, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli e di Castello di Cisterna ed i Finanzieri del Gruppo di Giugliano in Campania hanno eseguito – con il contributo delle rispettive componenti aeree – un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta dei Magistrati della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 19 persone (di cui 3 già detenute), gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, violazioni alla normativa sulle armi e sugli stupefacenti e tentato omicidio (tutti aggravati dalle finalità di agevolazione del clan).
Le indagini hanno consentito di:
– documentare, in Villaricca (NA), la perdurante operatività del clan Ferrara – Cacciapuoti, storicamente rientrante (con quello Nuvoletta di Marano di Napoli e dei Casalesi) nel cartello camorristico denominato Nuova famiglia, collegato all’ala corleonese dell’associazione di tipo mafiosa denominata Cosa Nostra e militarmente contrapposto a quello denominato Nuova Camorra Organizzata (capeggiata dal defunto CUTOLO Raffele);
– ricostruire la struttura del clan, stabilmente articolato in due distinti gruppi, l’uno facente capo alla famiglia Ferrara e l’altro a quella Cacciapuoti, identificandone vertici – tutti raggiunti dal provvedimento restrittivo – e parte degli affiliati (l’organico del clan, per come è emerso delle indagini, si attesta su 50 unità, alle quali in caso di detenzione spetterebbe “stipendio” e copertura delle spese legali);
– individuare in quella dei Ferrara la frangia a vocazione spiccatamente imprenditoriale (in particolare, nel settore dell’edilizia, della ristorazione, degli idrocarburi e della commercializzazione di generi alimentari);
– confermare lo stabile interesse della criminalità organizzata verso il settore degli idorcarburi;
– accertare che il clan – che comunque trae parte delle proprie risorse dal traffico di stupefacenti – ha inteso preservare il territorio da attività ed attenzioni delle FF.PP. attraverso l’imposizione di un divieto di spaccio a Villaricca;
– acclarare 9 ipotesi estorsive, in prevalenza a danno di imprenditori operanti nel settore dell’edilizia, di titolari di palestre e di sale giochi (in quest’ultimo caso, il titolare era tenuto a corrispondere € 70 per ciascun apparato presente in sala), tenuti a versare somme per importi variabili (all’incirca da 1.500 a 5.000 euro al mese) e destinate ad alimentare la cassa comune;
– riscontrare il coinvolgimento dei vertici del clan nella latitanza del noto C. E., capo dell’omonimo clan che, unitamente a quelli denominati L. e M., rientra nel cartello camorristico denominato Alleanza di Secondigliano e si contrappone a quello dei Mazzarella;
– acquisire elementi in ordine al tentato omicidio commesso da esponente del gruppo Mauriello, articolazione legata ai Ferrara, in danno di esponente dei Cacciapuoti.
Contestualmente sarà data esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso in via d’urgenza, avente ad oggetto società operanti nel settore immobiliare, edile, degli idrocarburi, della caffetteria e della ristorazione nonché della vendita di generi alimentari, emesso nei confronti degli esponenti di vertice della frangia Ferrara, perché costituite reimpiegando gli ingenti proventi delle attività del sodalizio mafioso.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso la quale sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, come tali, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Archivi – Sud Libertà – ( La disperazione dei giovani che cercano -in tanti- le “scorciatoie” per avere punteggi aggiuntivi)
Tre ordinanze di custodia cautelare e 36 perquisizioni nell’ambito di un’indagine relativa ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di decine di reati di truffa, falsità ideologica e materiale in atti pubblici (posti in essere anche mediante induzione in errore di pubblici ufficiali) e contraffazione ed uso di sigilli dell’Unione Europea, della Repubblica Italiana, della Regione Campania ed altri enti pubblici, sono state notificate ai soggetti indagati.
I reati contestati agli indagati sarebbero stati commessi anche attraverso la formazione di falsi diplomi per operatori socio sanitari ed altri falsi documenti, attestanti titoli mai conseguiti e, successivamente, utilizzati dagli acquirenti per essere assunti presso strutture private, partecipare a concorsi e selezioni pubbliche e per l’iscrizione nelle graduatorie del personale scolastico A.T.A..
Oltre 130 finanzieri hanno dato esecuzione in tutta la Provincia di Foggia e nelle province di Napoli, Salerno, Avellino, Pescara e Barletta – Andria – Trani all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Foggia, su proposta del Pubblico Ministero ed alle perquisizioni nei confronti degli indagati e degli istituti di formazione coinvolti nel rilascio dei falsi diplomi ed attestati.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Foggia, scaturiscono da alcune denunce presentate da diversi discenti, quali parti offese, nei confronti di un Istituto privato di formazione con sede in Provincia di Foggia e diramazioni in altri territori ove negli anni sarebbero stati organizzati falsi corsi per il conseguimento di diplomi di Operatore Socio Sanitario (O.S.S.) ed Operatore Socio Sanitario Specializzato (O.S.S.S.), ovvero sarebbe stato garantito il conseguimento dei suddetti titoli a soggetti che non avevano completato il percorso formativo o, comunque, privi dei requisiti richiesti dalla normativa vigente.
Le prime denunce provengono, infatti, da vincitori esclusi dalle graduatorie del concorso pubblico indetto per gli Ospedali Riuniti di Foggia durante il periodo COVID, che non si sono visti riconoscere i titoli presentati all’esito delle successive verifiche.
L’attività investigativa, svolta dalla Tenenza di San Nicandro Garganico e durata oltre un anno, ha consentito di acquisire indizi di colpevolezza in capo a 33 persone, alcune delle quali ritenute, a vario titolo, responsabili dei delitti di associazione per delinquere (contestata ad alcuni dei trentatré indagati), truffa aggravata e falsità materiale ed ideologica in atti pubblici commessa anche mediante induzione in errore dei pubblici ufficiali, nonché contraffazione ed uso di falsi sigilli provenienti da enti pubblici.
Dalle indagini svolte – confortate dalle eloquenti risultanze delle attività di intercettazione audio/video effettuate – è emerso come alcuni degli indagati abbiano corrisposto ai sodali cospicue somme di denaro, ammontanti fino ad € 25.000, per ottenere diplomi ed attestazioni false.
I diplomi e gli altri attestati falsi costruiti dal sodalizio sono stati rilasciati a favore di soggetti consapevoli (e quindi indagati) e non consapevoli, quest’ultimi convinti della genuinità dei titoli, a seguito di corsi o tirocini proposti dal sodalizio criminale, per poi essere presentati dai “discenti” in sede di partecipazione a diversi concorsi e selezioni – banditi da strutture sanitarie pubbliche e private – nonché per l’inserimento nelle graduatorie pubbliche utilizzate dagli istituti scolastici per l’assunzione del personale A.T.A..
Non si tratta, infatti, soltanto di diplomi del settore sanitario, ma nel corso delle indagini è emersa anche la falsificazione di attestati di anzianità di servizio o per il conseguimento di altri titoli utili ad ottenere punteggi aggiuntivi nei concorsi pubblici riservati al personale scolastico (conoscenza di lingue estere, EIPASS, P.E.K.I.T., CFU 24 etc.).
Le indagini proseguono con l’esame del ponderoso materiale probatorio raccolto, anche per accertare la possibile commissione di truffe ai danni di enti pubblici da parte degli indagati realizzate attraverso le assunzioni dei falsi discenti.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 7 soggetti, indagati per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e per diversi episodi di reati contro la Pubblica Amministrazione.
Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura messinese, interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto, pertanto, della presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno riguardato l’infiltrazione mafiosa ed il condizionamento delle amministrazioni comunali dei Comuni di Moio Alcantara e Malvagna, centri della fascia ionica della provincia peloritana, ad opera di Cosa Nostra siciliana.
In particolare, le complesse investigazioni, svolte su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Messina dagli specialisti del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata delle Fiamme Gialle di Messina, hanno consentito di far luce sull’operatività criminale di una cellula decisionale e operativa mafiosa del tutto autonoma rispetto alle articolazioni di Cosa Nostra catanese che, in passato, gestivano gli affari mafiosi anche nel territorio della valle dell’Alcantara.
Tale struttura criminale, secondo ipotesi accusa e che ha trovato una prima valutazione confermativa da parte del competente GIP del Tribunale peloritano, salvo il successivo vaglio di merito, è risultata in grado di ingerirsi, condizionandole, nelle dinamiche elettorali – politiche dei due comuni, oltre che nella relativa gestione dell’attività amministrativa, attraverso l’infiltrazione di soggetti alla stessa struttura criminale direttamente e/o indirettamente riconducibili.
In altre parole, non il classico gruppo criminale che fa della violenza la cifra del suo modo di agire, bensì qualcosa di diverso, di molto meno visibile ma non per questo meno pericoloso, comunque forte di una ormai riconosciuta forza criminale: una “cellula criminale autonoma che, avvalendosi della legittimazione mafiosa derivante dalla contiguità al famigerato clan dei Cintorino, la cui fama criminale, anche per la efferata violenza di numerosi omicidi commessi alla fine degli anni ’90, promana senza alcuna necessità di ulteriori e specifici atti di violenza e minaccia, è riuscita ad imporsi all’interno del tessuto sociale delle due piccole realtà comunali”.
Le indagini, secondo le valutazioni del Giudice, documentano uno spaccato assolutamente significativo del nuovo modo di “fare mafia”: “un gruppo che, per il suo modus operandi, rappresenta l’evoluzione del modello tradizionale di associazione mafiosa che sfrutta la fama criminale ormai consolidata e che non abbisogna di manifestazioni esteriori di violenza, per intessere relazioni con la politica, le istituzioni, le attività economiche, al fine di imporre il proprio silente condizionamento”.
Uno dei principali indagati, anche da detenuto, disponeva affinché i suoi sodali prendessero contatti con le ditte appaltatrici di lavori assegnati dai due enti locali di Moio e Malvagna, anche garantendo sostegno ai candidati elettorali in occasione del rinnovo dei rispettivi consigli comunali.
Concretamente, le disposizioni da lui dettate venivano tradotte in azione operativa dal padre e, soprattutto, dalla sorella, quest’ultima Vicesindaco in carica del Comune di Moio Alcantara, entrambi oggi destinatari della custodia cautelare in carcere.
In tal senso, il gruppo indagato faceva pervenire al Sindaco di Moio inequivoche sollecitazioni, cui peraltro aderiva, affinché interessasse gli amministratori comunali di altre distinti enti locali a bloccare, o sbloccare, indebitamente, procedure esecutive a vantaggio della famiglia: comportamenti ritenuti sintomatici di una “patente subordinazione del sindaco”.
Dello stesso tenore, peraltro, la disponibilità offerta alla cellula indagata dal già Assessore ai lavori pubblici del Comune di Malvagna il quale, nell’interesse della medesima struttura criminale, si adoperava per l’assegnazione di appalti di lavori a ditte vicine, anche mediante il compimento di reati di corruzione e altri reati contro la pubblica amministrazione.
La corruzione, secondo ipotesi d’indagine e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, è risultata il collante dell’operatività generale del contesto oggetto d’indagine; più in particolare:
– il Sindaco di Moio, oggi destinatario della misura della custodia cautelare in carcere, unitamente al responsabile dell’Area Servizi Territoriali e Ambiente del Comune di Moio, oggi in quiescenza, accettavano utilità consistenti in somme di denaro o relative promesse; il medesimo Sindaco, inoltre, favoriva vendite di materiale edile da parte di una società in cui vantava cointeressenze, per compiere specifici atti contrari ai doveri d’ufficio, così turbando la procedura di gara relativa al recupero del tessuto urbano locale, a favore di un imprenditore di Santa Teresa Riva (ME), oggi posto ai domiciliari;
– analogamente, il già Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Malvagna (sino all’ottobre 2020), oggi associato in carcere, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, induceva il rappresentante di una ditta edile di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), aggiudicataria di lavori pubblici a Malvagna, a rifornirsi di materiale edile da una ditta di Randazzo (CT), il tutto con lo scopo di agevolare l’associazione mafiosa oggetto d’indagine. Per tale interessamento, peraltro, il titolare della ditta edile catanese – parimenti destinatario di custodia cautelare in carcere – corrispondeva all’amministratore pubblico una dazione corruttiva.
Le indagini dei Finanzieri di Messina, oltre a basarsi su attività tipiche di polizia giudiziaria, quali intercettazioni, rilevamenti, pedinamenti, perquisizioni e sequestri, si sono altresì avvalse del contributo fornito da un importante collaboratore di giustizia che, a valle del suo arresto nella nota operazione “Isola Bella”, che ha documentato interessi mafiosi nel settore turistico, chiariva ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina le dinamiche criminali insistenti nella fascia ionica della provincia peloritana.
Per quanto di odierno interesse, le indagini hanno chiarito quali fossero le modalità di ingerenza nella gestione degli appalti pubblici locali in affidamento diretto, ovvero come il tutto avvenisse attraverso l’imposizione di ditte gradite, per il tramite di amministratori locali compiacenti che, a loro volta, quando non direttamente destinatari di provviste corruttive, ottenevano in cambio sostegno elettorale, così come illustravano le modalità di drenare provviste finanziarie attraverso il sistema delle sovrafatturazioni nei lavori pubblici
L’odierna operazione testimonia il costante impegno della Guardia di Finanza volto a contrastare fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata, vieppiù di matrice mafiosa, in apparati della Pubblica Amministrazione. Tale attività risulta ancora più significativa nell’attuale periodo storico, per lo strategico stanziamento di importanti risorse comunitarie a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, un’opportunità imperdibile di sviluppo e investimento.
Scoperto dalle Fiamme gialle un traffico di farmaci antiCovid cinesi che avrebbero potuto essere destinati agli utenti delle diverse Regioni italiane.Nell’ambito dell’attività di controllo del territorio, volta al contrasto dei traffici illeciti con particolare riferimento alla situazione emergenziale sanitaria, la Guardia di Finanza di Firenze ha fermato un’auto condotta da una cittadina di origine cinese che trasportava diversi quantitativi di medicinali, in alcuni casi indicati anti Covid-19 e non autorizzati per l’importazione e la vendita sul territorio.
A seguito del rinvenimento dei primi farmaci all’interno del veicolo, una pattuglia del Gruppo Tutela Mercato Capitali del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze ha esteso le attività di controllo all’abitazione della donna, dove sono stati rinvenuti diversi scatoloni di medicinali di provenienza cinese per un totale di 10.000 pillole, indicate come efficaci contro il COVID-19 e non autorizzate, nonché quasi 3.000 tra confezioni di sciroppo e bustine granulari per il contrasto ai sintomi influenzali nonché diversi sacchi contenenti un preparato di erbe definito anti-Coronavirus.
La Procura della Repubblica di Firenze – Sostituto Procuratore Ester Nocera ha disposto il sequestro di tutti i medicinali, fermandone immediatamente la commercializzazione che sarebbe emersa avvenire anche attraverso consegne a domicilio, mentre la donna è stata denunciata per ricettazione, commercializzazione e somministrazione abusiva di medicinali privi di autorizzazione.
Operazione “New Park” della Dda di Caltanissetta che ha disposto perquisizioni nei confronti di 12 indagati.
Il metodo della licitazione privata per l’assegnazione di 1.100 ettari di pascoli del Parco dei Nebrodi con il meccanismo delle offerte segrete e, tra il 2014 e il 2017, da parte dell’Azienda speciale Silvo pastorale di Troina, ha posto in luce illeciti vari sotto i riflettori” della Dda di Caltanissetta che ha disposto perquisizioni nei confronti di 12 indagati.
Il provvedimento, eseguito da militari della Tenenza della guardia di finanza di Nicosia, del comando provinciale di Enna e della compagnia pronto impiego di Catania, investe dieci imprenditori agricoli e due funzionari pubblici “infedeli”. Ma le Fiamme gialle hanno notificato pure un avviso di garanzia a 14 indagati per reati vari, quali abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, estorsione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. E’ contestata anche la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso.
Tra gli indagati dell’operazione ‘New Park’, avviata nel 2018 dalla Tenenza della Gdf di Nicosia ci sono anche due personaggi eccellenti, ex direttori pro tempore dell’Azienda speciale Silvo pastorale di Troina: Giuseppe Alessandro Militello e Salvatore Pantò. Gli imprenditori agricoli coinvolti sono: Giuseppe Conti Taguali, Carmela Pruiti, Gaetano Conti Taguali, Calogero Conti Taguali, Sebastiano Conti Taguali, Maria Conti Taguali, Melissa Miracolo, Sebastiano Musarra Pizzo, Salvatore Armeli Iapichino, e Sabastiano Foti Belligambi.
Secondo la Dda di Caltanissetta, i dieci «con la connivenza del direttore pro-tempore dell’Azienda Silvo-Pastorale, che procedeva anche all’arbitrario frazionamento del valore dei contratti al di sotto della soglia all’epoca prevista per le verifiche antimafia, avvalendosi del metodo mafioso e della forza intimidatrice, hanno di fatto monopolizzato le procedure negoziali». Questo, accusa la Procura, avrebbe «scoraggiato l’accesso alle stesse ad altri concorrenti con fondate aspettative di aggiudicazione della gara pubblica, ottenendo in tal modo l’assegnazione di lotti di pascolo mediante la presentazione di offerte ‘incoerentementè minime – previamente concordate tra i coindagati – rispetto a quelle fissate a base d’asta». Le aggiudicazioni illecite, ha ricostruito la Guardia di finanza, avrebbero permesso ai 10 imprenditori «la percezione indebita, dal 2014 al 2017, di contributi comunitari per complessivi 2,5 milioni di euro”.
Le indagini hanno messo in luce pure che sulla gara bandita nel 2017, è sussistente l’ipotesi di un’estorsione ad opera di altri 2 indagati a un imprenditore del Messinese legittimamente assegnatario di alcuni lotti di pascolo che erano prima gestiti da alcuni degli indagati. Durante le perquisizioni domiciliari eseguite dalle Fiamme gialle del comando provinciale di Enna sono stati rinvenuti e sottoposti a ritiro cautelare una vera armeria,12 fucili, tre pistole, 10 coltelli e munizioni di vario calibro.
E’ ancora ‘ndrangheta in diverse città italiane, in Sicilia, in Piemonte dove le holding del narcotraffico spopolano in collegamento con la Calabria e l’hinterland milanese , 400 carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale torinese su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 65 appartenenti o contigui alle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese e componenti delle famiglie Agresta e Assisi, capi locali di Volpiano e San Giusto Canavese, considerati i più potenti narcotrafficanti tra il Nordovest e il Sud America.ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti
L’ordinanza firmata dal gipi Luca Fidelio, consente l’arresto dei boss delle famiglie Agresta, Catanzariti e Assisi, tra cui il nome più noto è quello di Nicola Assisi, rimasto latitante per anni in Sudamerica, arrestato a luglio a Praia Grande, una località balneare nello Stato di San Paolo, in Brasile insieme al figlio Patrick. Lì, nonostante i sequestri della giustizia italiana che lo cercava dal 2014, viveva nel lusso, possedeva tre appartamenti con piscina e aveva una stanza segreta in cui nascondeva il denaro, enormi quantità tanto che gli investigatori hanno preferito pesarlo anziché contarli: erano 20 chili. La cocaina era la sua specialità, quella che secondo le sentenze faceva arrivare a quintali in Italia, agli intermediari della ‘ndrangheta in Calabria, Piemonte e Lombardia.
L’operazione di questa mattina sarà presentata direttamente a Torino dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho. E’ l’atto finale delle indagini di diverse forze di polizia, che che hanno come comune denominatore le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta, il padrino ragazzino che a 29 anni aveva già scalato le gerarchie della locale di Volpiano ma che a ottobre del 2016, dal carcere di Saluzzo dove stava scontando 30 anni per omicidio, ha dato una svolta alla sua vita cominciando a collaborare con i magistrati di Torino, Monica Abbatecola e Paolo Toso. “La scuola mi ha fatto collaborare, perché l’istruzione mi ha dato strumenti che prima non avevo. In carcere, mi sono diplomato”, ha detto nelle molte udienze in cui ha portato la sua testimonianza, compresa quella per l’omicidio del procuratore di Torino, Bruno Caccia.
Le dichiarazioni del collaboratore Domenico Agresta hanno consentito agli inquirenti di scoprire lo zio Antonio, in possesso della dote apicale di “corona”, come il capo locale della succursale mafiosa di Volpiano dopo la scarcerazione nel processo Minotauro (a novembre 2012) e perlomeno sino all’ulteriore arresto del giugno 2015. Dopo la condanna, infatti, il capo-clan assumeva la direzione della struttura distaccata di ‘ndrangheta..
Contestualmente la gdf di Torino sta procedendo alla notifica del medesimo provvedimento per ulteriori 6 indagati, ritenuti responsabili, nell’ambito della medesima associazione, anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili, nonché conti correnti e quote societarie per un valore in corso di quantificazione.
Il Nucleo della Guardia di Finanza di Caltanissetta, in collaborazione con il Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata, ha arrestato 12 persone e sequestrato immobili, aziende, beni e disponibilità finanziarie per un valore di circa 7 milioni di euro nell’ambito di una vasta operazione che interessa la gestione dei parchi siciliani e il fenomeno dei finanziamenti europei
Gli arrestati, alcuni dei quali appartenenti e altri fiancheggiatori di Cosa Nostra, sono accusati in particolare di aver gestito i terreni del parco delle Madonie e di quello dei Nebrodi per conto della mafia, ricevendo anche finanziamenti comunitari per la gestione di imprese agricole riconducibili a esponenti di Cosa Nostra.
Più tardi si conoscerà lo sviluppo dell’operazione, denominata in codice «Terre emerse», saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si svolgerà alle 11.00 presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta.
FUSCALDO (COSENZA) – Blitz della Guardia di Finanza a Fuscaldo, 14 misure cautelari, 12 arresti in carcere e due ai domiciliari, tra le persone coinvolte anche il sindaco Gianfranco Ramundo, il vicesindaco Paolo Cavaliere e un altro assessore comunale.
Nell’operazione coordinata dalla Procura di Paola diretta da Pierpaolo Bruni sono stati coinvolti oltre 100 militari del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Cosenza che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e ad un Decreto di sequestro preventivo, emessi dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia. Nel dettaglio l’operazione è stata coordinata dai sostituti Antonio Lepre e Teresa Valeria Greco oltre che dal Procuratore Bruni.
I reati contestati sono : «corruzione, tentata concussione, indebita induzione a dare o a promettere, peculato, turbative di gare pubbliche e di procedimenti di scelta dei contraenti della Pubblica Amministrazione e falso ideologico”»
Il provvedimento cautelare è stato emesso nei confronti di 14 persone e, oltre agli amministratori pubblici di Fuscaldo, sono stati coinvolti un funzionario pubblico, imprenditori, un professionista ed altri soggetti, che, a seguito delle indagini effettuate dalla Compagnia Guardia di Finanza di Paola «aventi ad oggetto la gestione di molti appalti pubblici ed affidamenti diretti sia del Comune di Fuscaldo (CS) che del Comune di Cosenza, afferenti “lavori, servizi e forniture” di valore complessivo pari ad oltre 7,5 milioni di euro».
“Secondo l’accusa, elemento di collegamento fra i due Enti Locali cosentini era la figura di un funzionario, dipendente a tempo indeterminato presso il Comune di Cosenza ed autorizzato ad esercitare part-time le funzioni di Responsabile di Settore anche presso il Comune di Fuscaldo. Le indagini hanno consentito di «accertare l’esistenza di un collaudato sistema corruttivo e di collusioni nella gestione della cosa pubblica radicato presso gli anzidetti Enti locali ed alimentato da abituali condotte illecite poste in essere da Pubblici Ufficiali ed imprenditori, ai danni dei due Comuni. Le molteplici turbative delle gare e dei procedimenti di scelta dei contraenti della Pubblica Amministrazione sono state scoperte all’esito di articolate e complesse indagini, sviluppate mediante specifiche attività tecniche, analisi di una enorme mole di documentazione cartacea ed informatica acquisita all’esito di perquisizioni e sequestri (aventi ad oggetto anche 26 supporti informatici: tra personal computer, tablet e telefoni cellulari), assunzione di dichiarazioni testimoniali, indagini finanziarie ed accertamenti patrimoniali».
In una analisi dell’operazione «per ciascuna gara pubblica e di procedimento di scelta del contraente, i Finanzieri hanno ricostruito gli accordi clandestini e le collusioni fra i soggetti pubblici e privati, nonché i mezzi fraudolenti utilizzati per assegnare illecitamente i lavori ed i servizi da parte dei Comuni, in violazione alle norme contenute nel Codice degli Appalti ed altre che regolamentano l’esercizio della funzione pubblica. In diversi casi, le indagini hanno documentato che gli atti contrari ai doveri d’ufficio ovvero le omissioni di atti dovuti da parte di Pubblici Ufficiali venivano retribuiti, in termini di contropartita ed in virtù di accordi corruttivi o per effetto delle condotte di indebita induzione, da promesse illecite di utilità, consistite in “incarichi professionali, assunzioni di lavoratori ed utilizzo gratuito di struttura alberghiera”, ovvero dazioni di utilità – rappresentate da “trasferimenti di sede di lavoro di pubblici dipendenti” – ed altri “doni”. Sono stati ricostruiti i rapporti interpersonali fra i Pubblici Ufficiali, gli imprenditori e gli altri soggetti coinvolti, i quali hanno contrassegnato una “funzione pubblica spogliata della sua reale natura”, finalizzata cioè al “perseguimento dell’interesse pubblico e del bene comune”, ma piegata strumentalmente per il “mero raggiungimento di interessi privati”».
Inoltre, in molte occasioni, «la commistione fra gli “interessi pubblici” e gli “interessi privati” ha determinato la creazione di una vera e propria “confusione fra ruoli” tra il Pubblico Ufficiale e l’imprenditore e viceversa».
I riflettori sono stati puntati sul metodo di affidamento diretto della gestione del depuratore comunale di Fuscaldo dal valore complessivo oltre 1.000.000 euro, l’aggiudicazione dei lavori di ripristino del Lungomare di Fuscaldo dal valore complessivo dell’appalto 236.000; la gestione della raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti, differenziata ed assimilata, servizio di igiene urbana presso il Comune di Fuscaldo per un valore complessivo dell’appalto di 4.000.000 euro; l’affidamento diretto del servizio di pulizia spiagge del Comune di Fuscaldo dal valore complessivo di 16.550 euro; il conferimento da parte del Comune di Fuscaldo di un incarico professionale, l’assegnazione delle concessione demaniali, in relazione al piano spiaggia del Comune di Fuscaldo.
Ed ancora: “il rifacimento di un manto stradale pubblico nella città di Fuscaldo a spese di un imprenditore (quindi non dovuto), già affidatario di commesse; l’installazione di un dehors (insieme degli elementi mobili per la ristorazione, posti sul suolo pubblico o asservito all’uso pubblico); i lavori di completamento della chiesa San Domenico di Cosenza per un valore complessivo 1.920.000 euro; i lavori aggiuntivi per il miglioramento dell’efficienza energetica del Teatro Rendano di Cosenza per un valore complessivo 90.000 euro; – l’acquisto da parte del Comune di Cosenza di un personal computer di ultima generazione, del quale se ne appropriava un Pubblico Ufficiale dal valore 1.337 euro.
Infine si apprende che la Guardia di Finanza ha sequestrato di beni nei confronti di alcuni indagati e società, per un valore complessivo di 215 mila euro.
A due società, inoltre, è stata applicata la misura cautelare interdittiva del “divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione”, per la durata di un anno.Totale indagati : 20. Si attendono altri sviluppi.
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