Peculato, fine di un Magistrato antimafia: nei guai l’ex Pm Ingroia come amministratore della “Sicilia -Servizi”

“Alberghi di lusso e stipendio d’oro”: sequestro di beni per l’ex pm Ingroia

Nei guai l’ex Pm Ingroia. Su delega della Procura i finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo hanno sequestrato oltre 150.000 euro a Ingroia e a Antonio Chisari, all’epoca dei fatti, rispettivamente, amministratore unico e revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e Servizi spa (oggi Sicilia Digitale spa). Entrambi sono indagati per una duplice ipotesi di peculato. Il provvedimento di sequestro preventivo è stato emesso dal gip del Tribunale del capoluogo su richiesta della locale Procura. Le contestazioni mosse agli indagati traggono origine dalla natura riconosciuta alla Sicilia e-Servizi spa di società in house della Regione e dalla conseguente qualifica di incaricato di pubblico servizio rivestita da entrambi. Il provvedimento è stato firmato dalla gip Marcella Ferrara.

La cosa curiosa di questa vicenda è che Ingroia è messo sotto accusa dai magistrati che fino a cinque anni fa erano i suoi colleghi. Per il procuratore Francesco Lo Voi, l’aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, avrebbe potuto ottenere solo il rimborso dei biglietti aerei nelle trasferte da Roma (sua nuova residenza) verso la Sicilia.

Nulla, invece, era dovuto per i costosi alberghi: il Grand Hotel Villa Igea, la storica residenza della Belle Epoque scelta da tanti sovrani per i loro soggiorni in Sicilia, all’Excelsior, al Centrale Palace hotel.

Ingroia, in particolare, dapprima liquidatore della società (dal 23 settembre 2013), è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci (carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018). “Le indagini hanno consentito di accertare che il 3 luglio 2014 – spiegano le Fiamme gialle – Ingroia si è autoliquidato circa 117.000 euro a titolo di indennità di risultato per la precedente attività di liquidatore, in aggiunta al compenso omnicomprensivo che gli era stato riconosciuto dall’assemblea, per un importo di 50.000 euro“. L’autoliquidazione del compenso ha determinato un abbattimento dell’utile di esercizio del 2013 da 150.000 euro a 33.000 euro.

 “La violazione della normativa nazionale e regionale in materia di riconoscimento delle indennità premiali ai manager delle società partecipate da Pubbliche Amministrazioni –  avverte il Comando provinciale della Guardia di finanza di Palermo – è stata avallata dal revisore contabile, Chisari, il quale, in base alla disciplina civilistica, avrebbe dovuto effettuare verifiche sulla regolarità dell’operazione”.

Ingroia- che ricorderemo è stato nominato dall’ex governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta (oggi non più confermato) si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34.000 euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell’assessorato regionale dell’Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l’esclusivo rimborso delle spese di viaggio. “Lo stesso Ingroia aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso” concludono gli investigatori. Anche in questo caso la violazione della normativa vigente è stata avallata dal revisore contabile, Chisari, indagato – in concorso con Ingroia – anche per questa seconda ipotesi di peculato.   Troppi passi falsi per un magistrato che fino a pochi anni fa, era divenuto famoso per la sua lotta antimafia.

Bolgia elettorale a Palermo (schede errate e ristampate) e a Roma dove in un seggio sono state sospese le operazioni di voto

Come si vota e come funziona la legge elettorale

Inammissibile ritardo a Palermo nell’apertura dei seggi con gli elettori.. C’è chi tornerà  e chi, invece, indignato manda tutti a quel paese e si asterrà dal votare.

Una situazione della quale qualcuno dovrà rispondere e che sarà seguita certamente da polemiche infuocate.

 Il fatto.. Numerose sezioni del collegio Palermo 1 da Passo di Rigano a Bonagia e fino a via Libertà hanno ricevuto, ieri pomeriggio, le schede stampate con i nomi dei candidati del collegio Palermo 2.   Un errore molto grave segnalato dai   i rappresentanti di lista di Forza Italia ma occorreva fare le rettifiche immediatamente.  La Prefettura sulla quale incombe gran parte della responsabilità insieme al Comune di Palermo disponeva nottetempo la ristampa delle schede sbagliate di 200 sezioni  e la riconsegna di mattina prima dell’apertura delle sezioni.

Ma nella notte altri intoppi, sembra siano avvenuti imprevisti che avrebbero ulteriormente causato ritardi nella consegna delle schede alle sezioni.

Anche a Roma sono avvenuti disagi non indifferenti. Schede con i nomi dei candidati di Camera e Senato sbagliati nel seggio 2167 di Via Micheli 29 a Roma (nel quartiere Parioli): Il presidente  del seggio qui sospende le operazioni di voto e si fa dare dal seggio a fianco, il 2166, le schede corrette e fa votare con quelle. Ma prima di far continuare le operazioni di voto chiude la porta del seggio, apre l’urna  togliendo le 36 schede votate fino a quel momento mettendole in una busta”.

Vedremo cosa comunicherà a riguardo, per la bolgia creatasi a Palermo il Prefetto  o il Ministro dell’Interno già avvertito dell’episodio.

Infine si apprende che stamani il  presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha votato poco dopo le 8:30, nella sezione 535 della scuola Giovanni XXIII del quartiere Libertà a Palermo.

Subito dopo il voto il Capo dello Stato è uscito dalla sezione elettorale dimenticando di ritirare il documento d’identità che il presidente di seggio ha tuttavia  provveduto a consegnare agli uomini della scorta.

Crisi idrica in Sicilia: pronto un Piano dell’Amap a Palermo per razionare l’acqua a giorni alterni

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Il Piano dell’Amap di Palermo dispone il razionamento dell’acqua nella capitale siciliana.. La città è stata divisa in tre zone di fornitura , forse si studia per un ‘altra zona.

L’esiguità della suddivisione costringe a  erogare acqua con alternanza, un giorno sì e due giorni no. La distribuzione avverrà il lunedì nel centro storico, il martedì nella zona nord e a Mondello, il mercoledì a Brancaccio e nella zona sud. Poi si ricomincia  nuovamente.  Si attende di sapere se la domenica sarà giorno di acqua per tutti o per nessuno.

La distribuzione idrica seguirà percorsi precisi e sarà assicurata l’acqua agli  ospedali e caserme anche se si verificheranno piccole interruzioni durante le operazione di apertura e chiusura delle paratie e delle valvole.

 Nascono già polemiche e contestazioni. La Protezione civile – si apprende -ha inviato intanto a Roma la documentazione predisposta  perchè il Consiglio dei Ministri possa dichiarare lo stato di emergenza e, quindi dare il definitivo beneplacito.          Anche il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, si ritiene preoccupato per la situazione che investe in primis Palermo e attende di conoscere la decisione del governo nazionale.

Disco rosso alla mafia che a Palermo taglieggiava i commercianti del Borgo vecchio

 

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Il maxiblitz dei carabinieri, che all’alba di oggi hanno arrestato 17 persone nel cuore del Borgo vecchio di Palermo, smantellando così la mafia  del posto a messo in luce inattesi retroscena. Sono una ventina i commercianti che, convocati nella caserma dei Carabinieri di piazza Verdi,  hanno ammesso: “Sì, siamo stati costretti a pagare il pizzo“. Piccole somme,  estorte con violenza e linguaggio mafioso.

Il racconto dettagliato sugli casi di estorsione proviene dal  neo pentito di mafia Giuseppe Tantillo. L’inchiesta è coordinata dal Procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli. I 17 indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, illecita detenzione di armi e munizioni e fittizia intestazione di beni.

La nota dell’Agenzia : “L’attività d’indagine rappresenta la prosecuzione di pregresse operazioni condotte nei confronti degli affiliati al mandamento mafioso di Porta Nuova, quali Pedro (luglio 2011), Hybris (dicembre 2011), Panta Rei 1 e 2 (dicembre 2015 e novembre 2016), e ha permesso “la disarticolazione dell’attuale organigramma della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, individuandone gli assetti e le relative dinamiche attraverso le numerose attività di intercettazioni audio/video ed il contributo di due collaboratori di giustizia, ex esponenti apicali del predetto sodalizio criminoso”, dicono gli inquirenti.

Nel 2015, “certi di essere arrestati a causa della collaborazione con la giustizia di Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, allora reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, prendevano le dovute precauzioni ottenendo il consenso dai vertici del mandamento mafioso di Porta Nuova affinché il loro successore fosse già individuato in Elio Ganci, scarcerato nel novembre di quell’anno dopo aver scontato una condanna per il reato di cui all’art. 416 bis ed estorsioni commesse per conto del medesimo sodalizio”.

Ganci, secondo gli inquirenti “si avvaleva di Fabio Bonanno, Salvatore D’Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta, delegati a curare, mediante l’ausilio degli altri arrestati, il sostentamento economico ai familiari dei detenuti, le attività estorsive ed il controllo della piazza di spaccio nel territorio di competenza mafiosa: tutte attività necessarie a trarre illeciti profitti e ad avere il capillare controllo del territorio.

Secondo quel che si apprende dai Carabinieri e dagli inquirenti l’attività estorsiva  viene ancora considerata una forma di sostentamento primario per il sodalizio mafioso;  il rinvenimento del cosiddetto ‘libro mastro’ e l’acquisizione autonoma di numerosi elementi probatori,  ha consentito di ricostruire pure 14 vicende estorsive in danno di imprenditori e di commercianti della zona di riferimento, costretti al versamento a cosa nostra di somme di denaro per evitare ritorsioni che, in qualche circostanza, sono avvenute e sono state puntualmente documentate. In questo contesto, alcuni imprenditori e commercianti sono stati sentiti e hanno confermato le imposizioni di Cosa nostra. Sono state sequestrate anche diverse attività commerciali riconducibili a Cosa nostra, intestate a prestanome e avviate, in diversi punti della città, mediante il riciclaggio di proventi illeciti.

Gli investigatori hanno poi individuato  le responsabilità degli autori di una sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015, nella piazza centrale del quartiere di Borgo Vecchio, tra i Tantillo e i componenti della famiglia di Francesco Russo che, dal 2006 al 2008, aveva retto quell’articolazione mafiosa e intendeva riprenderne le redini. Nella circostanza, le due fazioni si contrapposero attraverso l’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco: la gravità e il clamore pubblico suscitato dalla vicenda induceva Paolo Calcagno, reggente pro tempore del mandamento mafioso di Porta Nuova, attualmente detenuto, ed altri esponenti apicali del sodalizio mafioso ad intervenire immediatamente nei confronti di Francesco Russo che sarebbe stato allontanato dal quartiere qualora non avesse rispettato le gerarchie dell’epoca.

Infine, sono stati individuati gli autori di una rapina avvenuta, la sera del 26 giugno 2011, all’interno di un’abitazione del quartiere Borgo Vecchio, in cui una vittima veniva ferita mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco: “la commissione di quel reato non era stata autorizzata e, quindi, i responsabili erano stati poi aggrediti fisicamente dagli esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova e dagli stessi vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio”.  Altre indagini sono in corso per la ricerca di dettagli utili agli investigatori.  (Not. Ag.Foto Carabinieri  Trapani)

Agguato a Palermo: ucciso il titolare di una bancarella- Fermato il cugino del boss di Porta Nuova

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I carabinieri ricercano l’uomo che a  Palermo, stamani  ha ucciso Andrea Cusimano, 30 anni, proprietario di una bancarella di frutta e verdura nel popolare quartiere del Capo. Le forze dell’ordine intanto  hanno  arrestato il presunto killer Calogero Lo Presti, 23 anni, cugino di secondo grado di Tommaso Lo Presti, capo del mandamento di Porta Nuova, sono adesso alla ricerca della Smart nera a bordo della quale è fuggito il complice di Lo Presti.

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Nelle ricerche è impegnato anche un elicottero che sorvola da ore la città. E’ stata, invece, ritrovata la pistola usata per uccidere il fruttivendolo e di cui il Killer aveva cercato di disfarsi  lanciandola tra la bancarelle.

Ucciso il boss Dainotti, "dead man walking" = l' uomo morto che cammina

Un pezzo da novanta è stato eliminato questa mattina a Palermo.Probabilmente l’uccisione è legata al potere della Mafia di Palermo che vuol scegliere il capo in grado di ricostruire i rapporti  tra i capi delle cosche.

Il boss mafioso Giuseppe Dainotti è stato  infatti freddato a colpi di pistola alla testa in via D’Ossuna, nel quartiere Zisa .

Dainotti era in bicicletta quando, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato avvicinato da due uomini che gli hanno sparato.

 Il boss mafioso era stato condannato dal Tribunale  per l’omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile e dei carabinieri Bommarito e Morici che l’accompagnavano. Il boss era  era riuscito a lasciare il carcere, tra le polemiche, beneficiando della Legge Carotti.

Dainotti, come raccontano le cronache giudiziarie di Cosa nostra, era ritenuto un boss del mandamento di Porta Nuova di Palermo. Era stato condannato, oltre per omicidio, anche e per la rapina miliardaria al Monte dei Pegni nel 1991.  Scarcerato nel 2014 dopo più di 25 anni di detenzione.

Nel periodo  furono scarcerati altri boss del calibro di Giovanni Matranga, Francesco Mule e Giulio Di Carlo. Erano stati tutti condannati all’ergastolo per l’omicidio di Basile, Bommarito e Morici.

Dainotti era un ‘dead man walking’, “un uomo morto che cammina“. Il boss era stato, infatti, ‘condannato’ a morte da Cosa nostra dopo la sua scarcerazione nel 2014. A ucciderlo doveva essere Giuseppe Di Giacomo, poi ucciso nel marzo 2014. Dainotti doveva essere ucciso da un vecchio nemico, il boss Giovanni Di Giacomo, fratello del mancato killer, con cui avevano fatto affari con la droga negli anni Novanta.

Appena una settimana fa il questore di Palermo, Renato Cortese, nel corso di un seminario sulla lotta alla mafia aveva lanciato l’allarme scarcerazioni dei boss a Palermo. Cortese, parlando alla platea aveva detto: “Ci sono state alcune scarcerazioni che ci preoccupano perché la mafia è un’organizzazione che oggi va alla ricerca di leadership. C’è sempre il timore che trovando una testa pensante in grado di concentrare le varie anime, Cosa nostra possa ritornare a essere pericolosa come prima”. Il questore aveva detto che con le scarcerazioni era “reale la possibilità che Cosa nostra possa tornare potente come prima. Per questo monitoriamo in questi mesi ogni singolo movimento, ogni segnale, ogni scarcerazione, perché le organizzazioni sono molto ben radicate sul territorio”.

 (Agenzia)

 
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