Foto Ag.-Archivio-La 7
Il Comando Provinciale delle Fiamme gialle di Messina – si apprende da un Comunicato d’Agenzia– stanno eseguendo due provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di Ezio Bigotti,(nella foto sopra) imprenditore piemontese, presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip) e di Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni. L’accusa è di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Gaboardi è al centro di una vicenda per la formazione di un falso verbale di dichiarazioni reso davanti all’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, al fine di depistare sul caso Eni. Un verbale che sarebbe stato “precompilato” da Amara e poi reso “ufficiale” da Longo in un suo fascicolo.
Il provvedimento è legato all’inchiesta della Procura di Messina sul cosiddetto “Sistema Siracusa” che, a febbraio dell’anno scorso, ha condotto all’arresto di 13 persone accusate di fare parte di un “comitato di affari” in grado di condizionare indagini e procedimenti giudiziari”.
Le Fiamme Gialle coordinate dal tenente colonnello Jonathan Pace , hanno eseguito perquisizioni nei confronti degli indagati nelle province di Roma, Milano e Torino.
La Procura di Messina
Mentre per il terzo indagato di questa nuova puntata, il consulente siracusano Vincenzo Ripoli, il gip di Messina Maria Militello deve adesso valutare una richiesta si sospensione dall’esercizio dell’attività di perito.
Lo scenario delineato dalla Procura di Messina, che sul “sistema Siracusa” indaga ormai da un paio di anni, è ancora una volta la rete di “relazioni” create da Amara. In questo caso per fare aprire al pm all’epoca in servizio a Siracusa, Giancarlo Longo – che , si apprende , ha già patteggiato la pena di 5 anni -, un fascicolo “specchio” basato su false denunce, per depistare le indagini della Procura di Milano su Eni-Algeria e Eni-Nigeria e fare archiviare le accuse a carico di Bigotti.
Questa volta però, proprio dopo le dichiarazioni accusatorie di Amara e del collega di studio Giuseppe Calafiore, fino ad oggi “coperte”, ci sarebbe la prova- affermano gli inquirenti – che alcune mazzette finite nelle tasche del pm aretuseo Longo siano state “versate” a suo tempo in prima battuta proprio da Bigotti.
Gli interventi” degli avvocati Amara e Calafiore, e il denaro fornito,hanno tramutato il procedimento penale in un fatto positivo
Nel marzo scorso, a Roma, Bigotti ha subito il sequestro di 40 milioni di euro, la cifra che secondo le indagini è stata fatta “uscire” dalla società Ge.Fi. Fiduciaria Romana srl. Nelle carte di quel sequestro risultavano anche pagamenti verso la Exitone spa, società controllata al 100% dalla Sti, a sua volta amministrata da Bigotti. La Sti è finita anche nell’indagine per le presunte false fatturazioni verso le società controllate dall’avvocato Amara, ed è poi nota per essere finita nell’inchiesta sul maxi appalto Consip da 2,7 miliardi di euro.
Anche il nuovo fascicolo aperto a Messina ripercorre le vicende della Sti e della Exitone. Probabilmente ci saranno nuovi sviluppi