Dopo dodici giorni di navigazione e sei salvataggi, Geo Barents aspetta ancora. Al largo della costa siciliana, fra Agrigento e Gela, la nave umanitaria di Medici senza frontiere procede lenta nella speranza che finalmente arrivi autorizzazione allo sbarco. E aspettano, sempre più tesi e provati i 439 naufraghi salvati nel corso dell’ultima missione.
Ma al momento, nessuno ha risposto alle reiterate richieste di porto sicuro. Quattro in tutto, due all’Italia, due a Malta, tutte inascoltate, inclusa l’ultima diramata ieri pomeriggio. “Dopo il rifiuto di Malta, chiediamo al governo italiano di assegnarci un porto sicuro per permettere lo sbarco dei 439 persone, dopo un lungo ed estenuante viaggio – è l’ennesimo appello di Alida Serrachieri, responsabile medico di Medici senza frontiere a bordo della ‘Geo Barents’ – Di notte fa molto freddo. Il senso di paura e incertezza a bordo aumenta”. E fra i naufraghi uno su quattro è minore, tantissimi i bambini, molti di più gli adolescenti che hanno sfidato il Mediterraneo da soli, senza che ci fosse un adulto ad accompagnarli.
Tra i sopravvissuti sono sempre più frequenti attacchi di panico e un forte stress psicologico, mentre il team medico sta fornendo le prime cure ai casi clinici a bordo. “La salute psicologica e fisica dei sopravvissuti sta peggiorando mentre l’Europa si gira dall’altra parte”, spiega l’equipaggio.
«Siamo stati testimoni di un peggioramento della situazione con il passare dei giorni – dice Hager Saadallah, psicologa a bordo della nave di Msf -.
Quando ha lasciato casa sua era un ragazzino anche Isaiah, che adesso sulla Geo Barents attende da giorni di lasciare il mare che quasi lo ha inghiottito. Ma in Eritrea non poteva più starci, pena l’arruolamento forzato nell’esercito, che solo sulla carta – ricorda Amnesty International – dura solo 18 mesi. In realtà, si prolunga per anni, se non decenni, disertare è impossibile pena condannare tutta la famiglia a pesanti ritorsioni. Ecco perché intere generazioni scelgono la via dell’esodo.