Un’emozione forte oggi la dà Papa Francesco alla lettura dei nuovi Santi. Dieci nuovi santi – sei uomini e quattro donne – sono stati proclamati da Papa Francesco. Da giorni le loro immagini campeggiano sui grandi arazzi affissi alla facciata della basilica di San Pietro. In piazza .affollatissima – la messa è presieduta dal Pontefice sul sagrato con migliaia di fedeli dalle nazioni d’origine dei nuovi santi: quindi oltre che dall’Italia, patria di cinque canonizzandi, anche dalla Francia (tre), India e appunto Olanda (uno ciascuna).
Non poteva mancare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha salutato per la prima volta il Pontefice dopo la rielezione, e dopo l’appuntamento mancato a Firenze lo scorso 27 febbraio, quando Francesco diede forfait causa malanno al ginocchio destro
Tra i nuovi santi, spiccano i nomi del religioso francese Charles de Foucauld (1858-1916), visconte di Pontbriand, esploratore del Sahara e studioso della lingua e cultura dei Tuareg, pioniere del dialogo con civiltà e fedi diverse. E del prete olandese Titus Brandsma (1881-1942), martire del nazismo, giornalista di testate cattoliche che non mancò di opporsi agli occupanti hitleriani e finì internato a Dachau, dove fu ucciso con un’iniezione di acido fenico. Una petizione promossa da alcuni giornalisti olandesi lo ha proposto al Papa come nuovo co-patrono della categoria, insieme a San Francesco di Sales. C’è anche il primo beato indiano, Lazzaro detto Devasahayam (1711-1752), ex ufficiale assassinato da un gruppo di soldati a causa della sua conversione al cristianesimo.
Gli altri sono tutti religiosi: i francesi Cesar De Bus (1544-1607), fondatore della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana, e Marie Rivier (1768-1838), fondatrice delle Suore della Presentazione di Maria. Quindi i cinque italiani: il sacerdote bergamasco Luigi Maria Palazzolo (1827-1886), fondatore dell’Istituto delle Suore delle Poverelle; il prete napoletano Giustino Maria Russolillo (1891-1955), fondatore della Società delle Divine Vocazioni e della Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni; la piemontese morta in Uruguay Maria Francesca di Gesù Rubatto (1844-1904), fondatrice della Suore Terziarie Cappuccine di Loano; la palermitana Maria di Gesù Santocanale (1852-1923), fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes; e la veneta Maria Domenica Mantovani (1862-1934), in religione Giuseppina dell’Immacolata, co-fondatrice e prima superiora dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato Sua Santità Papa Francesco il seguente messaggio:
«Santità, nella festività della Santa Pasqua mi è gradito rivolgerLe, a nome del popolo italiano e mio personale, sentiti e cordiali voti augurali.
In questo tempo di profonda inquietudine i più fondamentali diritti umani vengono tragicamente calpestati, in Ucraina così come in molte altre regioni del mondo. La guerra di aggressione, somma negazione di quegli imprescindibili vincoli di fratellanza sui quali si fonda l’umana convivenza, continua in queste settimane a seminare lutti indicibili, a separare famiglie, a violare l’innocenza dei più piccoli e fragili.
Tuttavia, lo spirito pasquale rinnova nelle coscienze l’invito a mantenere viva la speranza e saldo l’impegno per una pace fondata sulla giustizia, mentre il messaggio che Vostra Santità instancabilmente diffonde a difesa della dignità della persona costituisce per tutti, credenti e non credenti, una feconda fonte di ispirazione all’impegno per l’altro e verso l’altro.
Con il vivo auspicio che l’appello a rifuggire dalla violenza possa essere accolto dall’intera famiglia umana – e nello spirito di profonda amicizia che unisce l’Italia alla Sede Apostolica – Le rinnovo le espressioni della massima considerazione per il Suo alto Ministero, pregandoLa di accogliere gli auguri di tutti gli italiani e miei personali per la Santa Pasqua e per l’ormai prossima ricorrenza del Suo onomastico.»
“Non si arresta, purtroppo, la violenta aggressione contro l’Ucraina, un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità. Non c’è giustificazione per questo! Supplico tutti gli attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante.
Anche questa settimana missili e bombe si sono abbattuti su civili, anziani, bambini e madri incinte. Sono andato a trovare i bambini feriti che sono qui a Roma. A uno manca un braccio, l’altro è ferito alla testa… Bambini innocenti. Penso ai milioni di rifugiati ucraini che devono fuggire lasciando indietro tutto e provo un grande dolore per quanti non hanno nemmeno la possibilità di scappare. Tanti nonni, ammalati e poveri, separati dai propri familiari, tanti bambini e persone fragili restano a morire sotto le bombe, senza poter ricevere aiuto e senza trovare sicurezza nemmeno nei rifugi antiaerei. Tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana, soprattutto contro la vita umana indifesa, che va rispettata e protetta, non eliminata, e che viene prima di qualsiasi strategia! Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega! Preghiamo in silenzio per quanti soffrono.
Mi consola sapere che alla popolazione rimasta sotto le bombe non manca la vicinanza dei Pastori, che in questi giorni tragici stanno vivendo il Vangelo della carità e della fraternità. Ho sentito in questi giorni alcuni di loro al telefono, come sono vicini al popolo di Dio. Grazie, cari fratelli, care sorelle, per questa testimonianza e per il sostegno concreto che state offrendo con coraggio a tanta gente disperata! Penso anche al Nunzio Apostolico, appena fatto Nunzio, Monsignor Visvaldas Kulbokas, che dall’inizio della guerra è rimasto a Kyiv insieme ai suoi collaboratori e con la sua presenza mi rende vicino ogni giorno al martoriato popolo ucraino.
Stiamo vicini a questo popolo, abbracciamolo con l’affetto e con l’impegno concreto e con la preghiera. E, per favore, non abituiamoci alla guerra e alla violenza! Non stanchiamoci di accogliere con generosità, come si sta facendo: non solo ora, nell’emergenza, ma anche nelle settimane e nei mesi che verranno. Perché voi sapete che al primo momento, tutti ce la mettiamo tutta per accogliere, ma poi, l’abitudine ci raffredda un po’ il cuore e ci dimentichiamo. Pensiamo a queste donne, a questi bambini che con il tempo, senza lavoro, separate dai loro mariti, saranno cercate dagli “avvoltoi” della società. Proteggiamoli, per favore.
Invito ogni comunità e ogni fedele a unirsi a me venerdì 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione, nel compiere un solenne Atto di consacrazione dell’umanità, specialmente della Russia e dell’Ucraina, al Cuore immacolato di Maria, affinché Lei, la Regina della pace, ottenga al mondo la pace.
Saluto tutti voi, romani e pellegrini venuti dall’Italia e da diversi Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Madrid, il gruppo internazionale “Agorà degli abitanti della terra”, i medici e i soccorritori del Servizio di emergenza 118, il Rinnovamento Carismatico Cattolico “Charis” – che è l’unico riconosciuto ufficialmente, “Charis”, non altri –, e i membri del Movimento dei Focolari. Saluto il Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna con la banda della Polizia di Stato, il Coro “Ensemble Vox Cordis” di Fornovo San Giovanni, il Coro “San Vincenzo Grossi” di Pizzighettone, i ragazzi della professione di fede di Angera, Sesto Calende e Ternate, il pellegrinaggio della diocesi di Asti e i fedeli di Venezia e Sassari.
‘Papa Francesco nel messaggio di Natale rivolto ai fedeli presenti in Piazza San Pietro‘Dio con noi, concedi salute ai malati e ispira tutte le persone di buona volontà a trovare le soluzioni più idonee per superare la crisi sanitaria e le sue conseguenze. Rendi i cuori generosi, per far giungere le cure necessarie, specialmente i vaccini, alle popolazioni più bisognose”. .
”’Sorelle, fratelli, ‘che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità?’. In questo tempo di pandemia ce ne rendiamo conto ancora di più. La nostra capacità di relazioni sociali è messa a dura prova; si rafforza la tendenza a chiudersi, a fare da sé, a rinunciare ad uscire, a incontrarsi, a fare le cose insieme. E anche a livello internazionale c’è il rischio di non voler dialogare, il rischio che la crisi complessa induca a scegliere scorciatoie piuttosto che le strade più lunghe del dialogo; ma queste sole, in realtà, conducono alla soluzione dei conflitti e a benefici condivisi e duraturi”
”Figlio di Dio, conforta le vittime della violenza nei confronti delle donne che dilaga in questo tempo di pandemia”….
”Offri speranza ai bambini e agli adolescenti fatti oggetto di bullismo e di abusi. Dai consolazione e affetto agli anziani, soprattutto a quelli più soli – ha proseguito il Santo Padre – Dona serenità e unità alle famiglie, luogo primario dell’educazione e base del tessuto sociale”.
. E’ il messaggio che Papa Francesco, affacciandosi dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ha rivolto ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, nel mondo intero, specialmente durante le feste natalizie
Papa Francesco è ancora ricoverato per l’intervento subito una settimana fa. Al balcone vuol diffondere l’Angelus come promesso, è accompagnato da una ragazza e da alcuni bambini malati.
Francesco vuol ingraziare quanti gli hanno mandato gli auguri in questi giorni: “Vi ringrazio tutti: ho sentito molto la vostra vicinanza e il sostegno delle vostre preghiere. Grazie di cuore! Nel Vangelo di oggi, l’evangelista Marco racconta la sollecitudine dei discepoli, inviati da Gesù, nei confronti dei malati: li ungevano con l’olio e li guarivano. L’olio è immagine del sacramento dell’Unzione dei malati, afferma il Papa, ma l’olio è anche “l’ascolto, la vicinanza, la premura, la tenerezza di chi si prende cura della persona malata” lenendo così il suo dolore.
Tutti noi, tutti abbiamo bisogno prima o poi di questa “unzione” della vicinanza e della tenerezza, e tutti possiamo donarla a qualcun altro, con una visita, una telefonata, una mano tesa a chi ha bisogno di aiuto. Ricordiamo che, nel protocollo del Giudizio Finale, una delle cose che ci domanderanno sarà la vicinanza agli ammalati.
Un servizio sanitario accessibile a tutti
Il Papa afferma: In questi giorni di ricovero in ospedale, ho sperimentato ancora una volta quanto sia importante un buon servizio sanitario, accessibile a tutti, come c’è in Italia e in altri Paesi. Un servizio sanitario gratuito che assicuri un buon servizio accessibile a tutti. Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti. Anche nella Chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla. Ma la tua vocazione è in Chiesa: non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito. Non dimenticatevi: salvare le istituzioni gratuite.
PERCHE’ I BAMBINI SOFFRONO? NESSUNO SIA LASCIATO SOLO
Il pensiero grato di Papa Francesco e un incoraggiamento va poi ai medici e a tutti gli operatori sanitari e al personale di questo ospedale e di altri che “lavorano tanto”. E ai malati che affida a Maria, Salute degli infermi, ponendo una domanda importante:
Qui ci sono alcuni amici bambini malati, perché soffrono i bambini? Perché soffrono i bambini è una domanda che tocca il cuore: accompagnarli con la preghiera e pregare per tutti i malati, specialmente per quelli in condizioni più difficili: nessuno sia lasciato solo, ognuno possa ricevere l’unzione dell’ascolto, della vicinanza, della tenerezza, e della cura.
Al termine della recita dell’Angelus, Francesco ha rivolto un appello per la situazione ad Haiti auspicando che nel Paese vengano deposte le armi e si scelga di vivere insieme fraternamente. Ha ricordato poi che oggi in Italia, per iniziativa della Conferenza episcopale, si celebra la Domenica del Mare, dedicata in modo particolare ai marittimi, assicurando per loro la sua preghiera e raccomandando di curare la salute del mare: “niente plastica in mare!”
Fiducia in Dio, non lasciarsi andare alla crisi della fede.Affacciandosi su Piazza San Pietro, Francesco inizia la sua riflessione a partire dalle due Parabole del Vangelo di questa domenica. Gesù, che parlava con immagini della vita quotidiana, paragona il Regno di Dio, “la sua presenza che abita il cuore delle cose e del mondo”, al granello di senape, cioè al seme più piccolo che ci sia: eppure, gettato in terra, esso cresce fino a diventare un albero rigoglioso, che dà ristoro a tutti. Questo è il modo in cui Dio agisce, spiega il Papa. A volte, però, nota, “il frastuono del mondo” e le tante attività quotidiane impediscono di scorgere in quale modo il Signore conduce la storia.
Anche il seme delle nostre opere buone può sembrare poca cosa; eppure, tutto ciò che è buono, appartiene a Dio e dunque umilmente, lentamente porta frutto. Il bene – ricordiamolo – cresce sempre in modo umile, in modo nascosto, spesso invisibile.
È questa la nostra fiducia, è questo che ci dà forza per andare avanti ogni giorno con pazienza, seminando il bene che porterà frutto. Quant’è importante questo atteggiamento anche per uscire bene dalla pandemia! Coltivare la fiducia di essere nelle mani di Dio e al tempo stesso impegnarci tutti per ricostruire e ricominciare, con pazienza e costanza.
Il Papa avverte che “anche nella Chiesa può serpeggiare la sfiducia, soprattutto – dice – quando assistiamo alla crisi della fede e al fallimento di vari progetti e iniziative”.
Ma non dimentichiamo mai che i risultati della semina non dipendono solo dalle nostre capacità: dipendono dall’azione di Dio. A noi sta seminare, e seminare con amore, con impegno, e con pazienza. Ma la forza del seme è divina.
Quindi, anche le cose di ogni giorno, “quelle che a volte sembrano tutte uguali e che portiamo avanti con distrazione o fatica, sono abitate dalla presenza nascosta di Dio, cioè hanno un significato”. Servono, rimarca, “occhi attenti”, per saper “cercare e trovare Dio in tutte le cose”, come amava dire Sant’Ignazio di Loyola. E, riprendendo l’altra parabola odierna, quella del contadino che getta il seme e non si rende conto di come porti frutto, perché cresce spontaneamente, sottolinea che “con Dio anche nei terreni più aridi c’è sempre speranza di germogli nuovi”.
Fragilità e forza, amore e tradimento, peccato e misericordia. Papa Francesco, si sofferma oggi su questi aspetti e la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, il Corpus Domini, e l’Ultima Cena di Gesù con l’istituzione dell’Eucaristia, “il sacramento più grande”, il Pane di vita:
L’Eucaristia guarisce perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene. Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui. Come fa Dio con noi. Questa è la logica dell’Eucaristia: riceviamo Gesù che ci ama e sana le nostre fragilità per amare gli altri e aiutarli nelle loro fragilità.
“Il traguardo della vita sta nel donarsi e servire gli altri”
“In questo modo Gesù – afferma il Papa – ci mostra che il traguardo della vita sta nel donarsi, che la cosa più grande è servire. E noi ritroviamo oggi la grandezza di Dio in un pezzetto di Pane, in una fragilità che trabocca amore e condivisione”.
Nell’Eucaristia la fragilità è forza: forza dell’amore che si fa piccolo per poter essere accolto e non temuto; forza dell’amore che si spezza e si divide per nutrire e dare vita; forza dell’amore che si frammenta per riunirci tutti noi in unità.
Donare a chi nella vita ha sbagliato
Un amore che si rafforza se è donato a chi ha sbagliato. Nel tradimento del discepolo, “il dolore più grande per chi ama”, in quell’ “abisso più profondo” Gesù non punisce ma dona misericordia.
Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori e sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, ma il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non avete paura! Prendete e mangiate”.
In quel Pane c’è un “senso nuovo alle nostre fragilità”, Gesù ci dice che siamo preziosi, “ci ripete – afferma il Papa – che la sua misericordia non ha paura delle nostre miserie”.
E soprattutto ci guarisce con amore da quelle fragilità che da soli non possiamo risanare. Quali fragilità? Pensiamo. Quella di provare risentimento verso chi ci ha fatto del male –da questo da soli non possiamo guarire -; quella di prendere le distanze dagli altri e isolarci in noi stessi – da quella da soli non possiamo guarire -; quella di piangerci addosso e lamentarci senza trovare pace; anche da questa, noi soli non possiamo guarire. È Lui che ci guarisce con la sua presenza, con il suo pane, con l’Eucaristia. L’Eucaristia è farmaco efficace contro queste chiusure.
Infine Francesco ricorda che nei quattro versetti della Liturgia delle ore c’è “il riassunto di tutta la vita di Gesù”. “E ci dicono così che Gesù nascendo, si è fatto compagno di viaggio nella vita. Poi, nella cena si è dato come cibo. Poi, nella croce, nella sua morte, si è fatto prezzo: ha pagato per noi. E adesso, regnando nei Cieli è il nostro premio, che noi andiamo a cercare quello che ci aspetta”.
Al termine dell’Angelus, il Pontefice ha ricordato l’iniziativa dell’Azione Cattolica che si terrà martedì:
Dopodomani, martedì 8 giugno, alle ore 13.00, l’Azione Cattolica Internazionale invita a dedicare un minuto per la pace, ciascuno secondo la propria tradizione religiosa. Preghiamo in particolare per la Terra Santa e per il Myanmar.
L’arcivescovo di Agrigento: “La Sicilia ancora soffre per la mentalità mafiosa, faccia tesoro della sua lezione”
La Sicilia ha celebrato la beatificazione di uno dei suoi più luminosi testimoni: Rosario Livatino, il giovane giudice assassinato dalla mafia a 38 anni , che la Chiesa oggi ha proclamato beato e che commemorerà ogni 29 ottobre.
Il Papa: “Martire della giustizia e della fede”
Papa Francesco ha reso omaggio a questo “martire della giustizia e della fede”: “Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere”, ha detto il Pontefice, affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico. “Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo beato!”
All’inizio del Rito, il postulatore della causa di canonizzazione, monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, ha ricordato la vita del nuovo beato. “Il suo martirio – ha detto – è stato ed è tuttora testimonianza della insanabile inconciliabilità tra Vangelo e mafia”. Il “silenzio” che gli fu imposto oggi è “un canto di lode” e “onora la magistratura”.
Prima della conclusione, ha preso la parola il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che ha ringraziato il Papa per aver iscritto nel registro dei martiri questo figlio della terra di Sicilia: “È il primo giudice proclamato martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue”. “Quanto abbiamo vissuto ci responsabilizza a testimoniare con coraggio il Vangelo con una vita di fede semplice e credibile come quella del giudice Livatino”, ha aggiunto il porporato, esprimendo il concreto auspicio “che questa nostra terra di Sicilia, che purtroppo ancora soffre a motivo della mentalità mafiosa, faccia tesoro di questa lezione“.
Grazie a Dio possiamo ritrovarci di nuovo in questa piazza per l’appuntamento domenicale e festivo. Io vi dico una cosa: mi manca la piazza quando devo fare l’Angelus in Biblioteca.
Sono contento, grazie a Dio! E grazie a voi per la vostra presenza”. Lo ha detto Papa Francesco al termine del Regina Coeli, la preghiera mariana che in questo periodo liturgico sostituisce l’Angelus. Il Papa non si affacciava al balcone del Palazzo apostolico, per evitare assembramenti, da oltre un mese.
Nel terzo giorno del Papa in Iraq, Francesco invita alla preghiera di suffraggio per le vittime della guerra a Mosul, una città devastata dalla furia dell’Is ma che ha cominciato il cammino di ricostruzione anche con esperienze di collaborazione fra cristiani e musulmani. È crudele – dice Francesco– che questo Paese sia stato colpito da una tempesta così disumana. Il Papa affida al Signore i morti e prega che i persecutori si ravvedano
Il Pontefice è lì in mezzo all’oscurità e alle macerie del terrorismo islamico. Testimonia senza paura la luce della fede e della speranza. Francesco invoca il perdono di Dio e la grazia della conversione mentre spiega che la vera strada è quella di attuare insieme il disegno d’amore e di pace che il Signore ha per l’uomo. Un cammino segnato dalla speranza di collaborazione fraterna fra cristiani e musulmani Quelle rovine dietro le spalle di Papa Francesco indicano la violenza terroristica, periodo 2014-2017,a Hosh al-Bieaa, piazza delle 4 chiese – siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea –
Mosul, la “città dei profeti” chiamata così per le tombe di cinque profeti musulmani, circa mezzo milione di persone, di cui oltre 120.000 cristiani, dovettero fuggire in quegli anni bui e la località fu sottoposta a una sistematica devastazione con la distruzione fra l’altro di chiese, del mausoleo di ‛Awn ad-dīn, di Nabī Yūnis (il mausoleo del profeta Giona), di un tratto murario del sito di Ninive, oltre che di rarissimi manoscritti e di più di 100.000 libri conservati nella Biblioteca, di reperti archeologici e perfino della moschea di Mūr ad-dīn. Oggi si sta lavorando alla ricostruzione della città, ma anche del tessuto sociale che la abita.
Com’è crudele- afferma il Pontefice- che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, gli yazidi, che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo, e altri – sfollati con la forza o uccisi! Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza; e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione.
La violenza è un tradimento della fede, già spiegata diverse volte anche in questo viaggio apostolico. Nel suo discorso ricorda le toccanti testimonianze che, prima del suo saluto, hanno rivoltol’arcivescovo di Mosul ed Aqra dei caldei, monsignor Najeeb Michaeel, e padre Raid (Emmanuel) Adel Kallo, parroco dell’Annunciazione a Mosul, che ha raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. “Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle”, rileva il Papa. In effetti, “un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri”, per quanto piccolo, come avviene nei tappeti artistici, dove un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme, sottolinea ancora. Il sacerdote si è anche soffermato sull’esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul, dove ha trovato accoglienza, rispetto, collaborazione.Si tratta, evidenzia il Papa, di “segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto” che fanno “sperare nella riconciliazione e in una nuova vita”. Nelle sue parole anche il richiamo alla testimonianza del signor Gutayba Aagha, mussulmano, Capo del Consiglio sociale e culturale per le famiglie di Mosul, che ha ricordato “che la vera identità di questa città è quella della convivenza armoniosa tra persone di origini e culture diverse. Per questo – afferma il Papa – accolgo con grande favore il Suo invito alla comunità cristiana a tornare a Mosul e ad assumere il ruolo vitale che le è proprio nel processo di risanamento e di rinnovamento”.
In un minuto la Preghiera per le vittime a Mosul
La Preghiera per le vittime
Anche nella Preghiera Francesco ribadisce che la strada della violenza non è la via di Dio:
Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli. Ora preghiamo insieme per tutte le vittime della guerra, perché Dio Onnipotente conceda loro vita eterna e pace senza fine, e le accolga nel suo amorevole abbraccio. E preghiamo anche per tutti noi, perché, al di là delle appartenenze religiose, possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle.
Papa Francesco chiede a Dio il perdono e che i fratelli violenti si ravvedano toccati dalla potenza della misericordia
Al di là dell’oceano della sofferenza e della morte, il Signore accompagna i suoi figli anche se gli uomini ingrati e distolti da preoccupazioni e ambizioni spesso dimenticano i suoi disegni di pace. Questo il fulcro della sua riflessione che si richiama proprio all’esperienza di Giona quando andò a Ninive per invitare alla conversione e poiché gli abitanti della città lo ascoltarono, “trovarono salvezza”. “Anche noi, Signore – dice il Papa – mentre ti affidiamo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversione. Kyrie eleison”.
Papa Francesco si sofferma a parlare della moschea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e, poi della chiesa di Nostra Signora dell’orologio, che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Ed è proprio nel breve volgere della nostra vita terrena che siamo chiamati a attuare quel “disegno di amore, di pace e di riconciliazione” che il Signore “ha affidato a noi”. “Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore”, evidenzia. E quando si va fuori strada per interessi egoistici, è centrale ascoltare la “voce dei veri uomini di Dio e ravvederci per tempo, per non rovinarci ancora”. Quindi, un pensiero di perdono:
Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia.
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