Mafia siciliana: sequestro di 15 milioni di euro per un imprenditore catanese. “Anomala”-avverte la Dia- la sua ricchezza”

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Nei guai giudiziari l’imprenditore Rosario Marchese, 31enne di Caltagirone, residente a Brescia, dove è sottoposto alla Misura Preventiva della Sorveglianza Speciale di Polizia di Stato con obbligo di soggiorno.   All’inprenditore la Dia ha operato un maxsequestro di beni

L’uomo è ritenuto essere appartenente al clan Rinzivillo di Gela, operante sia a Roma che in tutto il territorio nazionale.

Troppo breve il tempo della sua ascesa imprenditoriale secondo gli investigatori , con la costituzione, nel nord Italia, di numerose società operanti in molteplici settori commerciali, risultate tutte direttamente o indirettamente riferite al Marchese.

I beni sequestrati dagli investigatori della Dia  di Brescia e dai Centri Operativi di Milano, Torino, Padova, Roma e Napoli, ha interessato un patrimonio di oltre quindici milioni di euro

Salvatore Rinzivillo a destra

Si tratta di 11 società e 2 ditte individuali, con sedi a Brescia, Bergamo, Milano, Torino, Verona, Roma e Gela, operanti nei settori della consulenza amministrativa, finanziaria e aziendale, della sponsorizzazione di eventi e del marketing sportivo, del noleggio di autovetture e mezzi di trasporto marittimi ed aerei, del commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti petroliferi, di studi medici specialistici, della fabbricazione di apparecchiature per illuminazione e della gestione di bar.

La sorpresa per gli investigatori è stata la scoperta un dipinto di assoluto valore artistico risalente al XVII secolo, per un valore di circa sei milioni di euro; una holding con uffici a Milano in via Montenapoleone; una sala “Vip Lounge” presso all’aeroporto “Valerio Catullo” di Verona e una società di noleggio che gestisce, presso quella struttura aeroportuale una flotta di vetture di lusso; una società con sede a Roma in via Ludovisi, che sponsorizza e partecipa a prestigiosi campionati monomarca di auto da competizione e 5 beni immobili e 50 rapporti bancari.  Insomma una ricchezza troppo veloce e troppo sospettabile ai tempi d’oggi.

                                     V I D E O   –

Video “s” -Y.T

Ricordo dell’uccisione di Piersanti Mattarella: ancora oggi non si conoscono i mandanti della Cupola

 

Nel giorno dell’anniversario della sua morte, è stato ricordato l’ex Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio di 39 anni fa dalla mafia a Palermo. Oltre ai familiari di Mattarella, assassinato per la sua politica riformatrice.      Erano presenti il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il Prefetto Antonella De Miro, l’Assessore regionale Gaetano Armao e i vertici delle forze dell’ordine.

La cerimonia si è svolta in via Libertà, dove Piersanti Mattarella stava passando per andare a Messa.     Sono ancora cora ignoti sono gli esecutori materiali su cui sono tuttora in corso indagini.

 

Il ricordo di Pietro Grasso ex Magistrato Antimafia

Anche il Senatore Pietro Grasso,  ha voluto ricordare sul principale social Piersanti Mattarella, e lo ha indicato come un esempio di onestà, che non deve essere perduto.  “Voleva la nostra terra “con le carte in regola” e lavorò per rompere le collusioni tra politica e mafia, ma quell’omicidio fu chiaramente un modo per impedire questo rinnovamento politico e culturale. L’antimafia di Piersanti Mattarella era nei fatti: nel lavoro onesto, negli appalti trasparenti, nell’esclusione delle clientele. Un esempio per tutti noi ancora oggi. Per questo, a distanza di 39 anni da quel giorno, siamo chiamati a far conoscere a tutti la sua storia, soprattutto ai più giovani. Il suo esempio di onestà non deve essere perduto. Ne abbiamo tanto bisogno”.

“Mafia sconfitta…Conticello può fare a meno della scorta..” Revocata la scorta all’imprenditore che in aula indicò pubblicamente gli estortori

Denunciò il pizzo, revocata scorta a imprenditore

Vincenzo Conticello dentro l’automobile blindata, dietro di lui gli uomini della scorta (Fotogramma)

Non sono più in pericolo e la mafia è stata sconfitta? Bene. Per festeggiare invito tutti il 27 dicembre alle 18 davanti all’antica focacceria San Francesco a Palermo”

A parlare così è l’imprenditore Vincenzo Conticello, l’ex titolare della storica focacceria San Francesco di Palermo, che anni fa denunciò pubblicamente gli estorsori del pizzo. Nell’udienza in aula indicò anche pubblicamente chi gli venne a chiedere il pizzo. Conticello ha ricevuto nei giorni scorsi la comunicazione orale della scelta della revoca della scorta. “Ho richiesto al comandante del Nucleo scorte di Roma se avesse un documento da notificarmi in modo da sapere chi ringraziare per questa grande vittoria sulla mafia e per la responsabile scelta – denuncia Conticello -.

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Mi ha detto di non aver alcun documento da notificarmi. Solamente una comunicazione verbale. Il 4 agosto scorso sempre in modo verbale, mi era stata già revocata la scorta a Palermo. Da quel momento ho più volte scritto e telefonato al ministro Salvini e al vice ministro dell’Interno Gaetti, ai questori e ai prefetti per richiedere un incontro. Nessuna risposta. Eppure quando decisi di denunciare i mafiosi della cosca del quartiere Kalsa di Palermo, lo Stato (oltre a rispondere immediatamente alle mie chiamate) mi chiese di compilare e firmare decine di carte”. Insomma l’imprenditore è rimasto solo….

Operazione “Corsa Nostra”- Le mani della Mafia sull’ippodromo di Palermo- Nove arresti

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Anche l’ippodromo di Palermo era sotto il controllo costante della Mafia.  Nell’ambito dell’operazione “Corsa nostra”  il GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha disposto nove misure cautelari, eseguite dai carabinieri, nei confronti di persone accusate di vari reati tra cui  concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive.         Custodia cautelare in carcere per otto soggetti malavitosi, per uno i domiciliari. 

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L’inchiesta, investe un pò tutti in questo giro, quindi anche fantini, titolari di scuderie e allenatori.         Sostanzialmente Cosa nostra  decideva quale cavallo dovesse vincere e intascava i soldi delle scommesse. Già in una indagine della dda gli investigatori scoprirono gli interessi della mafia sull’ippodromo di Palermo ,interessi che nei mesi scorsi,condusse al fermo, tra gli altri, del boss di San Lorenzo Giovanni Niosi. I carabinieri, intercettando il capomafia, ebbero modo di scoprire i suoi rapporti con alcuni personaggi molto conosciuti nel mondo dell’ippica a Palermo, come Giuseppe Greco, che avrebbe accompagnato più volte Niosi a summit di mafia, Domenico Zanca e la giovane fantina Gloria Zuccaro, tutti arrestati oggi dai carabinieri. 

MAFIA: SEMPRE PIU’ VICINI AL “CAPO DEI CAPI “MATTEO MESSINA DENARO

  Si cerca a Castelvetrano e Mazara, arrestato un boss e altri

È caccia agli amici del superboss  di Matteo Messina Denaro.Le forze dell’ordine sono  sul punto di mettergli ormai le mani addosso. Dovunque i fiancheggiatori vengono individuati, schedati e seguiti.Si vuole arrivare al depotenziamento dei circuiti di riferimento e il controllo delle somme di denaro che gravitano attaorno al superboss.  I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno controllato i comuni di Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Custonaci con numerose le perquisizioni in abitazioni, proprietà rurali ed esercizi commerciali di proprietà di 25 indagati, ritenuti fiancheggiatori e favoreggiatori della latitanza del boss.

Arresti: Matteo Tamburello,  figlio di Salvatore, il capo del mandamento morto l’anno scorso. Tamburello è indiziato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ritenuto esponente di spicco della famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, indagato per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

INTERCETTAZIONI TELEFONICHE

Sotto la lente di ingrandimento dei magistrati ci sono  i mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Castelvetrano. In questi centri sono state documentate conversazioni di Matteo Tamburello con persone riconducibili al reggente del mandamento di Castelvetrano, Gaspare Como, cognato del latitante Matteo Messina Denaro, arrestato sempre dal Ros lo scorso aprile nell’ambito della indagine Anno Zero.

Ricostruite le fasi riorganizzative degli assetti di vertice, fornendo elementi sulla sua collocazione baricentrica nelle relazioni criminali nella Sicilia occidentale.

Nell’ambito  delle indagini del Ros finalizzate alla cattura di Matteo Messina Denaro nel novembre del 2015, è stata avviata un’attività investigativa sul mandamento di Mazara del Vallo, storica roccaforte ed influente realtà di cosa nostra trapanese.

” Matteo Tamburello È figlio del boss Salvatore, morto nell’agosto del 2017. Era stato scarcerato nel novembre del 2015 dopo aver scontato la pena per aver diretto, in qualità di reggente, la famiglia mazarese di cosa nostra. Dopo la scarcerazione è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Mazara del Vallo e ha lavorato in una cava di calcarenite.

Secondo gli inquirenti Matteo Tamburello oltre ad occuparsi delle attività della cava sarebbe stato di fatto socio occulto dell’attività imprenditoriale che era stata avviata solo grazie a somme di denaro reperite presso terzi esclusivamente in virtù della sua autorevolezza mafiosa”.

 

 

 La reggenza tuttavia, era stata affidata a  Dario Messina, personaggio con il quale Tamburello avrebbe avuto comunque contatti riservati.

Matteo Tamburello avrebbe avuto rapporti con Vito Gondola, ex reggente del mandamento mafioso mazarese morto a luglio del 2017, con Antonino Cuttone, storico affiliato alla famiglia mazarese e consigliere economico di Mariano Agate, Raffaele Urso, arrestato nell’operazione Anno zero poiché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, e Dario Messina che lo incontrava dopo essersi visto poco prima con Gaspare Como, cognato di Matteo Messina Denaro e all’epoca reggente del mandamento di Castelvetrano.

Altri elementi contro Tamburello sono emersi dalle indagini svolte sul conto di Fabrizio Vinci, imprenditore ritenuto affiliato alla famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, arrestato a maggio del 2017 dal Ros nell’ambito della indagine Visir, poiché responsabile di partecipazione ad associazione mafiosa. Sarebbe emerso che Vinci aveva sostenuto economicamente Matteo Tumbarello quando era detenuto, acquistando da lui un bene strumentale a prezzo fortemente maggiorato.

Gli investigatori inoltre mettono in luce il legame forte tra i due esponenti . Sono stati documentati diversi incontri tra Tamburello e Vinci all’interno della cava di calcarenite di fatto riconducibile allo stesso Tamburello. Quando, il 10 maggio 2017 Vinci fu arrestato, Matteo Tamburello si sarebbe interessato immediatamente perché venisse fornito adeguato sostentamento alla famiglia dell’affiliato.

 

 

Commissione Antimafia: LUMIA ERA L’UOMO CENTRALE DEL SISTEMA DI GOVERNO PARALLELO_DELLA REGIONE SOTTO L’OMBRA DELLA MAFIA

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Nella foto Claudio Fava, Presidente della Commissione regionale Antimafia

PALERMO

Un nuovo scenario siciliano rivela il Presidente della commissione regionale antimafia On Claudio Fava dopo aver ascoltato le audizioni del Musumeci.     “«Audizioni svolte dove sembrerebbe emergere, più che un “sistema Montante”, un “sistema Lumia”, nel quale il primo era garante di interessi particolari e specifici del mondo imprenditoriale, ma era il secondo ad essere appunto al centro del sistema parallelo di governo della Regione. È ovviamente ancora un quadro che si sta delineando e non già una certezza. Un motivo in più per proseguire nel lavoro della Commissione». Ne è convinto Claudio Fava dopo le rivelazioni sorprendenti di Nello Musumeci, nell’ambito delle audizioni per l’indagine conoscitiva sul cosiddetto sistema dell’imprenditore Antonello Montante arrestato per corruzione e indagato insieme a esponenti delle forze dell’ordine, dei servizi segreti e politici. 
«Avremmo voluto ascoltare tutti i presidenti della Regione – ha detto Fava al termine dell’audizione – Abbiamo ascoltato Raffaele Lombardo ed avremmo voluto ascoltare Crocetta, che ha declinato l’invito. Oggi abbiamo ascoltato anche il presidente Musumeci per la sua esperienza di presidente della commissione antimafia e deputato dell’opposizione nella scorsa legislatura. Vogliamo capire quanto di questo “sistema Montante” rischia di sopravvivere come governo parallelo della Regione siciliana». 

 

 MUSUMECI ALL’ANTIMAFIA :   “LUMIA ERA L’UOMO OMBRA DEL GOVERNO PARALLELO DELLA REGIONE SICILIANA”

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Non si lasciano sfiggire l’occasione i deputati del M5 S per i quali restano ancora sul tappeto parecchie perplessità pur confermando l’assunto che dietro Lumia aleggi l’ombra della Mafia e dei favoritismi regionali «Abbiamo appreso dal presidente della regione Musumeci, audito in commissione antimafia, che il senatore Lumia aveva addirittura una propria stanza in presidenza della Regione Siciliana. Musumeci ha parlato addirittura di “sistema Lumia” e non di “sistema Montante”. Ebbene, vorremmo capire però se Lumia era lì in veste di osservatore esterno o se lo stesso, rendesse conto a qualcuno».

«Nulla di nuovo sotto il sole – aggiunge De Luca – ma c’è da comprendere a che titolo Lumia fosse lì e cosa abbia fatto o governato in particolare alla Regione. Secondo Musumeci, Lumia era lì per fare il regista, ma io mi chiedo se piuttosto Lumia facesse da guardiano di una strategia che aveva sede in altri luoghi. Non dimentichiamo, per esempio, che gli interessi in gioco riguardavano anche l’agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, che in sostanza è la più grande holding dell’intero paese».

«Oggi per me – commenta  Roberta Schillaci – è importante capire se ci sono refluenze di quel sistema nel governo attuale, ecco perché staremo a vigilare sull’attività del governo ed in particolare, su determinati assessorati cardine per l’economia siciliana, come ad esempio quello alle attività produttive e dove le cronache di questi ultimi giorni non lasciano stare sereni».

CORLEONE: VINCE NICOLOSI DEL MPA, PASCUCCI (29%) AL 2 POSTO TRAVOLTO DALLE POLEMICHE DEL M5S

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Nella foto, Nicolò Nicolosi, vincitore delle elezioni comunali

 

Corleone, il comune sciolto per mafia nel 2016, ha un nuovo capitano dopo diversi commissariamenti subiti.   E’ Nicolò Nicolosi, l’uomo candidato che ha vinto le elezioni comunali. «L’esito delle elezioni – afferma- è una vittoria per la città. I corleonesi si sono svegliati affidando a noi il compito di condurre Corleone verso nuove mete. Lo faremo con la squadra di consiglieri e assessori che abbiamo designato, lo faremo con tutti i corleonesi».

Il vincitore, appoggiato da una lista civica di centrodestra, si attesta al 60% seguito da Maurizio Pascucci (M5s) al 29% e da Antonio Saporito in lizza con una civica di centrosinistra. Nicolosi, 76 anni, è stato sindaco dal 2002 al 2007, il secondo mandato elettorale gli sfugge per appena tre voti, con una coalizione di centrodestra; politico di lungo corso, ha fatto parte della Dc, fondatore del Patto per la Sicilia, poi è entrato nel Mpa dell’ex governatore  Raffaele Lombardo, travolto oggi dalle vicende giudiziarie.

Pascucci dunque che era stato sorpreso sui social in una foto che lo ritraeva accanto al nipote del superboss Provenzano, defunto,e travolto dalle polemiche e dalla decisione del leader del M5 s che avrebbe ritirato il simbolo dal Comune in caso di vittoria, non c’è l’ha fatta.   Certamente la “campagna stampa contraria di Luigi Di Maio” non ha influito positivamente sull’esito finale.     Gli elettori andati a votare sono 6.611 su 10.814, in percentuale il 61,13% di fronte al 73,2% dell’ultimo   appuntamento elettorale

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il Comune di Corleone aveva di nuovo fatto parlare di sé una settimana fa, allorchè i commissari di gestione che da 27 mesi lo amministrano avevano dedicato la via Scorsone, strada dove ha casa la famiglia del “Capo dei capi”Riina, al giudice Cesare Terranova, ucciso dalla mafia nel ’79.

Smantellata un’organizzazione criminale nel Calatino

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Un ingente spiegamento di forze dell’ordine,  100 Carabinieri e più del Comando Provinciale di Catania, dalle prime ore del mattino, stanno eseguendo un provvedimento giudiziario restrittivo nella zona del calatino  emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania  su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 8 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di detenzione e porto abusivo di armi da fuoco.

Le indagini, condotte dalla Compagnia Carabinieri di Caltagirone, hanno smantellato un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti tipo cocaina, hashish e marijuana, in particolare nei Comuni di Mirabella Imbaccari, Caltagirone e Piazza Armerina.

 

LA MODA DEL PROIETTILE POSTALE : ATTRAZIONE FATALE DELLA “MAFIA” CHE NON CONTA PIU’?

 © ANSA

di     R.Lanza

Sta diventando una moda quella delle buste contenenti proiettili inviate a personaggi scomodi  della realtà sociale comunitaria della Sicilia.

Come faccia la Mafia ad inserire un proiettile all’interno di una busta è un mistero.  Dovrà trattarsi di una busta-carpetta per passare inosservata tra tante mani  e -prima o poi- visti i ritmi crescenti- ci sarà da aspettarsi l’invenzione di i un congegno radiografico come il detector agli ingressi degli uffici giudiziari  . Che dire: la Mafia è davvero questa ‘  ? Quella delle buste?          

Una busta con un proiettile indirizzata al procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone( nella foto ) è stata intercettata al Palazzo di giustizia della città nissena.

Il magistrato è titolare di diverse inchieste delicate come quella sul cosiddetto sul sistema Montante e sulle stragi di Palermo. Sull’episodio apre un’inchiesta la Procura di Catania, competente per territorio.   Un’altra intimidazione nei giorni scorsi era stata rivolta al Presidente della commissione regionale antimafia onClaudio Fava  anche lui singolarmente impegnato in audizioni e, parzialmente sulle problematiche di Montante…

Viene da sorridere: una volta la Mafia per avvertire e intimidire  sparava alle gambe;   poi col tempo essa terrorizzava la famiglia del traditore o di chi doveva piegarsi;  ;infine era divenuta sanguinaria e Corleone era il simbolo che aveva oltrepassato i confini regionali e dove tutti dovevano rispetto.

Oggi la Mafia delle buste fa ridere dunque: regala pubblicità riverenziale ai destinatari, per l’attrazione fatale       che la modalità riveste , accresce la burocrazia giudiziaria e crea pure  un clima ostile affibbiando alla Regione Sicilia una etichetta di “Mafia” che in questo periodo è davvero sotto i tacchi , fa sapere, suo malgrado, che non conta più e -Clan o on Clan – inevitabilmente non fa più paura a nessuno.

 

 

In ginocchio il Clan Santapaola-Ercolano- Raffica di arresti con l’aggravante del “Metodo Mafioso e scambio elettorale”

 

Acireale, operazione “Aquilia”:  GLI ARRESTATI NOMI FOTO VIDEO- COMUNICATO CARABINIERI

Acireale, operazione “Aquilia”: tutti i particolari GLI ARRESTATI NOMI FOTO VIDEO

Su  Direzione Distrettuale Antimafia,  Comando Provinciale Carabinieri di Catania la notte scorsa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, nei confronti di 18 persone (di cui 15 presunti appartenenti alla “Famiglia” Santapaola-Ercolano e, in particolare, alle frange operanti in Acireale e Aci Catena), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni con l’aggravante del “metodo mafioso”, scambio elettorale politico mafioso, tentato omicidio, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi.

Il provvedimento trae origine da un’indagine, denominata “Aquilia”, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania e diretta dalla D.D.A., dall’ottobre del 2015 al gennaio del 2018, attraverso attività tecniche e dinamiche, riscontrate dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, che ha consentito di accertare la responsabilità degli indagati in ordine alla loro appartenenza a due “gruppi” per così dire “storici” della “Famiglia” di Catania, quelli, appunto, operanti in Acireale e Aci Catena  già riconducibili al noto Sebastiano Sciuto, detto “Nuccio Coscia”, recentemente scomparso per cause naturali, e di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli dei singoli affiliati nell’ambito del sodalizio mafioso in questione.

In particolare, le indagini dei carabinieri si sono sviluppate a seguito della decisione di collaborare con la giustizia intrapresa, nel luglio del 2015, da Gaetano Mario Vinciguerra, già reggente “pro tempore” del “Gruppo di Aci Catena”, il quale non solo forniva un quadro aggiornato degli organigrammi dei citati “gruppi”, indicando “capi” e “soldati”, ma consegnava anche un elenco dettagliato delle imprese commerciali costrette, da anni, all’imposizione del “pizzo”. Nel corso delle indagini venivano inoltre acquisiti elementi di reità in ordine ad attività estorsive consumate e tentate in pregiudizio di 8 imprenditori locali, alcune delle quali dipanatesi nell’arco di svariati anni, al fine di agevolare l’organizzazione mafiosa d’appartenenza.

IN MANETTE L’EX DEPUTATO PIPPO NICOTRA     Tra gli arrestati figura anche l’ex deputato regionale Raffaele “Pippo” Nicotra, a cui vengono contestati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata e scambio elettorale politico mafioso, ossia per avere, attraverso la corresponsione di somme di denaro per le elezioni del 2012, determinato esponenti del “Gruppo di Aci Catena” a promettere di procurare voti in occasione delle elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana tenutesi in quegli anni, attraverso la forza di intimidazione e la conseguente condizione di assoggettamento ed omertà derivanti dall’appartenenza al gruppo mafioso.

LUCE SU TENTATO OMICIDIO MARIO TORNABENE FIUMEFREDDO L’indagine ha inoltre consentito di fare luce sul tentato omicidio di Mario Giuseppe Tornabene, avvenuto, a Fiumefreddo di Sicilia  il 28 agosto 2007.   Secondo il racconto di due collaboratori di giustizia, Tornabene, già responsabile del “Gruppo di Giarre” per conto della frangia acese riconducibile al citato Sebastiano Sciuto, e curatore degli “interessi” di quest’ultimo, attraverso la costituzione di società in diverse attività commerciali, disattendeva gli accordi economici intrapresi con lo stesso Sciuto tant’è che il figlio di questi, Stefano, unitamente ad altri soggetti rimasti allo stato senza volto, la sera del 28 agosto 2007, lungo la Via Marina di Fiumefreddo di Sicilia, attentava alla sua vita, esplodendogli contro tre colpi di pistola all’addome, che, fortunatamente, non avevano seguito, a causa della pronta reazione della vittima, fuggita da un’uscita secondaria della propria struttura ricettiva, in cui si trovava al momento dei fatti, scampando miracolosamente all’agguato.

All’attività investigativa svolta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale si affianca, poi, una indagine parallela, svolta dai colleghi della Compagnia di Acireale e confluita nel provvedimento cautelare eseguito quest’oggi, sul conto di soggetti orbitanti in seno alle medesime frange mafiose, chiamati a rispondere di furto, estorsione aggravata (nel settore delle auto rubate, attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno”) e di reati concernenti gli stupefacenti e le armi.   Dei diciotto provvedimenti emessi, infatti, tre sono riferibili all’attività investigativa anzidetta.

In definitiva, quindici provvedimenti cautelari sono stati notificati ad altrettante persone in libertà, mentre tre sono stati notificati in carcere ad altrettanti indagati, ristretti per altra causa.    (Comunicazione)

LE FOTO

GLI ARRESTATI 

  • ARCIDIACONO Fabio, classe 1984 (tradotto carcere Catania Piazza Lanza)
  • BELLA Fabrizio, classe 1964 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • BONFIGLIO Rodolfo, classe 1980, in atto detenuto nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (ME).
  • CANNAVÒ Cirino, classe 1972 (tradotto arresti domiciliari)
  • COSENTINO Fabio Vincenzo, classe 1978 (tradotto carcere Agrigento)
  • COSENTINO Gianmaria Tiziano, classe 1981 (tradotto carcere Palermo)
  • FAILLA Danilo Tommaso, classe 1979 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • FONTI Salvatore Nunzio, classe 1970 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • GRASSO Camillo, classe 1968 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • MANCA Antonino Francesco, classe 1978, in atto detenuto nel carcere di Noto (SR)
  • MASSIMINO Mariano, classe 1986, (tradotto carcere Catania Piazza Lanza)
  • NICOLOSI Mario, classe 1966 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • NICOTRA Raffaele Giuseppe, classe 1956 (tradotto carcere Catania Bicocca)
  • PAPPALARDO Camillo, classe 1970 (tradotto carcere Palermo)
  • PUGLISI Concetto, classe 1981 (tradotto carcere Agrigento)
  • ROGAZIONE Giuseppe, classe 1974 (tradotto carcere Agrigento)
  • SCALIA Santo Paolo, classe 1974 (tradotto carcere Palermo)
  • SCIUTO Stefano, classe 1982, in atto detenuto nel carcere di Asti.
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