Ancora mistero sulla notizia dell’arresto della giornalista Cecilia Sala

 

Cecilia sala arresto

 

 

 

 

Fermata il 19 dicembre scorso, nessuno ne sapeva niente. Da nove giorni in isolamento nel carcere di Evin, in Iran.. E’ ancora mistero sui motivi dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, mentre Tajani, Farnesina, ambasciata e il consolato a Teheran concentrano la massima attenzione sul caso, ma osservano anche la “massima riservatezza sulla vicenda” come accadde per la travel blogger Alessia Piperno.

Secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la giornalista è “in buona salute”, “detenuta in una situazione tranquilla, è sola in una cella” e “ha già avuto la possibilità di parlare due volte con i propri familiari”, mentre ieri ha ricevuto la “visita consolare da parte della nostra ambasciatrice a Teheran Paola Amadei, che è stata più di mezz’ora con lei”.

“Non possiamo dire altro al momento, stiamo monitorando la situazione con molta attenzione”, ha aggiunto il titolare della Farnesina, precisando che al momento non si conoscono i capi di imputazione della giornalista.

La giovane giornalista muove i suoi primi passi nel mondo della stampa ben prima della fine dei suoi studi all’Università Bocconi di Roma: coraggiosa e con uno spiccato senso critico, tra il 2013 e il 2014 muove i primi passi nel mondo dell’informazione prendendo a programmi di approfondimento di La7 come Piazzapulita di Corrado Formigli e Announo di Michele Santoro..

La prima collaborazione da reporter è quella per Vice Italia ottenuta nel 2015. L’anno dopo lascia Milano e reporter per Servizio Pubblico: il primo passo per portare avanti  il praticantato per diventare giornalista professionista.

Nel corso della sua carriera si specializza in politica estera

 Cecilia Sala: un giornalismo presente nelle zone di conflitto

Sala è uno dei volti più noti del giornalismo italiano. Nata a Roma nel 1995, è da sempre molto attiva sui social e da anni ormai tratta di politica estera documentando quello che succede in varie zone di conflitto. Sala si è recata diverse volte in Ucraina per raccontare la guerra ancora in corso con la Russia, ma si trovava anche in Afghanistan nel 2021 durante il ritorno al potere dei Talebani. In quella occasione dovette interrompere una diretta con La7 a causa di alcuni spari contro l’hotel dove si trovava. Una scena che è diventata subito virale sui social.

Cecilia Sala ha da sempre avuto un’attenzione particolari alle nuove frontiere del giornalismo digitale. Molto attiva sui social network, nel 2020 ha esordito con il podcast ‘Polvere’, un’inchiesta condotta insieme a Chiara Lalli che trattava dell’omicidio di Marta Russo, giovane uccisa alla Sapienza nel 1997. Il podcast ha avuto tanto successo da essere trasformato in un libro pubblicato, con lo stesso titolo, da Mondadori nel 2021. L’anno successivo diviene protagonista di un altro podcast, ‘Stories’, prodotto da Chora Media, in cui ogni giorno racconta storie dal mondo.

Sala si trova da una settimana “in una cella di isolamento” del carcere di Evin, “dove vengono tenuti i dissidenti” e che “il motivo del suo arresto non è ancora stato formalizzato”. “Non sappiamo” perché è stata arrestata in Iran. “E questa è la grande domanda. Fino ad oggi, e sono passati 9 giorni con oggi, non è stata formalizzata alcuna accusa, non si sa perché è nel carcere di Evin, non si sa perché è in isolamento. È incomprensibile ed è una cosa intollerabile per l’Italia che accada questo”, dice il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, intervistato a ‘Il Cavallo e la torre’ su Rai3. Chora Media, è la Podcast company italiana per la quale la giornalista realizza ‘Stories’ (Cecilia Sala lavora anche per ‘Il Foglio’).

Putin “disponibile a negoziare” ma gli Usa lo ritengono imprevedibile ed ancora non in buonafede

 

Il presidente russo Vladimir Putin è “disponibile a negoziare” e la crisi tra Ucraina e Russia, con il rischio concreto di una guerra in base alle ultime news, è solo una parte delle più ampie preoccupazioni di Mosca sulla sicurezza. afferma il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, parlando con la Cnn, al termine di una giornata iniziata con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che riferiva di aver detto a Putin che esistono “chance” per un dialogo diplomatico con l’Occidente.

Russia: il trionfo di Putin - RSI Radiotelevisione svizzera
Putin: nelle sue mani il destino dell’Ucraina e dell’Europa
Prima di tutto – ha sottolineato Peskov – Putin ha sempre chiesto negoziati e diplomazia. Ed è stato lui ad aver avviato la questione delle garanzie di sicurezza per la Federazione russa. L’Ucraina è solo una parte del problema, è una parte del più grande problema delle garanzie di sicurezza per la Russia e naturalmente il presidente Putin è disponibile a negoziare”.
Ancora fra l’altro l’Ucraina non fa parte dell’alleanza europea e questa “indipendenza provvisoria” sembra aver calmato gli spiriti  di invasione del territorio ucraino.. E’ questa la leva migliore sulla quale agisce la diplomazia mondiale.

Siamo in una fase in cui un’invasione potrebbe iniziare in qualsiasi momento”, ha detto nelle stesse ora la vice portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ribadendo che “il percorso della diplomazia resta disponibile…ma abbiamo chiare le prospettive sul terreno”, con oltre 100mila soldati russi ammassati ai confini ucraini.

Gli Stati Uniti hanno chiuso l’ambasciata a Kiev e “trasferiscono provvisoriamente” a Leopoli i diplomatici rimasti dopo l’avviso al rimpatrio di tutto il personale non essenziale denunciando, come ha fatto il segretario di Stato, Antony Bliken, “l’accelerazione drammatica del rafforzamento delle forze russe”.

“Ho ordinato queste misure per una ragione, per la sicurezza del nostro staff. Sollecitiamo con forza i cittadini americani che ancora rimangono in Ucraina a lasciare il Paese immediatamente”, ha aggiunto Blinken ribadendo che “la strada per la diplomazia rimanere aperta se la Russia sceglie di impegnarsi in buona fede”.

Non abbiamo visto nessun segno tangibile, nessun segno reale di de-escalation”, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, parlando degli ultimi sviluppi della crisi ucraina.

 

Moneta coloniale: le dichiarazioni di Di Maio aprono un caso diplomatico con la Francia

Ormai appena uno dei due vicepremier italiani rilascia una dichiarazione si innesta un vero e proprio incendio internazionale. Fonti del gabinetto del ministro per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, hanno definito le dichiarazioni sulla moneta coloniale del vicepremier Luigi Di Maio  “inaccettabili e senza motivo”.

La Francia ha convocato l’ambasciatrice d’Italia a Parigi, Teresa Castaldo al ministero degli Esteri francese.

Ieri, affrontando il tema migranti a una manifestazione del M5S ad Avezzano, il vicepremier ha tirato in ballo la Francia, “che in Africa continua ad avere delle colonie di fatto, con la moneta, che è il franco, che continua a imporre nelle sue ex colonie”. Si tratta di soldi, ha tuonato Di Maio, che Parigi “usa per finanziare il suo debito pubblico e che indeboliscono le economie di quei Paesi da dove, poi, partono i migranti”.

Risultati immagini per immagine di macron e moneta coloniale francese
Domani alla conferenza dei capigruppo,il Pd chiederà l’immediata convocazione in aula del ministro degli Esteri Moavero,
Qualcuno deve far capire a Di Maio che non è più un ragazzo che sta sui tetti di Montecitorio, ma il vicepresidente del Consiglio” affermano in una nota il capogruppo Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci e il capogruppo dem in Commissione Esteri Alessandro Alfieri.

Pensiero diverso esprime  Nicolas Bay, eurodeputato del rassemblement National di Marine Le Pen. Il Cfa “fa parte della storia, dobbiamo rispettare le scelte economiche e monetarie dei Paesi africani”, afferma Bay  Se i Paesi africani considerano il Cfa “un elemento di stabilità devono essere liberi di mantenerlo”, così come se lo desiderano devono essere liberi di cambiare “e avere un sistema monetario che conviene loro di più”, prosegue l’eurodeputato.