Arrestate due “Talpe”: persone eccellenti,informavano il Capo dei capi della Mafia siciliana

MATTEO MESSINA DENARO:  MA DOVE SEI NASCOSTO?

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Arresti eccellenti: la loro qualifica consentiva di fare da “talpe” ed informare il Superboss Matteo Messina Denaro

Stupore per l’arresto di due persone eccellenti a Trapani.  Accuse pesanti come macigni: rivelazione di notizie  riservate sulle indagini sul boss latitante Matteo Messina Denaro a un trapanese ritenuto vicino a Cosa nostra.

Gli arrestati sono un ufficiale della Dia di Caltanissetta e a un carabiniere in servizio a Castelvetrano, roccaforte del capomafia. Il tenente colonnello, un ufficiale dei carabinieri in servizio alla direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, è accusato “di rivelazione di segreto d’ufficio, accesso abusivo a sistema informatico e favoreggiamento. L’appuntato dell’Arma, che lavora alla compagnia di Castelvetrano, è accusato invece di rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo a sistema informatico”. Tra le persone arrestate all’alba di oggi, c’è anche l’ex sindaco di Castelvetrano (Trapani) Antonio Vaccarino, già al centro di una vicenda processuale relativa al traffico internazionale di droga e successivamente diventato confidente di primo piano dei servizi segreti. In questa veste a partire dal 2007 era riuscito addirittura ad “agganciare” il superboss latitante, avviando una corrispondenza con Matteo Messina Denaro durata due anni.  Naturalmente resta da ascoltare adesso la loro difesa legale…

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L’ex sindaco di Castelvetrano, sciolto per Mafia, Antonio Vaccarino

Il reato di rivelazione di segreti d’ufficio ed accesso al sistema informatico giudiziario è da un pò di tempo- ricorderemo- rispolverato ed applicato dai magistrati siciliani, dalla Procura di Catania che recentemente ha rinviato a giudizio persone insospettabili come il comandante ispettore del Corpo forestale di Nicolosi Ferlito accusato di aver rivelato notizie segrete a beneficio di un imprenditore catanese titolare di una emittente televisiva, oggi chiusa.

Mafia siciliana: sequestro di 15 milioni di euro per un imprenditore catanese. “Anomala”-avverte la Dia- la sua ricchezza”

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Nei guai giudiziari l’imprenditore Rosario Marchese, 31enne di Caltagirone, residente a Brescia, dove è sottoposto alla Misura Preventiva della Sorveglianza Speciale di Polizia di Stato con obbligo di soggiorno.   All’inprenditore la Dia ha operato un maxsequestro di beni

L’uomo è ritenuto essere appartenente al clan Rinzivillo di Gela, operante sia a Roma che in tutto il territorio nazionale.

Troppo breve il tempo della sua ascesa imprenditoriale secondo gli investigatori , con la costituzione, nel nord Italia, di numerose società operanti in molteplici settori commerciali, risultate tutte direttamente o indirettamente riferite al Marchese.

I beni sequestrati dagli investigatori della Dia  di Brescia e dai Centri Operativi di Milano, Torino, Padova, Roma e Napoli, ha interessato un patrimonio di oltre quindici milioni di euro

Salvatore Rinzivillo a destra

Si tratta di 11 società e 2 ditte individuali, con sedi a Brescia, Bergamo, Milano, Torino, Verona, Roma e Gela, operanti nei settori della consulenza amministrativa, finanziaria e aziendale, della sponsorizzazione di eventi e del marketing sportivo, del noleggio di autovetture e mezzi di trasporto marittimi ed aerei, del commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti petroliferi, di studi medici specialistici, della fabbricazione di apparecchiature per illuminazione e della gestione di bar.

La sorpresa per gli investigatori è stata la scoperta un dipinto di assoluto valore artistico risalente al XVII secolo, per un valore di circa sei milioni di euro; una holding con uffici a Milano in via Montenapoleone; una sala “Vip Lounge” presso all’aeroporto “Valerio Catullo” di Verona e una società di noleggio che gestisce, presso quella struttura aeroportuale una flotta di vetture di lusso; una società con sede a Roma in via Ludovisi, che sponsorizza e partecipa a prestigiosi campionati monomarca di auto da competizione e 5 beni immobili e 50 rapporti bancari.  Insomma una ricchezza troppo veloce e troppo sospettabile ai tempi d’oggi.

                                     V I D E O   –

Video “s” -Y.T

Il Tribunale di Catania confisca i beni del boss Andrea Luca Nizza del Clan “Nizza” su proposta della DIA

 

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Confiscati i beni stimati  in 800 mila euro dal parte della Dia di Catania del boss Andrea Luca Nizza, 33 anni, esponente di spicco del clan catanese ‘Nizza’.

Si apprende che il boss  trentatreenne figura già come condannato per estorsione, omicidio, associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e violazioni alla normativa in materia di armi.

 

La Direzione Antimafia di Catania confisca i beni del boss Salvatore Nizza legato a Santapaola

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Intensissima l’attività della Direzione Antimafia di Catania per l’anno che sta per chiudersi .Un altro servizio alla comunità è stato reso adesso dalla Dia con la confisca di beni per 1,5 milioni di euro  al boss Salvatore Nizza, 46 anni, appartenente all’omonimo gruppo, affiliato alla famiglia mafiosa di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano, attivo nel popoloso rione di Librino ed esteso nel nord Italia e in Europa.

Il provvedimento di confisca interessa appartamenti ed unità immobiliari oltre che  beni mobili. 

Ricorderemo che il boss Salvatore Nizza in passato è stato condannato, in primo e secondo, per estorsione, associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, violazioni alla normativa in materia di armi e omicidio. 

La Procura di Catania ha dunque ritenuta valida – e come tale accolta –    la proposta di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale avanzata dalla locale Dda, diretta al Procuratore dr Carmelo Zuccaro, che aveva emesso decreto di sequestro.

 

Operazione “Corsa Nostra”- Le mani della Mafia sull’ippodromo di Palermo- Nove arresti

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Anche l’ippodromo di Palermo era sotto il controllo costante della Mafia.  Nell’ambito dell’operazione “Corsa nostra”  il GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha disposto nove misure cautelari, eseguite dai carabinieri, nei confronti di persone accusate di vari reati tra cui  concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive.         Custodia cautelare in carcere per otto soggetti malavitosi, per uno i domiciliari. 

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L’inchiesta, investe un pò tutti in questo giro, quindi anche fantini, titolari di scuderie e allenatori.         Sostanzialmente Cosa nostra  decideva quale cavallo dovesse vincere e intascava i soldi delle scommesse. Già in una indagine della dda gli investigatori scoprirono gli interessi della mafia sull’ippodromo di Palermo ,interessi che nei mesi scorsi,condusse al fermo, tra gli altri, del boss di San Lorenzo Giovanni Niosi. I carabinieri, intercettando il capomafia, ebbero modo di scoprire i suoi rapporti con alcuni personaggi molto conosciuti nel mondo dell’ippica a Palermo, come Giuseppe Greco, che avrebbe accompagnato più volte Niosi a summit di mafia, Domenico Zanca e la giovane fantina Gloria Zuccaro, tutti arrestati oggi dai carabinieri. 

Operazione Antimafia a Trapani: confiscato il patrimonio della famiglia Patti (sterminato elenco di appartamenti nel mondo, barca-nave…..)

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PALERMO – Un patrimonio che vale un miliardo e mezzo di euro. Il decreto di sequestro e confisca che colpisce l’impero economico di Carmelo Patti entra nella storia giudiziaria italiana come uno dei più pesanti di sempre.

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Decreto di sequestro e confisca, emesso dal Tribunale di Trapani su proposta del Direttore nazionale della Dia, nei confronti degli eredi del noto imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano (TP) già proprietario della ex Valtur (ora in amministrazione straordinaria), deceduto il 25 gennaio 2016.

Nel paese in provincia di Trapani Carmelo Patti  svolgeva attività di  il venditore ambulante di vestiti assieme al padre. . Poi, fondò innanzitutto la Cablelettra che si alimentava con le commesse della Fiat. Quindi la scalata al gruppo Valtur, acquisito per 300 miliardi di lire, e la realizzazione di una ventina di villaggi turistici e golf resort in giro per la Sicilia e l’Italia.

Il maxi provvedimento riguarda partecipazioni societarie in campo industriale, ma anche uno sterminato elenco di immobili in Italia, Marocco, Costa d’Avorio e Tunisia. C’è pure una barca da crociera, la Valtur Bahia, registrata a Londra e ormeggiata a Mazara.

Il pentito Angelo Siino con le sue dichiarazioni si è rivelato fondamentale , dicono gli inquirenti.. Uno che di affari se intendeva tanto da meritarsi l’appellativo di “ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra”. Dell’ex patron Valtur Siino raccontò la vicinanza al cassiere della mafia mazarese Francesco Messina. “Mastro Ciccio – spiegava il collaboratore di giustizia – aveva tra le mani Patti, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”.

Non è tutto . Si apprende dagli investigatori che nel 1998 andò all’asta la vendita del villaggio turistico di Punta Fanfalo, a Favignana, fiorirono due offerte. Una era di Emma Marcegaglia, successivamente a capo  di Confindustria, e l’altra di una ragazza sconosciuta di soli 21 anni. Fu quest’ultima ad aggiudicarsela. Sarebbe rimasta proprietaria per poco tempo della struttura. A lei subentrò Carmelo Patti.

Il sequestro è inerente a beni di oltre 1,5 miliardi di euro e la Procura ha dimostrato come la famiglia avesse  interessi economici riferibili alla “famiglia mafiosa di Castelvetrano”, comandata dal superboss latitante Matteo Messina Denaro.

Un’indagine scattata da alcuni anni. La Dia inizialmente aveva chiesto di sequestrare somme complessive di circa  cinque miliardi di euro. 

VIDEO DELL’OPERAZIONE ANTIMAFIA A TRAPANI

Scandalo Labisi: gestione scellerata della casa di cura, “utilizzata come bancomat”

 

Per Corrado Labisi, presidente dell’Istituto medico psico-pedagogico inizia il calvario giudiziario per un decreto giudiziario emesso in carcere per il reato di ” associazione per delinquere e appropriazione indebita, in qualità di ‘capo, organizzatore e promotore’ della presunta frode”Guai anche per la moglie, Maria Gallo di 60 anni, per la figlia Francesca Labisi di 33 , per due collaboratori Gaetano Consiglio dio 39 e Giuseppe Cardì di 57tutti agli arresti domiciliari.

Massoneria, antimafia e un buco di 10 mlnin una casa per anziani: arresti a Catania

 

Secondo l’accusa, Labisi avrebbe “gestito i fondi erogati dalla Regione Siciliana e da altri Enti per fini privati non corrispondenti alle finalità sanitarie dei  malati ospiti della struttura, distraendo somme in cassa e facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica.  Si parla di un debito di oltre dieci milioni di euro. debito con con contributi pubblici erogati puntualmente a richiesta da decenni..

Si sa a Catania il personaggio Labisi è noto per la sua “collaborazione antimafia”, una persona al di sopra di ogni sospetto.  Sono le intercettazioni telefoniche ad inchiodarlo    Comunicata ad es. questa: ““Dobbiamo capire a 360 gradi se c’è qualcuno che deve pagare perché questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità… vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa”.
Parole di  Labisi all’indomani di una perquisizione della Dia effettuata su ordine della Procura etnea.

“Dispiace veramente che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita per poter intrattenere amicizie e potere vantare rapporti privilegiati”. Lo ha affermato il Procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro rispondendo alle domande dei giornalisti.

“Lo stesso Labisi –è la persona che fa parte del comitato ‘Saetta-Livatino’ e ha erogato premi a persone che vantano delle benemerenze nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Ma la cosa illecita da questo punto di vista é che abbia utilizza somme che erano state erogate per l’Istituto Lucia Mangano per potere svolgere quest’attività associativa intrattenendo rapporti con magistrati, forze dell’ ordine di cui poteva vantare l’amicizia perché – ha chiosato il procuratore di Catania – ovviamente, si metteva in contatto con loro per poter erogare questi premi”.

Il Procuratore aggiunge: “Ancora una volta i soggetti maggiormente offesi sono i soggetti bisognosi che all’Istituto Lucia Mangano ricorrevano perche avevano bisogno di assistenza e inoltre i 180 dipendenti di questi’Istituto, i cui posti di lavoro sono messi a rischio dalla gestione scellerata che nel corso degli anni Labisi ha fatto: oltre 10 milioni di euro di debito contratto”.

“Non risultano istituti di credito omissivi – ha spiegato Zuccaro  nei controlli perché l’Istituto era una sorta di bancomat della famiglia Labisi. Quindi il denaro che veniva distratto non é tracciabile. Si tratta di contanti che venivano distratti”.

E ancora: “Le indagini svolte ci hanno consentito in appena tre – quattro mesi di poter elaborare una richiesta di misura cautelare. Le indagini sono iniziate alla fine del del 2017 sono stati condotte con la necessaria tempestività per interrompere, ovviamente, questi flussi di denaro che impoverivano le casse di un Istituto, la cui sopravvivenza é messa a rischio: accertamenti che imponevano celerità ma non superficialità delle indagini. La squadra del dott. Panvino della Dia ci ha dato quello di cui l’autorità giudiziaria aveva bisogno”.

Parlare di antimafia in una terra dove si sono registrati efferati omicidi io ritengo- è il responsabile della Dia di Catania dr. Renato Panvino- che bisogna sempre farlo con un pizzico di umiltà e con grande senso di rispetto per le vittime, che ancora oggi vivono con noi, e soprattutto anche per le famiglie delle vittime”.

Ricorderemo che il nome di Labisi, pur non essendo indagato, nel 2013 era finito anche nel fascicolo giudiziario denominato ” operazione antimafia Fiori bianchi”. Gli investigatori acquisirono elementi di collegamento  con Giorgio Cannizzaro,  appartenente alla massoneria e ritenuto attivo «nel gestire gli affari della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano».  Due anni dopo, a fare discutere, era stata la consegna del premio Livatino-Saetta-Costa all’allora prefetto di Catania Maria Guia Federico.  Il giorno dopo il ripensamento con Federico che decise di restituire il premio in pergamena

Sull’intera faccenda resta da ascoltare la difesa della famiglia Labisi.

 

 

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