Scomparsa di Denise Pipitone: tre magistrati “giudicano diffamatorie” le affermazioni del giornalista RAI Infante e del direttore della testata online Perrino. Imputazione coatta” disposta dal Gup Salvucci

 

Milo Infante

Ufficio stampa RAI     – Il giornalista Milo Infante

 

MA PERCHE’ I MAGITRATI DI MARSALA SI SENTONO OFFESI DOPO TRE ANNI DALLA TRASMISSIONE SULLA PIPITONE  VISTO CHE ESISTE ANCORA IL PRINCIPIO LEGISLATIVO DELLA “TEMPESTIVITA” DELLA DENUNCIA?             SI SAPEVA GIA’ ALLORA E SI  DIFFONDE ADESSO?  OPPURE SI SONO SVOLTE LE RITUALI INDAGINI PRELIMINARI?

 

di    R.Lanza

 

Guai giudiziari in vista  per due giornalisti , uno della Rai, Milo Infante ,anche conduttore ed autore televisivo,  l’altro della testata Affari italiani.it  Sono Milo Infante e Angelo Maria Perrino   Guai ancora più consistenti perchè mossi da Giudici -una squadra- che non ammettono forse la “fretta” di documentazione e i loro nomi pubblicati con circostanze ritenute “non veritiere od opinabili sotto la propria responsabilità”

Con l’accusa di diffamazione, per avere offeso, il 22 novembre del 2021, nel corso della trasmissione ‘Ore 14’ in onda su Rai 2, la reputazione di tre magistrati di Marsala (Trapani), il Gup di Caltanissetta David Salvucci ha disposto l’imputazione coatta dei due giornalisti

Le parti offese sono l’ex Procuratore di Marsala (Trapani) Vincenzo Pantaleo e i pm Roberto Piscitello e Giuliana Rana, titolari dell’inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone, la bambina di 4 anni di cui si sono perse le tracce da Mazara del Vallo l’1 settembre del 2004. Per il giudice Salvucci le frasi pronunciate da Perrino nella trasmissione Rai sono “obiettivamente diffamatorie”. Il gup parla di “offese ai tre magistrati”.

Ammettiamo che non abbiamo seguito gli sviluppi della  delicata vicenda della scomparsa di Denise Pipitone, ma la cosa che sorprende oggi è – salvo che non ci è nota una possibile fase interlocutoria dei giornalisti con la Procura, per archiviare l’episodio, è  l’intempestività dell’imputazione o rinvio   a giudizio perchè si sa che il reato di diffamazione sussiste solo per i primi sei mesi. Trattandosi della Rai non è ammessa la non conoscenza tempestiva perchè essa rappresenta la testata più diffusa.
Lesione della reputazione professionale e diffamazione. (Corte di  Cassazione, Sezione Penale n. 7995 del 01.03.2021). - Studio legale  Avvocato Cavalletti, Pisa, Toscana, Italia
Archivi -Sud Libertà

Ma cosa disse il direttore della testata Affaritaliani.t? “Una fonte romana di ‘Affaritaliani’ mi ha detto che la chiave di questo giallo sta nelle intercettazioni che non hanno voluto rendere pubbliche perché sarebbero compromettenti per molti personaggi e quindi, con diversi pretesti, sono state seppellite e rese inutilizzabili

. E Infante, “a fronte della domanda di un altro ospite presente in studio – scrive il Gup – e della dichiarazione di Perrino, che i personaggi citati sono ‘magistrati, politici e credo non solo'”. E così “offendevano -per il Gup – la reputazione dei tre magistrati in quanto gli stessi venivano indirettamente indicati come responsabili dell’occultamento delle intercettazioni telefoniche dal contenuto compromettente e della mancata individuazione degli autori del reato di sequestro di persona commesso nei confronti di Denise Pipitone”.

Infante era stato interrogato dal pm di Caltanissetta e si era difeso affermando di essersi riferito a presunte lacune delle prime indagini sulla scomparsa e non agli attuali titolari dell’inchiesta. Ma il Gup ha respinto la richiesta di archiviazione del pm di Caltanissetta per “incontestabile valenza diffamatoria delle dichiarazioni” e di “consapevolezza dei due giornalisti di ledere la reputazione e di gettare discredito su tutti coloro che avevano avuto occasione di occuparsi delle indagini relative alla scomparsa di Denise”.

Sarebbe stato rispondente a un preciso dovere professionale degli indagati, – scrive il Gup – nel divulgare la notizia di una sì grave violazione di principi etici e doveri professionali da parte di soggetti che avrebbero potuto essere chiamati a risponderne anche innanzi all’autorità giudiziaria penale e in sede disciplinare, circoscrivere la pubblica denuncia dell’illecita collusione a persone o epoche precise e determinate, cosi come Infante ha prontamente fatto soltanto in sede di interrogatorio“.

 

Sentenza-“spazzatura strumentale “: otto mesi di carcere al Giornalista P.Napolitano per diffamazione ma “la discrepanza tra fatto e condanna” è notevole

Pasquale Napolitano (@pana_napolitano) / X

Il giovane giornalista Pasquale Napolitano

La condanna a 8 mesi di carcere per il giornalista del ‘Giornale’ Pasquale Napolitano – nella foto sopra -con l’accusa di diffamazione a mezzo stampa ha scatenato un inferno. Dall’Ordine dei giornalisti ai politici fino ai sindacati, è unanime il coro di “no al carcere” per i cronisti.

Diffamazione e querele temerarie contro i giornalisti. L'articolo de Il Post
Ordine dei giornalisti,Carlo Bortoli, Presidente Consiglio Nazionale

Rifiutiamo l’idea che in un Paese democratico venga ancora comminata la pena del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Il caso di Pasquale Napolitano, cronista del Giornale, giustamente denunciato oggi in prima pagina con grande evidenza, è la goccia che fa traboccare il vaso di una normativa che non sta più in piedi”

Al di là del merito della vicenda – prosegue Bartoli – che pure suscita non poco stupore per la discrepanza tra fatto e condanna, è necessario comprendere che l’uso strumentale delle azioni giudiziarie (penali e civili) contro i giornalisti colpisce tutta la stampa, al di là dei suoi orientamenti. Attenzione, non si può però abolire il carcere e inasprire le pene pecuniarie colpendo, in particolare, i cronisti più deboli. Serve una riforma che tuteli la libertà di informazione, che non è una prerogativa dei giornalisti ma un diritto di tutti i cittadini e un architrave della democrazia‘.

“Piena e forte solidarietà” a Napolitano arriva anche dall’Ordine della Campania e dalla Commissione Legalità dell’Ordine regionale. “I fatti – denunciano – rappresentano un inaccettabile attacco alla libertà di informazione“.

“Non comprendiamo –  – come si possa essere arrivati ad una condanna ad 8 mesi di carcere per un articolo sull’Ordine degli avvocati di Nola che non aveva – a nostro parere – elementi di diffamazione e che ha assicurato diritto di replica. Napolitano, cronista 42enne, ha semplicemente svolto il proprio lavoro e la condanna al carcere, seppur con pena sospesa, è una grave ferita che non può passare inosservata. Questo tipo di sentenza mette a rischio l’autonomia dei giornalisti”.

“È incomprensibile, inoltre, che la condivisione sui social dell’articolo firmato da Napolitano sia stata ritenuta un’aggravante – prosegue la nota dell’Ordine dei Giornalisti della Campania – e ancora non è chiaro come sia possibile che la sentenza in questione, su un diritto costituzionale, sia stata emessa da un Got. Ci auguriamo che il caso venga assolutamente rivisto in appello, sarebbe un grave precedente. La Corte Costituzionale con la sentenza n.150 del 2021, ha infatti riconosciuto il ruolo dell’Ordine dei giornalisti a difesa degli interessi diffusi e ha modificato le attuali norme restringendo le ipotesi di carcere per i giornalisti”.

 

Federazione Nazionale della Stampa

 

Insorge anche la segretaria nazionale della Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti italiani), Alessandra Costante, per la quale “il caso del cronista del Giornale condannato al carcere ricorda a tutti – giornalisti, politica e opinione pubblica – quella che è una vergogna italiana: in Italia, nel 2024, il codice penale prevede ancora le manette per i giornalisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa”, afferma. “Ma al di là del caso specifico – prosegue la Costante – quello che la Federazione nazionale della Stampa ripete da anni è che in un Paese democratico punire con la reclusione i cronisti non è accettabile. I giudici fanno il loro lavoro applicando le leggi esistenti”. ”

Restiamo in attesa che anche il legislatore faccia il proprio lavoro: recepire le indicazioni della Corte costituzionale e eliminare il carcere dalle pene previste per la diffamazione, senza per questo prevedere sanzioni economiche tanto spropositate da avere sulla libertà di stampa quell’effetto raggelante più volte denunciato nelle sentenze delle Corte europea dei diritti dell’uomo”

 

SUD   LIBERTA’  –  Quotidiano del Mezzogiorno Antimafia  – Raffaele  Lanza (direttore)

Raffaele Lanza - Casa Editrice BookSprint Edizioni

 

DIRITTO   DI CRONACA  GIUDIZIARIA  E LINGUAGGIO PROFESSIONALE: NO ALLE INTIMIDAZIONI -DENUNCE

 

Sono un po   perplesso,  queste querele e soprattutto le condanne  non consentono ai giornalisti che hanno  pure una mansione investigativa (quando sono pagati contrattualmente ..visto che la gran parte dei giornali on line non ha finanziamenti..chiudiamo qui il punto per carità di patria) di svolgere con serenità un lavoro delicato e veloce come quello di cronista. Generalmente sappiamo che assume peculiare rilievo il bilanciamento effettuato dal legislatore tra il reato di diffamazione o (di cui all’art. 595 c.p.) e la libertà della manifestazione del proprio pensiero (tutelata dagli artt. 21 Cost. e 51 c.p.) e , quindi svolgimento della propria attività professionale pubblicistica dall’altro.

Vi sono   delle esimenti    (casi di esclusione) ossia un ampio raggio di casistiche in cui l’offesa dell’altrui reputazione non configura alcun reato in presenza di determinate esigenze, ovvero di particolari situazioni tassativamente previste dalla normativa penale in attesa di significativi correttivi

Le tradizionali cause di esclusione del reato di diffamazione –- sono costituite dal diritto di cronaca giudiziaria e dal diritto di critica.

A) Il DIRITTO DI CRONACA GIUDIZIARIA consiste nel diritto di raccontare accadimenti reali tramite mezzi di comunicazione di massa in considerazione dell’interesse che rivestono per la generalità dei consociati ed esso è condizionato dall’esistenza dei seguenti presupposti:

 la verità oggettiva o anche solo putativa della notizia pubblicata, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca che non sussiste quando -pur essendo veri i singoli fatti riferiti- siano dolosamente o anche soltanto colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; oppure, quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, o da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi, obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (o ascoltatore) false rappresentazioni della realtà oggettiva. 

Può capitare che il giornalista, pressato da tanti problemi quotidiani, in un particolare contesto, cada in errori tecnici fatti in buona fede.  Occorre  far fare dunque la rettifica che dovrebbe essere sufficiente – salvo ulteriore replica – a far mettere “pace”

Il giornalista ha dunque l’obbligo di controllare l’attendibilità della fonte informativa e di accertare la verità del fatto pubblicato, essendo altrimenti responsabile dei danni derivanti dal reato di diffamazione, salvo che non provi la sua buona fede ai sensi dell  art 59., ultimo comma.        Quel che meraviglia è che in politica non si sia affrontata tale problematica con serietà e determinazione al fine di evitare l’emissione di sentenze-spazzatura come queste ai raggi x.

 

INCREDIBILE MA VERO: LA CASSAZIONE ANNULLA DUE SENTENZE DI CONDANNA AL LEGHISTA CALDEROLI DI (GRAVISSIMA) DIFFAMAZIONE A kYENGE (EX MINISTRO)

Roberto Calderoli- Esce dal tunnel giudiziario. Vittoria della difesa legale-Immagine Archivi Sud Libertà

 

La Corte di Cassazione ha annullato le sentenze di condanna di primo e di secondo grado nei confronti del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli per diffamazione aggravata dall’odio razziale per le offese all’ex ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge.    Un motivo formale,ha cambiato completamente il significato offensivo dell’imputato politico. Insomma una vittoria della difesa legale perchè l’offesa c’è stata e realizzava pienamente il reato di diffamazione. 

Nel 2013, durante una festa della Lega Nord, Calderoli aveva rivolto pesanti offese nei confronti dell’allora ministro del Governo Letta, per le quali è stato condannato in primo e secondo grado a Bergamo.

Secondo i giudici della Cassazione, non è stato riconosciuto a Calderoli il legittimo impedimento a comparire in udienza per motivi di salute. “Credo sia un fatto rilevante la cancellazione senza rinvio di tutte e due le sentenze – commenta Calderoli – ora attendiamo le motivazioni della Cassazione per poterne sapere di più”.

Vittoria della difesa legale ma l’offesa l’abbiamo sentita tutti.  “Rivedere oggi quella condanna mi lascia un po’ di amaro in bocca, anche in termini politici: quattro anni e qualche mese fa avrei potuto essere individuato come presidente del Senato e i grillini misero il veto perché avevo questa condanna”. “La cosa mi ha ferito molto – aggiunge Calderoli – anche perché mi ero scusato, perché ero stato il primo a riconoscere che era stato un brutto episodio. L’ho vissuta male sia in termini di condanna e anche in termini politici, quindi vedere oggi quella condanna un po’ di amaro in bocca lo lascia”.

Non c’è che dire. Quando si dice, trovati un buon avvocato e fai una preghiera al Cielo. Qui, Calderoli, l’ha davvero trovato e si è pure scusato. Che buffo!

 

Gli avvocati di Carola: una querela per diffamazione contro Salvini

Il Ministro dell’interno Matteo Salvini  dovrà affrontare un procedimento penale per il reato ipotizzato di diffamazione .”Abbiamo già preparato la querela nei confronti del ministro Salvini. Non è facile raccogliere tutti gli insulti che Salvini ha fatto in queste settimane e anche le forme di istigazion e a delinquere, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’Interno”. Lo  afferma pubblicamente Alessandro Gamberini, legale della comandante della Sea Watch Carola Rackete che  passa ora al contrattacco dopo le umiliazioni subite e la riabilitazione dalla magistratura competente.

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L’avv. di Carola prosegue : “Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è Matteo Salvinii che muove le acque dell’odio”  “Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale. Quando le persone vengono toccate nel portafoglio capiscono che non possono insultare gratuitamente”.  La condanna del ministro di fronte a tanto scempio di linguaggio sarà inevitabile

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Nella foto il Giudice Alessandra Vella che ha scarcerato Carola considerando prioritario il salvataggio di vite umane

Non si scompone egualmente Salvini che rischia il processo, quasi certo, , anzi rincara la dose e fornisce( ingenuamente) ulteriori elementi di diffamazione – Afferma il Ministro. “Carola infrange leggi e attacca navi militari italiane, e poi mi querela. Non mi fanno paura i mafiosi –  -, figurarsi una ricca e viziata comunista tedesca! Bacioni”.

 

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Non si può chiamare un giornalista “giornalaio”. Fedez rinviato a giudizio per diffamazione

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Definire un giornalista “giornalaio” è reato di diffamazione a mezzo stampa anche se detto scherzosamente o ironicamente.    Il noto cantante Fedez è stato rinviato a giudizio dal Procuratore della Repubblica di Livorno dr. Giuseppe Rizzo, che ne ha firmato il decreto di citazione per aver diffamato via social la giornalista Chiara Giannini.  (  autrice del libro intervista a Matteo Salvini edito da AltaForte, casa editrice vicina a CasaPound)…

La prima udienza è stata fissata il 5 dicembre 2019 e al centro del processo ci saranno alcune frasi scritte dal cantante tramite social indirizzate alla Giannini. In particolare, Fedez, come riporta l’atto di citazione a giudizio, avrebbe definito la giornalista “giornalaia”, indirizzandole la frase “giornalista di Libero dall’inviato di guerra ai finti scoop da Novella 2000 su di me. Brutta fine eh?” e “accusandola – scrive il pm – di aver pubblicato un articolo completamente fasullo su di lui, affermando che in seguito alle contestazioni ella si sarebbe cancellata dai social network, non avendo argomentazioni e facendosi difendere da Salvini“.
Sembrerebbe in apparenza una sciocchezza ma per Fedez si profila un calvario giudizio, di udienze, rinvii,testimonianza, e probabilmente oltre la condanna, per la sussistenza evidente del reato, anche un probabile risarcimento

SOPRINTENDENZA DI CATANIA: IL GIP RICONOSCE LEGITTIMO IL DIRITTO DI CRITICA DEL GIORNALISTA RA FFAELE LANZA CHE SCORAGGIA COSI’ LE QUERELE “TEMERARIE”

Nella foto la Chiesa S.Francesco Borgia, sito della Sovrintendenza etnea

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IL  GIUDICE:  “IL LANZA HA RISPETTATO L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRITICA ED INFORMAZIONE EX ART.5   1 CP

Il Tribunale di Catania con il Gip dott.ssa G.Sammartino, con Sentenza art.409 dei giorni scorsi, ha riconosciute legittime le accuse e le critiche del giornalista dr.Raffaele Lanza (n.d.r. direttore responsabile del Quotidiano SUD LIBERTA’) rivolte ad un funzionario G.Falco. e ad un dirigente L.A.Messina.per lo spostamento di due dipendenti dalla stanza dalla Soprintendenza e per aver sfruttato un dipendente G.B. nel fargli fotocopiare un testo oltre il limite stabilito dalle norme vigenti.

Il Pubblico Ministero dott.ssa Agata Santonocito ha respinto la querela per diffamazione del dirigente L.A.M -reati ex art.595 e 368 cp “perchè acquisiti i documenti, riscontrava infondatezza della notizia di reato contro il Lanza. Anche il Gip in data 5 giugno 2017 accoglieva la richiesta di archiviazione del Pm”.          

Nella Sentenza – che scoraggia così le querele ” temerarie” – di chi lotta per una amministrazione più efficiente e più pulita-il GIP scrive: “..Va ricostruito che la lettera del 23.luglio 2014 a firma di Lanza Raffaele, rappresentante ( provinciale) sindacale e dipendente della Soprintendenza avente ad oggetto “Revoca Disposizione di servizio n.5757 del 22 luglio 2014 nel criticare la gestione della Sovrintendenza ai BB.CC. di Catania ad opera di diversi dirigenti e funzionari, contestava l’ordine di servizio del dirigente Messina  L.A. “per omessa informazione sindacale” perchè si era disposto unilateralmente il mutamento di mansioni e di spazi di lavoro di dipendente……..la cui collaborazione era fondamentale per la Rassegna Stampa sostituendolo con altro dipendente in contrasto sindacale con lo stesso Lanza.     Pertanto il Lanza chiedeva la revoca del provvedimento entro 3 giorni………ritenendolo illegittimo perchè adottato senza avere consultato i sindacati e perchè incideva sulla qualità del servizio (Stampa n.d.r.) tanto che veniva revocato e a prospettare ulteriori verifiche giudiziarie -anche su un ipotetico reato (del Messina) ex art. 323 cp in caso di mancato riscontro…..”

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“Quanto alla dedotta diffamazione va in contrario osservato che le aspre critiche (del Lanza) rientravano nel diritto di informazione e critica sindacale, tanto più che il Lanza motivava le sue ragioni …..e in sede di memoria del 26 ottobre c.a. documentava pure di avere segnalato in precedenza le difficoltà del dipendente G.B…….”

Il Gip infine accoglie la richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato del dirigente della Soprintendenza L.A.Messina difeso dall’avv. Radice.

Soddisfatto il giornalista Raffaele Lanza che registra oggi una altra e significativa  vittoria giudiziaria contro dirigenti della Sovrintendenza e respinge un altro tentativo di ” Querela temeraria” per una vicenda che risale agli anni scorsi quando dirigeva il “Settore Stampa ” della Soprintendenza etnea. “Ritengo nella mia esperienza di giornalista -afferma Lanza -che il diritto di critica sia ammesso e tutelato nel nostro ordinamento giuridico, così difatti criticare qualcosa, anche incisivamente non è assolutamente diffamazione o calunnia specialmente quando ogni affermazione è provata.  Non va trascurato – altro appunto che costituisce il paradigma delle azioni del dirigente della Soprintendenza arch. Messina- che l’esercizio delle attività di informazione e comunicazione necessaria per la valorizzazione dei siti culturali era precluso a tutto il personale perchè non in possesso del requisito della iscrizione nell’elenco dell’Albo professionale dei Giornalisti di cui all’art. 26 della legge n.69 del 63.

Infatti il Settore Stampa -prosegue Lanza- dell’Ufficio del Soprintendente che si sostanzia nell’incarico stampa affidato per disposizione di servizio, rispondeva ad esigenze di carattere continuativo e prevedeva tutte le funzioni tipiche dell’Ufficio Stampa di cui alla legge 150/2000. Si osserva anche che i dipendenti della Soprintendenza avrebbero potuto fornire elementi, materiale d’interesse tecnico per i comunicati ma non potevano eludere le direttive impartite dal vertice della struttura che affidava a chi vi parla-  iscritto all’Albo- il compito di curare i collegamenti con gli organi di informazione, in rete, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni.    Ogni altra attività svolta a riguardo non era lecita “apparirebbe- spiega ancora Lanza- solo come l’affermazione di un potere individuale rovinoso dei rapporti con i giornalisti dei quotidiani e configurerebbe esercizio abusivo della professione oltre a non costituire fonte di informazione privilegiata come invece devono ritenersi i Settori ed Uffici Stampa”

Il Lanza era difeso dall’avv.Davide Tutino del Foro di Catania

Guida di Feltrinelli: “Agrigento ha atteggiamenti mafiosi……”-La Confcommercio, con l’avv. Russello, querela per diffamazione

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l presidente della Confcommercio Sicilia Francesco Picarella ha promosso formale esposto-querela nei confronti della Casa Editrice “Feltrinelli”, appartenente al gruppo “Giangiacomo Feltrinelli Editore”, nonche’ nei confronti della Rough Guides e della Autrice Ros Belford, con l’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa e riserva di richiesta di un risarcimento di giustizia per la lesione all’immagine, prestigio e decoro, per causa delle espressioni usate all’interno della guida turistica su Agrigento e sui ristoratori.

Picarella, che ha dato formale mandato all’avvocato Ornella Russello, del Foro di Agrigento, ha ritenuto che i contenuti della guida facenti riferimento alla Citta’ dei templi “siano un’offesa ad una Comunita’ di eccellenti tradizioni storiche e valori, ai commercianti onesti, a coloro che credono nel lavoro, a quelli che si sono battuti per anni affinche’ il buon nome della Sicilia e di Agrigento in specie, non venisse necessariamente affiancato alla parola mafia”.

La rabbia e’ tanta anche da parte dei Cittadini, perche’ la guida, sempre secondo l’esponente di Confcommercio usa “un linguaggio offensivo, figlio di stereotipi razzisti. In questo modo vengono penalizzate la Citta’, le sue potenzialita’ turistiche, le aziende, i ristoranti e gli alberghi del territorio”.
Palazzo di Giustizia
Tribunale di Agrigento
La guida Turistica non ha usato parole lodevoli nei confronti della citta’ di Agrigento, come gia’ fatto per Caserta dove analoghe iniziative giudiziarie sono state promosse per una vicenda simile, informando i turisti che “le statistiche del governo indicano che Agrigento e’ una delle citta’ piu’ povere d’Italia e non risulta una sorpresa apprendere che qui gli atteggiamenti di tipo mafioso siano ben radicati”. Non proprio un incentivo a visitarla, perche’ dulcis in fundo un’altra frase mette in allarme i turisti: “Nessun pericolo, solo una maggiore tendenza tra i ristoratori, rispetto al resto della Sicilia, a perpetrare piccole truffe”. La questione si trasferisce adesso all’attenzione della Procura Agrigentina per le indagini e iniziative giudiziarie opportune, a condanna della grave condotta diffamatoria. 

Diffamazione e limiti al diritto di cronaca. Evento dell’Ordine dei Giornalisti

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L’Ordine dei Giornalisti invia un Comunicato Stampa per un interessante incontro formativo g. 10     alle ore 16.30 presso l’Università di Catania sul tema :Diffamazione e limiti al diritto di cronaca; limiti alla pubblicazione degli atti giudiziari tra stampa, internet e social network; la tutela delle fonti; profili di liceità o illiceità di registrazioni audio e video  I relatori sono Mattia Serpotta, avvocato, Carlo Privitera, giornalista e Francesco Lamiani, giornalista