Operazione “Schiticchio”: la Guardia di Finanza disarticola sodalizi criminali e sequestra beni per oltre 150 milioni di euro

Palermo

 Provvedimento di sequestro patrimoniale del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia –  nei confronti di un noto imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo.

Nell’imponente operazione sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo che hanno cautelato un rilevante compendio aziendale, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e autovetture, anche di lusso.

Oggetto del sequestro  una società, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che, come disposto nel citato provvedimento, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo, con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza.

La ricostruzione operata dalla Procura della Repubblica- D.D.A. e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, ha consentito di evidenziare il proposto, pur essendo incensurato, sia da ritenere un imprenditore colluso alla criminalità organizzata, posto che il medesimo, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra.

Si apprende che gli investigatori hanno dovuto analizzare e riscontrare le precise e puntuali dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del proposto con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo.

Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il Tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere il proposto un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale l’imprenditore “colluso” è riuscito a: espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali; scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento; risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei   pagamenti;evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”.

In una logica di reciproco vantaggio, il proposto ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale.

Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal proposto alla consorteria mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio ad un mafioso di grosso calibro nell’ultimo periodo della latitanza.

Infatti proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della società attiva nella grande distribuzione, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019.

Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il Tribunale ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta dal proposto – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità.

Oltre al sequestro dell’interno compendio aziendale e delle quote sociali della citata società, sono stati cautelati e parimenti affidati ad un amministratore giudiziario affinché li gestisca nell’interesse della collettività: 7 immobili di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo; 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.

Continua l’azione che la Guardia di Finanza palermitana svolge, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, a contrasto dei patrimoni di origine illecita con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali e di liberare l’economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza.

L’orrore della Mafia siciliana: fine della libertà per Giuseppe Costa, l’uomo che costruì la cella del piccolo Di Matteo sciolto nell’acido peggio di un animale

Arrestato per mafia Giuseppe Costa, fratello della vedova Schifani. La  donna: "Sono devastata"

I Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani e il personale della Direzione Investigativa Antimafia, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, hanno arrestato  Giuseppe Costa per associazione a delinquere di tipo mafioso-comunica il Comando – in quanto appartenente a Cosa Nostra.

Gli operanti, alle prime luci dell’alba, hanno perquisito anche l’abitazione del Costa, in località Purgatorio di Custonaci (TP), ove lo stesso aveva realizzato in muratura la “cella” dove era stato segregato-per indurre il padre a ritrattare – il piccolo Giuseppe Di Matteo, (figlio dodicenne del collaboratore di giustizia Mario Santo), poi barbaramente ucciso e sciolto nell’acido. 

Costa è colpevole, secondo gli inquirenti, per aver fornito, prima, la massima assistenza ai muratori nella fase di realizzazione della cella dove è stato rinchiuso il bambino e poi ai carcerieri dopo, a favore dei quali si è adoperato per rendere loro il soggiorno confortevole, foraggiandoli di tutto punto e non facendo loro mancare la sua assidua presenza.

 

 

La vittima Giuseppe Di Matteo con uno dei suoi carnefici, Giovanni Brusca- (nella foto sotto )ricorderemo i tratti più orroici della Mafia siciliana-  ha giocato a lungo nella sua casa di Altofonte, come fosse un fratello maggiore. Ma nel 1993, per 779 giorni, lo terrà prigioniero fino a quando, insieme a dei complici, gli strappera’ la vita così prematuramente. Tutto iniziò in un maneggio, dove Giuseppe andava a cavallo, sognando di diventare un fantino. È lì che il 23 novembre 1993 si è presentato un gruppo di poliziotti della DIA (Direzione investigativa antimafia). «Ti portiamo da tuo padre» gli dicono. «Me patri, sangu mio!» risponde il bimbo entusiasta. Ma quelli, scopre presto, non sono della DIA. Tantomeno si tratta di poliziotti. Sono invece mafiosi travestiti da agenti, e lo stanno portando via per sempre. Vogliono usarlo come arma di ricatto. Il padre di Giuseppe, infatti, si chiama Santino, detto Mezzanasca. Ed è uno dei primi pentiti dell’ala corleonese. Sta raccontando ai magistrati cosa è successo a Capaci, quando il 23 maggio 1992, il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta sono saltati per aria. E Brusca è l’uomo che li ha fatti esplodere. Tenendone in pugno il figlio, i boss pensano così di farlo ritrattare.
«L’abbiamo legato come un animale – dirà in aula molti anni più tardi il pentito Gaspare Spatuzza – e l’abbiamo lasciato nel cassone di un furgoncino. Lui piangeva, siamo tornati indietro perchè ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo».


Giuseppe Costa, durante la lunga detenzione (dal 1997 al febbraio 2007) ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti. Subito dopo la scarcerazione, ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite, nonché ha partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese.

LA DIA DECAPITA IL CLAN SANTAPAOLA-ERCOLANO: 32 ARRESTI DI “PADRINI”

Risultato immagini per IMMAGINE DI MAFIA E AFFARI

Catania –

Clan Santapaola- Ercolano in corso di decapitazione giudiziaria. Una vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Catania è in corso in tutto il territorio nazionale per l’arresto di  32 soggetti malavitosi o mafiosi -padrini- accusati di appartenere al Clan  Santapaola-Ercolano.

La Direzione distrettuale antimafia della locale Procura distrettuale ha coordinato le indagini per l’accusa , a vario titolo, dei reati di  associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi.        Messi a fuoco con l’indagine i vari ruoli delle figure aventi la responsabilità maggiore- cosiddetti “padrini” nel Clan..

Max blitz antimafia a Palermo, 46 persone fermate, arrestato il superboss Settimo Mineo

Risultati immagini per immagine volanti carabinieri

 

46 persone sono state arrestate stamattina dai Carabinieri del Comando provinciale di Palermo nel corso di un maxblitz antimafia coordinato dalla Direzione distrettuale di Palermo..    I reati contestati vanno dall’associazione  per delinquere di tipo mafioso, estorsioni consumate e tentate, con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni aggravata, porto abusivo di armi comuni da sparo, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa.

Altra novità: arrestato il “nuovo  capo della Commissione provinciale, Settimo Mineo, capo del mandamento di Pagliarelli”.     Altri sviluppi successivamente nel corso della giornata o domani.

NAPOLI EST: LA POLIZIA SMANTELLA IL CLAN MINICHINI AUTORE DI REATI CON METODO MAFIOSO

Risultati immagini per foto di piazza municipio napoli

Da stamani la Polizia di Stato sta eseguendo,nel quartiere Ponticelli, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.  Il blitz mira a smantellare un  agguerrito e pericoloso sodalizio criminale riconducibile al gruppo Minichini, ritenuto responsabile di attività criminali legate a rapine ed estorsioni, aggravate dal metodo camorristico/mafioso.


Blitz Antimafia a Roma, Cosenza, Reggio Calabria: 37 misure cautelari ai componenti il Clan Casamonica

 

Risultati immagini per immagini tribunale di roma

Il Comando Provinciale Carabinieri di Roma, con l’ausilio di unità cinofile, un elicottero dell’Arma e del personale dell’8 Reggimento Lazio, stamani  fra Roma e le provincie di Reggio Calabria e Cosenza ha eseguito provvedimenti giudiziari, esattamente 37 misure cautelari in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Roma. Le indagini – si apprende – sono state coordinate con la Direzione Distrettuale Antimafia,che ha investigato pure su persone alle quali è stato  contestato anche l’art. 416 bis, per il reato di associazione mafiosa al ‘clan Casamonica. Il boss, capo dell’intero Clan è Giuseppe Casamonica , recentemente uscito dal carcere dopo averne trascorso dieci…

Risultati immagini per immagine del boss giuseppe casamonica

Il “Padrino” come viene chiamato G.Casamonica

L’accusa li ritiene anche colpevoli , in concorso fra loro e con ruoli diversi, di aver costituito un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, usura, concessione illecita di finanziamenti ed altro, tutti commessi con l’aggravante del metodo mafioso.     Alcuni soggetti, sei, sono ricercati dai Carabinieri

 

MAFIA: RESTANO IN CARCERE GLI IMPRENDITORI ACCUSATI DI GESTIONE MAFIOSA

Risultati immagini per foto di carabinieri in divisa

Benedetto Bacchi e Antonio Lo Baido, i due principali indagati di “Game Over”, restano in carcere- E’ questa la decisione della Corte di Cassazione che ha respinto l’istanza di scarcerazione dei due soggetti .  Sono detenuti a Udine e a Palermo.  Ricorderemo che la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo diede l’ordine di effettuare un blitz che condusse al fermo di 31 persone tra cui Bacchi e Lo Baido.  La mafia  garantiva il il monopolio nel settore, e il controllo assoluto della  gestione di 700 agenzie in tutta Italia – agenzie abusive – e a un giro d’affari di un milione di euro al mese.

Le somme di denaro venivano trasferite a  a Malta  per poi arricchire  le società, la Fenix, di Bacchi. Nel sistema  un’ingente di quantità di denaro da investire affluiva pure -si apprende – in  alcune testate giornalistiche come il Giornale di Sicilia e Live Sicilia, poi non andate in porto e nel settore immobiliare. Salta all’attenzione un ’investimento di denaro in  un palazzo di via Del Bersagliere a Palermo, mediante una società creata ad hoc chiamata Delta, intestata alla moglie del Bacchi per eludere ogni controllo

Le accuse mosse dalla Procura, vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa al riciclaggio, dalla concorrenza sleale alla truffa allo Stato. L’avvocato Antonio Ingroia,  rappresenta i due imprenditori ma non ciè pervenuta la sua dichiarazione a riguardo a difesa dei suoi assistiti

La Direzione Antimafia arresta altri 17 uomini del Capo dei capi Matteo Messina Denaro

Risultati immagini per foto di matteo messina denaro

Più vicino il momento della cattura di Matteo Messina Denaro, Capo di Cosa Nostra?

Diciasette fermi nei confronti dei  fiancheggiatori del Capo dei capi  latitante Matteo Messina Denaro. .Le indagini di polizia e le  perquisizioni sono avvenute  a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta e Campobello di Mazara   Sempre più vicino il momento della cattura al superboss.

Ricorderemo che nel mese di  aprile scorso erano state arrestate altre 21 persone su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nel corso dell’operazione “Anno Zero” contro i clan malavitosi di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo. A dicembre erano stati invece trenta gli indagati dalla DDA di Palermo quali fiancheggiatori della latitanza del boss Messina Denaro.

L’operazione antimafia ha utilizzato oltre 150 uomini del Servizio centrale operativo (Sco), delle squadre mobili di Trapani e Palermo e del Reparto prevenzione crimine ..L’obiettivo è di colpire il territorio siciliano in questa porzione perchè secondo la Direzione Antimafia potrebbe essere qui nascosto Matteo Messina Denaro che dà ordini ai suoi uomini.     Una certezza: il superboss avverte già da tempo il fiato delle forze dell’ordine che stanno indagando a largo raggio su ogni possibile covo del boss.