La Corte d’appello di Catania ha condannato a quattro anni e due mesi ciascuno di reclusione Roberto Mirabella e Salvatore Castrogiovanni e a quattro anni e quattro mesi Agatino Valentino Spampinato accusati di violenza sessuale di gruppo commessa su una 19enne statunitense nel marzo del 2019. La sentenza ha ridotto di tre anni ciascuno le pene comminate, il 6 maggio del 2021, in primo dal grado dal Gup Luigi Barone a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato.
Si apprende che i giudici del collegio di secondo grado hanno concesso le attenuanti generiche ai tre imputati che hanno rinunciato, per una precisa strategia della difesa, ai motivi d’appello. La Corte ha sostituito la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea per cinque anni.
I tre sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali delle parti civili: la vittima della violenza, il Comune di Catania e le associazioni antiviolenza Galatea e Penelope. La Procura generale aveva chiesto la loro condanna a cinque anni. A Spampinato era contestata una seconda violenza sessuale commessa nei confronti della giovane nel sottoscala del palazzo in cui era ospite la statunitense.
Era stato lui stesso a raccontare del rapporto, citandolo a discolpa sostenendo che la 19enne fosse consenziente.
Due sentenze contrastanti, adesso un’altra della Corte d’appello di Catania assolve l’ex presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, per concorso esterno all’associazione e corruzione elettorale.
Si apprende c he da diversi anni Raffaele Lombardo sta sulla graticola in attesa di essere “liberato” dal comune dire che lui e la classe dirigenziale che ha fatto passi avanti con il suo nome , sono una cosa comune “mafiosa”.
Anche un annullamento con rinvio della Cassazione che verte su indagini dei carabinieri del Ros di Catania su rapporti tra politica, imprenditori, “colletti bianchi” e Cosa nostra. Per la Procura Lombardo avrebbe favorito clan e ricevuto voti alle regionali del 2008, quando fu eletto governatore. Accuse che lui ha sempre respinto.
La Corte ha assolto Lombardo dall’accusa di concorso esterno perché il fatto non sussiste e da quella di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia per non avere commesso il fatto.
Di pensiero diverso la Procura, che con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, in virtù di elementi di prova raccolti, avevano chiesto la condanna di Raffaele Lombardo, a sette anni e quattro mesi di reclusione, per l’accesso al rito abbreviato.
Sotto i riflettori i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei … Ricorderemo che l’ex presidente aveva sostenuto a difesa di avere «sempre combattuto Cosa nostra».
I suoi legali , gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito «perché il fatto non sussiste». Il procedimento ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le politiche del medesimo anno.
La Seconda sezione penale della Cassazione, tre anni fa, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza.
Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, «arbitro» e «moderatore» dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria.
Nelle motivazioni la Corte d’appello di Catania, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva rilevato che «il summit tra i vertici mafiosi e Raffaele Lombardo nel giugno del 2003 a casa dell’ex presidente della Regione, uno dei pilastri dell’accusa, «è un fatto assolutamente privo di riscontro probatorio». Erano stati invece dimostrati, secondo i giudici di secondo grado, «i rapporti tra Lombardo e esponenti della mafia, che avrebbero agito per agevolare la sua elezione, ma dal quale non avrebbero ricevuto alcun favore».
La Corte d’appello gli aveva contestato la corruzione elettorale con l’aggravante di avere favorito la mafia, che non usa violenza né intimidisce, ma compra i voti con soldi, buoni spesa e favori. Una decisione non condivisa dalla Cassazione che «in accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania» aveva poi annullato «la sentenza con rinvio ad altra sezione» della Corte d’appello di Catania, davanti alla quale si è celebrato il nuovo processo.
Rinvio com’era presumibile. Rinviata al prossimo 7 gennaio l’ultima udienza del processo di secondo grado all’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, per concorso esterno all’associazione di tipo mafioso e corruzione elettorale aggravata.
La Procura, con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, ha chiesto la condanna dell’ex governatore a sette anni e quattro mesi di reclusione. Al centro del processo, che si celebra col rito abbreviato, i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex leader del Mpa ha sempre negato sostenendo di avere «nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me. Sotto i riflettori anche il coinvolgimento di esponenenti del mondo della politica e degli affari.
Gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, – informano -hanno chiesto l’assoluzione di Raffaele Lombardo con la formula«perché il fatto non sussiste».
Matteo Frasca, Presidente della Corte d’appello di Palermo all’apertura dell’anno giudiziario esordisce così. “E’ innegabile l’incidenza negativa cagionata dalle vicende dello scorso anno sulla fiducia nella Magistratura che é fortemente diminuita toccando livelli bassi mai raggiunti in precedenza e che è invece indispensabile recuperare per l’esercizio efficace della giurisdizione“. . “Così come è altrettanto insoddisfacente il grado di percezione da parte dei cittadini e da parte delle imprese dell’indipendenza della Magistratura che secondo le rilevazioni dell’Eurobarometro vedono il nostro Paese agli ultimi posti tra gli Stati europei”
“Una tempesta senza precedenti che ha posto in discussione il ruolo e la credibilità dello stesso organo di governo autonomo della Magistratura che però, con alto senso istituzionale e nutrendosi del pluralismo ideale che alimenta la crescita della democrazia, sta mostrando di impegnarsi per superare il difficilissimo momento che attraversa”, ha aggiunto. “Una Magistratura indipendente e un’Avvocatura indipendente che si confrontano e cooperano alla ricerca dell’efficienza del processo rafforzano la giurisdizione nell’interesse dei cittadini. Occorre avere la consapevolezza che non sono in discussione meri profili tecnici sul funzionamento del processo, ma la posta in gioco è molto più alta perché investe principi costituzionali e regole della democrazia. Non è più tempo né vi può essere spazio, per nessuno, per chiusure corporative o per derive autoreferenziali. Prima che sia troppo tardi”.
La Mafia continua ad esercitare il suo controllo in Sicilia
“Cosa nostra continua ad esercitare il suo diffuso, penetrante e violento controllo sulle attività economiche, imprenditoriali e sociali del territorio – – se negli anni precedenti il dato statistico aveva mostrato qualche cenno di diminuzione va sottolineato che nell’anno in corso le denunce sono state ben 151 a fronte delle 65 e 69 dei due anni immediatamente precedenti. A livello distrettuale quindi si registra un aumento di ben il 132%”.
Nella foto sopra Matteo Messina Denaro, Superboss ricercato in tutto il mondo. Sembra tuttavia possa
vivere nelle campagne di Trapani circondato da numerosi boss e “collaboratori” di assoluta fedeltàri
Messina Denaro “boss di assoluto rilievo mafioso”
Le indagini in provincia di Trapani- coordinate dalla Dda di Palermo “hanno registrato ancora il potere mafioso saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro che vanta un elevato novero di suoi componenti che hanno ricoperto e ricoprono tutt’ora ruoli di assoluto rilievo all’interno dell’intera provincia mafiosa trapanese”. Le continue operazioni della Dda hanno eroso il cuscinetto di protezione della primula rossa di Castelvetrano, ma questo non ha scalfito il potere di Messina Denaro sul territorio di Trapani e anche nelle altre province. “L’azione investigativa portata avanti dalle diverse forze di polizia sotto il coordinamento della Dda, finalizzata a localizzare il latitante e a disarticolare il reticolo di protezione che consente a Matteo Messina Denaro tuttora di mantenere la latitanza e governare il territorio trapanese, ha prodotto nell’anno diversi arresti, anche vicinissimi al contesto relazionale del latitante“.
I nuovi vertici di Cosa Nostra
“Si deve affermare che la morte di Riina ha contribuito ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione – spiega Frasca – che probabilmente, anche se con tempi più dilatati, si sarebbero in ogni caso verificati, perché conformi alle esigenze strategiche della stessa”. Secondo gli inquirenti che da anni si occupano di combattere il fenomeno mafioso, i nuovi boss “hanno atteso la morte di Riina, con impazienza, per potersi riorganizzare.
Rischio di infiltrazioni mafiose in tutti i livelli
“Particolare attenzione – afferma il presidente della Corte d’Appello – merita la composizione e la partecipazione alle associazioni antiracket perché la possibilità di infiltrazioni mafiose, assolutamente impensabile un tempo, è attualmente possibile. Occorre, pertanto, una ragionevole prudenza da parte delle associazioni e dell’autorità giudiziaria procedente”. Fra i settori di ‘interesse’ di Cosa Nostra anche le slot machines e le scommesse on line, ,mentre “permane — la presenza mafiosa nel campo degli appalti, ma la gestione e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni.Più in generale, si può affermare che rimane elevato il rischio di infiltrazioni mafiose in tutti i livelli, siano essi meramente amministrativi che politici, dei Comuni e degli enti di piccole e medie dimensioni del territorio qui di interesse”.
Londra condanna il bambino Alfie Evans, 23 mesi affetto da una grave malattia neurodegenerativa il cui caso è noto si trova al centro di una disputa legale tra genitori e medici. I giudici inglesi, senza anima e senza cuore-è il caso di dirlo vibratamente – hanno deciso che il piccolo non potrà lasciare il paese per farsi curare in Italia. La Corte d’Appello di Londra ha respinto infatti il ricorso della famiglia, bocciando l’ultimo tentativo di trasportare il piccolo in aereo dall’ospedale Alder Hay di Liverpool al Bambino Gesù di Roma. Londra non ha ascoltato l’appello dei genitori , del Papa, e del mondo intero..
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