Operazione antimafia “Mondo Opposto”. 29 arresti per uno spietato ricorso alla violenza ed al pizzo a commercianti ed imprenditori

 

Mafia & anti-mafia in Europe – Centro di Documentazione Europea

 

 Caltanissetta –

I Carabinieri del Comando Provinciale di Caltanissetta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta, sulla base della richiesta della locale Procura della Repubblica – D.D.A., a carico di 29 soggetti (25 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 1 sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio svolto), gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, favoreggiamento personale, violenza privata, minaccia e  minaccia a pubblico ufficiale, illecita concorrenza con minaccia e violenza, incendio, porto e detenzione di armi e munizionamento, ricettazione e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale.
L’odierna indagine, avviata dai Carabinieri nel dicembre 2020 e coordinata dalla locale Procura della Repubblica – D.D.A., ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario condiviso dal G.I.P. nella suindicata ordinanza restrittiva. Secondo tale provvedimento sussistono gravi indizi per affermare l’esistenza e la piena operatività dell’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra” nel territorio di Niscemi, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza e all’imposizione del pizzo a commercianti ed imprenditori.

L’attività d’indagine avrebbe consentito di tracciare l’evoluzione strutturale ed operativa della famiglia di Niscemi, identificarne i consociati ed i ruoli da costoro ricoperti. Inoltre dalle indagini sarebbe emersa la disponibilità del gruppo criminale di armi, nonché la commissione di reati da parte di soggetti sottoposti a misure di prevenzione personale.
Sempre secondo l’ordinanza cautelare sussistono gravi indizi, che dovranno essere successivamente confermati dagli ulteriori passaggi processuali, in ordine a:
– l’operatività e lo stretto controllo sul territorio che avrebbe esercitato l’organizzazione, dalla quale emergerebbe la figura di Alberto MUSTO, ritenuto il capo del Mandamento di Gela, sul cui conto sono stati raccolti gravi indizi circa la sua appartenenza al citato sodalizio;
– la presunta esistenza di vincoli di solidarietà tra gli appartenenti alle famiglie, a favore dei quali gli indagati risulterebbero essersi attivati per il sostentamento dei sodali detenuti;
– il tentativo di estorsione in danno di un’attività commerciale del posto con il posizionamento di una bottiglia contenente liquido infiammabile con l’intento di impedire l’apertura dell’attività;
– due estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori agricoli, (uno dei quali sarebbe stato costretto a cedere i propri terreni attraverso una finta compravendita e l’altro sarebbe stato vessato per consentire il pascolo di animali nel proprio terreno);
– numerose minacce in danno di imprenditori, che in passato avevano denunciato alcuni componenti del sodalizio (nel corso delle indagini è stato scongiurato – nel mese di gennaio 2023 – l’intento omicida in danno di uno di loro, che in passato aveva denunciato il tentativo di estorsione, );
– una rapina esclusivamente progettata, ai danni di soggetti residenti in Lombardia, presumibilmente collegati alla criminalità e dotati di armi, che avrebbe fruttato circa un milione di Euro (come nel caso del progetto omicida, i propositi sono stati abbandonati a seguito della pressione esercitata dalle Forze dell’Ordine, attraverso controlli e perquisizioni);
– minacce dirette ad appartenenti delle forze di polizia compiute (mediante il collocamento di una testa di maiale dinanzi al portone d’ingresso dell’abitazione o programmate (mediante l’esecuzione di un danneggiamento con liquido infiammabile dell’autovettura e, a gennaio 2023, mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dell’abitazione).
Tra i soggetti colpiti dalla misura cautelare figurano un poliziotto in pensione (agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa) e un carabiniere in servizio (sospeso dall’esercizio del pubblico ufficio per la durata di un anno per il reato di favoreggiamento aggravato).
L’operazione odierna è sintomatica di un ritorno della criminalità organizzata a una mentalità di almeno 30 anni fa (chi denuncia deve essere punito). Rispetto ad anni addietro sicuramente la grossa differenza è data dal fatto che le Istituzioni sono presenti, che lo Stato c’è, e l’odierna operazione, effettuata in tempi stretti e chirurgici, ne è la prova concreta.

 

Oggi 31° anniversario della strage di Capaci : dichiarazione del Presidente Mattarella

 

Il Presidente Sergio Mattarella in occasione del suo intervento alla manifestazione "Palermo chiama Italia"

(Foto Quirinale)

 

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 31° anniversario della strage di Capaci, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Il 23 maggio di trentuno anni fa lo stragismo mafioso sferrò contro lo Stato democratico un nuovo attacco feroce e sanguinario.
Con Giovanni Falcone persero la vita sua moglie Francesca Morvillo, magistrata di valore, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, che lo tutelavano con impegno.
Una strage, quella di Capaci, che proseguì, poche settimane dopo, con un altro devastante attentato, in via D’Amelio a Palermo, nel quale morì Paolo Borsellino, con Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.
A questi testimoni della legalità della Repubblica, allo strazio delle loro famiglie, al dolore di chi allora perse un amico, un maestro, un punto di riferimento, sono rivolti i primi pensieri nel giorno della memoria.
Quegli eventi sono iscritti per sempre nella storia della Repubblica.
Si accompagna il senso di vicinanza e riconoscenza verso quanti hanno combattuto la mafia infliggendole sconfitte irrevocabili, dimostrando che liberarsi dal ricatto è possibile, promuovendo una reazione civile che ha consentito alla comunità di ritrovare fiducia.
I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni, di rendere il popolo suddito di un infame potere. La Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia. Magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità.
La mafia li ha uccisi, ma è sorta una mobilitazione delle coscienze, che ha attivato un forte senso di cittadinanza.
Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile, la lotta alle mafie e alla criminalità è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un’etica condivisa. L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione.
Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire».

 

 Roma, 23/05/2023 (II mandato)

Ispezione al Comune di Randazzo -disposta dal Prefetto Librizzi di Catania- per “sospette infiltrazioni mafiose..”

Violenza sulle donne, il prefetto di Catania: già 300 casi ...

Archivi-Sud Libertà   (Nella foto il Prefetto Maria C.Librizzi)

 

Il prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, su delega del ministro dell’Interno, ha disposto l’accesso ispettivo nel Comune di Randazzo per “verificare l’eventuale sussistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso».

La Commissione, si legge in una nota di Palazzo Minoriti, si è insediata nella mattinata di oggi e, come disposto dal Testo unico sull’ordinamento degli Enti locali, entro tre mesi, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, terminerà gli accertamenti, rassegnando al prefetto le proprie conclusioni.

Anniversario Mattarella, Schifani: «Un uomo che ha combattuto la mafia attraverso le istituzioni»

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Foto Reg.Sicilia

 

«Oggi abbiamo celebrato la vita compiuta di uomo di grande valore che ha combattuto la mafia attraverso le istituzioni. Istituzioni che, lui per primo, ha sempre preteso che fossero trasparenti». Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani alla cerimonia di commemorazione per l’anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia a Palermo il 6 gennaio 1980. «La mafia – ha aggiunto il governatore – non va sottovalutata, va combattuta senza se e senza ma, perché si infiltra. Non è né di destra né di sinistra. Il contrasto del mio governo alla criminalità organizzata sarà massimo, attraverso una verifica attenta degli appalti e di tutto quanto attiene all’utilizzazione dei fondi pubblici».

Valorizzazione beni confiscati alla mafia, Schifani: «Finanziati tre progetti della Regione»

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Archivi – Sud Libertà

Palermo,

«Tre beni immobili confiscati alla mafia saranno ristrutturati e valorizzati grazie un finanziamento di quasi dieci milioni di euro ottenuto dalla Regione Siciliana attraverso i fondi del Pnrr».
Ad annunciarlo il governatore Renato Schifani, che ha appena avuto notificato il provvedimento da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale.
I tre progetti, presentati attraverso il dipartimento regionale delle Finanze dell’assessorato all’Economia, riguardano: il feudo di Verbumcaudo a Polizzi Generosa, che ha ottenuto 5,3 milioni di euro; Palazzo Alicò di via delle Croci a Palermo, attuale sede dell’assessorato dei Beni culturali, con 2,5 milioni di euro; la Masseria di Contrada vecchia a Salemi, che avrà 2 milioni di euro.
«È un importante traguardo – sottolinea il presidente Schifani – raggiunto dalla Regione sul tema della valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Un progetto avviato dal precedente governo e che adesso ha avuto un nuovo impulso. Un risultato che è stato possibile raggiungere grazie a un’estesa rete di collaborazione istituzionale tra soggetti pubblici e privati e che dà il senso della forza dello Stato contro la mafia. Sottrarre i beni illeciti alla criminalità e restituirli alla collettività per fini sociali rappresenta un grande esempio di civiltà».
Il progetto riguardante l’immobile di Polizzi Generosa (ex feudo dei fratelli Michele e Salvatore Greco, dal 2016 affidato al Consorzio madonita legalità e sviluppo e gestito dalla Coop “Verbumcaudo”) prevede la creazione di laboratori di trasformazione e magazzini, oltre ad attività collaterali per l’inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati.
Palazzo Alicò (confiscato all’ex imprenditore Vincenzo Piazza) sarà oggetto, invece, di una profonda ristrutturazione che prevede tra l’altro il restauro dei prospetti, la manutenzione straordinarie delle coperture e l’adeguamento dell’impianto antincendio.
A Salemi, nel Trapanese, verrà riqualificato un caseggiato di contrada Masseria Vecchia a circa 9 chilometri dal centro abitato, appartenuto ai coniugi Miceli e definitivamente confiscato nel 1987. Prevista la realizzazione di un magazzino per il deposito delle attrezzature agricole e la costruzione di un edificio per le sementi e parte dei raccolti provenienti dalle coltivazioni dei terreni gestiti dalla Coop “Rita Atria-Libera Terra”.

Combattere insieme in Europa le infiltrazioni mafiose presenti nelle aziende e tracciare una mappa

 

colletti bianchi

Comunicato ed immagine della Polizia di Stato (Uff.Stampa)

 

Nell’ambito di una azione operativa (Operational action) della piattaforma Empact (European multidisciplinary platform against criminal threats), coordinata dal Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale della polizia criminale, i ricercatori del centro interuniversitario Transcrime collaboreranno con le Forze di polizia di diversi Paesi per mappare e investigare l’infiltrazione delle mafie italiane nelle aziende europee.

Ciò è dovuto al fatto che la presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso al di fuori dei confini italiani è ormai un fatto acclarato, e questa pervasività è legata alla ricerca di nuove forme di profitto, alla capacità di infiltrazione nelle economie legali e alla crescente transnazionalità dei traffici illeciti in cui le mafie italiane sono coinvolte. Tale scenario determina la necessità da parte delle Forze di polizia di favorire la cooperazione e lo scambio di informazioni tra Paesi diversi e di trovare metodi e strumenti analitici per meglio comprendere, investigare, prevenire e contrastare l’espansione di questi gruppi criminali.

Allo scopo di rendere ancora più efficace l’azione di prevenzione e contrasto al crimine organizzato transnazionale, il Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale della polizia criminale (Dcpc) del ministero dell’Interno, che coordina la complessiva partecipazione nazionale nell’ambito della piattaforma Empact (European multidisciplinary platform against criminal threats) promossa dall’Unione europea, ha assunto un ruolo particolarmente significativo nel contrasto delle reti criminali ad alto rischio (High-risk criminal networks), individuato tra le priorità del quadriennio 2022-2025.

In tale contesto, il Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, in collaborazione con il centro di ricerca interuniversitario Transcrime sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha avviato una iniziativa tesa ad esaminare i profili di rischio di alcune imprese attive in diversi Paesi europei in settori particolarmente esposti ad attività criminali e riconducibili a cittadini italiani.

Lo scopo di questa attività è duplice: da un lato tracciare una mappa delle possibili attività di infiltrazione delle mafie nelle economie legali in Europa e dall’altro guidare, con la collaborazione di agenzie europee come Europol e Eurojust, una serie di attività investigative mirate da parte delle Forze di polizia nazionali dei paesi che partecipano alla progettualità (Albania, Belgio, Francia, Germania, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svizzera ed Ucraina).

Transcrime collaborerà a questa Operational action fornendo un supporto analitico per la profilazione delle aziende a rischio. Questa attività si avvarrà delle conoscenze sugli schemi di infiltrazione in impresa, degli indicatori di rischio e degli strumenti di analisi della struttura proprietaria delle imprese che sono stati sviluppati in numerosi progetti di ricerca pubblici e privati, dai ricercatori di Transcrime e del suo spin-off Crime&tech.

 

Il Presidente Schifani presenta ufficialmente la Giunta: «Partiamo compatti, ci aspettano grandi emergenze”

IL DESTINO  DELLA SICILIA NELLE MANI  DELLA  NUOVA  GIUNTA REGIONALE

 

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Foto Reg. Sicilia 

 

Palermo

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, – come abbiamo pubblicato ieri ,- stamattina nella Sala Alessi di Palazzo d’Orleans ha presentato i dodici assessori della Giunta regionale.«Finalmente si parte: compatti, coesi, con la volontà di fare in modo che alcune cose possano cambiare nella macchina regionale. Ci aspettano grandissime emergenze da affrontare con estrema urgenza, da far tremare i polsi». Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che stamattina nella Sala Alessi di Palazzo d’Orleans ha presentato i dodici assessori della Giunta regionale.
Il presidente ha elencato le priorità che segneranno l’agenda del governo fin dai prossimi giorni: «La parifica di Bilancio 2020, con le contestazioni della Corte dei conti su cui la Regione sta predisponendo un’articolatissima difesa; il rendiconto generale 2021 e la conseguente parifica; l’esercizio finanziario del 2022, con il relativo rendiconto; la nuova Legge di Stabilità 2023 e il Bilancio 2023/25; la definizione e il completamento degli interventi a valere sul Pnrr; il completamento degli obiettivi previsti dai programmi comunitari la cui chiusura è fissata per il 31 dicembre 2023; l’avvio degli interventi della nuova programmazione 2021/27; la definizione di forme di aiuti per le famiglie e le imprese; la riorganizzazione dell’amministrazione regionale e l’apertura dei tavoli di confronto con il governo nazionale su questioni di particolare rilevanza per la Regione Siciliana, fra cui crisi Lukoil, autonomia differenziata, ponte sullo Stretto, trattativa con il Mef per la chiusura di un pre-contenzioso che ci vede creditori di circa 600 milioni per mancato incasso di accise relative alla sanità».
«Questa – ha continuato il governatore – deve essere una Regione capace di attirare gli investimenti. Cercheremo di approvare le norme finalizzate a sveltire e accelerare i processi decisionali. Sarà una sfida perché occorrerà intervenire sia sul piano legislativo, ma anche su quello della burocrazia, che io rispetto. Ho istituito un comitato per vigilare sulla situazione del Pnrr: lavoreremo anche sul controllo dei flussi finanziari e costituirò un organo ristretto e autorevole, composto da persone di altissimo profilo istituzionale per verificare eventuali anomalie e scongiurare ogni rischio di aggressione della criminalità organizzata.
Perché – ha voluto sottolineare Schifani – la mafia non è né di destra né di sinistra, ma punta soltanto a tutelare i propri interessi». «Sono impegnato – ha aggiunto – a dare il massimo in questa avventura al quale sono stato chiamato dai partiti del centrodestra e per garantire l’unità della coalizione nella mia azione di governo e in quella politica di coordinamento». «Ho scelto persone di livello, che hanno esperienza e che daranno il massimo», ha detto riferendosi alla composizione della giunta. «Interverremo anche sulla rotazione dei direttori generali, nella logica del raggiungimento dell’efficienza».
«Mi metto a disposizione della mia terra – ha concluso il presidente – per assicurare ai siciliani un cambiamento che si traduca in una maggiore efficienza amministrativa, crescita del Pil, attrazione di investimenti e aumento dei posti di lavoro che porti i giovani a non lasciare la propria terra. Garantiremo il massimo contrasto alla criminalità organizzata, con un’azione di governo rigorosa anche nei confronti dei reati contro la pubblica amministrazione». Al termine della presentazione a Palazzo d’Orléans gli assessori hanno prestato giuramento durante una seduta dell’Assemblea regionale siciliana dinanzi al presidente Schifani. In allegato le foto della giunta al completo a Palazzo d’Orleans
Lavoro, in Sicilia disoccupazione tra i giovani in calo ...

Catania, lotta ai Clan mafiosi Santapaola-Ercolano e arresti per 18 soggetti

operazione antidroga
Foto Stampa Polizia

 

Catania,

Operazione antimafia della Squadra MOBILE di Catania e del commissariato di Acireale che-informa un comunicato – hanno arrestato 17 persone, mentre ad un’altra è stato applicato l’obbligo di dimora, per i reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, usura, violazione della normativa sul controllo delle armi.

L’indagine, iniziata nel 2019, ha consentito di documentare l’attività criminale degli indagati legati al clan mafioso “Santapaola – Ercolano” che da decenni opera nei territori di Acireale e Aci Catena, cercando di condizionarne le attività e le dinamiche socio-economiche.

I poliziotti della questura, attraverso intercettazioni telefoniche e con il contributo dei collaboratori di giustizia, hanno ricostruito l’organigramma del clan e le loro attività illecite che venivano riorganizzate in maniera più incisiva con il ritorno al comando di esponenti storici, subito dopo l’uscita dal carcere.

La riunificazione degli storici vertici criminali, non soltanto consentiva di rimodulare l’assetto dell’associazione in termini gerarchici e funzionali, ma permetteva l’immediata possibilità di riproporre sul territorio una serie indeterminata di attività criminose.

Nel dicembre 2021 sono stati arrestati due appartenenti alla famiglia mafiosa per aver preteso da un commerciante, durante una fiera, 2mila euro per comprare i panettoni per gli affiliati, a dimostrazione della forza intimidatrice del clan.

Durante l’attività investigativa gli agenti hanno sequestrato anche un’attività di autonoleggio (comprensiva dei mezzi e dei conti correnti) utilizzata dal gruppo come base logistica per le riunioni associative.

In proposito il direttore Centrale anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina, ha commentato: “Gli arresti eseguiti oggi dalla Polizia di Stato hanno consentito di disvelare la piena operatività di una famiglia mafiosa da tempo dominante nei territori di Acireale e Aci Catena e tradizionalmente collegata al c.d. clan Santapaola. Questo sodalizio criminale era dedito al controllo del territorio massivo, soprattutto attraverso l’imposizione di estorsioni e il prestito di somme di denaro dietro corresponsione di pesanti interessi usurari. Nessuna delle ipotesi estorsive accertate dall’indagine- ha dichiarato il Prefetto –  ha formato oggetto di denuncia alle Forze dell’ordine da parte degli estorti, il che dimostra che i tempi di una presa di coscienza civica della pervasività del fenomeno mafioso nei territori oggetto di indagine appaiono purtroppo ancora lontani”.

Infiltrazioni mafiose in due comuni della fascia ionica, fermato un sindaco ed un vice sindaco in carica ed un ex assessore ai lavori pubblici

 

Infiltrazioni mafiose in due comuni della fascia ionica, tratti in arresto un sindaco ed un vice sindaco in carica ed un ex assessore ai lavori pubblici

Messina,

I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 7 soggetti, indagati per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e per diversi episodi di reati contro la Pubblica Amministrazione.

Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura messinese, interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto, pertanto, della presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno riguardato l’infiltrazione mafiosa ed il condizionamento delle amministrazioni comunali dei Comuni di Moio Alcantara e Malvagna, centri della fascia ionica della provincia peloritana, ad opera di Cosa Nostra siciliana.

In particolare, le complesse investigazioni, svolte su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Messina dagli specialisti del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata delle Fiamme Gialle di Messina, hanno consentito di far luce sull’operatività criminale di una cellula decisionale e operativa mafiosa del tutto autonoma rispetto alle articolazioni di Cosa Nostra catanese che, in passato, gestivano gli affari mafiosi anche nel territorio della valle dell’Alcantara.

Tale struttura criminale, secondo ipotesi accusa e che ha trovato una prima valutazione confermativa da parte del competente GIP del Tribunale peloritano, salvo il successivo vaglio di merito, è risultata in grado di ingerirsi, condizionandole, nelle dinamiche elettorali – politiche dei due comuni, oltre che nella relativa gestione dell’attività amministrativa, attraverso l’infiltrazione di soggetti alla stessa struttura criminale direttamente e/o indirettamente riconducibili.

In altre parole, non il classico gruppo criminale che fa della violenza la cifra del suo modo di agire, bensì qualcosa di diverso, di molto meno visibile ma non per questo meno pericoloso, comunque forte di una ormai riconosciuta forza criminale: una “cellula criminale autonoma che, avvalendosi della legittimazione mafiosa derivante dalla contiguità al famigerato clan dei Cintorino, la cui fama criminale, anche per la efferata violenza di numerosi omicidi commessi alla fine degli anni ’90, promana senza alcuna necessità di ulteriori e specifici atti di violenza e minaccia, è riuscita ad imporsi all’interno del tessuto sociale delle due piccole realtà comunali”.

Le indagini, secondo le valutazioni del Giudice, documentano uno spaccato assolutamente significativo del nuovo modo di “fare mafia”: “un gruppo che, per il suo modus operandi, rappresenta l’evoluzione del modello tradizionale di associazione mafiosa che sfrutta la fama criminale ormai consolidata e che non abbisogna di manifestazioni esteriori di violenza, per intessere relazioni con la politica, le istituzioni, le attività economiche, al fine di imporre il proprio silente condizionamento”.

Uno dei principali indagati, anche da detenuto, disponeva affinché i suoi sodali prendessero contatti con le ditte appaltatrici di lavori assegnati dai due enti locali di Moio e Malvagna, anche garantendo sostegno ai candidati elettorali in occasione del rinnovo dei rispettivi consigli comunali.

Concretamente, le disposizioni da lui dettate venivano tradotte in azione operativa dal padre e, soprattutto, dalla sorella, quest’ultima Vicesindaco in carica del Comune di Moio Alcantara, entrambi oggi destinatari della custodia cautelare in carcere.

In tal senso, il gruppo indagato faceva pervenire al Sindaco di Moio inequivoche sollecitazioni, cui peraltro aderiva, affinché interessasse gli amministratori comunali di altre distinti enti locali a bloccare, o sbloccare, indebitamente, procedure esecutive a vantaggio della famiglia: comportamenti ritenuti sintomatici di una “patente subordinazione del sindaco”.

Dello stesso tenore, peraltro, la disponibilità offerta alla cellula indagata dal già Assessore ai lavori pubblici del Comune di Malvagna il quale, nell’interesse della medesima struttura criminale, si adoperava per l’assegnazione di appalti di lavori a ditte vicine, anche mediante il compimento di reati di corruzione e altri reati contro la pubblica amministrazione.

La corruzione, secondo ipotesi d’indagine e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, è risultata il collante dell’operatività generale del contesto oggetto d’indagine; più in particolare:

– il Sindaco di Moio, oggi destinatario della misura della custodia cautelare in carcere, unitamente al responsabile dell’Area Servizi Territoriali e Ambiente del Comune di Moio, oggi in quiescenza, accettavano utilità consistenti in somme di denaro o relative promesse; il medesimo Sindaco, inoltre, favoriva vendite di materiale edile da parte di una società in cui vantava cointeressenze, per compiere specifici atti contrari ai doveri d’ufficio, così turbando la procedura di gara relativa al recupero del tessuto urbano locale, a favore di un imprenditore di Santa Teresa Riva (ME), oggi posto ai domiciliari;

– analogamente, il già Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Malvagna (sino all’ottobre 2020), oggi associato in carcere, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, induceva il rappresentante di una ditta edile di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), aggiudicataria di lavori pubblici a Malvagna, a rifornirsi di materiale edile da una ditta di Randazzo (CT), il tutto con lo scopo di agevolare l’associazione mafiosa oggetto d’indagine. Per tale interessamento, peraltro, il titolare della ditta edile catanese – parimenti destinatario di custodia cautelare in carcere – corrispondeva all’amministratore pubblico una dazione corruttiva.

Le indagini dei Finanzieri di Messina, oltre a basarsi su attività tipiche di polizia giudiziaria, quali intercettazioni, rilevamenti, pedinamenti, perquisizioni e sequestri, si sono altresì avvalse del contributo fornito da un importante collaboratore di giustizia che, a valle del suo arresto nella nota operazione “Isola Bella”, che ha documentato interessi mafiosi nel settore turistico, chiariva ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina le dinamiche criminali insistenti nella fascia ionica della provincia peloritana.

Per quanto di odierno interesse, le indagini hanno chiarito quali fossero le modalità di ingerenza nella gestione degli appalti pubblici locali in affidamento diretto, ovvero come il tutto avvenisse attraverso l’imposizione di ditte gradite, per il tramite di amministratori locali compiacenti che, a loro volta, quando non direttamente destinatari di provviste corruttive, ottenevano in cambio sostegno elettorale, così come illustravano le modalità di drenare provviste finanziarie attraverso il sistema delle sovrafatturazioni nei lavori pubblici

L’odierna operazione testimonia il costante impegno della Guardia di Finanza volto a contrastare fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata, vieppiù di matrice mafiosa, in apparati della Pubblica Amministrazione. Tale attività risulta ancora più significativa nell’attuale periodo storico, per lo strategico stanziamento di importanti risorse comunitarie a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, un’opportunità imperdibile di sviluppo e investimento.

v i d e o

Mafia a Roma: in arresto 43 persone che schermavano la reale titolarità delle attività

 

Perché la mafia non è più quella di prima | Il Foglio
Mafia a Roma -Archivi Sud Libertà

Roma,

Inginocchiata nella capitale una associazione di ‘ndrangheta. Una vasta operazione di Dda e Dia ha portato all’arresto di 43 persone, alcune delle quali gravemente indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso radicata sul territorio della capitale, finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori da quello ittico, alla panificazione, dalla pasticceria al ritiro delle pelli e degli olii esausti, facendo poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività.

L’organizzazione di matrice ‘ndranghetista si riproponeva, secondo le indagini sviluppate dal Centro operativo Dia di Roma, anche di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe.

Insieme possiamo combatterle”, è il commento  del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.”Grazie alla Dia e alla Dda di Roma per la più importante operazione mai fatta nella Capitale contro la ‘ndrangheta. Le mafie sono un pericolo per la democrazia. ..