Sorpreso a sparare in giardino con pistola illegale. Agli arresti domiciliari

Insieme di vettore di coppia spia. Illustrazione di detective uomo e donna, arma e pistola

 

Castellaneta (TA),
I Carabinieri dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Castellaneta, impegnati h24 in servizi preventivi di controllo del territorio, anche nelle zone più impervie, in particolar modo in questo periodo estivo, caratterizzato dalla presenza in zona di numerosi turisti provenienti da ogni parte d’Italia, nel corso di un servizio perlustrativo, hanno arrestato un turista 56enne dell’hinterland milanese, presunto responsabile di “detenzione abusiva di un’arma da fuoco” ed “esplosioni pericolose”.
I militari dell’Arma, transitando vicino all’abitazione presa in affitto dall’arrestato per trascorrere le vacanze in Puglia, hanno sentito degli spari. Avvicinatisi alla villetta, i Carabinieri si sono resi conto di quanto stesse verosimilmente accadendo: l’uomo avrebbe esploso almeno 3 colpi da una pistola cal. 7,65, all’interno del giardino dell’abitazione, mirando presumibilmente ad un albero. All’arrivo dei militari, lo stesso avrebbe tentato di nascondere l’arma, che è stata, poi, subito trovata e messa in sicurezza dai Carabinieri, che l’hanno, successivamente, sottoposta a sequestro.
Nel giardino sono stati, poi, rinvenuti tre bossoli, relativi ad altrettanti colpi appena esplosi. Il luogo dove sarebbero avvenuti gli spari è distante poche decine di metri da una strada molto trafficata, soprattutto per il transito dei bagnanti, che in questo periodo affollano le località turistiche. La successiva ed accurata perquisizione domiciliare ha permesso di rinvenire ulteriori 85 cartucce dello stesso calibro.
In uno dei due pacchi contenenti le stesse, ne mancavano 15. Sia l’arma che le munizioni erano detenuti senza nessun titolo autorizzativo. L’arma trovata sarà inviata al Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma per accertamenti tecnico-balistici, finalizzati ad accertare anche l’eventuale utilizzo in pregresse azioni delittuose. Il 56enne, fatta salva la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, dopo le formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, è stato condotto presso la sua abitazione agli arresti domiciliari.

Napoli, Smaltimento illecito di abiti usati: sequestrati 50 tonnellate di rifiuti e denunciati quattro responsabili

 

Cile, cimitero della moda mondiale. Nel deserto la discarica ...

 

Napoli,

Nell’ambito di un’operazione mirata alla repressione dello smaltimento illecito di rifiuti, il reparto ambientale della Polizia locale di Napoli, in collaborazione con gli ispettori ambientali della società ASIA, ha concluso con successo un’importante attività investigativa durata otto mesi, che ha portato all’individuazione e alla denuncia di quattro persone responsabili di un vasto traffico di abiti e calzature usati, con base nel quartiere Barra-San Giovanni-Ponticelli.

Le indagini, condotte attraverso un’attenta analisi delle immagini di videosorveglianza e azioni di monitoraggio sul territorio, hanno permesso di localizzare un deposito illecito in via Luigi Tammaro, a Ponticelli, dove G. V. (33 anni) e D. I. V. (27 anni) , entrambi di Napoli, insieme a D. D. N. (28 anni), residente ad Ercolano, e a T. C. (60 anni), residente a Portici e già noto alle forze dell’ordine per reati quali porto abusivo d’armi e traffico di stupefacenti, erano intenti a gestire illegalmente circa 50 tonnellate di indumenti e calzature usate. All’interno del deposito di circa 300 metri quadri, privo di dispositivi antincendio e con un’unica via di aerazione, gli agenti hanno rinvenuto centinaia di sacchi contenenti rifiuti non igienizzati e potenzialmente pericolosi per la salute pubblica e l’ambiente. Il materiale veniva selezionato e successivamente smaltito in modo illecito, senza alcuna autorizzazione.

Durante l’operazione, è stato sequestrato un veicolo immatricolato all’estero, utilizzato per il trasporto dei rifiuti, insieme a numerosi materiali utilizzati per l’imballaggio. I quattro responsabili sono stati deferiti all’Autorità giudiziaria per violazione degli articoli 256 e 192 del D.Lgs. 152/2006, degli articoli 648, 452-quaterdecies e 110 del Codice penale, per la gestione non autorizzata di rifiuti e la creazione di una discarica abusiva. Inoltre, uno dei soggetti coinvolti risulta essere percettore del reddito d’inclusione, circostanza per la quale verranno effettuati ulteriori accertamenti.

L’operazione ha messo in luce un ingente danno ambientale ed economico, con ripercussioni dirette sul bilancio comunale e sulle imposte sui rifiuti pagate dai cittadini. ASIA fornirà una relazione dettagliata all’Autorità Giudiziaria per la quantificazione del danno erariale. Proseguono le indagini per identificare ulteriori responsabili e per risalire alla filiera del traffico illecito, che sembra avere ramificazioni anche oltre confine.

I carabinieri scoprono e distruggono un’altra piantagione di marijuana, la quinta in pochi giorni

Quante piante di marijuana si possono tenere per uso personale?

 

Reggio Calabria – Giffone (
Oltre 2500 piante rinvenute. Evitata la produzione di oltre 70 mila dosi per un valore di circa 600 mila euro.
Ancora una volta nel corso di un servizio di controllo del territorio, i Carabinieri della Compagnia di Taurianova, con il supporto dello squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto una vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia del comune aspromontano di Giffone. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.
Nell’ultima operazione, i militari hanno rinvenuto diverse piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza. Le piante erano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. In loco, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.
Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, impedendo che la marijuana, una volta raccolta, alimentasse il mercato illegale degli stupefacenti. Se trasformate in dosi pronte per la vendita, le oltre 2700 piante rinvenute in questi giorni avrebbero potuto produrre circa 70 mila dosi, per un valore stimato sul mercato nero di oltre 600.000 euro.
Il procedimento è attualmente pendente nella fase delle indagini preliminari e l’effettiva responsabilità della persona arrestata, attesa la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a suo carico, sarà vagliata nel corso del successivo processo. 
Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona sottoposta ad indagini.

Nei guai due imprenditori vicini alla Mafia -Sequestrati beni per 5 milioni di euro e perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro.

 

DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA – VIS UNITA FORTIOR

 

Scatta l’arresto per due  imprenditori  per «contiguità con un clan di Cosa Nostra» dopo un’indagine della Dia di Milano che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Milano su richiesta della Dda.

I due, secondo gli inquirenti,  «attraverso società principalmente operanti nel settore edilizio a Milano» avrebbero «consentito l’operatività di realtà imprenditoriali riconducibili a Cosa Nostra e ciò con specifico riferimento al sodalizio mafioso dei barcellonesi, operante nella provincia di Messina».

Sequestrati beni per 5 milioni di euro e perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro.

«In particolare – informa  la Dia – i destinatari della misura restrittiva, già colpiti in passato da misure di prevenzione patrimoniali sarebbero responsabili, in concorso con altri soggetti, di condotte fraudolente finalizzate all’intestazione fittizia di diverse società aggiudicatarie di appalti pubblici, sull’intero territorio nazionale, alcuni dei quali di ingente importo e/o finanziati con fondi del Pnrr, senza incorrere nelle misure interdittive delle autorità prefettizie. Una volta ottenuta l’aggiudicazione delle commesse, spesso in associazione temporanea con altre imprese, le società riconducibili agli indagati provvedevano poi a conferire l’esecuzione materiale dei lavori ad altre società, anche con sede in Calabria.

La complessa attività, svolta anche mediante l’ausilio di indagini tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, è stata diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Milano e coordinata dal II Reparto della Direzione Investigativa Antimafia.

Gli  accertamenti economico-patrimoniali svolti in stretta collaborazione con il Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano  hanno motivato pure  il sequestro preventivo in via d’urgenza di compendi aziendali, beni immobili e conti correnti per un valore complessivo stimato in 5 milioni di euro.

L’esecuzione delle misure insieme a numerose perquisizioni, ha interessato diverse regioni e ha visto la partecipazione dello stesso Gico della Guardia di Finanza di Milano nonché di personale dei centri operativi Dia di Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro».

Estorsione aggravata dal metodo mafioso del Clan Casalesi, 5 misure cautelari in Campania su richiesta della Direzione Antimafia

Silhouettes and shadows of people on the city street. Crowd walking down on sidewalk, concept of strangers, crime, society, gang or population

 

Napoli – Casal di Principe (CE)
In data odierna i militari della Compagnia Carabinieri di Casal di Principe hanno dato esecuzione un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 5 persone (3 in carcere, 2 agli arresti domiciliari), ritenute responsabili, a vario titolo, di “estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio e usura”.
Le indagini, condotte dai militari e coordinate dalla Procura, hanno permesso di fare luce su un episodio estorsivo commesso, da parte di soggetti storicamente legati al clan dei casalesi, ai danni di due soggetti nel periodo ricompreso tra febbraio 2024 e la data odierna. Le vittime sarebbero state oggetto di richiesta di denaro ammontante a circa 100.000,00 euro, derivante da un pregresso debito di circa 45.000,00 euro elargito, a tasso usuraio, da uno degli odierni indagati. Il creditore, unitamente ad elementi appartenenti alla criminalità organizzata, avrebbe organizzato degli incontri per intimare alle vittime di restituire la somma dovuta. Tali riunioni non avrebbero tuttavia sortito l’effetto sperato portando i soggetti destinatari della misura alla decisione di passare all’azione.
Nell’aprile alcuni degli indagati si sarebbero infatti recati nei pressi dell’abitazione di una delle due vittime e avrebbero dato fuoco a delle autovetture, successivamente risultate a loro non riconducibili. L’evento avrebbe sortito l’effetto desiderato portando i creditori a versare, nelle mani dei sodali, l’importo di circa 5.000,00 euro come prima trance di pagamento del debito dovuto.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari di essa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Corruzione e falso ideologico Catania – Eseguite 9 misure cautelari personali- Ditte “generose” e dispositivi medici

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Catania,

I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, nell’ambito di complesse attività d’indagine coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione nelle province di Catania, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Perugia, con il supporto di militari degli omologhi Comandi Provinciali del Corpo, a un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 9 soggetti [4 Direttori di Unità Operative Complesse (in breve U.O.C.)/Dipartimenti di Aziende Ospedaliere delle province della Sicilia orientale, 3 rappresentanti di società di distribuzione locale di multinazionali produttrici di dispositivi medici, un rappresentante di tali multinazionali e un provider per l’organizzazione di eventi], a vario titolo indagati in concorso per i reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.

In particolare, sulla scorta degli elementi indiziari acquisiti nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, sarebbe stato osservato che tre società – distributori locali per conto di multinazionali operanti nel settore della commercializzazione di dispositivi medici – avrebbero promesso e poi elargito ingenti somme di denaro per l’organizzazione da parte dei dirigenti sanitari indagati, operanti in strutture sanitarie della Sicilia orientale, di convegni e congressi di medicina finalizzati alla formazione, l’ultimo dei quali svoltosi a Catania nel mese di maggio..

 Nei fatti, dette sponsorizzazioni economiche avrebbero avuto lo scopo di ottenere in cambio l’impegno degli stessi di favorire le “ditte più generose” garantendogli l’uso effettivo di un numero maggiore di propri dispositivi medici nel corso degli interventi chirurgici.

 

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Operazione “fata verde” producevano sostanze stupefacenti, simulando la coltivazione di canapa sativa

 

Droghe sintetiche (immagine di repertorio)

Archivi -Sud Libertà 

 

Reggio Calabria,

I carabinieri del n.i.p.a.a.f. del gruppo carabinieri forestale di Reggio Calabria, diretti dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno ricostruito, allo stato degli atti, l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di vaste piantagioni di cannabis sul territorio calabrese con conseguente vendita sul mercato illegale della sostanza stupefacente ricavata, all’interno di una consolidata organizzazione costituita da soggetti operanti tra i comuni di Taurianova (rc), san Procopio (rc) e Sant’eufemia di aspromonte (rc).

Le indagini avrebbero consentito di individuare i soggetti che finanziavano e sovraintendevano i lavori di piantagione, riconducibili alle cosche di ‘ndrangheta delle province di Reggio Calabria ed anche di Catanzaro, nonché gli altri componenti dell’organizzazione, con la definizione delle “quote parte” spettante a ciascuno di essi, in termini di proventi derivanti dalla vendita della sostanza stupefacente sul mercato illegale.

In ausilio ai sodali, operavano ulteriori figure assoldate di volta in volta, che venivano individuate per svolgere compiti di vigilanza e manovalanza, ovvero quali “soggetti sacrificabili”, spesso incensurati, disposti ad assumersi ogni responsabilità nell’ipotesi di un intervento delle forze di polizia.

Dalle conversazioni intercettate emergeva come i partecipi all’organizzazione si mostrassero sicuri in merito ai canali commerciali ai quali destinare la sostanza stupefacente, grazie alle figure garanti dei capi-promotori, già inseriti in un sistema strutturato e consolidato di commercio nel mercato illegale.

Gli odierni arrestati non desistevano neppure a fronte delle periodiche azioni di contrasto alle loro attività poste in essere dalle forze di polizia, tanto da essere capaci di riavviare in tempi rapidi le attività di produzione della sostanza stupefacente nonostante i vari controlli subiti.  peraltro i sodali simulavano la legale sussistenza delle coltivazioni di canapa, con raggiri e stratagemmi atti ad eludere i controlli operati dai carabinieri forestali.

Nel corso di un controllo amministrativo, uno dei titolari dell’attività, già istruito a dovere dai sodali, esibiva ai carabinieri la documentazione comprovante la sussistenza di un’azienda agricola a suo nome, un regolare contratto di affitto del terreno e fatture di acquisto di semi certificati di canapa nei limiti previsti dall’attuale normativa. nello specifico, i militari intervenuti eseguivano ritualmente un campionamento delle piante presenti, con prelievo della coltura, alla presenza del titolare, al quale venivano rilasciati dei campioni in contraddittorio per le eventuali controverifiche. gli esiti delle analisi condotti dal reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri, confermavano la sussistenza di un principio attivo – thc nettamente superiore al quantitativo soglia consentito dalla legge, il che certificava la natura di stupefacente delle piante campionate.

Tra le varie attività condotte nel corso dell’indagine, i militari del n.i.p.a.a.f. di Reggio calabria avevano già proceduto all’arresto in flagranza di un soggetto che trasportava ingenti quantitativi di piante di canapa prelevate dalle piantagioni oggetto della presente indagine, nonché di ulteriori quattro soggetti sorpresi nella lavorazione dello stupefacente, con conseguente sequestro di circa 70 kg di marijuana già in stato di essiccazione e pronta per la vendita.

Quest’ultima attività e tutti gli elementi raccolti dagli investigatori hanno portato all’adozione delle odierne misure cautelari, emesse dal g.i.p. di Reggio Calabria.

Le ipotesi di reato contestate vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico delle sostanze stupefacenti, aggravata ai sensi dell’art. 416 bis 1 c.p., a una serie di delitti in materia di stupefacenti.

E’ appena il caso di evidenziare gli effetti deleteri per la salute derivanti dall’uso di tale sostanza stupefacente, quali tra i più gravi l’alterazione della capacità di giudizio.

Per l’odierna operazione sono stati impiegati circa 60 carabinieri forestali provenienti dalle regioni Calabria e Sicilia, unitamente a militari del comando provinciale di Reggio Calabria. tredici le misure cautelari personali eseguite in data odierna, di cui otto in carcere, tre agli arresti domiciliari e due divieti di dimora nel territorio calabrese.

Si precisa che il presente procedimento penale è nella fase delle indagini preliminari per cui ogni valutazione è da considerare allo stato degli atti e fatte salve le successive valutazioni

 

 

Camorra Napoli: figlia contesa. Imposizioni intimidatorie e cortei armati del clan De Martino per scortare i nonni paterni durante gli incontri con la piccola. 9 misure cautelari

A Napoli la guerra di camorra è ricominciata. Lo Stato intervenga

Archivi-Sud Libertà

 – Napoli,

Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli, si comunica che i Carabinieri della Compagnia di Torre del Greco hanno eseguito un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 9 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di atti persecutori, lesioni personali e di detenzione e porto in luogo pubblico di armi, delitti aggravati dal metodo mafioso per aver fatto ricorso alla capacità d’intimidazione dell’associazione di tipo camorristico denominata clan “De Martino”, storicamente operante nell’area orientale di Napoli e, in particolare, nel quartiere Ponticelli.
All’esito delle indagini svolte dai Carabinieri della Tenenza di Cercola, è emerso che gli indagati hanno fatto ricorso ad imposizioni, progressivamente divenute più intimidatorie e prevaricatrici, affinché venisse loro garantito l’affidamento, in totale assenza di alcuna regolamentazione giudiziaria, di una bambina nata dalla relazione di una donna con il rampollo – detenuto – di una famiglia storicamente al vertice di una delle fazioni camorristiche che si contendono l’egemonia criminale nella zona del quartiere napoletano Ponticelli.
Le investigazioni hanno consentito, inoltre, di documentare l’esecuzione di veri e propri cortei armati degli affiliati al gruppo camorristico in questione per scortare i nonni paterni  in occasione dei quotidiani prelievi e delle riconsegne della bambina.

Gli arrestati sono stati associati presso la Casa Circondariale di Napoli-Secondigliano nonché presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Ragusa, tenuto in ostaggio per un debito di droga viene liberato dalle forze speciali

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Ragusa – Scicli e Siracusa,

Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ragusa e della Compagnia di Modica a seguito dei fatti avvenuti nella serata di giovedì 20 giugno scorso a Scicli, nel corso dei quali due bande rivali si sono scontrate nel quartiere Jungi con l’esplosione di due colpi di arma da fuoco, hanno permesso di far emergere come il motivo scaturente della controversia fosse legato al mancato pagamento di una partita di droga.

I militari dell’Arma, infatti, hanno appurato come tra il gruppo composto da giovani ventenni di origine modicana e sciclitana vi fossero due ragazzi che erano riusciti a farsi consegnare da alcuni coetanei siracusani poco meno di 4 kg. di hashish senza corrispondere loro la cifra dovuta, quantificabile in circa € 15.000,00, così provocando una violenta ritorsione da parte della banda dei siracusani.

Questi ultimi, giunti a Scicli, intercettavano la banda avversaria e, oltre a sparare all’indirizzo dei componenti del gruppo locale, riuscivano a sequestrare uno di loro. Gli accertamenti svolti dai Carabinieri, nell’immediatezza dei fatti, consentivano di individuare uno dei responsabili dell’indebito impossessamento dell’importante quantitativo dello stupefacente, identificato in un ventenne residente a Modica, di origini nordafricane, che pertanto veniva tratto in arresto avendo avuto il possesso dei circa 4 kg. di hashish, recuperati nel corso delle attività e sottoposti a sequestro.

Le serrate indagini proseguite per tutta la giornata di venerdì 21 consentivano, grazie anche ad apparecchiature di elevato profilo tecnico, di individuare il luogo ove potesse essere stato portato il soggetto sequestrato, identificato in un 19enne residente a Modica, anch’egli di origini nordafricane, ossia un’abitazione popolare nei pressi di Piazza Santa Lucia di Siracusa, con lo scopo di indurre i suoi sodali a restituire lo stupefacente di cui si erano impossessati o a corrisponderne la cifra del valore commerciale.

Vista la pericolosità dei soggetti implicati nella vicenda, che aveva già dato modo di constatare come gli stessi potessero essere in possesso di armi e di poterne far uso, e considerata le criticità di un intervento in un ambiente urbano densamente popolato, veniva attivato il Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri con sede a Livorno per la delicata operazione di liberazione del soggetto sotto sequestro.

Nella notte tra sabato e domenica, i Carabinieri del GIS dei Carabinieri, con il supporto delle Aliquote di Primo Intervento di Catania, di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sigonella e della componente territoriale dei militari dell’Arma di Ragusa e Siracusa, hanno quindi fatto irruzione all’interno dell’abitazione del centro di Siracusa, consentendo l’immediata liberazione dell’ostaggio e l’arresto di un siracusano minorenne, prossimo alla maggiore età, che sotto minaccia compiuta grazie anche alla disponibilità di un’arma, aveva trattenuto il 19enne modicano contro la sua volontà. Il giovane sequestrato, che al momento della liberazione si presentava in buone condizioni generali di salute, veniva comunque affidato alle cure mediche del personale sanitario dell’ospedale Umberto I di Siracusa poiché presentava una ferita alla spalla destra provocatagli dai suo sequestratori la sera dello scontro tra le due bande a Scicli.

Napoli, sgominata banda “Point Break” provvedimento cautelare del Gip del Tribunale per 7 persone più braccialetto elettronico

Torna in carcere il detenuto agli arresti domiciliari che ha ...

Il braccialetto elettronico in una foto della Polizia penitenziaria

Napoli –

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Napoli hanno notificato  un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli Nord, su richiesta della locale Procura della Repubblica di Napoli Nord, applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari – con braccialetto elettronico – a carico di sette persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere e rapina aggravata dall’uso di armi, commessi con la tecnica del c.d. “filo inverso”.

Tale particolare modalità delittuosa prevedeva una fase preliminare di osservazione, in cui venivano individuati imprenditori, commercianti o agenti di commercio; una fase successiva, svolta dal c.d. “filatore”, di pedinamento e studio preventivo delle abitudini della potenziale vittima per calendarizzare i giorni in cui veniva abitualmente effettuato il versamento di denaro contante; una fase esecutiva di avvicinamento, che consisteva infine nell’aggredire la vittima con azioni repentine e con l’uso di armi da fuoco, prima che effettuasse il deposito.

Le complesse ed articolate indagini, dirette dalla Procura di Napoli Nord e delegate al Nucleo Investigativo Carabinieri di Napoli, hanno consentito di raccogliere plurimi e gravi elementi indiziari, ad integrazione e rafforzamento del solido quadro probatorio già delineatosi con l’applicazione delle misure cautelari custodiali già eseguite, nel mese di maggio 2023, nei confronti di sei dei soggetti indagati, al fine così di interromperne l’azione criminosa.

Nel complesso, l’attività investigativa condotta – da ottobre 2022 ad agosto 2023 – mediante una prolungata e qualificata attività tecnica e con numerosi servizi di osservazione e pedinamento a riscontro, consentiva in definitiva di disvelare e disarticolare un pericoloso sodalizio criminale, composto da sei persone e dedito alla commissione di una serie indeterminata di rapine con la tecnica del “filo inverso”, per un profitto complessivo di € 131.620,00, nonché di individuare altri due complici, gravemente indiziati di aver concorso in ulteriori due rapine.

Venivano individuati, inoltre, la base operativa del gruppo criminale e i rispettivi componenti, in grado anche di pianificare una serie di rapine da eseguire, con la tecnica dell’ariete o della spaccata, ai danni di istituti di credito in provincia di Napoli e Parma nonché in Belgio, con la collaborazione in quest’ultimo caso di un basista in Romania e l’acquisto da un laboratorio teatrale di quattro speciali maschere in silicone, del valore di circa cinquecento euro ciascuna, per il successivo sofisticato travisamento.

Tra i mezzi utilizzati dal sodalizio smantellato dagli Inquirenti, vi erano altresì telefoni cellulari dedicati, schede intestate a soggetti stranieri inesistenti, due pistole di colore nero tipo replica, un giubbotto antiproiettile ed undici tra motocicli e autovetture.

Infine, è stato possibile raccogliere gravi indizi di reato a carico di ulteriori due soggetti per la commissione di una rapina con la tecnica del “filo inverso”, avvenuta il 06.10.2022 ad Arzano (NA) ai danni del gestore di una tabaccheria per un profitto complessivo di € 20.000,00, e di tre tentativi di rapina commessi, con analoghe modalità, tra febbraio e marzo 2023 nel comune di Pozzuoli.

Sulla scorta delle evidenze investigative raccolte nonché delle denunce e delle sommarie informazioni acquisite dalle persone offese, si è accertato che – per assicurarsi il conseguimento dell’illecito profitto – gli indagati portavano illegalmente con sé armi, utilizzandole anche in pieno giorno per infrangere i finestrini delle autovetture delle vittime, ferme nel traffico e, in un’occasione, anche per esplodere dei colpi di arma da fuoco a scopo intimidatorio.

Durante l’esecuzione odierna sono stati individuati sei dei sette soggetti destinatari dell’ordinanza custodiale, mentre uno di essi risulta, allo stato, irreperibile. Sono tuttora in corso le ricerche finalizzate al suo rintraccio.