Riportiamo la sentenza che parla di Paese di origine sicuro L’intestazione:
“invio pregiudiziale – Protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato – Nozione di paese di origine sicuro – Designazione – Criteri – Eccezioni territoriali – Diritto ad un rimedio effettivo.
La Grande Camera della Corte di Giustizia, con sentenza del 4 ottobre 2024, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto dal Tribunale di Brno (Repubblica Ceca). Nel procedimento proposto dinanzi al giudice del rinvio, un cittadino moldavo aveva presentato una domanda di protezione internazionale, deducendo, altresì, di non poter rientrare nel paese d’origine a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le autorità ceche avevano respinto tale richiesta tenendo, in particolare, conto del fatto che la Moldova, ad eccezione della Transnistria, era stata designata quale paese di origine sicuro.
Investita del ricorso contro il rigetto della domanda di protezione internazionale, la Corte regionale di Brno ha sottoposto alla Corte di giustizia tre questioni pregiudiziali concernenti l’interpretazione della direttiva recante procedure comuni in materia di protezione internazionale.
La Corte, con riferimento alla prima questione, ha affermato che un paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato come paese di origine sicuro per il solo motivo che invoca il diritto di derogare agli obblighi previsti dalla CEDU, ai sensi dell’articolo 15 di tale convenzione, sebbene le autorità competenti dello Stato membro che ha effettuato una siffatta designazione debbano valutare se le condizioni di attuazione di tale diritto siano tali da rimettere in discussione tale designazione.
In merito alla seconda questione pregiudiziale – la possibilità di designazione di un paese sicuro con previsioni di eccezioni territoriali – i giudici di Lussemburgo hanno premesso che dalla designazione, da parte di uno Stato membro, di paesi terzi come paesi di origine sicuri, discende l’applicazione di un “regime speciale a carattere derogatorio”, come tale soggetto “ad interpretazione restrittiva” (§ 71). Tanto premesso, alla luce del tenore letterale dell’art. 37 della Direttiva e della previsione contenuta nel previgente art. 30 della Direttiva 2005/85, la Corte ha affermato che “l’articolo 37 della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali per una siffatta designazione, enunciate nell’allegato I di tale direttiva”.
Rispondendo alla terza questione pregiudiziale, infine, la Corte di Giustizia si è soffermata sul tema del diritto ad un rimedio effettivo (ex art. 46, par. 3 della direttiva 2013/32) e sul contenuto dei poteri officiosi del Giudice. In particolare, è stato affermato che “l’esame completo ed ex nunc che deve essere effettuato dal giudice non deve necessariamente riguardare l’esame nel merito delle esigenze di protezione internazionale e che può quindi riguardare gli aspetti procedurali di una domanda di protezione internazionale” (§ 90). Fatta tale premessa, la Corte ha poi sottolineato come “la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro rientra in tali aspetti procedurali delle domande di protezione internazionale in quanto, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 48 a 50 della presente sentenza, una siffatta designazione può avere implicazioni per la procedura d’esame relativa a siffatte domande” (§ 91).
In forza di tali elementi, la Corte ha statuito che “anche se il richiedente nel procedimento principale non ha espressamente invocato, in quanto tale, un’eventuale violazione delle norme previste dalla direttiva 2013/32 ai fini di una siffatta designazione al fine di assoggettare la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale di un richiedente di tale paese terzo al regime speciale risultante dalla sua designazione come paese di origine sicuro, tale eventuale violazione costituisce una questione di diritto che il giudice del rinvio deve esaminare nell’ambito dell’esame completo ed ex nunc richiesto dall’articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva” (§ 94).