LA SPAGNA FORSE OGGI CAMBIERA’ VOLTO: TENSIONI CON LA CATALOGNA

Si cambia pagina in Spagna?     Gli spagnoli  tornano  a votare oggi alle elezioni generali per la quarta volta in quattro anni. Le tensioni in Catalogna  collocano in vetta la formazione di ultradestra Vox,…..

 

 

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Sanchez aveva già vinto le elezioni del 28 aprile, arrivando largamente in testa con 123 seggi, un risultato importante ma sotto la soglia di maggioranza di 176 deputati. Premier ad interim, dopo che la caduta del suo governo di minoranza aveva portato al voto, il leader socialista non è riuscito a formare un nuovo governo malgrado il successo elettorale. I negoziati con la sinistra radicale del partito anti sistema Podemos di Pablo Iglesias si sono arenati su veti reciproci, mentre i liberali di Ciudadanos, ormai spostati a destra, non hanno voluto sostenere l’esecutivo dall’esterno.

A metà settembre, quando il re è stato costretto a convocare nuove elezioni, Sanchez ha impostato una campagna tesa a chiedere una maggioranza chiara per portare avanti da solo un governo stabile. Ma non tutto è andato come previsto.

Ad ottobre la sentenza di condanna a pene fino a 13 anni di carcere  per nove capi indipendentisti catalani ha riaperto il duello fra la Catalogna e il vertice spagnolo , con una settimana di violente proteste che hanno sconvolto la regione e devastato Barcellona. La durezza della protesta secessionista ha sconfessato la linea dialogante di Sanchez, mentre la polizia è stata accusata di essere intervenuta in modo eccessivo. Neanche la promessa mantenuta di spostare la salma dell’ex dittatore Francisco Franco dall’imponente mausoleo della valle dei caduti ad un semplice cimitero, sembra essere riuscita ad aumentare i consensi per il leader socialista.

Intanto la crisi catalana ha riportato in auge Vox, il partito di ultradestra di Santiago Abascal, entrato per la prima volta in parlamento in aprile. Allora il risultato era stato inferiore alle aspettative, ma ora i sondaggi indicano che potrebbe arrivare quasi al 15%, con un balzo di cinque punti, diventando il terzo partito del paese. Per legge in Spagna i sondaggi possono essere pubblicati solo fino ad una settimana prima del voto, ma i dati di cui sono in possesso i partiti segnalano che la formazione sovranista ha continuato a crescere.

 

Sovranista, anti migranti, euroscettico e maschilista, Abascal ha fatto una campagna elettorale a colpi di dati statistici dubbi e ampiamente contestati, come quello che il 70% degli stupri di gruppo in Spagna è opera di stranieri. Ma anche se 1.600 accademici hanno firmato un manifesto per accusarlo di aver diffuso dati falsi e manipolati, la sua retorica ha fatto presa su una crescente fetta di elettorato stufa dei partiti tradizionali.

La media degli ultimi sondaggi di una settimana fa assegna il 27, 4% dei voti al Psoe con 120-123 seggi, in lieve calo rispetto al 28,7% (123 seggi) di aprile. Il Partito popolare (Pp) arriva secondo con il 21,6% e 92-95 seggi in netta ripresa rispetto ad aprile quando ottenne un misero 16,7% e 66 seggi.

Vox appare come il terzo partito con il 14,9% e 49 seggi, 25 deputati più di aprile. Al quarto posto troviamo Podemos con l’11,2% e 28-31 deputati, in netto calo rispetto ai 42 seggi di aprile. Precipitano infine i consensi di Ciudadanos il partito liberale di Albert Rivera che sembra pagare la sua sterzata a destra, arrivando al quinto posto con l’8% e 15 seggi, 42 deputati in meno di aprile. Il nuovo partito di sinistra Mas Pais di Inigo Errejon, uscito da Podemos, viene infine indicato al 2,8% con 3 deputati.

 

 

 

Nuovo leader in Grecia: Nea Dimokratia

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La storia politica della Grecia ha un nuovo nome dopo le elezioni politiche di ieri: Nea Dimokratia.

Secondo i dati del ministero dell’Intero ellenico, basati sui voti reali, il partito guidato da Kyriakos Mitsotakis si aggiudica il 39,8% dei voti, conquistando  così 154 dei 300 seggi complessivi in Parlamento. A Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras, va il 31,6%, con 86 seggi. Seguono i socialisti di Kinal 8,3%, 23 seggi; il Kke 5,3%, 14; i nazionalisti di Elliniki Lysi 3,7%, 10; Diem 25 il 3,4%, 9.    Osserviamo che  Tsipras, dal canto suo, ottiene un risultato migliore di quello delle elezioni europee e amministrative anche considerando che nel 2015 Syriza prese il 35,5%

Bene anche il Diem25 (che in Grecia si chiama Mera25) dell’ex ministro Yanis Varoufakis, che dopo il flop alle europee entra nel parlamento nazionale. 

Al momento, non entra in Parlamento il partito di estrema destra Alba Dorata.

Stamani si torna al voto -per il ballottaggio- in 136 Comuni

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Ballottaggio, in  136 i Comuni  si torna nuovamente al voto oggi, dopo il primo turno del 26 maggio scorso, per il ballottaggio alle elezioni comunali. Interessati anche  15 Comuni capoluogo di provincia: Potenza, Avellino, Ferrara, Forlì, Reggio nell’Emilia, Cremona, Ascoli Piceno, Campobasso, Biella, Verbania, Vercelli, Foggia, Livorno, Prato, Rovigo.

La  sfida tra i due candidati sindaco di centrodestra e centrosinistra,avverrà in dieci città nel solo caso di Campobasso è di scena il Movimento 5 Stelle che se la vede contro il centrodestra. Se ad Ascoli Piceno il duello è tutto dentro l’area di centrodestra, in tre città alla contesa è arrivato un candidato appoggiato da movimenti civici che se la gioca, a Biella e Potenza, con il centrodestra mentre ad Avellino con il centrosinistra.

Ecco le sfide nelle principali città. I pentastellati, che al primo turno hanno perso la roccaforte di Livorno guidata dal sindaco uscente Filippo Nogarin, possono sperare di eleggere un primo cittadino di un capoluogo solo a Campobasso. Qui la sfida per la carica di sindaco è tra la candidata di centrodestra Maria Domenica D’Alessandro e il candidato M5s Roberto Gravina. D’Alessandro, al primo turno appoggiata da cinque liste (Popolari per l’Italia, Lega, E’ ora, Forza Italia e Fdi), ha ottenuto il 39,71% mentre Gravina ha incassato il 29,41% imponendosi così sul candidato di centrosinistra Antonio Battista.

ELEZIONI SICILIA: IL M5S SURCLASSA GLI AVVERSARI-LEGA NON CONVINCE GLI ELETTORI-

 

 

 

CALTANISSETTA esplode il Movimento 5S: Roberto Gambino  sindaco il 58%, VINCE SU Michele Giarratana del centrodestra: nell’unico capoluogo al voto al grillino 13.796 voti (58,85%) contro i 9.648 voti per Giarratana (41,15%).

GELA vince Lucio Greco (sostenuto da Forza Italia, Pd e liste civiche) sul leghista Giuseppe Spata,  Per il vincitore,  16.647 voti (52,9%), mentre per lo sconfitto salviniano 12.371 preferenze pari al 47,1%.

CASTELVETRANO ancora altro passo vincente del movimento cinquestelle;Enzo Alfano, in svantaggio al primo turno di due punti, vince abbondantemente sull’’avversario civico Calogero Martire. Il risultato finale è di 64.9% (8.306 voti) contro il 35.1%
(4.486 suffragi)

MAZARA DEL VALLO  si registra la vittoria di  Salvatore Quinci (centrosinistra e liste civiche) sul leghista Giorgio Randazzo: Quinci ha ottenuto 10.803 voti (52,41%) e Randazzo 9.808 (47,59%).

MONREALE  un candidato di Musumeci sul podio:  Alberto Arcidiacono (oltre il 56%) di DiventeràBellissima, vince su  Pietro Capizzi (moderati, Pd e civici assieme)…..

Si apprende che l’affluenza ha registrato un movimento interessante visto che paerliamo di enti locali-comuni siciliani dove girano le amicizie.

I dati dell’affluenza: a Caltanissetta hanno votato 24.001 elettori (sui 56.294 aventi diritto) pari al 42,64% con un calo del 13,89% rispetto al primo turno quando aveva votato il 56,52%.

A Gela hanno votato in 26.615 su 65.739 pari al 40,49% (il 28 aprile aveva votato il 58,54% e dunque c’è stato un calo del 17,93%).

A Monreale ha votato il 41,72% degli aventi diritto al voto (13.684 su 32.800). Il 28 aprile si era recato alle urne il 59,17% degli elettori.

A Castelvetrano hanno votato 13.232 elettori su 28.146 aventi diritto al voto pari al 47.01% (il 28 aprile l’affluenza era stata del 55,61%).

A Mazara hanno votato 21.251 elettori su 43.567 pari al 48,78% con un crollo dell’affluenza rispetto al 28 aprile quando aveva votato addirittura il 65.02%.

 

“Re Bibi”, Netanyahu, nuovo Capo del governo d’Israele, più longevo e più discusso

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Foto  Israele -Archivio Sud Libertà

 Primo ministro per 4 volte, di cui tre successive negli ultimi dieci anni, Benyamin Netanyahu , 69enne sta per diventare il capo di governo più longevo e discusso  della storia d’Israele.
Leader del partito conservatore Likud, è arrivato alle elezioni con  una possibile incriminazione per corruzione, ma si proclama innocente e vittima di una campagna di “caccia alle streghe” da parte dei media di sinistra. Nato a Tel Aviv nel 1949, Netanyahu ha trascorso parte della giovinezza negli Stati Uniti, dove suo padre Benzion ha ricoperto incarichi accademici. All’età di 18 anni, il giovane ‘Bibi’ è tornato in Israele per servire nell’esercito, ma dopo cinque anni da militare ha completato gli studi al Mit di Boston. Nel 1976, suo fratello maggiore Jonathan morì durante il raid per gli liberare gli ostaggi israeliani all’aeroporto di Entebbe, in una vicenda che segnò profondamente il futuro primo ministro.

Netanyahu è in piena sintonia con D.Trump

Nel 1982 Netanyahu diventò numero due dell’ambasciata israeliana a Washington e poi rappresentante presso l’Onu nel 1984. Spesso invitato in televisione negli Stati Uniti, era già un personaggio noto quando ritornò in Israele nel 1988 e scelse di entrare in politica. Vice ministro degli Esteri accanto al suo mentore Moshe Arens, fu eletto leader del Likud nel 1992. Diventò primo ministro nel 1996, sconfiggendo il laburista Shimon Peres dopo l’assassinio di Yitzhak Rabin. Critico degli accordi di Oslo, firmò tuttavia l’intesa per la cessione ai palestinesi dell’80% di Hebron. Il suo governo durò solo 17 mesi. Sconfitto alle elezioni dal laburista Ehud Barak, Netanyahu si dimise dalla guida del Likud. Ministro degli Esteri e delle Finanze nel governo di Ariel Sharon, Netanyahu si dimise nel 2005 per protesta contro la decisione del ritiro unilaterale da Gaza. Tornato alla guida del Likud quando Sharon fondò il partito centrista Kadima, Bibi diventò primo ministro nel 2009 e da allora ha mantenuto l’incarico, vincendo di nuovo le elezioni nel 2013 e nel 2015..sfidare “     L’altro numero due, sfidante di Netanyahu, è Benyamin, l’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, che accusa Netanyahu di una deriva di potere sempre più personalistica, autoritaria e corrotta, sull’esempio dell’attività dubbia di  Erdogan in Turchia.

Conte: Un ‘Europa capace di futuro deve produrre crescita

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Caro direttore,
nelle ultime settimane il futuro dell’Europa è al centro di un importante dibattito nell’opinione pubblica. Il prossimo rinnovo del Parlamento europeo, d’altra parte, costituisce un’occasione preziosa per avviare una discussione franca e consapevole, che dovremo responsabilmente estendere anche alle cause che hanno determinato l’attuale crisi del processo di integrazione.
Solo in questo modo potremo confidare di rilanciare il progetto europeo, che – ormai da alcuni anni – sembra aver perso la sua forza propulsiva. Siamo chiamati a operare scelte coraggiose, che siano all’altezza dei tempi straordinari che stiamo vivendo. L’Europa non ha alcun bisogno di apologeti o sostenitori fideistici. Ha bisogno di contributi lucidi e critici, che sappiano rilanciare la grande capacità visionaria espressa dai grandi statisti del secondo dopoguerra. La sfiducia dei cittadini nelle Istituzioni europee e nella loro capacità di offrire un benessere futuro è la più grave insidia con cui dobbiamo confrontarci. Non possiamo più indugiare.
Sin dall’inizio del mio mandato ho affermato, in varie sedi, che dobbiamo offrire all’Europa un nuovo umanesimo, ponendo al centro della nostra azione la persona, i suoi inalienabili diritti, ma anche i suoi sogni e le sue paure. Un progetto integrale che vada incontro all’uomo nella concretezza della sua esistenza. Per inaugurare questo nuovo umanesimo occorrono visione e creatività. Ma soprattutto, è necessario acquisire consapevolezza della propria missione nel mondo.
Decisivo è il rapporto tra cittadini e Istituzioni europee. Non possiamo lasciare a una élite il potere di definire il destino di una nazione, né quello di un continente. Occorre favorire la costruzione di un vero popolo europeo, comunità di donne e di uomini che condividono un comune destino. Per realizzare con coraggio l’ambizioso progetto di creazione di un demos europeo occorre rafforzare ruolo e poteri del Parlamento europeo, l’unica Istituzione direttamente legittimata dal voto dei cittadini: il potere di iniziativa legislativa; il potere di inchiesta; il riconoscimento di un generale potere di accountability rispetto alle altre Istituzioni dell’Unione.
Il dibattito politico, negli ultimi anni, va assumendo una dimensione europea. Possiamo ormai ragionare di un’opinione pubblica europea. Per questo dobbiamo guardare con favore anche all’introduzione di istituti di democrazia diretta, fattore essenziale per coinvolgere i cittadini in una più ampia partecipazione, accrescendo il tasso di democraticità dell’intero ordinamento europeo.
Dobbiamo inoltre intervenire per contenere le spese e i costi delle Istituzioni europee, in modo da evitare che possano essere percepite come i ” luoghi dei privilegiati del vecchio sistema”, come è stato per molte Istituzioni nazionali.
Un’Europa capace di futuro nel mondo globale deve produrre crescita. Crescita vera. Nel XXI secolo, questo significa investire nella politica industriale aperta alle nuove tecnologie, nella ricerca e nell’innovazione, nelle infrastrutture materiali e digitali, nella cultura. I frutti di questi investimenti devono però essere distribuiti fra tutti i cittadini. Abbiamo imparato a caro prezzo che una crescita che genera benefici solo per alcuni è insostenibile, non solo dal punto di vista sociale, ma anche macroeconomico.
L’Europa, se investe di più e meglio su tutto questo, può acquisire un vantaggio competitivo nei confronti degli altri attori globali. Essere competitivi significa anche garantirci le opportunità di “dire la nostra”, di promuovere la nostra agenda, di pretendere il rispetto di regole che proteggano imprese e consumatori, che tutelino beni e valori primari, tra cui assume un ruolo decisivo l’ambiente. Dobbiamo essere coerenti col “principio di responsabilità” richiamato dal filosofo Jonas: non possediamo il Pianeta, ma lo custodiamo per trasmetterlo alle generazioni future.
Con uno sforzo di responsabilità collettiva, va affrontata la priorità centrale del lavoro. Il nostro continente ha tassi di disoccupazione giovanile che rallentano le prospettive di sviluppo e mettono a rischio la prossima generazione di europei. L’Europa deve perseguire con vigore e urgenza una efficace tutela della dignità della persona. Una tutela che protegga sia il salario dei cittadini sia i disoccupati, prevedendo ad esempio un’assicurazione europea contro la disoccupazione, come pure l’introduzione di un salario minimo europeo, così come proposto, peraltro, da esponenti del nostro governo. Anche su questo fronte, dopo l’approvazione, a novembre 2017, del Pilastro sui Diritti sociali, l’Europa ha ampi margini di miglioramento. La sicurezza che i cittadini europei chiedono a ogni elezione, nazionale e locale, passa anche per la sicurezza sociale. La mancanza di lavoro allontana l’Europa dai suoi popoli, alimentando delusione e rancore, precarietà esistenziale e smarrimento, sentimenti che possono alimentare reazioni dagli esiti imprevedibili, come dimostrano fenomeni in atto in alcuni Paesi europei.
Scuola e università sono le istituzioni più importanti per una collettività che voglia puntare a uno sviluppo duraturo ed equilibrato. Non avremo mai un’Europa con forte identità e coscienza di sé finché i divari delle conoscenze, tra i cittadini europei, rimarranno così elevati; il demos a cui accennavo prima può nascere proprio da una scuola che – pur nel rispetto delle specificità di ciascuna collettività – esalti le ragioni e i benefici dello stare insieme.
Sicurezza sociale e creazione di lavoro significa anche un’Europa che non resta prigioniera del dilemma crescita- stabilità. Lo vediamo nel faticoso percorso di completamento dell’Unione economica e monetaria e dell’Unione bancaria: i membri più ricchi della famiglia europea richiedono ai membri rimasti indietro crescenti assicurazioni contro i rischi. Oltre un certo limite, queste richieste finiscono per aumentare, anziché diminuire, la pressione dei mercati; espongono i Paesi a pressioni finanziarie indipendenti dai fondamentali economici degli stessi. Colmare questo squilibrio è nell’interesse di tutti per favorire uno sviluppo equilibrato e sostenibile.
La stabilità europea ha bisogno, oltre che di crescita durevole e sostenibile, anche di sicurezza dentro e fuori dai confini. Anche per la migrazione s’impone una responsabilità condivisa degli Stati membri, basata su solidarietà e coesione, in coerenza con la strada indicata dal Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018. L’Europa deve affrontare il fenomeno delle migrazioni sulla base di un approccio strutturale, sfuggendo alla logica emergenziale sin qui prevalsa. Nessuno Stato membro può farcela da solo.
Costruire il futuro dell’Europa vuol dire anche ripensare il nostro approccio verso il continente africano. È giunto il momento di promuovere un serio dibattito su un nuovo partenariato europeo con l’Africa, fondato sulla condivisione dei traguardi da raggiungere, delle responsabilità da assumere e dei frutti da raccogliere. È un modello che ho definito “partenariato tra pari“, che presuppone il superamento delle sfere di influenza nazionali e si offre di contribuire alla crescita economica, alla sicurezza e allo sviluppo di tutti i popoli africani.
Un nuovo approccio verso l’Africa richiede un’Europa all’altezza della sua vocazione mediterranea, cuore della stessa civiltà europea. Una priorità che richiede una strategia multilivello, anche con una più incisiva partecipazione allo sviluppo economico e sociale della regione. L’Italia ha fatto e continua a fare la sua parte nel Mediterraneo, come dimostra l’azione costante a favore del processo di stabilizzazione in Libia.
Lavorare per un’Europa solidale ed equa al suo interno rafforza anche la sua credibilità e la sua leadership nei confronti dei grandi attori globali. È fondamentale continuare ad alimentare il valore strategico del rapporto con gli Stati Uniti, cui ci uniscono prima di tutto valori e principi, e nei cui confronti le tante convergenze prevalgono largamente rispetto a ogni possibile incomprensione. Con la Russia e con la Cina, parti di ogni soluzione nelle crisi internazionali, l’Europa deve continuare un dialogo e un engagement a tutto campo. Sul piano economico, abbiamo interesse a cogliere le opportunità offerte dall’immenso mercato cinese e dagli investimenti bilaterali. Dobbiamo essere in grado di impostare la collaborazione con Pechino su un piano di parità, senza cedere di un passo sui nostri valori e principi, senza mettere in discussione i nostri legami, le nostre regole, le nostre storiche alleanze. Un’Europa forte può aiutare anche le economie più fragili a vincere questa sfida. Isolarsi è impossibile, sottrarsi al dialogo non ha alcun senso e non è coerente con i valori fondanti della casa comune europea.
Responsabilità, solidarietà, crescita e lavoro, stabilità, competitività e leadership verso il resto del mondo, sono tutti pilastri senza i quali l’edificio europeo rimane sbilanciato e a rischio di continui cedimenti o crolli. Per tenere in piedi questi pilastri serve però un materiale sempre più raro nell’Europa di oggi e che dobbiamo tutti, con urgenza, recuperare: la fiducia. Il recupero della fiducia è indispensabile, perché senza fiducia rimarremo fermi, non potremo raggiungere nessun traguardo, mentre il mondo globale andrà sempre più avanti. L’incertezza politica, economica e sociale generata da Brexit nell’Europa intera rende ancora più evidente la necessità di rilanciare un’assunzione di responsabilità verso i cittadini europei. La prospettiva dell’uscita della Gran Bretagna deve farci riflettere e renderci consapevoli della forte domanda di cambiamento che va intercettata per tempo, con risposte adeguate. Questa domanda merita una risposta autenticamente democratica e popolare, l’unica all’altezza di un efficace progetto di pace, di libertà, di giustizia, quale quello europeo.

CORLEONE: VINCE NICOLOSI DEL MPA, PASCUCCI (29%) AL 2 POSTO TRAVOLTO DALLE POLEMICHE DEL M5S

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Nella foto, Nicolò Nicolosi, vincitore delle elezioni comunali

 

Corleone, il comune sciolto per mafia nel 2016, ha un nuovo capitano dopo diversi commissariamenti subiti.   E’ Nicolò Nicolosi, l’uomo candidato che ha vinto le elezioni comunali. «L’esito delle elezioni – afferma- è una vittoria per la città. I corleonesi si sono svegliati affidando a noi il compito di condurre Corleone verso nuove mete. Lo faremo con la squadra di consiglieri e assessori che abbiamo designato, lo faremo con tutti i corleonesi».

Il vincitore, appoggiato da una lista civica di centrodestra, si attesta al 60% seguito da Maurizio Pascucci (M5s) al 29% e da Antonio Saporito in lizza con una civica di centrosinistra. Nicolosi, 76 anni, è stato sindaco dal 2002 al 2007, il secondo mandato elettorale gli sfugge per appena tre voti, con una coalizione di centrodestra; politico di lungo corso, ha fatto parte della Dc, fondatore del Patto per la Sicilia, poi è entrato nel Mpa dell’ex governatore  Raffaele Lombardo, travolto oggi dalle vicende giudiziarie.

Pascucci dunque che era stato sorpreso sui social in una foto che lo ritraeva accanto al nipote del superboss Provenzano, defunto,e travolto dalle polemiche e dalla decisione del leader del M5 s che avrebbe ritirato il simbolo dal Comune in caso di vittoria, non c’è l’ha fatta.   Certamente la “campagna stampa contraria di Luigi Di Maio” non ha influito positivamente sull’esito finale.     Gli elettori andati a votare sono 6.611 su 10.814, in percentuale il 61,13% di fronte al 73,2% dell’ultimo   appuntamento elettorale

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il Comune di Corleone aveva di nuovo fatto parlare di sé una settimana fa, allorchè i commissari di gestione che da 27 mesi lo amministrano avevano dedicato la via Scorsone, strada dove ha casa la famiglia del “Capo dei capi”Riina, al giudice Cesare Terranova, ucciso dalla mafia nel ’79.

La nave Italia affonda e i politici -leader continuano a fare teatrino….. Quanti pagliacci attrae il potere e la poltrona di premier……

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Se anche durante gli ultimi incontri parlamentari non dovessero prendere luce ipotesi tali da  sostenere un governo,il Presidente della Repubblica Mattarella- è il comunicato del Colle-  darà vita a un esecutivo di tregua, che porterà il Paese aelezioni anche a luglio se non ottenesse la fiducia in Parlamento. L’attuale governo guidato da Paolo Gentiloni, o un eventuale gabinetto guidato da un esponente di centrodestra sono fuori dall’ipotesi della continuità preelettorale.

.Nel primo caso si tratterebbe infatti di un esecutivo figlio della precedente legislatura ed espressione di una maggioranza parlamentare non più esistente, tra l’altro guidato da una personalità che con tutta probabilità potrebbe essere il candidato premier del Pd e del centrosinistra. Un vantaggio che Mattarella, , non vuole concedere a nessuna forza politica e schieramento, quindi neanche a un ipotetico esecutivo espresso dal centrodestra.

Se nei prossimi 10 giorni un eventuale governo proposto dal capo dello Stato dovesse essere bocciato in Parlamento, a quel punto potrebbe arrivare subito lo scioglimento delle Camere con elezioni anche la prima quindicina di luglio. A meno che non ci sia un accordo tra i partiti per uno scioglimento posticipato di qualche settimana, per votare a fine settembre.

E’ chiaro che l’auspicio di Mattarella è che un eventuale esecutivo di tregua riesca comunque ad andare avanti per qualche mese, per approvare la legge di Bilancio e neutralizzare le clausole di salvaguardia che prevedono per i prossimi anni un graduale aumento dell’Iva fino al 25%. Obiettivo che secondo il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, si potrebbe raggiungere anche con un decreto legge, possibilità che tuttavia richiede vari approfondimenti.     L’ipotesi di SUD LIBERTA’  è  quella della necessità di andare al voto al più presto perchè ogni trattativa, abbiamo visto, si rivela una farsa, un teatrino continuo, un susseguirsi di comunicati puerili e vergognosi  di fronte alle problematiche sociali, drammatiche che attendono una soluzione urgente

 

Ancora orrore a Kabul: uccisi 31 persone in un attentato

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Scenari di orrore e di morte a Kabul. dove sono stati uccisi 31 persone e 54 sono rimaste ferite in un attacco suicida nella zona occidentale della capitale afghana. L’attentato è avvenuto contro una scuola di Kabul adibita a centro per la registrazione degli elettori in vista del voto del 20 ottobre prossimo.

L’attacco è stato rivendicato dallo Stato Islamico con un comunicato stampa. Il portavoce del ministero degli Interni, Najib Danish, ha riferito che il kamikaze, a piedi, con indosso un giubbetto esplosivo, si è fatto saltare in aria fuori dalla scuola, situata in un distretto a maggioranza sciita.

 Il primo aprile scorso, la Commissione elettorale indipendente – si apprende -aveva annunciato che le elezioni parlamentari – già rinviate un paio di volte – si terranno il 20 ottobre prossimo, otto anni dopo l’ultimo voto.

ADESSO IL REBUS : TRA LE DUE FORZE ANTISTEMA – DI MAIO E SALVINI- CHI AVRA’ L’INCARICO DI GOVERNO?

Elezioni 2018, la notte del trionfo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini

Puntano ora ad avere l’incarico di governo sia il leader del  M5S, che con il 32% si afferma senza rivali come primo partito, sia il leader della Lega e la coalizione del centrodestra con il 37%. Entrambi però non arrivano al 40%, la quota dell’autosufficienza. Un rebus di non facile soluzione. Anche perché sulla carta tutti si dicono contrari a fare compromessi

Luigi Di Maio, ricorda: “Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche“. “Sentiamo la responsabilità – ha poi aggiunto – di dare un governo all’Italia”.

Guardando i numeri, le alleanze possibili sono tra M5S-Pd o tra le due forze antisistema M5S-Lega ma entrambi gli scenari appaiono politicamente difficili da concretizzare. Il Pd, tramortito dalla gigantesca sconfitta, appare defilato nella partita e sembra più orientato a collocarsi all’opposizione. Le banche tremano , hanno perduto il loro paladino, Renzi.  Oggi non più credibile Ettore Rosato, nella notte, commentando i risultati, ha assicurato: “Il Pd andrà all’opposizione”, chiarendo anche che il partito “non è interessato a un governo con i 5 Stelle”. “Opposizione”, del resto era  l’indicazione di Renzi. Ma se il segretario dovesse dimettersi o fare un passo indietro lo scenario potrebbe cambiare. Un Pd diverso da quello conosciuto fino a ieri potrebbe essere tentato di aprire al dialogo con il M5S.

“Un governo Di Maio-Salvini onestamente proprio non lo vedo“afferma Matteo Salvini. I 5 stelle ”cambiano idea troppo spesso”, ha spiegato, dicendosi sicuro che c’è la possibilità di un governo del centrodestra senza “andare a fare coalizioni strane”. Ma siamo solo all’inizio.  E tra le fila dell’area moderata azzurra serpeggia proprio il timore che si possano creare convergenze inedite tra il partito di Salvini e M5S.

Il capo dello Stato adesso dovrà fare le rituali consultazioni.. Le consultazioni dovrebbero iniziare a fine mese. La partita è appena iniziata.

Vedremo come finirà visto che i 5 Stelle non vogliono regalare poltrone ai professionisti della politica tantomeno a chi non accetterà i loro programmi.