Palermo,
Palermo,
«Catania sta attraversando un momento storico molto delicato – aggiunge Messina – e sono certo che il nuovo commissario assicurerà imparzialità, autorevolezza e competenza amministrativa adeguate, visto che in passato ha già svolto, con successo, lo stesso incarico in altre città».
Afferma Giuseppe Lupo capogruppo Pd all’Ars che insieme con gli altri parlamentari del Partito Democratico (Giuseppe Arancio, Anthony Barbagallo, Michele Catanzaro, Antonello Cracolici, Nello Dipasquale e Baldo Gucciardi) autore di una mozione sul dissesto idrogeologico regionale, rivolta al governo regionale.
“Il tema del dissesto idrogeologico, anche alla luce dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici, è divenuto ormai centrale. In Sicilia non è chiaro quali siano le iniziative messe in atto dal governo Musumeci. Chiediamo dunque un apposito dibattito d’aula durante il quale il governo regionale riferisca anche in merito ad alcuni rilievi della Corte dei conti dai quali risulterebbe, dal 2019, il mancato avvio di progetti e interventi che si sarebbero potuti adottare in Sicilia in base alle risorse disponibili”.
Nella mozione si impegna il governo a illustrare in dettaglio gli interventi realizzati – e da realizzare – sulla base delle dotazioni finanziarie e sulla base delle previsioni del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico ed il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, “ProteggItalia”. Il Pd chiede inoltre, con specifico riferimento al Pnrr ed alle misure strutturali destinate alla Sicilia, di adottare provvedimenti necessari a superare le criticità di natura procedurale nelle azioni di contrasto al dissesto idrogeologico.
Un tesoretto da 320 milioni di euro per fronteggiare alluvioni e frane in Sicilia, rimasto a marcire nei cassetti della Regione. Mentre il presidente della Regione Nello Musumeci rivendica di aver speso la cifra record di 475 milioni per lavori e gare relative al dissesto idrogeologico nell’Isola, negli uffici guidati dall’ex assessore all’Ambiente Maurizio Croce si scopre che questi 475 milioni rappresentano solo il 60% del budget totale a disposizione, che è di 795 milioni di euro. Da qui, per differenza, si scopre che “in 7 anni per i restanti 320 milioni non è arrivato neppure un progetto, o almeno neppure uno definitivo” Su deduce che gli Uffici pubblici, Genio civile compresi, non hanno funzionato negli anni scorsi ed attuali. Il paradosso è che i dirigenti declassati come Gabriele Ragusa -ricordate? il dirigente lumaca che ha omesso una relazione urgente al Presidente Musumeci- sono stati “promossi” da quel che appare la “Mafia” del Dipartimento superiore- nei posti più prestigiosi , redditizi, e addirittura di controllo appalti, come l’UREGA di Catania. Una vera indecenza.
“Ci sono aree della Sicilia in cui si è investito poco o nulla sul fronte del contrasto alle frane e della prevenzione delle alluvioni. I 152 progetti in corso di realizzazione istruiti dal commissario riguardano per lo più il Messinese (sono 77), la provincia di Palermo e in parte quella di Catania. Altrove solo sporadici interventi, quasi nessuno nel Siracusano e Ragusano” colpite dal ciclone Apollo.
«Intervento al fine di conoscere i piani e gli interventi realizzati dal Governo regionale finalizzati a contrastare il dissesto idrogeologico e porre in sicurezza il territorio».
Premesso che: i tragici accadimenti verificatisi nel territorio di Catania sono gli ultimi in ordine temporale tra i tantissimi gravi eventi che hanno causato e causano danni rilevanti e la perdita di vite umane; i fenomeni di dissesto idrogeologico nel nostro paese e non solo, come più volte affermato da diversi esperti, hanno assunto il carattere di ordinarietà in correlazione al consumo di suolo e alla crisi ambientale connessa al surriscaldamento globale; nell’area mediterranea si assiste ad un processo di desertificazione caratterizzato da una radicale mutazione climatica di segno tropicale le cui copiose precipitazioni, dal carattere alluvionale in frangenti temporali ristretti, devastano il territorio connotandosi come catastrofi naturali; le azioni di mitigazione del rischio idrogeologico alla luce degli ultimi fenomeni si manifestano nella loro insufficienza e in molti casi nella loro assoluta inadeguatezza rispetto alle proporzioni assunte dal fenomeno in questione.
Considerato che: la Corte dei Conti nel 2019 – Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato – con la deliberazione del 31 ottobre 2019, n. 17/2019/G, trasmessa al Parlamento nazionale, esaminate le modalità di funzionamento, di gestione e di impatto del Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico, aveva evidenziato numerose criticità insolute nel meccanismo di funzionamento e di monitoraggio degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nella governance delle strutture, rilevando, in particolare, l’inefficacia delle misure adottate, la scarsa capacità di spesa e di realizzazione dei progetti e la natura prevalentemente emergenziale degli interventi.
Sempre la stessa Sezione, con la deliberazione del 18 ottobre 2021, n. 17/2021/G, appena una decina di giorni prima dei tragici eventi di Catania, esaminato lo stato di attuazione del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, “ProteggItalia” ha posto in luce quali punti dolenti del problema dissesto in Italia: la scarsa capacità di spesa e la lentezza nell’attuazione degli interventi, la vischiosità dei processi decisionali, la mancanza di una vera pianificazione del territorio, la carenza di profili tecnici adeguati all’interno degli enti territoriali; da una più attenta lettura della deliberazione sopracitata si rileva che secondo il citato Rapporto Rendis 2020 dell’Ispra, che fornisce per la prima volta i risultati di venti anni di monitoraggio dell’Istituto sugli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, la cifra stanziata in 20 anni dal Ministero dell’ambiente (oggi Ministero per la transizione ecologica) per far fronte al dissesto idrogeologico in Italia ammonta a quasi 7 miliardi di euro per un totale di oltre 6.000 progetti finanziati su un totale di richieste che superano i 26 miliardi di euro, cifra quest’ultima che rappresenterebbe una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale;
Dall’esame di questi dati si rileva come la Sicilia sia la regione cui sono state assegnate le maggiori risorse con circa 789 milioni di euro con una durata media complessiva degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di 4,7 anni tra fase progettuale, tempi amministrativi e materiale realizzazione delle opere in termini esecutivi; in atto per rispondere alla esigenza di coordinare in un unico Piano pluriennale i diversi programmi di contrasto al dissesto idrogeologico e le relative risorse, i1 DPCM del 20 febbraio 2019 ha adottato il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, c.d. ProteggItalia con una dotazione finanziaria complessiva nel triennio 2019-2021 pari a 10,383 miliardi di euro a favore delle Regioni ed Enti locali; il Proteggi Italia ha disposto risorse finanziarie, da destinare agli interventi in capo a più amministrazioni, provenienti dalle leggi di bilancio ma anche dall’FSC 2014/2020 che rappresentano circa la metà del totale generale; nella deliberazione della Corte dei Conti del 18 ottobre 2021, n. 17/2021/G, relativamente al piano di riparto dell’annualità 2020 del ProteggItalia, si legge che il piano della Sicilia non risulta approvato sia a fronte dell’assegnazione complessiva di 900 milioni di euro, così come per quella di 50 milioni; nel Piano stralcio del 2019, ai fini di un tempestivo avvio dei progetti e degli interventi immediatamente eseguibili per urgenza e indifferibilità, con il contributo e la partecipazione dei Commissari per l’emergenza, dei Commissari Straordinari per il dissesto, e delle Autorità di bacino distrettuale sono stati assegnati 315.119.117,19 di euro per n. 263 interventi di cui 20.776.438,01 alla Sicilia per 12 interventi.
ASP – COMUNE DI ACI SANT’ANTONIO: E’ DOVERE DELLA MAGISTRATURA ETNEA – DICIAMO NOI DI SUD LIBERTA’-L’INTERVENTO DEL PUBBLICO MINISTERO DEL TRIBUNALE
Le comunicazioni dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania ai Comuni risultano ancora imprecise e non puntuali, e troppi cittadini si trovano confinati in un limbo dal quale sembrano non vedere uscita: questo quanto affiora dal confronto fra i dati pervenuti in merito al tracciamento dei casi positivi al Covid-19 e i numeri del territorio che emergono quotidianamente dalle informazioni in entrata al Comune di Aci Sant’Antonio.
Il Sindaco, Santo Caruso, lancia un grido di allarme: “Si tratta di una situazione insostenibile! Noi amministratori siamo lasciati soli nella tempesta, a fare da baluardo, da filtro coi cittadini. L’ASP mi segnala casi di isolamento domiciliare dal 2 settembre, e questo non è tollerabile. Di contro ci sono cittadini confinati in casa e in attesa del tampone da giorni e giorni, cittadini che cercano di mettersi in contatto con l’Azienda Sanitaria e non ci riescono, provando quindi ad ottenere risposte dal Comune, risposte che però il Comune non può avere.
Fra queste ci sono anche quelle legate alla gestione dei loro rifiuti:sappiamo, come da Ordinanza Regionale, che non possiamo gestirli noi perché sono da ritenere rifiuti speciali, come fossero ospedalieri, e ad occuparsene dev’essere l’ASP, che però non lo fa, rischiando di far scoppiare un’ulteriore emergenza di tipo igienico-sanitario. Ho indirizzato una lettera all’Azienda Sanitaria proprio per sottolineare questo problema, ma non ho avuto risposta. Ancora una volta.
“Quanto evidenzio, però, non è finalizzato ad uno scontro con l’Azienda Sanitaria – continua il primo cittadino – e questo dev’essere chiaro: io ed altri Sindaci della Città Metropolitana di Catania cerchiamo una sponda, non un conflitto. E lo abbiamo anche detto al Governo Regionale in una nota ufficiale legata all’ANCI: non possiamo più sostenere una situazione simile, che ci vede quotidianamente incollati al telefono, costretti quasi ad abbandonare la mole di lavoro legato alla quotidiana
amministrazione che tutti i giorni ci aspetta.
“Quello che emerge allo stato attuale è che l’apparato di comunicazione dell’ASP non funziona, è carente, sia nei contatti con i cittadini che con le amministrazioni: serve un interlocutore attendibile e costantemente raggiungibile. Ci sono intere famiglie isolate, che non trovano risposte, perché solo l’ASP ha le risposte e risulta quasi impossibile contattarla: sarebbe necessario per questa gente un numero dedicato. Come devono continuare ad andare avanti queste persone, senza lavoro, senza contatti, senza prospettive a breve termine?
“Chiediamo di essere ascoltati, e chiediamo risposte e mezzi per agire con efficacia – ha concluso – altrimenti la situazione rischia di peggiorare seriamente. Il Governo Regionale, che ha il dovere di far funzionare correttamente l’apparato sanitario in Sicilia, intervenga adesso”.
Gli sgravi sulle assunzioni sono utili se convenienti e, soprattutto, se l’iter per richiederli è snello e se la successiva gestione amministrativa non comporta costi e si risolve in un rapporto diretto e automatico con l’Inps. Se ciò è vero, all’apparenza risulta incomprensibile il fatto che in Sicilia una ‘torta’ consistente di incentivi offerti dalla Regione, che pesa 81 milioni di euro, abbia scarso appeal nei confronti delle aziende che devono assumere e che vi rinunciano.
“La ragione sta nel fatto che l’applicazione pratica si scontra con una duplicazione di misure rispetto a quelle nazionali e con un eccesso di burocrazia” lo dice la Consulta regionale dei consulenti del lavoro della Sicilia al termine del quinto congresso regionale svoltosi a Siracusa.
“Se i Centri per l’impiego fossero sgravati dai tantissimi adempimenti burocratici di cui sono stati caricati da una governance amministrativa cervellotica – dice la Consulta – avrebbero sicuramente più tempo da dedicare alla loro mission prioritaria, che è la ricerca di lavoro per i disoccupati. Invece, mentre in tutte le altre Regioni d’Italia i Centri per l’impiego si limitano a prendere atto dei tirocini avviati dagli enti e dalle agenzie appositamente autorizzati, la Regione siciliana è l’unica a richiedere che i Centri per l’impiego esaminino preventivamente la voluminosa documentazione cartacea che gli enti di avviamento e le imprese ospitanti devono produrre e che rilascino un nulla osta. Così i Cpi, sommersi da tante richieste e costretti a operare basandosi su circolari regionali poco chiare e che si prestano a molteplici interpretazioni sui criteri dei tirocini e sui requisiti e le qualifiche dei giovani, riescono a evadere solo un quarto delle istanze in tempi ragionevoli”.
La Consulta regionale dei consulenti del lavoro, quindi, ha proposto al governo regionale una modifica all’avviso 21/18 che regola questo sgravio, che oggi è pari al 50 per cento dei contributi dovuti in due anni. In sintesi, “la migliore soluzione è agganciare il bonus assunzionale regionale allo sgravio strutturale nazionale previsto dalla legge numero 205 del 2017. Quest’ultimo offre uno sgravio del 50 per cento dei contributi per tre anni su ogni assunzione di giovani fino a 34 anni d’età, sgravio che l’impresa detrae in automatico dalle somme dovute mensilmente all’Inps e che per questo motivo in atto è lo strumento preferito. Basterebbe aggiungere il 50 per cento coperto dalla Regione, ma a questo punto per tre anni e non più per due, assicurando però che l’impresa abbia a che fare solo con l’Inps e non anche con la Regione”.
Secondo infine la Consulta, ”razionalizzando le risorse nazionali e regionali, le imprese siciliane avrebbero gli evidenti vantaggi di assumere con un costo del lavoro azzerato per tre anni, di un solo interlocutore e di procedure snelle”.
Il Ponte Cassibile
La Sicilia corre ai ripari,monitoraggi, riunioni, segnalazioni sui ponti ammalati da rivedere Adesso è resa nota una interpellanza di Rossana Cannata, vicepresidente della Commissione regionale antimafia. “in vista del vertice convocato dal presidente della Regione, Nello Musumeci, il prossimo 31 agosto con i rappresentanti dell’Anas, Cas, della Protezione civile”.
La deputata siciliana Rossana Cannata
“A tal proposito –precisa la Cannata – ho chiesto al Governo regionale, con precipuo riguardo al ponte di Cassibile, di verificare le condizioni attuali di sicurezza della infrastruttura e quali eventuali iniziative intende intraprendere circa i lavori di consolidamento strutturale del predetto Ponte. Sono trascorsi diversi anni dalla sua riapertura parziale e la ‘questione ponte di Cassibile’ ritorna oggi piu` che mai attuale”.
“Si tratta di un manufatto di ‘importanza storica’ dell’era fascista che fino a qualche anno fa, ovvero prima dell’apertura del tratto di autostrada da Siracusa a Rosolini, rappresentava l’unico collegamento fra il nord ed il sud della provincia. Nei fatti, per moltissime situazioni e realta`, e` ancora cosi`. La strada statale 115 – conclude Cannata – rappresenta un importante sfogo per i mezzi, sia agricoli sia civili ei cittadini hanno il diritto di poter viaggiare in tranquillita` e sicurezza”.