Mistero a Napoli: coppia di origini ucraini trovata morta in un appartamento Omicidio o suicidio?

Polizia, repertorio (Fotogramma/Ipa)

 

Napoli,

La Polizia ha trovato  corpi di un uomo e di una donna , oggi, venerdì 21 marzo, in un appartamento di Napoli. Secondo i primi accertamenti della polizia partenopea l’identificazione condurrebbe ad una coppia di origini ucraine, residente nella zona.

Le indagini sono in corso, ma al momento gli investigatori  ipotizzano un  omicidio-suicidio.

11 persone indagate per reati fallimentari e frodi fiscali Catania – Sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per un valore di 4,6 milioni di euro.

 

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Catania,

Nell’ambito di complesse attività di indagine coordinate da questa Procura Distrettuale della Repubblica, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, con il supporto dei Comandi Provinciali di Palermo, Trapani, Caltanissetta, Messina, Ragusa e Agrigento, hanno eseguito un decreto del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale etneo con cui è stato disposto il sequestro preventivo delle quote sociali di 6 aziende nonché di denaro, beni mobili e immobili per un ammontare complessivo pari a 4,6 milioni di euro.

Le attività investigative, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria – Sezione di Polizia Giudiziaria di Catania, avrebbero consentito di far emergere, ferma restando la presunzione d’innocenza valevole ora e fino alla condanna definitiva, una complessa frode fiscale perpetrata mediante la creazione di numerose imprese dedite all’illecita somministrazione di manodopera a favore di una società “capofila”, appaltatrice di servizi di logistica, corrieri espressi e trasporto su strada in tutta la Sicilia.

In particolare, le indagini traggono origine dall’approfondimento della posizione di alcune aziende somministratrici di manodopera, poste in liquidazione giudiziale in quanto gravate da ingenti debiti erariali e previdenziali.

Sarebbe emerso che l’impresa capofila, per l’esecuzione dell’appalto, avrebbe esternalizzato la forza lavoro, ricevendo “servizi di manodopera” dalle suddette società coinvolte nella frode, formalmente autonome, ma in realtà riconducibili a un unico dominus.

In tal modo, queste ultime si sarebbero caricate dei debiti erariali e previdenziali, mai versati, connessi al personale alle loro dipendenze e alla fatturazione dei servizi di manodopera “resi”, mentre la capofila, destinataria delle fatture per operazioni inesistenti, avrebbe potuto operare senza sostenere l’intero peso dei costi di lavoro dipendente, garantendosi inoltre la maturazione di ingenti crediti IVA non spettanti.

Nel complesso, è stato ricostruito un giro di fatture false per un ammontare complessivo di 25,6 milioni di euro in un triennio (2021/2023), un’IVA indebitamente detratta e non spettante per 4,6 milioni di euro e debiti erariali/previdenziali non saldati per 85 milioni di euro.

L’artefice del sistema criminale, destinatario del provvedimento di sequestro, si identificherebbe nel rappresentante legale della società capofila beneficiaria della forza lavoro, il quale sarebbe risultato anche l’amministratore di fatto delle società – in totale 11 – appositamente create per alimentare il sistema di frode, coadiuvato da altri 10 soggetti, tra cui diverse “teste di legno”.

I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, la bancarotta fraudolenta, l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, la presentazione di dichiarazione fiscale infedele.

Contestualmente alle operazioni di sequestro, le Fiamme Gialle hanno altresì eseguito perquisizioni locali e condotto approfondimenti investigativi presso le sedi legali e operative di tutte le società coinvolte, dislocate nelle province di Catania, Palermo, Trapani, Agrigento, Ragusa, Caltanissetta e Messina, acquisendo ulteriori elementi a supporto del quadro indiziario illustrato.

L’attività si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte da questo Ufficio e dalla Guardia di finanza di Catania a tutela della finanza pubblica, con lo svolgimento di complesse indagini volte, da un lato, a tutelare le imprese sane dalle più insidiose forme di frode fiscale, contrastando fenomeni illegali in grado di distorcere le regole della libera concorrenza, e, dall’altro, a garantire il recupero degli illeciti proventi dell’evasione, da destinare, una volta definitivamente acquisiti alle casse dello Stato, anche a importanti interventi economico e sociali.

Scoperta ingente truffa ai danni dell’Agenzia delle Entrate Reggio Calabria – Tratti in arresto tre soggetti e sequestro patrimoniale per oltre 700 mila euro nei confronti degli indagati

 

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Reggio Calabria,

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di n. 3 persone e al sequestro preventivo della somma complessiva di euro 718.426,25 nei confronti di n. 151 soggetti indagati per reati di associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato, falso, sostituzione di persona, accesso abusivo a sistema informatico.

Il provvedimento è stato emesso dal G.I.P. del locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo f.f. Dottor Giuseppe Lombardo, unitamente a decreti di perquisizione personale e locale emessi dalla Procura della Repubblica reggina nei confronti dei tre destinatari del provvedimento cautelare personale.

Le misure cautelari disposte costituiscono l’epilogo di un’indagine condotta dal Gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria, che ha permesso di individuare – allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento delle responsabilità – un’articolata associazione a delinquere dedita alla commissione di plurime condotte illecite in danno dell’Agenzia delle Entrate, consentendo agli indagati di conseguire l’indebita percezione di rimborsi IRPEF complessivamente di enorme portata.

Le indagini, svolte a partire dal 2019, hanno avuto origine da una segnalazione della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Reggio Calabria, nella quale venivano evidenziate anomalie sulla compilazione di alcune dichiarazioni fiscali. L’attività investigativa che ne è conseguita si è sviluppata, tra l’altro, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, copiose acquisizioni documentali, indagini bancarie e analisi di numerosi supporti informatici.

Il modus operandi adottato dall’organizzazione delinquenziale prevedeva l’acquisizione delle credenziali di accesso ai servizi telematici dei contribuenti, carpite indebitamente (anche attraverso il coinvolgimento di pubblici ufficiali infedeli) o ottenute mediante la diretta comunicazione da parte dei contribuenti stessi (a volte ignari, a volte compiacenti di quanto stava accadendo). In questo modo, gli indagati riuscivano a sostituirsi a questi ultimi, a inserire le relative dichiarazioni, a gestire le pratiche di rimborso e a verificarne il buon esito.

L’articolata associazione criminale era organizzata in maniera strutturata e gerarchica. Al suo vertice figuravano i destinatari degli arresti domiciliari i quali si servivano di altri soggetti “intermediari” che avevano – a loro volta – il compito di “procacciare” i contribuenti da coinvolgere nelle descritte operazioni illecite, agendo secondo una precisa spartizione territoriale.

Ai citati “intermediari”, quindi, era affidato il compito di reclutare i contribuenti e indurli, dietro proposta di ottenimento di denaro facile sotto forma di rimborsi, a fornire i propri dati personali, le credenziali di accesso al portale dell’Agenzia delle Entrate e la documentazione necessaria alla presentazione delle dichiarazioni fiscali fraudolente.

Più nel dettaglio, i contribuenti coinvolti venivano “arruolati” tra parenti o amici degli stessi procacciatori o nell’ambito di intere categorie omogenee di soggetti quali, ad esempio, alcune associazioni di pescatori dell’area tirrenica, i dipendenti di alcune società a partecipazione statale e i dipendenti di talune aziende operanti in alcune aree portuali calabresi.

La struttura criminale si avvaleva, come dianzi accennato, anche di pubblici ufficiali infedeli, uno di essi allo stato in pensione, i quali, sfruttando il loro status di dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, si adoperavano per procurarsi le credenziali di accesso dei contribuenti da mettere a disposizione del costituto criminale.

Gli organizzatori del meccanismo fraudolento provvedevano ad alterare le dichiarazioni fiscali attraverso diverse modalità, quali:

– l’indicazione, nell’elenco dei familiari a carico, di soggetti (coniuge, figlio, figlio con disabilità) appartenenti di fatto ad altro nucleo familiare e/o comunque non riconducibili al dichiarante, ovvero di cittadini italiani cancellati dall’Anagrafe dei comuni italiani e iscritti all’A.I.R.E (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero);

– l’inserimento di spese sanitarie, spesso anche di ingente entità, inesistenti e/o non giustificabili dal dichiarante;

– la richiesta di rimborsi IRPEF in relazione a ritenute fittiziamente subite con riguardo a redditi falsamente percepiti.

I vertici del sodalizio, per non essere individuati, adottavano una serie di accorgimenti, quali, ad esempio, l’assenza di contatti diretti con i contribuenti finali (in modo da salvaguardare la propria identità) oppure l’utilizzo di una rete di operatori CAF inesistenti dislocati sul territorio ovvero l’apertura di veri e propri centri di raccolta che, accreditati presso sigle sindacali nazionali, nei fatti si rivelavano invece fittizi e solo serventi alla trasmissione dei modelli dichiarativi fraudolenti. Inoltre, allo scopo di ridurre al massimo il rischio di essere scoperti, il rimborso indebitamente richiesto e ottenuto veniva sempre limitato ad una somma inferiore a euro 4.000 (limite oltre il quale è prevista l’attivazione delle procedure automatizzate di controllo in tema di dichiarazioni dei redditi).

Il sistema truffaldino – che nel tempo si era ramificato su un vasto territorio della provincia di Reggio Calabria, permettendo l’ottenimento di profitti illeciti di notevole entità – aveva raggiunto una portata talmente ampia da attirare anche l’attenzione di alcune cosche di ‘ndrangheta, in particolare di quella dei Pisano detti “i Diavoli”, egemone nella piana di Gioia Tauro.

Per ogni rimborso non dovuto, ciascun soggetto restituiva al sodalizio il 40% del percepito, trattenendo per sé il restante 60%.

Al riguardo, sono stati individuati, complessivamente, oltre 1.200 modelli dichiarativi infedeli, relativi agli anni di imposta dal 2016 al 2022, che hanno consentito indebiti rimborsi per un importo complessivo pari ad euro 718.426,25 (di cui circa 312.119,29 corrisposti ai membri dell’associazione criminale), sottoposti a sequestro con l’odierno provvedimento cautelare.

Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nelle fasi delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

Pubblicizzavano sui social abbigliamento e accessori contraffatti e poi li vendevano nei negozi Palermo – Denunciati 3 commercianti di Palermo, sequestrati oltre 7.000 prodotti

 

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Palermo,

Nei giorni scorsi i Finanzieri del Gruppo Pronto Impiego di Palermo, nell’ambito dell’intensificazione del controllo economico del territorio disposto dal Comando Provinciale di Palermo a tutela del commercio dei beni e dei servizi, hanno sequestrato più di 7.000 prodotti contraffatti, tre soggetti sono stati denunciati.

Le Fiamme Gialle, in considerazione dell’attuale periodo storico, nel quale sono sempre più le persone che tramite l’utilizzo dei social network pubblicizzano le proprie attività commerciali e la vendita dei relativi prodotti, hanno avviato un costante monitoraggio delle numerose piattaforme social, in particolare Facebook, Instagram e TikTok. Grazie a tale attività è stato possibile individuare alcuni soggetti titolari di attività commerciali, che, tramite i propri profili, promuovevano la vendita di orologi, giocattoli, capi di abbigliamento nonché pelletteria, verosimilmente contraffatti.

Il successivo accesso effettuato dai baschi verdi in uno di tali esercizi commerciali, ubicato in zona Montepellegrino, ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro capi d’abbigliamento, pelletteria e scarpe di note griffe e marchi quali Louis Vuitton, Gucci, Fendi, Balmain, Armani, Adidas e Nike.

E’ stato poi individuato un secondo profilo Facebook tramite il quale un commerciante, con foto e video, promuoveva la vendita di vari prodotti di alta gamma. Anche in questo caso, una volta individuato il negozio situato nel quartiere Noce, grazie all’analisi dei video, venivano scoperti e sequestrati oltre 2.000 prodotti contraffatti di lusso, in particolare diversi orologi Rolex, borse e portafogli Chanel, Louis Vuitton e Gucci, nonché profumi dei migliori brand in commercio, quali Bulgari, Dior, Chanel.

Tutti i prodotti erano esposti sui banconi e gli scaffali del negozio, che appariva a tutti gli effetti come una vera e propria boutique di prodotti di lusso.

Infine, sempre grazie al monitoraggio dei social, è stato individuato un soggetto che, dall’interno del magazzino della sua attività commerciale, pubblicava video su TikTok, nei quali reclamizzava la vendita a prezzi stracciati di vari articoli tra cui giocattoli e biancheria riportanti il noto marchio Disney.

Nel corso dell’accesso, anche in questo caso, le Fiamme Gialle hanno sequestrato più di 5.000 prodotti per bambini potenzialmente rischiosi per la sicurezza e la salute degli stessi.

Le operazioni descritte testimoniano l’impegno della Guardia di Finanza a contrasto della contraffazione e del commercio di prodotti non genuini e insicuri che danneggiano il mercato, sottraendo opportunità di lavoro alle imprese che rispettano le regole. Si tratta di un fenomeno illegale che colpisce in modo trasversale tutti i settori produttivi. Nel tempo anche tali forme di attività illegali si sono evolute con l’uso di nuovi veicoli divulgativi rendendo necessari rinnovati presidi a tutela della legalità.

I controlli delle Fiamme Gialle continueranno in tutta la provincia palermitana al fine di contrastare ogni forma di illegalità economica.

I finanzieri informano pure che in attesa del giudizio definitivo sussiste la presunzione di innocenza.

Marsala, associazione per delinquere,scommesse sportive on line, illecite, la Procura indaga sedici persone. Chi sono

Il Tribunale di Marsala

fOTO :  Il Tribunale di Marsala

La Procura di Marsala ha indagato sedici persone per il reato associazione per delinquere finalizzata alle scommesse sportive on line illegali.  Gli indagati avrebbero accettato, raccolto, o comunque favorito l’accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, direttamente o tramiti siti web esteri (quelli diversi dall’estensione «.it») non autorizzati, per via telefonica e telematica, di scommesse sportive per almeno 200 mila euro.

L’indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore Calogero Roberto Piscitello. L’arco temporale dei fatti contestati va da febbraio ai primi di giugno 2021. Le scommesse illegali sarebbero state raccolte a Marsala, Alcamo e Castellammare del Golfo.

GLI INDAGATI DALLA PROCURA

L’avviso conclusione indagini preliminari è stato notificato a Giovanni Cannatella, di 29 anni, Dario Cottone, di 31, Maria Angela Di Bernardo, di 48, Giovanni Marchese, di 41, Marica Genco, di 39, Giuseppe Guida, di 59, Giovanni Santo Guida, di 28, Rosario Guida, di 34, Matteo Montalbano, di 45, Eros Giuseppe Pizzo, di 46, Giuseppe Safina, di 25, Enrico Salvatore Valenti, di 53, tutti di Marsala, Luca Amantini, di 48, originario di Sant’Angelo in Vado (PS), ma residente a Mazara del Vallo, Alex Barresi, di 28, Giuseppe Messina, di 56, entrambi di Castellammare del Golfo, e Andrea Melfi, di 28, di Vittoria (RG). Parte offesa nel procedimento è il ministero delle Finanze. Giovanni Marchese e Marica Genco, marito e moglie, gestori di un centro scommesse on line nella borgata di Strasatti, erano rimasti coinvolti in una precedente inchiesta della Procura di Marsala, poi trasferita alla Procura di Trapani per competenza territoriale.

Ndrangheta,Catanzaro: 44 arresti in 4 regioni, in manette anche un Sindaco

 

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 Catanzaro – Territorio Nazionale,
Nella mattinata odierna, in varie località della costa soveratese, nonché in Lazio, Piemonte e Lombardia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro e del ROS hanno eseguito un provvedimento cautelare emesso dal G.I.P. del citato capoluogo, a carico di 44 persone (15 in carcere e 29 agli arresti domiciliari), ritenute responsabili, a vario titolo, di “associazione di tipo mafioso”, “procurata inosservanza di pena”, “furto”, “estorsione”, “minaccia”, “traffico, anche internazionale, di armi”, tutti aggravati dalle finalità mafiose, nonché “scambio elettorale politico mafioso” e “coltivazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente”.
L’indagine – condotta anche attraverso complesse attività tecniche – ricostruisce, a livello di gravità indiziaria (salvo il vaglio nel contraddittorio tra le parti), l’operatività della locale di ‘ndrangheta di Guardavalle (CZ), attiva nel soveratese e con ramificazioni al Centro-Nord Italia, dedita a estorsioni, danneggiamenti, traffico di armi, violazioni in materia di stupefacenti, nonché al condizionamento della P.A..
Nel corso delle investigazioni, sono stati rintracciati e arrestati 3 latitanti, tra cui Cosimo Damiano GALLACE, 64enne, vertice della citata locale e bloccato il 7 ottobre 2021 in un bunker realizzato all’interno di un impianto di calcestruzzo di Isca sullo Ionio (CZ).
Le indagini hanno quindi ricostruito, anche grazie all’analisi delle chat emerse dai criptofonini (tecnologia SkyECC) in uso ai sodali, il ruolo di una famiglia di imprenditori edili di Badolato (CZ) nella “gestione” della latitanza del GALLACE, al quale venivano garantiti vitto e alloggio in bunker, realizzati ad hoc e dotati di   videosorveglianza/allarme, nonché il trasporto negli spostamenti suoi e degli stretti familiari.
Gli investigatori dell’Arma hanno ricostruito, sul piano cautelare, le attività delittuose del sodalizio dedito al controllo del territorio e dell’economia locale attraverso estorsioni e furti, nonché la detenzione di marijuana, la coltivazione di cannabis, la detenzione e il porto in luogo pubblico di armi e il traffico di armi, anche da guerra, provenienti da Serbia, Montenegro e altri Paesi.
È stato altresì ricostruito, a livello di gravità indiziaria, lo scambio elettorale politico-mafioso in occasione delle elezioni comunali di Badolato tenutesi nell’ottobre 2021 e l’ingerenza della cosca e della citata famiglia imprenditoriale nelle decisioni di quell’amministrazione.
È emersa, infine, l’intestazione fittizia delle aziende dei fiancheggiatori e le cointeressenze della locale nei loro affari imprenditoriali, tra cui l’interesse della cosca alla realizzazione di un metanodotto nel foggiano.
Contestualmente all’esecuzione della suddetta Ordinanza, infatti, i militari del Comando Provinciale di Catanzaro e del ROS stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo d’urgenza delle quote e dei beni mobili/immobili (tra cui 2 cave) di 2 società (calcestruzzi e trasporto inerti), riconducibili alla citata famiglia imprenditoriale, oggetto d’intestazione fittizia.

Il procedimento per le fattispecie di reato ipotizzate è attualmente nella fase delle indagini preliminari. 

Catania, un Tir ribalta sulla rampa di accesso alla tangenziale

 

Un camion  articolato , molto lungo, si è ribaltato sulla rampa di accesso alla tangenziale di Catania dall’autostrada A19, in direzione Messina. Incolume l’autista. L’incidente è avvenuto tra i km 15,800 e 15,700, all’altezza dello svincolo di Misterbianco. Si indaga sui motivi che hanno causato l’incidente. L’autista ne è uscito incolume.

I vigili del fuoco sono intervenuti per la perdita di carburante dal serbatoio del tir, che trasportava materiale edile. La tangenziale è stata chiusa, con deviazioni temporanee.

 

LO SCEMPIO DI VITE UMANE -Operazione “HYPNOS” su maltrattamenti, abbandono di incapaci ed esercizio abusivo della professione

I NAS  RISCONTRANO NUMEROSI CASI DI CONDOTTE OPPRESSIVE E AVVILENTI NEI CONFRONTI DEGLI ANZIANI  : INGIURIE, URLA, STRATTONAMENTI, ABBANDONO, SOMMINISTRAZIONE DI PSICOFARMACI

Anziani maltrattati: inaccettabile scempio di vite umane | Vanna Iori

Archivi -Sud Libertà

 

Ragusa,

Su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa, i Carabinieri del NAS di Ragusa, con la collaborazione dei Carabinieri di quel Comando Provinciale, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale nei confronti otto soggetti, due dei quali destinatari della misura cautelare personale degli arresti domiciliari e sei di misure interdittive, nei confronti dei gestori e di alcuni dipendenti di una struttura impegnata nella cura e custodia di persone anziane e disabili, gravemente indiziati – allo stato degli atti e nella presente fase del procedimento, nella quale non è stato ancora instaurato il contraddittorio con gli indagati – in concorso tra loro del reato continuato di maltrattamenti, abbandono di incapaci ed esercizio abusivo della professione medica ed infermieristica.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Ragusa e condotte dal NAS di Ragusa con servizi di osservazione, pedinamento, ispezioni e mediante attività tecnica di intercettazione telefonica ed ambientali, hanno permesso di approfondire l’illecita condotta degli indagati nel gestire la casa di riposo, all’interno della quale erano ospitate 29 (ventinove) persone, in sovrannumero rispetto alle capacità ricettive della struttura e accudite da personale sottodimensionato e non qualificato che, specie in orario notturno, somministrava in difetto di prescrizione medica farmaci ipnoinducenti, al solo scopo di intorpidire e quindi poter gestire gli ospiti della struttura con un personale ridotto e così limitando le spese di gestione.

L’attività investigativa, ricadente nell’ambito di servizi disposti in campo nazionale dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute di Roma, d’intesa con il Ministero della Salute, finalizzati a monitorare la corretta gestione delle strutture socio – assistenziali dedicate ad ospitare le fasce più deboli della società, è scaturita da una segnalazione pervenuta al Nas di Ragusa da parte di ex dipendenti della struttura e riguardante le indegne condizioni in cui gli anziani erano costretti a vivere.

Dal complesso degli elementi indiziari sarebbero emerse gravi anomalie nella gestione della casa di riposo, improntata alla massimizzazione dei profitti a discapito delle condizioni igienico sanitarie, funzionali e organizzative della struttura, con una inappropriata assistenza sanitaria nei confronti degli ospiti. Sarebbero inoltre stati riscontrati numerosi casi di condotte oppressive e avvilenti nei confronti degli anziani (spesso costretti a dormire in letti pieghevoli e fatiscenti), messe in atto tramite ingiurie, urla, strattonamenti, abbandono, somministrazione di psicofarmaci. Commesso con sistematicità, infine, il reato di esercizio abusivo della professione medica da parte di uno dei titolari della struttura, che arbitrariamente modificava le prescrizioni o inseriva farmaci (spesso ad azione psicoattiva) nelle terapie degli ospiti, così come l’abusivismo infermieristico dei dipendenti che approssimativamente somministravano, benché sprovvisti di specifico titolo professionale, medicinali agli ospiti loro affidati.

Al termine delle attività è stato disposto il sequestro preventivo dell’intera struttura sociosanitaria per anziani e disabili oggetto dell’attività di indagine, con nomina, da parte del G.I.P., di apposito amministratore giudiziario. Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato condivise dal G.I.P. in sede, dovranno trovare conferma allorché verrà instaurato il contraddittorio tra le parti, come legislativamente previsto.

Indagini della Procura della Repubblica e provvedimenti restrittivi a carico di persone accusate di sequestro

 

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 Ragusa – Modica ,
Su richiesta delle competenti Procure della Repubblica presso il tribunale ordinario (Direzione Distrettuale Antimafia) e presso il Tribunale per i Minorenni di Catania, che hanno coordinato le indagini, nelle prime ore della mattinata odierna, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Modica – supportati dai Reparti Investigativi dei Comandi Provinciali di Ragusa e Siracusa, che hanno contribuito allo svolgimento delle indagini – hanno dato esecuzione a due distinti provvedimenti restrittivi emessi dai GIP di Catania (sia presso il Tribunale ordinario che presso il il Tribunale per i minorenni) nei confronti di soggetti originari e gravitanti nell’area siracusana che fatta salva la presunzione di innocenza – venivano ritenuti gravemente indiziati , con i ruoli di mandanti, esecutori e carcerieri, dei sequestri di persona di 3 giovani avvenuti, in fasi diverse, a Scicli il 20 giugno dello scorso anno e che hanno suscitato profondo allarme nella città.
Per la liberazione di uno degli ostaggi, non appena localizzato il giorno successivo, è stato necessario l’impiego del Gruppo d’Intervento Speciale (GIS) dell’Arma dei Carabinieri, così da evitare possibili reazioni e ulteriori conseguenze in danno del giovane sequestrato. L’operazione si concludeva con l’arresto in flagranza di uno dei custodi e il sequestro di una pistola, della quale il carceriere era in possesso.
Sotto la direzione della AG Catanese l’Aliquota Operativa della Compagnia di Modica proseguiva le investigazioni in ordine al grave delitto commesso con il fattivo contributo dei Carabinieri di Siracusa.
Le indagini avrebbero quindi consentito di ricostruire il movente del sequestro del giovane, che si è ritenuto sia consistito in una ritorsione per la sottrazione di 4 chili di hashish, del valore di circa 15 mila euro, avvenuta a Modica il 19 giugno 2024 in danno di alcuni delle persone arrestatie già fornitricii di altre partite di droga in favore di giovani spacciatori locali. Il sequestro di persona avrebbe dunque avuto lo scopo di recuperare la somma di denaro a pagamento della droga, condizione per la liberazione del sequestrato.
Il commando, secondo la ricostruzione accusatoria da verificare nel prosieguo del procedimento — un gruppo composto da otto siracusani armati di pistole, giungeva a Scicli per rintracciare coloro che si erano impossessati della droga, bloccando per alcune ore e picchiando selvaggiamente, con la minaccia delle armi, due giovani sciclitani, di cui un minorenne, per poi rilasciarli; subito dopo, ne1 quartiere Jungi di Scicli, il commando avrebbe sequestrato il giovane da loro ricercato che, sempre sotto minaccia armata, sarebbe stato caricato con violenza a bordo di una delle loro autovetture e trasportato a Siracusa. Nel tentativo di difendere il giovane dai suoi aggressori, un cugino del sequestrato veniva attinto ad una gamba da un colpo di arma da fuoco. Anche l’ostaggio durante il tragitto veniva ferito alla spalla con un colpo di pistola, mentre tentava di lanciarsi da1l’autovettura in corsa.
\ Siracusa sarebbe stato poi rinchiuso in un appartamento di via Privitera, nel popolare rione di Santa Lucia, utilizzato quale covo per lo spaccio della droga.
Le indagini, i cui esiti sono stati sin qui convalidati dai giudici, avrebbero permesso anche di delineare le dinamiche del gruppo che risultava dedito allo spaccio di stupefacenti.
Ai risultati investigativi sin qui ottenuti – suscettibili di ulteriori convalide in sede giurisdizionale – si è giunti attraverso l’acquisizione delle informazioni assunte dai testimoni, l’analisi dei dati acquisiti sulla base del vaglio delle immagini di videosorveglianza presenti sui luoghi.
Gli arrestati sono stati condotti presso la Casa Circondariale di Ragusa e presso l’Istituto Penale per i Minorenni di Catania-Bicocca.

Palermo , contrasto allo spaccio di droga. In manette due persone

 

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Archivi-Sud Libertà

Palermo,
I militari della Stazione San Filippo Neri hanno arrestato un 23enne, palermitano, già noto alle forze dell’ordine, per spaccio di sostanze stupefacenti. I militari, nell’ambito di un servizio di controllo del territorio nel quartiere “Zen 2” finalizzato alla prevenzione e al contrasto dello spaccio di droga hanno notato il giovane che cedeva alcuni involucri ad alcuni avventori. Immediato l’intervento dei Carabinieri che hanno bloccato l’uomo che, perquisito, è stato trovato in possesso di 13 dosi tra cocaina e hashish ingegnosamente occultate all’interno del doppio fondo di una bottiglietta d’acqua che i militari hanno recuperato nei pressi del luogo dove il presunto pusher è stato osservato intento a cedere la sostanza. Inoltre l’attività di ricerca ha permesso di rinvenire nella disponibilità dell’indagato quasi 150 euro in banconote di piccolo taglio, verosimilmente provento dell’illecita attività di spaccio.
Il Tribunale di Palermo – Quarta Sezione ha convalidato l’arresto.
Nell’ambito di un’altra attività effettuata sempre nel quartiere “Zen 2,” la Stazione della San Filippo Neri ha arrestato, in flagranza di reato con l’accusa di detenzione illecita ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, un palermitano, di 36 anni, già noto alle forze dell’ordine. Anche in questa circostanza, gli insoliti movimenti del presunto pusher, non sono sfuggiti allo sguardo attento dei militari che hanno osservato il 36enne intento a spacciare.
L’uomo è stato immediatamente fermato e perquisito dai Carabinieri che hanno rinvenuto nella sua disponibilità quasi 30 dosi di cocaina nascoste sotto un vaso di plastica poggiato per terra in prossimità del punto dove l’indagato era stato poco prima notato mentre cedeva lo stupefacente. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo ha convalidato l’arresto.
La droga sequestrata è stata trasmessa al Laboratorio di Analisi delle Sostanze Stupefacenti del Comando Provinciale di Palermo per gli accertamenti di rito. È obbligo rilevare- informanoi Carabinieri in un Comunicato –  che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.
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