LA REGIONE SICILIANA , E L’ISTITUTO INCREMENTO IPPICO ETNEO, GIORNALISTI DI SUD LIBERTA’ SINDACATI SULLA VICENDA DEI LAVORATORI “IN DISPONIBILITA'” IN ATTESA DELL’UDIENZA D GIORNO DIECI SETTEMBRE AL TAR CATANIA
L’Assessore all’Agricoltura Regione siciliana Toni Scilla
ALCUNI SPUNTI DELLA DIFESA
” I LAVORATORI -AVREBBERO DOVUTO ( ANCHE CON TUTELA SINDACALE n.d.r.) PRESENTARE ISTANZA DI MOBILITA’ O RICOLLOCAZIONE NEI POSTI VACANTI, MA CIO’ NON E’ STATO FATTO”
-DIPENDENTI SCELTI DALL’ISTITUTO “SECONDO LE VIGENTI DISPOSIZIONI” PER LA CURA DEGLI EQUIDI
-LA SOSPENSIONE RICHIESTA DAI SINDACATI E’ DECORSA INFRUTTUOSAMENTE PASSATI I VENTI GIORNI E IL 21 LUGLIO E’ STATA ATTUATA LA MOBILITA’ -CIOE’ LA MESSA IN DISPONIBILITA’
DI R.LANZA
Noi di SUD LIBERTA’ -spunto veloce – non condividiamo tanti punti di questa dettagliata memoria difensiva dell’Avv Cesare Santuccio – che fornisce le deduzioni difensive al Giudice del Lavoro in risposta ai rilievi emergenti nel ricorso dell’avv Lucifora ,- ad es. le convocazioni sindacali debbono essere fatte dall’ Istituto incremento ippico a tutti i sindacati rappresentativi anche al SIAD che ,già maggioritario degli iscritti alcuni anni orsono, oggi non ha più la rappresentanza all’Istituto. Per la semplice ragione che la Segreteria regionale del SIAD può inviare un delegato da Palermo o presenziare essa stessa senza necessità del rappresentante interno. Basta solo questo motivo – e l’ARAN darà conforto di questa tesi- per invalidare tutta la procedura dell’Istituto Incremento ippico. Per il resto abbiamo capito che la Regione Siciliana. l’Istituto Incremento ippico- vogliono avere sempre ragione, non traspare proprio la minima volontà politica, vale quell’infernale principio ” Ho ragione io” anche di fronte al dramma della perdita di un lavoro che sembra diventare sempre più un miraggio
Pubblichiamo il documento pervenuto in Pdf a SUD LIBERTA’
COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA
(3130/2021 R.G. – Dott. G. Di Benedetto – Ud. 10.9.2021)
PER: l’ISTITUTO PER L’INCREMENTO IPPICO PER LA SICILIA, c.f.
00246050876, con sede in Catania, Via Vittorio Emanuele n. 508, in persona del
Direttore pro tempore Dott. Alfredo Alessandra, c.f. (omissis)
elettivamente domiciliato in Catania, (omissis), presso lo studio
dell’Avv. Cesare Santuccio (omissis) che lo rappresenta e difende
giusta determina dirigenziale n. 169 del 22.7.2021, con procura rilasciata con
separato foglio
(omissis)
CONTRO: il Sig. (omissis) altri nonché della CGIL – FP,
rappresentati e difesi dall’Avv. Pierpaolo Lucifora – ricorrenti –
E NEI CONFRONTI: dell’ASSESSORATO REGIONALE
DELL’AGRICOLTURA, DELLO SVILUPPO RURALE E DELLA PESCA
MEDITERRANEA e dell’ASSESSORATO REGIONALE DELLE
AUTONOMIE LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA, con
l’Avvocatura dello Stato
* * * * *
Con ricorso proposto a norma dell’art. 700 cpc i ricorrenti contestano le modalità della applicazione, da parte dell’Istituto per l’Incremento Ippico nonché anche le determinazioni della Regione siciliana in merito, delle disposizioni di cui all’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019 la quale dispone in ordine alla nuova pianta organica del medesimo Istituto. Detta pianta organica viene ridotta rispetto alla precedente disposizione normativa del 1980 e la normativa regionale citata dispone in merito alla eccedenza di personale e alla sua conseguente utilizzazione giuridica.
Vengono indicati cinque motivi di impugnazione del provvedimento in contestazione e concernente, in via specifica, della delibera n. 1 del 9.3.2001,adottata dal Commissario regionale che dispone in ordine alla eccedenza di personale.
Si rileva, come indicato dai medesimi ricorrenti, che l’I stituto per l’incremento ippico è ente pubblico strumentale di interesse regionale, dotato di autonomia statutaria (viene, infatti, allegato agli atti da parte dei ricorrenti, lo Statuto dell’Istituto), organizzativa e patrimoniale e, nello svolgimento del la attività istituzionale, esso è sottoposto alla vigilanza dell’Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari.
Per quanto altro si contesta quanto indicato con il ricorso introduttivo non risultando né dal punto di vista funzionale che sotto l ’aspetto giuridico che sussistano le deduzioni dei ricorrenti.
Va rilevato che, tra l’altro, si rappresenta con il gravame anche una ipotesi di demansionamento sia in quanto i ricorrenti non sono mai stati utilizzati nelle funzioni di istruttore secondo la nomenclatura delle funzioni di cui al CCRL del 2000 sia in quanto, con la applicazione della L.R. del 2019, si verrebbe a verificarsi detto demansionamento. Diviene, a tal punto, necessario rappresentare il vigente quadro normativo afferente all’Istituto per l’Incremento Ippico.
Avendo esso Istituto una autonomia organizzativa, statutaria e patrimoniale, sotto la vigilanza regionale è di tutta evidenza che il funzionamento dell’Istituto ,in relazione alla utilizzazione del personale, non può che essere disciplinato da una apposita norma di legge alla quale deve, necessariamente, farsi riferimento.
La semplice istituzione dell’Istituto è con disposizioni di fine del secolo XIX e dei primi anni del ‘900. Nel caso di specie con la L.R. 3 gennaio 1985, n. 5 la Regione siciliana ha provveduto alla “Istituzione del ruolo degli agenti tecnici presso l’Istituto incremento ippico di Catania” (G.U.R. 5 gennaio 1985, n. 1)…………
Si riportano gli articoli che si ritiene concernono il presente giudizio.
“Art. 1. È istituito presso l’Istituto incremento ippico di Catania il ruolo degli agenti tecnici, con la dotazione organica di n. 40 posti, per provvedere alle specifiche esigenze di funzionamento dello stesso Istituto. Art. 2. Il personale inquadrato nella qualifica di agente tecnico prevista dall’art. 1 è tenuto a svolgere le seguenti mansioni: – compiti di carattere manuale inerenti alle attività istituzionali dell’Istituto; – custodia, cura e governo degli animali e dei relativi ricoveri; – funzionamento delle stazioni di monta; – conduzione e manutenzione degli
automezzi; – custodia dei beni immobili pertinenti alle sedi presso le quali prestano servizio.
Gli agenti tecnici adibiti a mansioni di custodia e che usufruiscono di alloggi di servizio sono tenuti alla custodia continuativa di quanto agli stessi affidato. Il personale predetto non può essere adibito a mansioni diverse da quelle contemplate nel precedente primo comma anche nel caso in cui ricorrano i presupposti per la dispensa dal servizio prevista dall’art. 129 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
Art. 3. Alla qualifica di cui all’art. 1 si accede mediante pubblico concorso per esami, indetto dall’Istituto incremento ippico, al quale possono partecipare i cittadini italiani in possesso della licenza di scuola elementare che abbiano assolto all’obbligo scolastico ed abbiano frequentato con profitto appositi corsi di qualificazione della durata non inferiore a mesi tre. Con delibera dell’Istituto, da approvarsi con decreto
dell’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste, saranno fissate le modalità per l’espletamento dei corsi di cui al precedente comma, il numero massimo dei partecipanti nonché la misura del compenso spettante per ogni giorno di frequenza.
Art. 4. Al personale che accede al ruolo di cui all’art. 1 si applica il trattamento giuridico ed economico previsto per la qualifica di agente tecnico dei ruoli dell’Amministrazione regionale. Per i periodi di servizio prestato presso le stazioni di monta l’indennità di missione è ridotta di un terzo.
Art. 5. Per l’espletamento dei servizi dell’Istituto incremento ippico di Catania diversi da quelli previsti dall’art. 2 della presente legge, si continuerà a provvedere con il personale dei ruoli dell’Amministrazione regionale.”
Le mansioni del personale dell’Istituto -che non appartiene ai ruoli regionali del personale- sono, come si legge, stabilite con apposita normativa, tutt’oggi in vigore e,tra l’altro, esse mansioni sono logiche in funzione delle attività dell’Istituto e, in
particolare, tenuto conto del fatto che, come sancito dall’art. 5, per gli atri compiti diversi da quelle indicati con l’art. 2, la Regione provvede con personale appartenente ai ruoli del personale della Regione (categoria D).
Va, a tal punto, rilevato che la figura di agente tecnico -ovviamente e per quanto sopra indicato con il comma 4 – rientrava tra le figure professionali dei dipendenti della Regione siciliana la quale approvava il contratto collettivo con Legge regionale (L.R.15,6,1988, n. 11).
Da ultimo, sotto tale aspetto, il contratto collettivo venne ulteriormente disposto con la L.R. 29 ottobre 1985, n. 41, concernente le “Nuove norme per il personale dell’Amministrazione regionale”.
La tabella “A” vede, tre le altre, la figura dell’agente tecnico (già inserita nella precedente normativa regionale che disciplinava la posizione le
figure professionali dei dipendenti della Regione siciliana. Con le assunzioni del 1991 (che comprende tutti i ricorrenti) viene specificato quanto
appena indicato e il provvedimento di assunzione a seguito del concorso (in unico file che contiene anche la delibera di inquadramento economico a seguito della abolizione della figura professionale di agente tecnico, di seguito indicata),Con la adozione del CCRL del 2000, indicato anche dai ricorrenti, venne disposta la modifica dei profili professionali con la costituzione e applicazione delle categorie
professionali (A, B, C e D) con unica dizione di profili per ciascuna categoria e, conseguentemente, con la soppressione anche della figura dell’agente tecnico.
Ne discendeva la necessità di provvedere alla indicazione della figura professionale cui ascrivere i dipendenti dell’Istituto, sulla base delle nuove categorie. Con delibera commissariale n. 29 del 21.11.2002 veniva disposta la applicazione del contratto regionale del 2000, ritenendo “di dovere riclassificare nel nuovo inquadramento professionale previsto dal contratto di lavoro 2000/2001 il personale
con qualifica di agente tecnico come stabilito alla categoria C”.
Sotto l’aspetto meramente giuridico essendo stata soppressa la figura di agente tecnico bisognava attribuire ai dipendenti dell’ente la nuova dizione di riferimento secondo la indicazione del CCRL che, per la categoria C, vede esclusivamente la figura
dell’Istruttore, onde potere provvedere alla determinazione dell’emolumento mensile. Ma, certamente, nessuna abrogazione delle disposizioni della L.R. n. 5 del 1985 è disposta né, attese le funzioni istituzionali dell’ente, esiste alcuna variazione delle mansioni da espletarsi da parte dei dipendenti dell’ente.
Pertanto, le mansioni dei dipendenti dell’Istituto (non ascritto, si ribadisce, ai ruoli dei dipendenti regionali) restavano e restano quelle stabilite con l’art. 2 della L.R. 3 gennaio 1985, n. 5, in precedenza indicate e mai modificate.
Diversamente argomentando e seguendo le indicazioni dei ricorrenti, in contrasto con il disposto della L.R. n. 5 del 1985 citata, nessuno dei dipendenti poteva più svolgere le mansioni istituzionali ma solo mansioni di ufficio, demandate (sempre dalla LR n.5) al dipendente proveniente dai ruoli del personale della medesima Regione, come sancito, ancora, dalla L.R. n. 5 con l’art. 5. Con la ovvia e comprensibile conclusione che le funzioni istituzionali non sarebbero più stata espletate.
Con riferimento ai motivi di gravame va rilevato che il ricorso, allo stato, è improcedibile in quanto nessuna impugnativa è stata promossa avverso gli atti definitivi concernenti la individuazione del personale che, secondo le disposizioni della L.R. n. 17 del 2019 e delle precedenti determinazioni dell’Istituto, rimane quale forza lavorativa e quale altro personale viene collocato in mobilità.
Va rilevato che, secondo le indicazioni del comma 1 della appena sopra citata legge regionale, i dipendenti da collocare nella nuova pianta organica sono stati scelti secondo le vigenti disposizioni nonché al fine di assicurare, come indicato dalla norma,
la massima funzionalità dell’Istituto. Invero, con la determina dirigenziale n. 80 del 14.5.2021, che si allega, secondo le indicazioni commissariali, il Direttore dell’Istituto ha individuato i dipendenti da mantenere in servizio, prendendo spunto inizialmente dal novero dei lavoratori che hanno dato la propria disponibilità alla ascrizione alla categoria A.
Ed ancora, di mantenere in servizio, onde consentire l’esercizio delle attività istituzionali relative alla gestione e cura degli equidi (circostanza che i ricorrenti medesimi condividono), il personale idoneo al servizio o con lievi limitazioni e,inoltre, sempre di mantenere in servizio il personale, tenendo conto dei carichi familiari, dei carichi di famiglia e della situazione reddituale, idoneo ma con controindicazioni fisiche che limitano la movimentazione di carichi entro dieci chilogrammi.
Ciò in quanto, come per legge, le mansioni da espletarsi presso l’Istituto sono quelle di cui all’art. 2 della L.R. n. 5 del 1980 e dette mansioni sono tutte, normativamente,richiedibili ai lavoratori e le sole da essi espletabili.
Altri lavoratori non inseriti, come si evince dall’allegato prospetto, date le condizioni fisiche -stabilite dal medico competente o dalle prescrizioni degli enti all’uopo demandati- non possono svolgere sostanzialmente alcuna attività con equidi o si trovano in posizione deteriore rispetto a quelli individuati con la citata determina n. 80 al punto c) secondo il quale si sono applicati i criteri di legge in relazione alla anzianità e ai carichi familiari..
Avverso tale atto definitivo non risulta alcuna contestazione da parte di tutti i ricorrenti e esso è efficace e, tra l’altro, logico nei suoi contenuti, obbligatorio da assumere in relazione alle disposizioni della L.R. n. 17 del 2019, finalizzato a mantenere in servizio
i dipendenti in grado di espletare le funzioni istituzionali dell’Istituto quale ovvia definizione e applicazione del contenuto della legge di modifica della pianta organica.
Le OO.SS. rappresentate presso l’Istituto hanno chiesto all’Assessorato regionale della Funzione pubblica una mera sospensione della efficacia della determina dirigenziale n. 80 e il predetto Assessorato, con nota 40836 del 29.6.2021 ha disposto una sospensione per giorni venti al fine di verificare con le OO.SS. in ordine alla richiesta delle stesse.
Il termine è decorso infruttuosamente e il direttore, con comunicazione a ogni lavoratore interessato (si allega una copia a titolo di esempio) con decorrenza 21.7.2021 ha dato seguito a quanto disposto adottando i provvedimenti di mobilità.
Con riferimento al punto 4 del gravame si precisa che agli incontri sindacali,concernenti il procedimento oggetto del gravame, sono state invitate tutte le sigle sindacali firmatarie del contratto che hanno una rappresentanza presso l’Istituto. Il
sindacato Siad non ha alcun iscritto e, pertanto, anche secondo le disposizioni degli articoli 42 e 43 del D. Lgs. n. 165 del 2001, non sussisteva alcuna ragione per l’invito.
Relativamente agli altri punti del ricorso si contesta il contenuto del ricorso precisando che l’Istituto ha provveduto agli adempimenti normativamente previsti.
Va precisato che, nel caso in esame, alle OO.SS. va data esclusivamente la informativa relativa alle disposizioni che l’ente intende assumere relativamente alla organizzazione del lavoro, tra l’altro prevista per legge e non sindacabile- e le medesime OO.SS. possono essere d’accordo o meno ma la decisione in merito alla organizzazione del lavoro spetta soltanto allo stesso ente e ciò è vieppiù rilevante atteso che si versa in ipotesi di applicazione di una norma di legge. Comunicazione resa, come anche indicato in seno al ricorso introduttivo del giudizio, in data 15 settembre 2020 in sede di incontro sindacale (atto nel fascicolo dei ricorrenti).
Errano i ricorrenti allorché affermano che il personale collocato in mobilità sarebbe di 27 unità. Invero, leggendo la determina dirigenziale n. 80 del 2021 si potrà verificare che il personale collocato in mobilità ammonta a nove unità, alcune della quali prossime al pensionamento e disponibili alla mobilità.
Con riferimento alla mancata attuazione della ipotesi dell’eventuale prepensionamento, di cui all’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008,n. 112, richiamato dall’art. 33 del D. Lgs. n. 165 del 2001, lamentata dai ricorrenti va rilevato che l’Istituto ha provveduto richiedendo all’INPS di avere contezza in merito alla anzianità dei lavoratori tutti dell’ente, senza ricevere riscontro alcuno: invero da
detto ente; comunque, deve rilevarsi che nessuno dei dipendenti si trova con almeno 42 anni e dieci mesi di servizio quale presupposto per il pensionamento anticipato (comma 10, art. 24 del D.L. 06/12/2011, n. 201).
Analogamente, l’Istituto ha provveduto a richiedere alla Regione siciliana, quale amministrazione di riferimento ed unico soggetto al quale inviare la richiesta, la possibilità di una ricollocazione del personale in eccedenza e posto in mobilità anche al fine di stipulare gli eventuali accordi e, come risulta in atti la Regione siciliana, con atto motivato, ha rappresentato di non avere disponibilità di ricollocazione di personale delle categorie A, B e C, essendo i posti di lavoro coperti da personale.
Orbene, si ribadisce che l’Istituto ha provveduto alla informativa alla OO.SS. della necessità della applicazione della disposizione di legge voluta dalla L.R. n. 17 del 2019.
Ciò è avvenuto anche precedentemente al dicembre 2020 con lo svolgimento di una seduta con l’assistenza del sottoscritto procuratore. Successivamente la Regione ha nominato un Commissario ad acta che ha svolto alcune sedute dal gennaio 2021 sino alla adozione della delibera impugnata che ha stabilito ulteriormente la necessità della applicazione della disposizione di cui all’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019 demandando al Direttore dell’Istituto di adottare il conseguente provvedimento come effettuato con la successiva determina dirigenziale n. 80 del 14.5.2021, ben oltre i novanta giorni indicati dai ricorrenti e ritenuti non osservati dai medesimi.
Errano i ricorrenti, pag. 12 del ricorso, poiché, come riferito le determinazioni in ordine alla organizzazione del lavoro sono di esclusiva spettanza dell’ente interessato e datore di lavoro e, soprattutto, non vi è un illegittimo ricollocamento del personale in categorie inferiori (come ampiamente documentato in precedenza) ma la espressa applicazione di una disposizione di legge che, ove i ricorrenti la ritengano ingiusta,potranno contestarla rivolgendosi alla Corte Costituzionale.
La delibera commissariale impugnata dispone, a seguito di quanto disposto dalla delibera commissariale impugnata, l’applicazione della norma di cui all’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019 con la ascrizione, solo sotto il profilo economico per la categoria A e B, dato che le mansioni non possono che essere sempre quelle di cui all’art. 2 della L.R. n. 5 del 1980: aspetto economico che, comunque, non muta essendo diritto
acquisito lo stipendio sino ad oggi ricevuto, salvi i riassorbimenti di cui ai prossimi contratti collettivi, come per legge.
Con la determina dirigenziale n. 80 citata, tenendo conto (come, peraltro, non disconosciuto dai ricorrenti) delle esigenze funzionali e istituzionali dell’Istituto,secondo il disposto dell’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019. L’Istituto per l’Incremento
Ippico provvede a individuare il personale nel rispetto della disposizione dell’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019.
Sempre con riferimento alla pagina 12 del ricorso, nella parte in neretto, gli stessi ricorrenti -interpretando erroneamente la norma da essi stessi indicata- rappresentano che i lavoratori hanno facoltà di richiedere istanza di ricollocazione nell’ambito dei
posti vacanti in organico (non certo dell’Istituto che è normativamente obbligato alla riduzione complessiva del personale) alla Regione siciliana -considerato che l’Istituto è ente strumentale della Regione- ma ciò non è stato fatto da alcuno di essi visto che la norma consente solo ad essi tale richiesta.
Va considerato, comunque, che l’Istituto ha provveduto a richiedere alla Regione (è adempimento preventivo e diverso da quello indicato dai ricorrenti in relazione all’art.33 comma 4 del D. Lgs. n. 165 del 2001) la possibilità immediata della ricollocazione con la stipula degli appositi accordi e la Regione, come già riferito, ha rilevato che tale ipotesi è impercorribile tenuto conto che gli unici posti disponibili presso di essa sono di categoria D.
L’art. 33, comma 4, indicato in precedenza e oggetto della deduzione dei ricorrenti riguarda una ben diversa ipotesi giuridica e non riguarda comportamenti da adottarsi da parte dell’Istituto. Essi lavoratori hanno la possibilità di richiedere, alle amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 dello stesso articolo, prima della scadenza del biennio inerente la mobilità (sei mesi prima), di potere essere ricollocati in posizione
analoga alla precedente o in categoria immediatamente inferiore. Quanto indicato dagli stessi ricorrenti nella pagina 13 concerne tale ipotesi che i ricorrenti hanno travisato quale comportamento dell’ente mentre sono essi che prima della scadenza dei sei mesi anteriori alla scadenza del periodo di mobilità devono eventualmente essi stessi attivarsi per un ricollocamento.
Errano ancora i ricorrenti allorché affermano di interlocuzioni con la Funzione pubblica per i movimenti di personale atteso che la determina n. 80 prevede proprio un caso di mobilità relativo a personale già comandato presso altro ente strumentale con il posto in pianta organica. Poco chiaro l’ultimo capoverso della pagina 13 atteso che, comunque, l’Istituto ha motivatamente attribuito ai tre dipendenti da ascrivere alla
categoria C di cui all’art. 2 della L.R. n. 17 del 2019 il relativo posto (a che è in possesso anche dei titoli nonché di esperienza maturata), sempre ai fini del migliore funzionamento dell’Istituto. Determina n. 80 assai chiara e, comunque, non impugnata dai ricorrenti.
Con ogni evidenza le decisioni della Suprema Corte non possono riguardare il caso di specie non avendo l’Istituto alcuna possibilità di ricollocamento interno atteso che la pianta organica complessiva viene ridotta ex lege di parecchie unità e che, nonostante la richiesta dell’Istituto secondo quanto stabilito dalla L.R., la stessa Regione ha risposto rilevando la impossibilità della ricollocazione di personale delle categorie A,B e C, tenuto conto di non avere posti in esubero.
Errano, ancora, i ricorrenti alla pagina 15 punto 2 allorché affermano che i ricorrenti dovevano essere ritenuti in soprannumero e non come personale eccedentario. Si rileva che la L.R. n. 17 del 2019 prevede una nuova pianta organica senza possibilità
di mantenere in servizio il personale sino al collocamento in quiescenza o per ipotesi di ricollocamento in altre amministrazioni.
In questo ultimo caso si versa nella ipotesi giuridica di soprannumero mentre, in relazione alla volontà della L.R. n. 17 deve parlarsi esclusivamente di personale eccedentario.
Ed ancora, non sussiste la ipotesi rappresentata dai ricorrenti relativamente all’art. 33 comma 5, del D. Lgs. n. 165 del 2001 tenuto conto che il precedente comma 2 prevede che la mobilità deve riguardare almeno dieci unità che, nel caso di specie, non sussistono. Detta norma, comunque, attesa la modifica dell’articolo del 2019, va letta con il disposto del precedente comma 4. tenuto conto che l’eccedenza di personale
deriva oggi da norma di legge, che non è intervenuta nei termini alcuna richiesta in merito e che nell’ambito dell’Istituto, ovviamente, non è possibile alcun ricollocamento. Analogamente, visto il citato comma 5, nessuna ulteriore richiesta è stata specificamente avanzata dalle OO.SS. per la prosecuzione della discussione presso la Funzione pubblica. L’Istituto, invero, definita tale situazione, ha comunicato alla Funzione pubblica i nominativi del personale in mobilità. Invece, va precisato, come sancisce l’art. 33 citato, che l’Istituto ha correttamente applicato i commi 7 e 8 del medesimo articolo.
Con riferimento al punto 3 del ricorso si ribadisce quanto indicato in precedenza. Il procedimento è stato correttamente posto in essere e la Funzione pubblica non risulta avere alcun obbligo di imporre alla Regione siciliana una modifica al piano triennale del personale Regionale in considerazione della L.R. n. 17 del 2019. Invero, il piano triennale ha la funzione di verificare le necessità di personale che, come riferisce la
Funzione pubblica, non esistono necessità per le categorie A, B e C. diversamente argomentando ove sussistesse un obbligo (e non si rileva norma in materia) di ricollocare sempre e comunque personale in eccedenza non esisterebbero le ipotesi della mobilità, degli accordi di compartimento, etc.
La Regione ha adottato una Legge e essa ha ritenuto che la funzionalità dell’ente sia corretta con la nuova disposizione in ordine alla pianta organica da esse prevista. Inconferente il punto 5 del ricorso poiché la norma chiarisce il suo intento e essa norma deve essere applicata non essendo un provvedimento amministrativo contestabile ma atto di natura cogente e non emendabile con un ricorso ma solo con una eventuale
richiesta alla Corte Costituzionale che la espunga dal novero delle norme vigenti.
Per le ragioni dedotte non sussiste neanche il periculum in mora tenuto conto che la retribuzione dei dipendenti dell’ente supera oggi gli € 1.200,00 mensili (invero, la retribuzione di un C1 è appena inferiore a € 1.700,00e i ricorrenti sono, sotto l’aspetto economico tutti C5 e C6) indicati in ricorso e, comunque, non solo le norme sono state rispettate e la procedura inerente la applicazione di norma di legge è corretta ma,secondo le disposizioni vigenti, lo Stato ritiene che il lavoratore in mobilità (che non ha neanche spese di spostamenti) possa ritenersi soddisfatto percependo l’80% della ultima retribuzione ricevuta anteriormente al collocamento in mobilità.
Rilevandosi,ancora una volta, che la indicata violazione dell’art. 33 del D. Lgs. n. 165 del 2001,comma 8, come dedotto in precedenza, non sussiste e che il chiesto blocco decorrere dei 24 mesi non è legittimo essendo logica la sua applicazione attuale.
Per le considerazioni che precedono voglia l’Ill.mo Tribunale adito, in funzione di Giudice del Lavoro, preliminarmente, dichiarare inammissibile il ricorso per le motivazioni dedotte nonché, in subordine e nel merito, rigettare il ricorso perché infondato in fatto e in diritto.