In ginocchio a Catania la Mafia modello “Gomorra”

 

 

Foto Droga, Immagini E Vettoriali

 

Catania come nella serie         televisiva “Gomorra”.   Il Nucleo dei  carabinieri di Catania mette a soqquadro il  quartiere di San Giovanni Galermo, il suk della droga etneo.  Le indagini conducono ad un imponente operazione -blitz di arresti nei confronti di 101 malavitosi

raggiunti da un provvedimento del Gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia della città siciliana.   Gigantesca operazione che vede l’impegno di 500 militari dell’Arma del comando provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma (Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento “Sicilia”, Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, Nucleo Elicotteri e Nucleo Cinofili), disarticolate 12 piazze di spaccio, radicate nel rione di San Giovanni Galermo, tra le vie Egadi, Capo passero, Pantelleria e Ustica, roccaforte storica del traffico e della vendita di stupefacenti nel capoluogo etneo.

I reati di cui sono accusati gli indagati sono, a vario titolo,  di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo e della finalità mafiosa, e per detenzione illegale e porto di armi da fuoco.

Si apprende infine che l’indagine del  nucleo operativo della compagnia carabinieri Fontanarossa ha alzato il velo sulla circostanza delle modalità di “lavoro”  delle diverse squadre che gestivano le piazze di spaccio godevano di una chiara autonomia sotto il profilo della competenza territoriale e della gestione organizzativa, ma agivano comunque sotto il diretto controllo del gruppo ‘Nizza’ aderente alla famiglia di Cosa Nostra catanese dei Santapaola–Ercolano, che-in possesso di un vero arsenale, imponeva ai “capi piazza” il rifornimento esclusivo dello stupefacente dal medesimo gruppo, nonché i costi e i quantitativi di stupefacente da acquistare.

 

Blitz dei Carabinieri: “Operazione La Cosa”, stop al mercato di spaccio

 

Catania, blitz in 3 ricche piazze di spaccio: il pusher e la foto del bebé coperto di euro

CATANIA –

Blitz dei Carabinieri di Catania e Francofonte( Siracusa) per fermare il mercato e lo spaccio di stupefacenti.Sei persone che gestivano tre importanti “piazze” di spaccio nei rioni Pigno e e Librino e a Francofonte (Siracusa), appartenenti al  clan Cappello-Bonaccorsi, sono state arrestate nell’ambito dell’operazione denominata “La Cosa”

Militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal gip su richiesta della Dda – che ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa e spaccio di sostanze stupefacenti

Uno degli indagati per vantarsi della sua “posizione economica” ha fotografato il proprio figlio, un neonato, nella sua culla coperto di  euro di diverso taglio

Il blitz scaturisce da una indagine  dell’operazione “Notti bianche” dei Carabinieri della compagnia di Gravina di Catania su una banda specializzata in furti di bancomat e si sono avvalse di intercettazioni e dichiarazioni di pentiti. Si apprende che la banda gestiva un vasto spaccio di marijuana e cocaina ed era in possesso di armi da guerra.

Alfredo Blancato                                                                                                                               Sebastiano    Castiglia

In manette sono finiti dunque.:Alfredo Blancato, 37 anni, Sebastiano Miano, 26, Salvatore Musumeci, 26, Federico Silicato, 31, Sebastiano Castiglia, 32, Gaetano Spataro, 25.        Per il mercato di Francofonte : ordinanze di custodia cautelare per  Sebastiano Castiglia,  a Catania,  manette per Sebastiano Miano e Alfredo Blancato (quella al Pigno) , Rosario Ragonese e Maurizio Girone quella a Librino nella cosiddetta Fossa dei Leoni per la peculiarità malavitosa del luogo.

Sebastiano Miano                                                                            Salvatore Musumeci

 

Federico Silicato                                                                       Gaetano     Spataro

Trapani: traffico di droga all’ombra del latitante n.1 Matteo Messina Denaro

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Su richiesta della Dda di Palermo ,Carabinieri del Ris e del Comando Provinciale di Trapani e Militari del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, dalle prime ore dell’alba stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio Gip del Tribunale di Palermo  nei confronti di 3 persone “facenti parte di una più ampia associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti che ha operato sotto l’egida di cosa nostra siciliana e all’ombra del latitante Matteo Messina Denaro”(nella foto d’Archivio).

Sono in corso in tutto il territorio nazionale decine di perquisizioni, che vedono impiegati oltre 100 Carabinieri e  militari del Gico del nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Palermo.Finanzieri, supportati da unità cinofile, e riguardano abitazioni e luoghi nella disponibilità degli indagati.

Guai giudiziari anche per  l’avvocato Antonio Messina di 73 anni, finito ai domiciliari, Giacomo Tamburello, di 59 anni, e Nicolò Mistretta, di 64. Questi ultimi due sono stati condotti  in carcere. Secondo l’accusa i tre avrebbero importato grosse quantità di droga tra il Marocco, la Spagna e l’Italia.

CLAN SIBILLO: VENTIDUE ARRESTI, FINE STORIA PER VERTICI STORICI

 

Ventidue misure cautelari per vari reati  eseguite questa mattina dai carabinieri su ordine del Gip del Tribunale di Napoli.per vari reati tra cui estorsioni a pizzerie e altri negozi del centro, traffico di stupefacenti e detenzione e porto abusivo di armi da sparo,

Sotto i riflettori degli inquirenti le attività del clan Sibillo, articolazione satellite del sodalizio camorristico facente capo ad Edoardo Contini ed agli altri gruppi federati nella ‘Alleanza di Secondigliano’, particolarmente attivo nelle zone di San Gaetano e dei  Decumani nonchè  dei Tribunali, nonostante gli arresti nel tempo dei suoi capi storici”.

I vertici del clan, «nella persona di Pasquale Sibillo, detenuto in carcere, hanno gestito il sodalizio inviando le direttive ai sodali in libertà utilizzando, per recapitare messaggi scritti, i congiunti che si recavano ai colloqui».

«La stessa organizzazione dedita al traffico di rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti di vari tipi e che ha operato giornalmente per buona parte del primo semestre del 2017, riconducibile ai membri della famiglia di Giuseppe Napolitano ed ad alcuni fornitori abituali esterni all’ambito familiare – osservano i carabinieri – ha operato per agevolare le attività del clan Sibillo, i cui membri in libertà, più volte, hanno tenuto i loro summit camorristici proprio presso l’abitazione dei Napolitano, sede della piazza di spaccio».

 

L’attività d’indagine si è avvalsa di sofisticati strumenti di captazione ambientale e telefonica nonché della collaborazione delle vittime di numerosi episodi estorsivi commessi ai loro danni dagli uomini del clan Sibillo, in fase completa di disarticolazione.

 

MAFIA E ‘INDRANGHETA’ IN CALABRIA, SICILIA E PIEMONTE: 65 ARRESTI DI “BOSS E CAPICLAN”-

 

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   E’ ancora ‘ndrangheta in diverse città italiane, in Sicilia, in Piemonte dove le holding del narcotraffico spopolano in collegamento con la Calabria e l’hinterland milanese  , 400 carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale torinese su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 65 appartenenti o contigui alle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese e componenti delle famiglie Agresta e Assisi, capi locali di Volpiano e San Giusto Canavese, considerati i più potenti narcotrafficanti tra il Nordovest e il Sud America.ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti

 


L’ordinanza firmata dal gipi Luca Fidelio, consente l’arresto   dei boss delle famiglie Agresta, Catanzariti e Assisi, tra cui il nome più noto è quello di Nicola Assisi, rimasto latitante per anni in Sudamerica, arrestato a luglio a Praia Grande, una località balneare nello Stato di San Paolo, in Brasile insieme al figlio Patrick. Lì, nonostante i sequestri della giustizia italiana che lo cercava dal 2014, viveva nel lusso, possedeva tre appartamenti con piscina e aveva una stanza segreta in cui nascondeva il denaro, enormi quantità tanto che gli investigatori hanno preferito pesarlo anziché contarli: erano 20 chili. La cocaina era la sua specialità, quella che secondo le sentenze faceva arrivare a quintali in Italia, agli intermediari della ‘ndrangheta in Calabria, Piemonte e Lombardia.

L’operazione di  questa mattina sarà presentata direttamente a Torino dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho. E’ l’atto finale delle indagini di diverse forze di polizia, che che hanno come comune denominatore le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta, il padrino ragazzino che a 29 anni aveva già scalato le gerarchie della locale di Volpiano ma che a ottobre del 2016, dal carcere di Saluzzo dove stava scontando 30 anni per omicidio, ha dato una svolta alla sua vita cominciando a collaborare con i magistrati di Torino, Monica Abbatecola e Paolo Toso. “La scuola mi ha fatto collaborare, perché l’istruzione mi ha dato strumenti che prima non avevo. In carcere, mi sono diplomato”, ha detto nelle molte udienze in cui ha portato la sua testimonianza, compresa quella per l’omicidio del procuratore di Torino, Bruno Caccia.

Le dichiarazioni del collaboratore Domenico Agresta hanno consentito agli inquirenti  di scoprire lo zio Antonio, in possesso della dote apicale di “corona”, come il capo locale della succursale mafiosa di Volpiano dopo la scarcerazione nel processo Minotauro (a novembre 2012) e perlomeno sino all’ulteriore arresto del giugno 2015. Dopo la condanna, infatti, il capo-clan assumeva la direzione della struttura distaccata di ‘ndrangheta..

 

Contestualmente la gdf di Torino sta procedendo alla notifica del medesimo provvedimento per ulteriori 6 indagati, ritenuti responsabili, nell’ambito della medesima associazione, anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili, nonché conti correnti e quote societarie per un valore in corso di quantificazione.

Sequestrati anche 80 kg di droga.     

 

 

Arrestati tre pusher-Carabinieri finti acquirenti

Catania, dalla "fossa dei leoni"alla trappola tesa  dai "Lupi"

I catanesi Daniele Rossello, 26 anni, ex sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, Antonino Russo, 26 anni e Concetto Ventimiglia 31 anni, quest’ultimo già sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e all’obbligo di dimora nel comune di residenza sono stati arrestati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catania. L’accusa è di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (in concorso).

Il quartier generale dei tre pusher– informano gli investigatori -era la cosiddetta “fossa dei leoni”, piazza di spaccio all’altezza del n. 10 di viale Grimaldi, o una delle piazzeforti della criminalità organizzata particolarmente attive sul versante dello smercio al dettaglio di ogni tipo di droga.

La squadra “Lupi” si è mimetizzata fra i clienti arrivando sul posto con un’auto civetta. Da normali acquirenti hanno “ordinato” ciò di cui avevano bisogno e avuta la conferma che la compravendita di stupefacenti era in atto, hanno fatto scattare l’intervento che ha consentito,di arrestare i tre, compreso lo spacciatore fermato nell’androne del caseggiato con una tracolla all’interno della quale c’erano 13 dosi di cocaina, 6 dosi di crack, 39 dosi di marijuana, 55 euro in contanti e pure una ricetrasmittente poggiata sui contatori della luce. I tre, in attesa del processo per direttissima, sono stati ammessi agli arresti domiciliari.   La squadra degli spacciatori aveva- come nel film Gomorra le vedette sui balconi alti.

 

Enna: arresti e perquisizioni per traffico di droga

 

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Otto persone in carcere, 7 ai domiciliari, 22 – tra cui 4 minorenni – indagate a piede libero e 29 perquisizioni nell’ambito di un’operazione di polizia (denominata Retiarus) contro lo spaccio di marijuana, hashish e cocaina nell’area di Piazza Armerina (Enna). Coinvolte nel traffico di droga le città di  Catania, Ramacca, Barrafranca, Valguarnera Caropepe e San Cono.

L’attività investigativa,protrattisi per circa 9 mesi, con il supporto del , commissariato di Piazza Armerina,  la collaborazione della Mobile di Catania, di altre articolazioni della questura di Enna, del Reparto prevenzione crimine Sicilia Occidentale di Palermo e delle Unità cinofile antidroga della Questura del capoluogo siciliano) e coordinata dalla Procura di Enna, ha consentito di individuare una rete di persone che, tra fine 2016 e il primo semestre 2017, operava tra Piazza Armerina, i centri limitrofi e la provincia di Catania per acquisto, trasporto, detenzione e commercializzazione di ingenti quantitativi di droga.

 

 

Fiumi di cocaina scoperti nella “PALERMO BENE”nel blitz antimafia che ha condotto all’arresto di 32 persone dal Comando Carabinieri

PALERMO –

 

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Scoperto dalla Dda di Palermo un’immensa quantità di droga che ha fatto scattare il blitz antimafia, tuttora in corso, eseguito dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo che ha arrestato 32 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, favoreggiamento reale aggravato, trasferimento fraudolento di valori, sleale concorrenza aggravata dalle finalità mafiose, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illecita di armi.

Dall’inchiesta, coordinata dalla Dda guidata da Francesco Lo Voi, è emerso che il “mandamento” mafioso di Porta Nuova organizzava le piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nel centro della città e che la domanda di droga è in continua crescita. Sono state registrate dai carabinieri centinaia di richieste di acquisto per uso personale anche da parte di imprenditori e liberi professionisti della cosiddetta Palermo bene.L’inchiesta è la prosecuzione delle indagini  iniziate con i fermi dello scorso 4 dicembre 2018 nel corso dell’operazione “Cupola 2.0” con cui è stata smantellata la nuova commissione provinciale di cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018 nella località di Altarello di Baida, così come confermato anche da successive dichiarazioni dei due nuovi collaboratori di Giustizia.

L’indagine costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo anche sul mandamento mafioso di Porta Nuova che ha consentito di comprovare la perdurante operatività dell’articolazione di cosa nostra”, sono le parole degli investigatori.

Allora  erano già state tratte in arresto 11 persone ritenute appartenere al mandamento mafioso di Porta Nuova, tra cui Gregorio Di Giovanni (detto il reuccio), “in quanto individuato quale nuovo rappresentante di quell’articolazione mafiosa, avendo peraltro partecipato al citato consesso criminale del 29 maggio”. La complessa attività investigativa ha rivelato che all’atto della sua scarcerazione, nel 2015, Gregorio Di Giovanni “aveva immediatamente affiancato il reggente del mandamento Paolo Calcagno, prendendone poi il posto nel momento in cui questi veniva tratto in arresto nel corso dell’operazione “Panta Rei”, eseguita nel dicembre dello stesso anno”…

Poi, Gregorio Di Giovanni “è stato affiancato nel controllo mafioso del territorio dal fratello Tommaso (nel suo breve periodo di libertà dal 18.12.2016 al 17.07.2017) e si è avvalso per la gestione delle attività illecite della collaborazione di uomini di fiducia per i diversi quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa”. Oltre agli assetti territoriali di cosa nostra, “è emerso l’interesse principale di Paolo Calcagno in relazione al sostentamento economico della propria famiglia. Egli, infatti, nel corso dei colloqui in carcere, forniva alla moglie e al cognato indicazioni sui soggetti ai quali rivolgersi per ricevere le somme di denaro spettanti per lo stretto mantenimento e i profitti dei pregressi investimenti economici realizzati, unitamente ad altri associati, in attività commerciali pienamente funzionali e attive”.

 

IL BLITZ Mafia e droga, la Procura di Palermo mette in ginocchio le cosche di Agrigento

 

Arrestati capo ultras della Juventus, il nuovo reggente e altri 32

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AGGIORNAMENTO A  SEGUITO DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE DI SALVATORE GANGI- VEDASI NOTA DELL’AVV.GIUSEPPINA GANGI  E NOTA DEL DIRETTORE DI SUD LIBERTA’ RAFFAELE LANZA PUBBLICATA IN DATA 8 MAGGIO 2021    –  L’EX IMPUTATO  GANGI RISULTA PERTANTO ESTRANEO ALLE ACCUSE CONTESTATE-     TALE NOTA SI PUBBLICA PERCHE’ NEL “BILANCIAMENTO DEGLI INTERESSI DELLE PARTI, E’ PREVALENTE -AI FINI DELLA CONSERVAZIONE NELL’ARCHIVIO DI SUD LIBERTA’-  IL DIRITTO DI CRONACA”
Nel riquadro Andrea Puntorno, noto capo ultras della Juve

Disco rosso alla Mafia di  Palermo e in Calabria. Il personale della Dia ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dalla Dda di Palermo, nei confronti di 32 persone tra Agrigento, Palermo, Trapani, Catania, Ragusa, Vibo Valentia e Parma.

I reati contestati dai magistrati in questa Operazione denominata Kerkent sono di associazione mafiosa, partecipazione e concorso in associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, detenzione abusiva di armi, sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato e danneggiamento mediante incendio.

L’operazione è stata coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ha permesso di disarticolare un’associazione per delinquere con base operativa ad Agrigento e ramificazioni, in particolare, nel palermitano ed in Calabria, dedita all’organizzazione sia degli aspetti operativi che di quelli logistici di un’intensa attività di traffico di sostanze stupefacenti, attraverso uno strutturato gruppo criminale armato.

Ecco le persone destinatarie del provvedimento del Giudice: James Burgio, 25 anni di Porto Empedocle, inteso “Jenny”; Salvatore Capraro, di Villaseta (Agrigento) 19 anni; inteso “Ascella”; Angelo Cardella, 43 anni di Porto Empedocle; Marco Davide Clemente, 25 anni di Palermo inteso “Persicheddra”; Fabio Contino, 20 anni di Agrigento;  Sergio Cusumano,56 anni di Agrigento; Alessio Di Nolfo, 33 anni di Agrigento; Francesco Di Stefano, 43 anni di Porto Empedocle, detto “Francois”; Daniele Giallanza, 47 anni di  Palermo inteso “Franco”; Eugenio Gibilaro, 45 anni di Agrigento; Angelo Iacono Quarantino, 24 anni di Porto Empedocle; Pietro La Cara, 42 anni di Palermo,  inteso “Pilota’ o “Corriere”; Domenico La Vardera, 38 anni,   inteso “Mimmo”; Francesco Luparello, 45 anni di Realmonte; Domenico Mandaradoni, 31 anni di Tropea e residente a Francica; Antonio Massimino, 51 anni diAgrigento;  Gerlando Massimino, 31 anni di Agrigento; Saverio Matranga, 41 anni di Palermo; Antonio Messina, 61 anni di Agrigento inteso “Zio Peppe”; Giuseppe Messina, 38 anni di Agrigento; Messina Valentino, 56 anni di Porto Empedocle; Liborio Militello, 58 anni di Agrigento; Gregorio Niglia, nato Tropea e residente a Briatico, 36 anni; Andrea Puntorno, 42 anni di Agrigento; Calogero Rizzo, 49 anni di Raffadali; Francesco Romano, 33 anni nato a Vibo Valentia e residente a Briatico; Vincenzo Sanzo, 37 anni di Agrigento, inteso “Vicè ovu’; Attilio Sciabica, 31 anni di Agrigento; Luca Siracusa, 43 anni di Agrigento; Giuseppe Tornabene, 36 anni di Agrigento  inteso “Peppi lapa’; Calogero Trupia, 34 anni di Agrigento inteso “Cuccu” e  Francesco Vetrano, 34 anni di  Agrigento, inteso “nivuru.

Si apprende infine – in attesa che siano forniti altri dettagli dagli inquirenti –  che sono due le persone arrestate ad Agrigento dai carabinieri, presunti fiancheggiatori del boss Massimino. Si tratta di Gabriele Miccichè, di 28 anni di Agrigento, ritenuto braccio operativo del capomafia, e di Salvatore Ganci, di 45 anni, commerciante di autovetture. Per loro le accuse sono quelle di sequestro di persona e violenza sessuale, aggravati dal metodo mafioso.

OPERAZIONE “CITTA’ BLINDATA”: LA PROCURA ANTIMAFIA,CARABINIERI E POLIZIA, DISARTICOLANO LE COSCHE MAFIOSE

GLI ARRESTATI

1. AMOROSO Giuseppe cl.72
2. AMOROSO Vito cl.67
3. CARCIOTTO Giovanni cl.84
4. CARUSO Tino cl.78
5. GANGI Gregorio cl.89
6. GRAVAGNA Alberto cl.85
7. LICARI Roberto cl.87
8. MONFORTE Andrea cl.92
9. MONFORTE Alfio Ambrogio cl.69
10. MUSCIA ALFIO cl.78
11. PANEBIANCO Vincenzo cl.90
12. PELLERITI Riccardo cl.95
13. RICCERI Placido cl.86
14. VERCOCO Carmelo cl.73
15. MERLO Massimo cl.72 (tratto in arresto dalla Polizia di Stato)
16. MERLO Marcello cl.60 (tratto in arresto dalla Polizia di Stato)

Gli arrestati sono stati associati al carcere di Catania-Bicocca, in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si terrà nei prossimi giorni.

Carabinieri del Comando provinciale di Catania e dalla polizia hanno fermato sedici persone nell’area di Biancavilla in virtù di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia etnea.     Si procede per contestazione dei  reati di associazione mafiosa e associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti e al porto e alla detenzione di armi

L’operazione, denominata “Città blindata”, la Procura distrettuale di Catania ritiene di avere frenato la cosca storicamente denominata Tomasello-Mazzaglia-Toscano oggi diretta da due “famiglie”, Amoroso e Monforte, e legata al clan Santapaola-Ercolano ai vertici di Cosa nostra.

. Gli arrestati sono: Giuseppe Amoroso, 47 anni; Vito Amoroso, 52; Giovanni, Carciotto, 35; Tino Caruso, 41; Gregorio Gangi, 30; Alberto Gravagna, 34; Roberto Licari, 32; Andrea Monteforte, 27; Alfio Ambrogio Monteforte, 50; Alfio Muscia, 41; Vincenzo Panebianco, 29; Riccardo Pelleriti, 24; Placido Ricceri, 33; Carmelo Vercoco, 46; Massimo Merlo, 47, e  Marcello Merlo, di 59, che in passato è stato anche sindaco di Biancavilla.

Le indagini, che hanno preso avvio dopo gli omicidi di Agatino Bivona, ucciso il 13 gennaio 2014, e di Nicola Gioco, freddato due giorni dopo, hanno fatto emergere i contatti tra Giuseppe Amoroso, che era stato posto agli arresti domiciliari, ed alcuni suoi fedelissimi per consolidare gli assetti della nuova formazione criminale e pianificare strategie per sancire il definitivo predominio del suo gruppo. Le indagini hanno accertato anche che gli si era affiancato il fratello Giuseppe dopo che era stato anch’egli posto ai domiciliari.

Inoltre, a riscontro dell’attività investigativa svolta, il 23 aprile 2015, venivano sequestrati nel corso di uno specifico servizio anche cento grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, nonché numerose munizioni di fucile calibro 12 e di pistola calibro 7.65 Browning che erano custodite in una casa di campagna sita in contrada Sant’Antonino di Biancavilla e nella disponibilità del clan malavitoso degli Amoroso.

Le indagini sul clan mafioso operante in Biancavilla proseguivano poi anche per tutto l’anno 2016 e venivano condotte dai carabinieri della Compagnia di Paternò a partire dal tentato omicidio ai danni di Amoroso Giuseppe, verificatosi a Biancavilla il 10 gennaio 2016.

Nel corso di tale attività investigativa i citati militari, monitorando lo stesso Amoroso , nonché i fedelissimi Gangi Gregorio, Licari Roberto, Panebianco Vincenzo e Pelleriti Riccardo, il 9 giugno 2016 riuscivano a rinvenire un vero e proprio arsenale composto da una mitraglietta calibro 7,65, una pistola marca “Glock”, quattro pistole a tamburo di vario calibro, nonché numerosissime  munizioni,  tutte armi occultate in un appezzamento di terreno incolto sito in contrada Don Assenzio del Comune di Biancavilla.

 

Fa scalpore la notizia che tra  gli arrestati, figuri anche l’ex sindaco di Biancavilla, Marcello Merlo, di 59 anni. E’ stato in carica, in quota area del centrosinistra, dal settembre del 1993 al maggio del 1994. E’ indagato per associazione mafiosa e con il fratello Massimo, di 47 anni, è ritenuto ai vertici del gruppo “Merlo” che, secondo l’accusa, dal 2016 sarebbe confluito nella cosca Tomasello-Mazzaglia-Toscano legata alla “famiglia” Santapaola-Ercolano ai vertici di Cosa nostra etnea.