che spesso sono morte in totale solitudine, dei medici e delle infermiere, degli anziani soli e di tutti coloro che a vari livelli e in diversi settori stanno provvedendo a mandare avanti la macchina della collettività in questo periodo di confinamento coatto. «Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici».

LA PREOCCUPAZIONE PER L’AVVENIRE INCERTO DELLE FAMIGLIE E DEI LAVORATORI 

La fine del lockdown e la ripresa a una vita normale segnerà un periodo difficile per tanti lavoratori e imprenditori. «Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé. Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa e favorire, quando le circostanze lo permetteranno, la ripresa delle consuete attività quotidiane».
Sobrietà
Nel corso della celebrazione, sempre per l’emergenza sanitaria in atto, è stato omesso il rito del «Resurrexit», una antica tradizione che si interruppe con la cattività avignonese ma che poi venne ripresa nel 2000 durante il Giubileo.  E’ una sosta di preghiera adorante, e lieto annunzio del Risorto. La messa odierna è stata molto semplificata anche per l’assenza di concelebranti, di dignitari, cardinali, vescovi, canonici, ambasciatori, funzionari.GLI AUGURI DI MATTARELLA
Come consuetudine nel giorno di Pasqua sono arrivati al Papa gli auguri del capo di Stato italiano. «In questo tempo di profonda inquietudine Vostra Santità non ha fatto mancare a un’umanità sofferente la consolazione del Suo paterno accompagnamento, il sollievo della Sua concreta e generosa vicinanza, l’invito a compiere gesti di attenzione e di premura nei confronti di chi è nel bisogno sul piano affettivo, spirituale o materiale». Mattarella coglie l’occasione per fare gli auguri di buon onomastico ormai prossimo, vista la ricorrenza di San Giorgio, il martire guerriero che uccise il drago, celebrato dalla Chiesa il 23 aprile.

Iran nel dramma e la guerra in Siria
Il Papa in un passaggio del testo ha ricordato indirettamente il dramma iraniano, uno dei paesi maggiormente colpiti dal virus e attualmente sotto scacco per le sanzioni americane. Nei giorni scorsi il governo degli Ayatollah aveva inviato un appello al Papa affinché potesse intercedere per allentare un po’ le misure restrittive. «In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri».

. «Sia invece il tempo in cui porre finalmente termine alla lunga guerra che ha insanguinato la Siria, al conflitto in Yemen e alle tensioni in Iraq, come pure in Libano. Sia questo il tempo in cui Israeliani e Palestinesi riprendano il dialogo, per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta ad entrambi di vivere in pace. Cessino le sofferenze della popolazione che vive nelle regioni orientali dell’Ucraina. Si ponga fine agli attacchi terroristici perpetrati contro tante persone innocenti in diversi Paesi dell’Africa». Ha anche ricordato il dramma dell’isola di Lesbo, dove nel campo di Moria, sono ammassati decine di migliaia di migranti in condizioni disumane.

 

 

Prosciolto il Cardinale George Pell dall’accusa di abuso su minori -Papa Francesco: “Preghiamo per le persone che soffrono una sentenza ingiusta per accanimento”

La fabbrica delle ingiustizie I giudici delle condanne vuote ...

L’Alta corte australiana  ha prosciolto il cardinale George Pell dall’accusa infamante di abuso su minori per cui stava scontando una condanna a 6 anni, ribaltando la sentenza della Corte d’Appello emessa nell’agosto dell’anno scorso che confermava la decisione del Tribunale di Melbourne del dicembre 2018. Il porporato, che compirà 79 anni a giugno si è sempre dichiarato innocente.           Pell  ha lasciato il carcere di Barwon per recarsi in un istituto religioso presso Melbourne.
Il Cardinale Pell torna in carcere, in attesa di un nuovo appello

Il cardinale Pell, (nella foto sopra )che ha trascorso circa 400 giorni in prigione, dopo  la decisione dell’Alta Corte, ha ribadito di aver “costantemente sostenuto” la sua innocenza e che l’ingiustizia che ha ricevuto è stata ora sanata. Rivolgendosi alla persona che lo ha accusato per un fatto avvenuto negli anni ‘90, a quel tempo era un chierichetto della Cattedrale di Melbourne, il porporato ha detto di non nutrire alcun risentimento. Quindi ha auspicato che la sua assoluzione non aggiunga altro dolore. La base della guarigione a lungo termine – ha affermato – è la verità e l’unica base della giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti. Nella dichiarazione, Pell ha poi affermato: “Il mio processo non era un referendum sulla Chiesa cattolica, né un referendum sul modo in cui le autorità della Chiesa in Australia hanno fronteggiato il crimine di pedofilia nella Chiesa. Il punto era solo se io avevo o no commesso quei crimini orribili, e io non li ho commessi”.

Papa Francesco, la Chiesa  ha  preso atto delle decisioni dei giudici australiani, e, ha costantemente confermato la vicinanza alle vittime di abusi sessuali e l’impegno, attraverso le competenti autorità ecclesiastiche, a perseguire i membri del clero che ne siano responsabili.

In questi giorni di Quaresima – ha detto il Pontefice nel corso della S.Messa -abbiamo visto la persecuzione che ha subito Gesù e come i dottori della Legge si sono accaniti contro di lui: è stato giudicato sotto accanimento, con accanimento, essendo innocente. Io vorrei pregare oggi per tutte le persone che soffrono una sentenza ingiusta per l’accanimento”.

La sentenza dell’Alta Corte ribalta quindi quella di primo grado confermata lo scorso agosto dalla Corte d’Appello di tre giudici dello stato di Victoria con un voto di due a uno. La condanna era stata di 6 anni, con 3 anni e otto mesi da scontare prima di una eventuale libertà condizionale. Pell era stato dichiarato colpevole di aver abusato sessualmente nel 1996 nella sacrestia della cattedrale di Melbourne, quando era arcivescovo della diocesi, di due coristi di 13 anni sorpresi a bere il vino della messa.