Guai giudiziari per il sottosegretario ai Trasporti, il leghista Armando Siri, 47 anni, indagato per corruzione insieme ad altre nove persone, nell’ambito di una inchiesta della Dia coordinata dalla Dda di Palermo e di Roma su presunte irregolarità nel settore dell’eolico. . Mentre a Palermo sono in corso perquisizioni negli uffici degli assessorati regionali siciliani all’Energia e all’Ambiente.
Il sottosegretario Armando Siri
Intanto, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha disposto il ritiro delle deleghe a Siri, “in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza”
– Su Arata indaga da tempo la Dda di Palermo per i suoi contatti con l’imprenditore Vito Nicastri, il ‘re’ dell’eolico, ritenuto vicino all’entourage del latitante Matteo Messina Denaro, che è agli arresti domiciliari. Secondo i magistrati, la tangente che Arata avrebbe consegnato a Siri ammonterebbe a 30mila euro. Per i pm il politico leghista non avrebbe saputo dei rapporti tra Arata e Nicastri. La dazione della somma sarebbe avvenuta nell’abitazione del professore genovese, indagato anche lui.
“Respingo categoricamente le accuse che mi vengono rivolte – afferma Siri in una nota -. Non ho mai piegato il mio ruolo istituzionale a richieste non corrette. Chiederò di essere ascoltato immediatamente dai magistrati e se qualcuno mi ha accusato di queste condotte ignobili non esiterò a denunziarlo“.
– Luigi Di Maio: “Ho appreso i fatti venendo qui, e se i fatti fossero questi, Siri dovrebbe dimettersi” ha detto Di Maio a margine di un convegno di Unioncamere. “Il tema non è che un sottosegretario è indagato, il tema è che i fatti sono legati alla mafia” ha sottolineato.
L’indagine coinvolge anche personaggi di scarso rilievo nazionale ma di potere nell’ambito dell’apparato regionale. Tra questi Alberto Tinnirello, alto dirigente regionale siciliano. Tinnirello era il responsabile del Servizio III Autorizzazioni e concessioni del Dipartimento Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica utilità dell’Assessorato regionale all’energia ed ai servizi di pubblica utilità, competente per l’istruttoria ed il rilascio delle Autorizzazioni Uniche del decreto legislativo 29 dicembre 2003.
Secondo la Procura avrebbe dato “informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e ‘esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi“.
Altri due alti funzionari nel mirino dei magistrati. Si tratta di Giacomo Causarano, funzionario dell’assessorato all’Energia, e del funzionario del Comune di Calatafimi Angelo Mistretta. Causarano avrebbe avuto 11mila euro, fatta valere come il pagamento di una prestazione professionale resa dal figlio, pure lui indagato. In cambio avrebbe dato informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti le istanze relative agli impianti di produzione di energia rinnovabile. Infine, Mistretta avrebbe ricevuto 115mila euro per rilasciare una autorizzazione alla costruzioni di impianti di produzione di energia alternativa riferibili alle società di Arata e Nicastri. La parola ora passa alla difesa degli imputati.
La Regione siciliana è in fibrillazione. Nel decreto di perquisizione, la Procura di Palermo accusa: “E’ emerso che Arata ha trovato interlocutori all’interno dell’Assessorato all’Energia, tra tutti l’assessore Pierobon, grazie all’intervento di Gianfranco Micciché (attuale presidente dell’Assemblea regionale) contattato da Alberto Dell’Utri (fratello di Marcello, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa – “.
Mai i magistrati rincarano la dose. “Poi, quando l’epicentro della fase amministrativa diveniva l’assessorato al Territorio e Ambiente (per la verifica di assoggettabilità del progetto alla “VIA”, valutazione di impatto ambientale), Arata è riuscito ad interloquire direttamente con l’Assessore Cordaro e, tramite questi, con gli uffici amministrativi di detto assessorato, dopo aver chiesto un’intercessione per tale fine a Calogero Mannino”. Arata era un potente, con una rete di relazioni politiche importanti.
Per la Regione siciliana un’altra prova che la classe dirigenziale è sofferente- in quasi tutti i suoi spazi ed uffici, di una malattia incurabile: la corruzione. Pochi si salvano da questa cancrena.