COSA NOSTRA E’ DENTRO LA REGIONE SICILIA: DIRIGENTI FAVORIVANO AUTORIZZAZIONI NEL SETTORE..

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TREMANO I DIRIGENTI DEI DIPARTIMENTI DELLA REGIONE SICILIANA: SONO TANTI GLI INFILTRATI DI COSA NOSTRA,TROPPI FAVORITISMI , TROPPA CORRUZIONE, E’ IN GRAN PARTE UNA CASTA CORROTTA CHE VEDE ANCHE IL PRESIDENTE MICCICCHE’ – SECONDO IL GIP -“AVERE UN RUOLO BEN PRECISO…”

Paolo Arata, l’ex deputato di Forza Italia ed ex consulente della Lega per l’energia e il figlio Francesco, accusati dei reati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni, sono finiti stamani in carcere.

 

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Nella foto, Paolo Arata

Le indagini della Dda di Palermo  padre e figlio, rivelano che essi sarebbero soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri – anche lui in carcere con il figlio Manlio -, vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Anche la classe dirigenziale della Regione Sicilia ha un ruolo specifico.Agli arresti domiciliari  il dirigente regionale Alberto Tinnirello.

Le perquisizioni dello scorso 17 aprile hanno fornito agli inquirenti  riscontri alle ipotesi d’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo. L’ordinanza è stata emessa dal gip Guglielmo Nicastro. Alcune società che gestiscono impianti eolici sono state sequestrate dalla Dia di Palermo. Negli affari degli impianti eolici tra Arata e l’imprenditore Vito Nicastri ci sarebbe, secondo il gip, un “elevato rischio di infiltrazioni di Cosa nostra”.

 

Intanto, perquisizioni sono in corso negli uffici dell’assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana nell’ambito dell’arresto. Gli uomini della Dia cercano riscontri sul dirigente Alberto Tinnirello finito oggi ai domiciliari.

 

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Armando Siri: “destinatario di una tangente da 30 mila euro”secondo l’accusa

SIRI – Prosegue anche il procedimento  della Procura di Roma che vede l’ex consulente della Lega e l’ormai sottosegretario Armando Siri  coinvolto L’indagine era stata avviata a Palermo ma poi trasferita, per la parte riguardante il politico, alla Procura della  Capitale.

Siri sarebbe il destinatario di una tangente da 30 mila euro in cambio di un emendamento nell’ambito di un affare sull’eolico insieme con l’imprenditore Nicastri.            “Tra i fatti di reato sono emersi anche ipotizzati accordi corruttivi raggiunti a Roma nel settembre 2018 da Paolo Arata, dal figlio Francesco e dell’attuale senatore Armando Siri“. E’ quanto scrive il gip nella misura cautelare . Gli atti relativi a Siri sono poi stati inviati a Roma dove la Procura sta proseguendo l’inchiesta. “Ufficio con il quale è in corso pieno e proficuo coordinamento investigativo che ha consentito tra l’altro, lo scorso 18 aprile, l’esecuzione congiunta di attività di perquisizione e sequestro nei confronti di alcuni indagati iscritti sia nell’ambito del presente procedimento che nell’ambito di quello pendente innanzi alla A.G. di Roma“…

” –  Paolo Arata – comunica la Procura -“ha fatto tesoro della sua precedente militanza politica, in Forza Italia, per trovare canali privilegiati di interlocuzione con esponenti politici regionali siciliani ed essere introdotto negli uffici tecnici incaricati di valutare, in particolare, i progetti relativi al ‘bio-metano'”. “Dalle attività di indagine, infine, è emerso che Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati dall’Arata medesimo e di cui informava puntualmente il Nicastri”.

GLI INDAGATI – Ecco chi sono gli altri indagati nell’ambito dell’operazione della Dia: Francesco Paolo Arata, 39 anni, figlio di Paolo; Francesco Isca, 59 anni; Manlio Nicastri, 32 anni; Vito Nicastri, 55 anni; Alberto Tinnirello, 61 anni.

L’indagine ha messo a soqquadro alcuni ambienti della Regione siciliana. Dirigenti sotto inchiesta come il presidente della commissione di valutazione di impatto ambientale (Via) Alberto Fonte, accusato di abuso d’ufficio. Coinvolti anche altri due funzionari Giacomo Causarano, 70 anni, che lavora al Territorio e Ambiente dove sono in corso perquisizioni e Angelo Mistretta, 62 anni, che presta servizio al comune di Calatafimi. Le indagini, spiegano gli inquirenti, “hanno ulteriormente dimostrato che, oltre alla plurima creazione illecita di società dietro cui celarsi e continuare ad operare occultamente, Vito Nicastri, anche attraverso il suo prestanome Arata, intesseva – more solito – una fitta rete di relazioni con dirigenti e politici regionali al fine di ottenere (in un caso anche dietro versamento di denaro) corsie preferenziali e trattamenti di favore nel rilascio di autorizzazioni e concessioni necessarie per operare nel settore”. Così gli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta sull’eolico.

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“LA PROCURA: MICCICHE LI HA “INTRODOTTI NEL SISTEMA’” – Secondo il gip, Paolo e Francesco Arata sarebbero stati introdotti negli uffici dell’Assessorato alle Attività produttive della Regione siciliana, guidato dall’assessore Mimmo Turano, dal Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Sono gli stessi Arata, parlando con un interlocutore, a spiegare “di essere stati introdotti presso l’Assessore Turano dal Presidente dell’Ars, Miccichè”, scrive il gip. A “Turano – prosegue il gip – gli stessi avevano riferito delle loro co-interessenze con Vito Nicastri, dicendogli di averlo conosciuto come valente ed esperto imprenditore del settore energetico e di ritenere che proprio tale “legame” fosse la ragione della diffidenza mostrata da alcuni Uffici regionali nei confronti dei progetti della Solgesta s.r.l.“.

LE MANI DI COSA NOSTRA SULLE RINNOVABILI – Il settore delle energie rinnovabili “è stato oggetto in tempi recenti di particolari attenzioni da parte di Cosa Nostra e degli imprenditori a questa vicini e/o contigui”. E’ l’ordinanza del Gip di Palermo. Una “confluenza di interessi, da parte di più articolazioni mafiose”, che “è stata plasticamente rappresentata dal suo capo assoluto”, Totò Riina, “il quale durante la sua detenzione nel carcere milanese di Opera, nell’affrontare temi e vicende relative ad altre questioni criminali, commentava già nel 2013 con il suo interlocutore la decisione di speculare nel settore eolico da parte del latitante Matteo Messina Denaro, reo a dire del Riina di tralasciare gli affari tradizionalmente oggetto delle attività criminale di Cosa Nostra e di dedicarsi ai “pali”, figura retorica utilizzata dal boss per indicare l’attività imprenditoriale riferibile al settore dell’eolico”.

“Era assolutamente prevedibile, dunque – sottolineano i magistrati – che in ogni affare che dovesse e potesse interessare tale settore venisse coinvolto proprio Vito Nicastri”.

La “confluenza di interessi, da parte di più articolazioni mafiose” nel settore delle energie rinnovabili “è stata plasticamente rappresentata dal suo capo assoluto”, Totò Riina, noto quale “Capo dei capi””il quale durante la sua detenzione nel carcere milanese di Opera, nell’affrontare temi e vicende relative ad altre questioni criminali, commentava già nel 2013 con il suo interlocutore la decisione di speculare nel settore eolico da parte del latitante Matteo Messina Denaro, reo a dire del Riina di tralasciare gli affari tradizionalmente oggetto delle attività criminale di Cosa Nostra e di dedicarsi ai ‘pali’, figura retorica utilizzata dal boss per indicare l’attività imprenditoriale riferibile al settore dell’eolico”…

Il “re  dell’eolico”: Vito Nicastri

    Gli investigatori, che ne sottolineano l’intuito e le capacità “visionarie”, lo descrivono come un profondo conoscitore della macchina burocratica regionale, uno che sapeva quali ruote ungere per avere concessioni e autorizzazioni. Un corruttore, dunque, come conferma l’inchiesta della dda di Palermo, che l’aveva già arrestato per mafia. Alla Regione Nicastri conosceva tutti. E dove non arrivava lui arrivava il suo socio occulto, Paolo Arata, docente di ecologia
    Arrestato negli anni ’90, tornato in cella nel 2018 in una vicenda relativa all’acquisito i terreni degli esattori di Salemi, i cugini Nino e Ignazio Salvo, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Nicastri, sarebbe al centro di un giro di mazzette che coinvolge anche funzionari della Regione. Sei anni fa gli è stato sequestrato dalla Dia un patrimonio di circa un miliardo di euro. Il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, lo ha indicato come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il mafioso Giuseppe Sucameli, intercettato, dice che “le cose le faceva per il suo amico di Castelvetrano”, riferimento chiaro al boss latitante Matteo Messina Denaro.
    Cimarosa ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. Ha sempre mantenuto costanti contatti con la politica locale in uno “scenario sconfortante”, scrissero i giudici nel decreto di sequestro, fatto di “impressionanti condotte corruttive”. Partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti si è poi convertito diventando imprenditore leader per le energie alternative. Secondo le accuse fin dagli anni ’90 capì che la protezione della mafia era fondamentale per gli affari. Il suo ruolo è consistito nel fornire una facciata legale ai rapporti inconfessabili tra la grande imprenditoria e le cosche mafiose
   

NICASTRI – Secondo il gip, inoltre, Vito Nicastri “sin dal 2010” si era reso conto “di essere possibile oggetto di iniziative investigative e giudiziarie per i suoi ricostruiti rapporti patrimoniali con l’associazione mafiosa, di talché, anche per l’importante clamore mediatico suscitato dalle iniziative ablative che lo avevano raggiunto, era ben consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione della sua attività imprenditoriale e della certezza che, ove fosse comparso in prima persona, ne avrebbe avuto inibita praticamente l’iniziativa, oltre a subire, come già stava accadendo, e come sarebbe poi accaduto per diversi anni, sequestri e confìsche”. E’ proprio all’indomani del primo rilevante provvedimento di sequestro subito, “sino ad arrivare ad oggi, che Nicastri ha costantemente posto in essere condotte dissimulatorie al fine precipuo di continuare a rivestire un ruolo leader nel settore delle energie alternative grazie ai servigi ed alla schermatura di prestanomi nuovi che si sono succeduti nel tempo e a partecipazioni occulte nelle c.d. società ‘veicolo”’. E’ ancora l’ordinanza del Gip di Palermo di applicazione delle misure cautelari nei confronti, tra gli altri di Paolo Arata e Vito Nicastri. Un’ìordinanza giudiziaria che sembra un fiume in piena e travolge tutto e tanti

GIP – Il 31 maggio dello scorso anno, “in occasione dell’occasionale rinvenimento della telecamera installata di fronte l’ingresso della casa di Nicastri, veniva intercettata una conversazione tra Manlio Nicastri e Francesco Arata dalla quale emergeva l’assoluta consapevolezza del gruppo di non poter più interloquire liberamente con Vito Nicastri, in ragione delle prescrizioni di cui erano ovviamente a conoscenza, sia, conseguentemente, la necessità di adottare cautele ancora più rigorose posto che avevano appena scoperto di essere oggetto di investigazioni”. E’ ulteriormente l’ordinanza del Gip di Palermo di applicazione delle misure cautelari nei confronti, tra gli altri di Paolo Arata e Vito Nicastri. Il gruppo Nicastri/Arata “si attivava, inoltre, alla ricerca di eventuali microspie all’interno dell’autovettura, con esito positivo. Difatti, nel pomeriggio del successivo 08.06.2018 a bordo dell’autovettura monitorata, Nicastri Manlio e Arata Francesco si recavano nei pressi di una officina di elettrauto, dove facevano controllare l’abitacolo da una terza persona”. “La ‘brutta notizia’ del rinvenimento della microspia era tempestivamente preannunciata telefonicamente da Arata Francesco ad Arata Paolo. E’ di tutta evidenza, quindi -si legge nel documento- che tutti i protagonisti delle vicende sinora esaminate avevano ben chiaro che erano sottoposti ad indagine e che non potevano in alcun modo con Vito Nicastri (con l’unica eccezione del figlio Manlio). Gli Arata lungi dall’astenersi dal continuare ad essere la longa manus di Nicastri nelle iniziative che li riguardavano, continuavano invece a tessere con il detenuto agli arresti domiciliari fitte comunicazioni e continue interlocuzioni, al punto di essere colti in flagranza della violazione delle prescrizioni della misura cautelare”.

Nicola Morra presidente della COMMISSIONE ANTIMAFIA CONVOCA SALVINI – “Ho richiesto con lettera ufficiale in data 7 maggio 2019 la convocazione del ministro dell’Interno Salvini in commissione Antimafia. Lettera ufficiale che è partita solo dopo numerose sollecitazioni informali per fissare una data di audizione già dalla terza settimana d’insediamento della commissione stessa, ovvero a dicembre 2018”.

“Il rispetto istituzionale avrebbe richiesto una veloce risposta alle interlocuzioni informali anche per dare precedenza a chi è preposto con le sue linee guida alla lotta alla mafia – sottolinea Morra -. La lettera ufficiale è solo l’ultimo passaggio che oggi, anche alla luce dei nuovi arresti in Sicilia, mi vede costretto a renderlo pubblico e ribadire l’urgenza dell’audizione del ministro Salvini”.

S.Pietro Clarenza, appalto rifiuti: corruzione e turbativa d’asta, in manette il sindaco , amministratore e impiegati

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Nella foto d’archivio S.Pietro Clarenza

CATANIA –

Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti. : con questa accusa sono stati arrestati il  sindaco e un funzionario del Comune di San Pietro Clarenza , l’amministratore e un dipendente di una società privata  dalla Guardia di Finanza di Catania..

I reati ipotizzati dalla  Procura distrettuale di Catania sono inerenti la procedura di gara per l’assegnazione del servizio di raccolta, spazzamento e trasporto rifiuti. Valore complessivo dell’appalto-trattativa – oltre 3 milioni di euro, per gli anni  2015-2018. Nei confronti degli indagati il Gip di Catania ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per due e agli arresti domiciliari per altri due.

Nella foto il sindaco Giuseppe Bandieramonte accusato di corruzione insieme ad altri

Chi sono gli interessati al provvedimento giudiziario?   IL primo cittadino del Comune, Giuseppe Bandieramonte, nato nel 1975 e al suo secondo mandato di sindaco, e Angelo La Pianata, (nato nel 1978), amministratore della Progitec Srl – esercente l’attività di “raccolta di rifiuti solidi non pericolosi” – con sede a Castel di Iudica (Catania) e società aggiudicatrice della gara al centro dell’inchiesta. L’azienda in questione è indagata per “responsabilità amministrativa degli enti”.

La misura degli arresti domiciliari è stata invece disposta nei confronti di Michele Faro, nato nel 1958, nella sua qualità di responsabile dell’Ufficio Igiene e Manutenzione e del servizio “rifiuti solidi urbani” del Comune di San Pietro Clarenza nonché responsabile unico dei procedimenti amministrativi oggetto di corruzione e turbativa; ai domiciliari, poi, anche Silvio Calandrino, nato nel 1979, dipendente della “Progitec” ma «di fatto – si legge in una nota della Procura di Catania – impiegato presso il Comune di San Pietro Clarenza fino alla fine di ottobre 2018 quale collaboratore del citato Faro».

 

La Procura di Catania afferma  che «l’investigazione, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania (Gruppo Tutela Finanza Pubblica) e coordinata da questa Procura Distrettuale, convenzionalmente nota come Operazione “Differenziata” (in ragione del trattamento parziale e di aperto favoritismo riservato dal sindaco Bandieramonte alla “Progitec” nell’aggiudicazione di gare e servizi pubblici), ha disvelato l’esistenza di un articolato circuito corruttivo che ha visto il fluire di svariate utilità a beneficio dei pubblici ufficiali corrotti» quali «assunzioni come lavoratori dipendenti nella “Progitec” su indicazione del sindaco Bandieramonte, di soggetti che garantivano appoggio elettorale al sindaco (tra i quali anche la sua attuale compagna); sponsorizzazioni da parte della “Progitec” di eventi sportivi organizzati da associazioni promosse da familiari del sindaco; pagamento di stipendi per circa 50.000 euro annui a favore della compagna».

Sconquasso Magistratura: c’è troppa corruzione, interviene pure Sergio Mattarella per fermare nomine “mafiose”

Soldi, gioielli e viaggi: così è arrivato a Roma il sistema Siracusa di Amara e Calafiore

Magistratura sottosopra. Corruzione, denaro,viaggi, anelli e decine di migliaia di euro, insieme alle note invidie di una classe di magistrati la cui credibilità è messa in dubbio da coloro che scelgono la strada per arricchire o per arrivare primi in carriera. Pilotate le nomine dei magistrati a capo delle Procure, una delle quali sarebbe stata però «fermata dallo stesso Presidente della Repubblica».

Le indagini che coinvolgono Luca Palamara, il sostituto procuratore ed ex consigliere del Csm accusato di corruzione, hanno ripercussioni in tutto il territorio

La Guardia di Finanza e i magistrati di Perugia hanno perquisito il suo ufficio in Procura a Roma. E spuntano i nomi illustri di altri indagati che avrebbero favorito Palamara per eludere le indagini a suo carico: tra questi, il pm Stefano Rocco Fava – il magistrato dell’esposto contro il procuratore di Roma Pignatone – e il consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura Luigi Spina. Sulla vicenda, l’Associazione Nazionale Magistrati «confida che il percorso decisionale del Csm non sia in alcun modo influenzato da alcun altro fattore, esterno o interno alla magistratura».

Nel registro degli indagati, con l’accusa di corruzione, i pm di Perugia hanno iscritto anche Fabrizio Centofanti, l’imprenditore dei “regali”, e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore.

Le prove consisterebbero in “viaggi e vacanze per Palamara (all’epoca consigliere del Csm) e famiglia: un’attività corruttiva messa in atto, secondo la Procura di Perugia, «per fare in modo che Palamara mettesse a disposizione, a fronte delle utilità, la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessati Amara e Calafiore».

Tra i regali, anche un anello «del valore di duemila euro in favore dell’amica Adele Attisani», oltre a un soggiorno a Taormina. E poi viaggi per lo stesso Palamara, o la sorella, in Toscana, a Madonna di Campiglio, a Dubai e Favignana.

Il sostituto procuratore romano, secondo l’accusa, quando rivestiva il ruolo di componente del Csm, avrebbe anche ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Calafiore e Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo (arrestato nel febbraio 2018 per corruzione a Messina – ndr) a procuratore di Gela: un tentativo non andato in porto – secondo quanto avrebbe riferito Palamara, come raccontato dallo stesso Longo ai magistrati – per «un intervento diretto del Presidente della Repubblica  quale Capo assoluto della Magistratura» Sergio Mattarella.

PAPA FRANCESCO: VIA L’ECCESSO DI BUROCRAZIA E LA “CORRUZIONE” PER LE ADOZIONI,UNICA ESPRESSIONE D’AMORE PER I BIMBI SENZA FAMIGLIA

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 Papa Francesco  è sceso in campo in favore delle adozioni, troppo spesso rese difficoltose dall’eccesso di burocrazia quando di mezzo non ci si mette, afferma  Bergoglio, la”corruzione”. La delicata problematica è stata messa a fuoco dal  Pontefice  in occasione dell’ udienza ai dirigenti, agli operatori e ai bambini dell’Istituto Ospedale degli Innocenti di Firenze…..

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Oggi nel mondo ci sono tanti bambini che idealmente hanno la metà della medaglia. Sono soli. Le vittime delle guerre, le vittime delle migrazioni, i bambini non accompagnati, le vittime della fame. Bambini con metà medaglia. E chi ha l’altra metà? La Madre Chiesa. Noi abbiamo l’altra metà. Bisogna riflettere e far capire alla gente che noi siamo responsabili di quest’altra metà e aiutare a fare oggi un’altra ‘casa degli innocenti’, più mondiale, con l’atteggiamento dell’adozione”.

Osserviamo che oggi vi sono alcune associazioni – come apprendiamo – che hanno dato ai bambini senza famiglia i un’opportunità per un futuro migliore.

 L’adozione internazionale diventa una possibile via concreta d’espressione d’amore per questi bimbi e per le loro storie di vita.

Come accade in Lituania da oltre un decennio, dove sono attive  collaborazioni per portare in Italia bambini rimasti senza genitori.

“Tante volte – ha detto il Papa – c’è gente che vuole adottare bambini, ma c’è una burocrazia così grande – quando non c’è la corruzione di mezzo, che tu paghi e… Ma aiutatemi in questo: a seminare coscienza che noi abbiamo l’altra metà della medaglia di quel bambino. Tante, tante famiglie che non hanno figli e avrebbero sicuramente il desiderio di averne uno con l’adozione: andare avanti, creare una cultura di adozione perché i bambini abbandonati, soli, vittime di guerre e altro sono tanti; che la gente impari a guardare quella metà e dire: ‘Anch’io ne ho un’altra’. Vi chiedo di lavorare su questo. E grazie!”.

Corruzione Policlinico: arrestato Giuseppe Morgia, primario di Urologia e “gestore della gara truccata”

OPERAZIONE  “CALEPINO” DELLA GUARDIA DI FINANZA : COINVOLTI ANCHE DIRIGENTI E INSOSPETTABILI

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Il Policlinico di Catania

Sono distanti gli anni in cui il Policlinico era retto da un direttore generale modello di onestà e di disciplina “affine a quella militare”. Parliamo del Segretario generale Antonino Zappalà .   Oggi alcuni  dirigenti non hanno preso quell’esempio e il virus dell’illecito, dell’arricchimento facile è entrato anche al Policlinico di Catania che sembrava immune da questo tipo di cancro.

Gare d’appalto truccate per dispositivi urologici da assegnare a ospedali di Messina, Siracusa, Ragusa, Enna e Catania. I finanzieri di Catania hanno fatto luce su un maxi appalto nel settore della sanità per dispositivi medici per urologia. Secondo gli inquirenti tra gli artefici principali della gara pubblica falsata, destinatario della misura degli arresti domiciliari,  il massimo responsabile è il primario dell’unità di Urologia del Policlinico-Vittorio Emanuele di Catania, Giuseppe Morgia, di 60 anni.

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Le indagini sono state condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania e coordinate dalla Procura Distrettuale etnea. L’operazione è stata denominata “Calepino”, dal file sul quale erano annotate le spese personali del medico, finanziate dalle aziende private coinvolte.

Domiciliari anche per il responsabile commerciale della “C.Bua srl”, Massimiliano Titti, 51 anni, legato al settore dell’ingrosso di prodotti medicinale e ortopedici, con sede a Bagheria e rivenditore esclusivo in Sicilia, tra gli altri, dei prodotti della “Karl Storz Endoscopia italia srl” e della “Erbe Italia srl”.

Sospensione per un anno dal servizio di medico pubblico e dall’attività di agenti di commercio Tommaso Massimo Castelli, 40 anni, dirigente medico dell’equipe del professore Morgia; Antonino Di Marco, 57 anni, rappresentante di prodotti sanitari attivo in provincia di Catania, anche su commessa della “C.Bua srl”: Maurizio Francesco La Gattola, 58 anni, agente di prodotti sanitari e medicali, addetto alla vendita di prodotti della “Boston Scientific spa”, con sede a Milano, attiva nel commercio all’ingrosso di articoli mediacali”.

I reati contestati sono turbata libertà degli incanti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, istigazione alla corruzione, concussione e riciclaggio. L’appalto oggetto dell’indagine è la gara del 17 luglio 2018 bandita dal Policlinico universitario “Vittorio Emanuele” di Catania per l’approvvigionamento triennale, con opzione di rinnovo semestrale, di dispositivi medici per urologia occorrenti alle aziende sanitarie, ospedaliere e universitarie del Bacino della Sicilia Orientale, suddivisa in 209 lotti per complessivi 55.430.178 euro

Si apprende che il Gip ha fissato un’udienza in data 4 marzo prossimo per discutere dell’applicazione della misura cautelare del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione a carico di una delle società commerciali coinvolte  beneficiaria della corruzione perpetrata da un suo rappresentante. L’interrogatorio è stato fissato per il 2 marzo per altri tre dirigenti medici, per i quali il Gip si è riservato di applicare la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio di pubblico servizio a carico degli dirigenti indagati.

Secondo gli inquirenti fondamentali all’operazione sono state  le denunce dei rappresentanti commerciali di società che si ritenevano ingiustamente escluse dalla procedura ad evidenza pubblica, le intercettazioni telefoniche e ambientali, gli accertamenti bancari e le analisi di documenti pubblici acquisiti da banche dati.

Dalle indagini è emerso che Morgia nel settembre dell’anno scorso, pur non avendo alcun incarico formale, avrebbe gestito di fatto la gara.

Altri particolari emergono .L’operazione sarebbe stata effettuata grazie alla “presenza in commissione di un dirigente medico della sua stessa equipe, Tommaso Massimo Castelli”. In cambio avrebbe ottenuto ‘finanziamenti’ per partecipare a convegni, anche all’estero, e apparecchiature mediche personali. Tramontana, in cambio della prescrizione a suoi pazienti di 4 integratori prodotti dalla ditta per cui lavorava, accusa la Procura, “effettuava bonifici per 10 mila euro, promettendo ulteriori 12 mila euro, a favore di un’agenzia di viaggi di Catania, che metteva a disposizione di Morgia i fondi in questione per viaggi del medico e dei suoi familiari”, annotando i fondi in un “Calepino”, che ha dato il nome all’operazione. Morgia è accusato anche di concussione per avere bloccato gli ordini di materiale di consumo del “Robot da Vinci” a una società che gli aveva negato 1.200 euro per una cena benefica di una onlus.

 

Corruzione e falso ideologico: arrestati l’imprenditore Ezio Bigotti e Massimo Gaboardi

Ezio Bigotti, Giancarlo Longo, Giuseppe Calafiore, Massimo Gaboardi, Piero Amara, Vincenzo Ripoli, Messina, Sicilia, Cronaca

Foto Ag.-Archivio-La 7

Il  Comando Provinciale delle Fiamme gialle di Messina – si apprende da un Comunicato d’Agenzia–  stanno eseguendo due provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di Ezio Bigotti,(nella foto sopra)  imprenditore piemontese, presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip) e di Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni. L’accusa è di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Gaboardi è al centro di una vicenda per la formazione di un falso verbale di dichiarazioni reso davanti all’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, al fine di depistare sul caso Eni. Un verbale che sarebbe stato “precompilato” da Amara e poi reso “ufficiale” da Longo in un suo fascicolo.
Il provvedimento è legato all’inchiesta della Procura di Messina sul cosiddetto “Sistema Siracusa” che, a febbraio dell’anno scorso, ha condotto all’arresto di 13 persone accusate di fare parte di un “comitato di affari” in grado di condizionare indagini e procedimenti giudiziari”.
Le Fiamme Gialle coordinate dal tenente colonnello Jonathan Pace , hanno eseguito perquisizioni nei confronti degli indagati nelle province di Roma, Milano e Torino.

Procura presso il Tribunale di Messina

La Procura di Messina 

Mentre per il terzo indagato di questa nuova puntata, il consulente siracusano Vincenzo Ripoli, il gip di Messina Maria Militello deve adesso valutare una richiesta si sospensione dall’esercizio dell’attività di perito.

Lo scenario delineato dalla Procura di Messina, che sul “sistema Siracusa” indaga ormai da un paio di anni, è ancora una volta la rete di “relazioni” create da Amara. In questo caso per fare aprire al pm all’epoca in servizio a Siracusa, Giancarlo Longo – che , si apprende , ha già patteggiato la pena di 5 anni -, un fascicolo “specchio” basato su false denunce, per  depistare le indagini della Procura di Milano su Eni-Algeria e Eni-Nigeria e fare archiviare le accuse a carico di Bigotti.

Questa volta però, proprio dopo le dichiarazioni accusatorie di Amara e del collega di studio Giuseppe Calafiore, fino ad oggi “coperte”, ci sarebbe la prova- affermano gli inquirenti – che alcune mazzette finite nelle tasche del pm aretuseo Longo siano state “versate” a suo tempo in prima battuta proprio da Bigotti.

Gli interventi” degli avvocati Amara e Calafiore, e il denaro fornito,hanno tramutato  il procedimento penale in un fatto positivo

Nel marzo scorso, a Roma, Bigotti ha subito il sequestro di 40 milioni di euro, la cifra che secondo le indagini è stata fatta “uscire” dalla società Ge.Fi. Fiduciaria Romana srl. Nelle carte di quel sequestro risultavano anche pagamenti verso la Exitone spa, società controllata al 100% dalla Sti, a sua volta amministrata da Bigotti. La Sti è finita anche nell’indagine per le presunte false fatturazioni verso le società controllate dall’avvocato Amara, ed è poi nota per essere finita nell’inchiesta sul maxi appalto Consip da 2,7 miliardi di euro.

Anche il nuovo fascicolo aperto a Messina ripercorre le vicende della Sti e della Exitone. Probabilmente ci saranno nuovi sviluppi

Corruzione e abuso d’ufficio: arrestato assessore del Comune di Erice

Appalti, il vicesindaco di Erice arrestato per corruzione

TRAPANI –

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani, hanno tratto in arresto  Salvatore Angelo Catalano, assessore e Vicesindaco del Comune di Erice (Trapani), accusato di corruzione e abuso d’ufficio. Il provvedimento è stato emesso dal Gip del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura delle Repubblica.

Le indagini sull’assessore partono dall’estate dello scorso anno accusato di   reati  commessi tra il 2016 ed il 2017. Si tratta di appalti e affidamenti diretti di opere pubbliche. La Procura sta approfondendo le indagini sulle gare d’appalto.

Questo il comunicato dei Carabinieri:

Alle prime luci dell’alba di questa mattina i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani, hanno tratto in arresto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal GIP del Tribunale di Trapani su richiesta della locale Procura delle Repubblica, Salvatore Angelo CATALANO, assessore e Vicesindaco del Comune di Erice (TP), per le ipotesi di reato di corruzione e abuso d’ufficio. Le indagini hanno permesso di accertare, come afferma il GIP nel provvedimento, “una pluralità d’illeciti attuati dal CATALANO, con spregiudicatezza e disprezzo verso l’amministrazione d’appartenenza, derivante dal fatto che, essendo ormai abituato al potere ed a servirsi del proprio ruolo, ha realizzato interessi personali e privati, ritenendosi al di sopra della legge, tanto da non temere verifiche e controlli”. In tali condotte illecite, ricorrendo all’inganno e mettendo in secondo piano il pubblico interesse, in concorso con taluni appartenenti all’amministrazione comunale ericina, nonché alcuni consiglieri comunali, CATALANO manipolava imprenditori che, pur di accaparrarsi appalti per conto dell’amministrazione, distoglievano risorse pubbliche per gli interessi personali del CATALANO o per quelli di taluni consiglieri comunali vicini allo stesso. Le indagini hanno permesso di rilevare, tra l’altro, che taluni imprenditori, a discapito di altri, erano soliti aggiudicarsi direttamente lavori pubblici con assegnazione diretta, giustificata da una situazione di disagio e d’urgenza, artatamente predisposta per l’occasione. In particolare CATALANO, abusando della sua funzione, esercitava pressioni sul dirigente del settore lavori pubblici al fine di far aggiudicare i lavori di manutenzione della rete di illuminazione pubblica ad un’impresa, dallo stesso sponsorizzata, in spregio ai doveri di imparzialità e buona amministrazione e al principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti. In un’altra occasione, CATALANO, su istigazione di un consigliere comunale, violando i suoi doveri d’imparzialità e buona amministrazione ed invadendo la competenza dei dirigenti amministrativi, esercitava poteri che non gli competevano, dando disposizioni ad un imprenditore titolare di un’impresa, che stava eseguendo lavori per l’amministrazione ericina in tutt’altra zona del territorio comunale, di interrompere quei lavori e realizzare opere di abbattimento di una barriera architettonica presente nello spazio di marciapiede antistante il bar di proprietà di un congiunto del predetto consigliere comunale, facendo sostenere l’intero importo al Comune. La contropartita al solerte operato del CATALANO era stata poi determinata dal consigliere comunale che, pur avendo un impedimento fisico, era stato immancabilmente chiamato a votare a favore del “piano rifiuti” predisposto in quel periodo dall’amministrazione comunale. Atto questo di particolare valenza politica per la maggioranza di governo dell’Ente. CATALANO espletate le formalità di rito, è stato sottoposto agli arresti domiciliari, con l’utilizzo del braccialetto elettronico, presso la propria abitazione a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

Nel mirino dei magistrati inquirenti il giudice del Tar Dauno Trebastoni con l’accusa di corruzione

La Guardia di finanza ha perquisito i suoi uffici del TAR sezione etnea. Sentenze vendute, indagato il giudice del Tar di Catania Dauno Trebastoni

(foto Ag.)
Corruzione: nel mirino stavolta un noto giudice del Tar di Catania Dauno Trebastoni  ha ricevuto il provvedimento forma
le di rinvio a giudizio  dalla Procura di Catania. Il magistrato è indagato per corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’inchiesta che vede già coinvolti gli avvocati Pietro amara e Giuseppe Calafiore  che, per mitigare la propria posizione hanno chiesto ed ottenuto di parlare con il magistrato-inquirente.    La Guardia di Finanza ha perquisito gli Uffici etnei del Tar da dove la notizia clamorosa dell’accusa infamante al giudice Trebastoni per corruzione…
La Procura si riserva di fornire altri particolari sulla circostanza

Nel 2018 protagonisti amministratori e uomini voraci ed incapaci, il 2019 con l’Augurio della Moralità e di non perdere i Valori veri della Vita

Editoriale –

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di  Raffaele Lanza

Un altro anno se ne va. Un anno pieno di successi raccontati delle forze dell’ordine, Guardia di Finanza, Carabinieri..    Entra il 2019 e già vediamo un’immaginaria tavola rotonda dove ciascuno sfoggia il proprio potere e le proprie esercitazioni dialettiche.

Il problema vero – rilancio di una Sicilia- di un Sud abbandonato da anni al suo destino – resta sospeso tra indignazioni e propositi: è sfuggente, enigmatico, come tutte le cose alle quali si ha paura di dare una identità precisa.    E per Sud intendiamo arrivare fino a Napoli dove non basta un sindaco- magistrato a dare la scossa ai partenopei.     La Cultura non arriva a Napoli, al Sud e non sono sufficienti le buone intenzioni del primo cittadino se la città tanto affine a Catania – e non solo per l’esistenza vulcanica- non è davvero sostenuta dai potenti dello Stato.

Ne deriva una inquietante sensazione: che il SUD, la Regione siciliana, è a pezzi città per città, paese per paese.Qui in Sicilia, con Catania e Palermo come  a Napoli in Campania  La Regione siciliana con il look politico nuovo ha avuto quest’anno il coraggio storico di rimuovere un dirigente capoufficio del Genio civile di Catania perché ritenuto lumaca nell’esecuzione dei suoi compiti.   Non se ne erano accorti per ben undici anni.  E’ bastato un solo giorno al nuovo governatore della Sicilia per capire che razza di dirigenti hanno gli uffici regionali e rimuovere quel “capoufficio” pieno fra l’altro-di  incarichi aggiuntivi manageriali dalla poltrona sulla quale sedeva protetto da tanti politici e funzionari.  E’ il simbolo del “funzionamento” della macchina lavorativa in Sicilia.  

Abbiamo digerito una città come Palermo assediata dai rifiuti ingombranti e speciali, una città come Catania divorata da amministratori voraci e bugiardi che mai hanno detto la verità alla popolazione sul dissesto comunale   Solo un prestigioso Organo contabile è riuscito-nel 2018- ad aprire gli occhi ai catanesi, ai siciliani, addormentati.   Troppi predoni, troppi divoratori, sindaci, amministratori, dirigenti a tangente fissa hanno rovinato il SUD, la Regione siciliana che necessita di un lungo lasso di tempo per uscire dal coma dove è stata precipitata da tempo

.Adesso attribuendo legittimamente le responsabilità ai fantasmi del potere passato si intendono sollecitare e, forse provocare le buone coscienze sondando il grado di reattività. E tutto questo doveva tuttavia  partire da un processo interno, non dalle spinte delle Procure , penale e contabile, dal coraggio di accettare le delicate inchieste che Giudici coraggiosi hanno promosso e che oggi vede ad esempio  ancora un editore-giornalista sospeso dalle funzioni di guida del quotidiano per l’accusa –che parte da anni lontani –“ di contributo alla Mafia”.   Omissioni, censure,apparente libertà di stampa sul quotidiano, patti con boss, amicizie di onorevoli targati “Classificato Mafioso” e giù di lì……

Ma allora se la Regione siciliana è stata governata da amministratori ritenuti Mafiosi dalla Magistratura che ha indagato su di essi e da editori di dubbia correttezza morale – se sarà riconosciuta sussistente l’ipotesi di reato contestato – in ogni caso-è certo- ricchi di un bottino milionario trasferito in Paese neutrale , di che cosa stiamo parlando oggi?

Da oltre un quarto di secolo assistiamo al degrado mortificante del SUD e della Sicilia. Dove sono tutti i soldi rubati alla collettività?      La Sicilia, territorio di predoni, di amministratori poco seri.Persino l’Etna ha fatto sentire la sua voce di protesta con le sue scosse di terremoto.

E’ difficile pensare nel nuovo anno 2019 che la rinascenza possa passare da uomini nuovi in poco tempo visto il grande vortice creato nel passato. A  questo punto non sappiamo proprio cosa avranno nei mesi successivi i nostri giovani, in termini di occupazione, perché nulla vi è all’orizzonte:  Così per le imprese e i negozi.    Non abbiamo il diritto di meravigliarci se poi i cinesi e le formiche asiatiche invadono i nostri mercati e ce li ritroviamo  ei nostri mercati tenaci ed indomabili persino nelle cose più stupide come gli stuzzicadenti.

Sarebbe ingenuo tuttavia condire tutto questo con l’ottimismo…….

CATANIA ,CORRUZIONE IMPRENDITORE MOROSOLI- INDAGATO ANCHE IL COMMISSARIO DELLA FORESTALE LUCA FERLITO PER RIVELAZIONI DI SEGRETI D’UFFICIO

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Oltre all’imprenditore Francesco Augusto Russo Morosoli, di 41 anni, e al dirigente dell’area tecnica del Comune di Linguaglossa, Francesco Barone, di 65 anni, indagati per turbata libertà degli incanti e corruzione, ci sono, fra i 26 indagati, un commissario capo del Corpo forestale, Luca Ferlito, indagato nell’inchiesta della Procura di Catania sull’affidamento della gara per escursioni sull’Etna all’imprenditore Francesco Augusto Russo Morosoli.

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Nella foto Gianluca Ferlito, il “forestale” sotto inchiesta della Procura di Catania
Ferlito è anche Commissario del Parco dei Nebrodi, scelto dal governatore Musumeci nel febbraio di quest’anno

Il primo è accusato di favoreggiamento e danneggiamento di beni destinati a un servizio pubblico, il secondo -Luca Ferlito (nella foto) per rivelazioni del segreto d’ufficio. 

Ferlito, il forestale,attuale Commissario del Parco dei Nebrodi,scelto dal governatore Musumeci,  è accusato dalla Procura e dal Pubblico Ministero di avere fornito notizie segrete su controlli da effettuare su una ditta ‘rivale’ dell’imprenditore Morosoli.    Il Gip,  ha rigettato una richiesta cautelare nei suoi confronti, ha ritenuto “insussistenti i gravi indizi per il reato di corruzione” in concorso con Morosoli. Ma l’accusa resta e la finalità del comportamento del commissario della forestale Ferlito risulta sospetta quantomeno perchè sussiste una violazione di segreti d’ufficio. Gli inquirenti svolgono indagini sul Ferlito per sapere il suo ruolo esatto e l’ambito della corruzione che avvolgerebbe il forestale.

Turbativa della gara d’incanto è il reato contestato al  sindaco di Linguaglossa, Salvatore Puglisi, per il quale il Gip ha rigettato una richiesta cautelare avanzata dalla Procura “non essendo ritenuti i gravi indizi per il reato” contestato. Indagato anche un ‘rivale’ del gruppo Morosoli, Carmelo Cavallaro, che sarebbe stato escluso da una gara e che ai Pm ha negato di avere subito minacce e intimidazioni per non partecipare: la Procura gli contesta il reato di false informazioni al Pubblico Ministero.

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Angelo Pulvirenti,nella foto a sinistra,sindaco di Nicolosi eletto nel 2017 ,come Puglisi, è invece indagato per aver accettato ingenti sponsorizzazioni – 150mila euro – per eventi comunali fra l’anno scorso e il 2018 dall’impero imprenditoriale di Russo Morosoli. Denaro che in realtà, per il Pubblico Ministero sarebbe il corrispettivo per il compimento da parte del sindaco di atti contrari ai doveri d’ufficio. Nel mirino di Russo Morosoli, infatti, ci sarebbero state le procedure varate dalla precedente amministrazione del sindaco Nino Borzì – «denigrato» quest’ultimo,in virtù” dell’uso improprio e spregiudicato» della tv privata dell’imprenditoreUltima Tv. Borzì sarebbe stato l’amministratore sindaco infatti, a favorire  il riscatto della funivia di Etna sud e a creare i presupposti i per un bando di concessione dell’esercizio della funivia di Etna sud, in scadenza nel 2022.   In mezzo a questa rete e complesso sistema di rapporti con la politica locale e le Autorità locali, secondom l’accusa, ci sono i “favoritismi” di un forestale,Ferlito…..

I nomi delle persone indagate e rinviate a giudizio:
Francesco Augusto Russo Morosoli
Salvatore Di Franco
Francesco Barone
Biagio Ragonese
Orazio Distefano
Simone Agatino Lo Grasso
Antonio Natale Rizzo
Salvatore Puglisi (sindaco di Linguaglossa)
Concetto Bellia
Stefania Russotti
Angelo Pulvirenti (Sindaco di Nicolosi)
Graziano Calanna (Sindaco di Bronte)
Alessandro Galante
Gianluca Ferlito  ( Commissario della “Forestale” di Nicolosi e Commissario del Parco dei Nebrodi)
Antonino De Marco
Alberto Puglisi
Sebastiano Musmeci

Mario Taller
Gianni Trepin
Alberto Felicetti
Stefano Felice Branca
Angelo Nicotra
Orazio Consoli
Giuseppe Dentici
Carmelo Cavallaro

Russo Morosoli con Salvatore Di Franco e Simone Agatino Lo Grasso, che “agivano in sinergia fra loro anche in ragione della comunità d’attività di impresa”, avevano in Francesco Barone, dirigente del Comune di Linguaglossa, il loro ‘asse di mazze’, come è definito in un’intercettazione ascoltata dalla guardia di finanza. Lo rileva il Gip Giuliana Sammartino nel disporre per loro gli arresti domiciliari e motivando il provvedimento con il loro “inserimento in una fitta rete di relazioni all’interno delle amministrazioni locali” e con la “spregiudicatezza dimostrata negli anni nel perpetrare e organizzare condotte criminose, consumate fino a data recente”.

Oltre al rischio reiterazione del reato il Gip sottolinea anche il “pericolo di inquinamento delle prove” rilevando che gli indagati “risultavano a conoscenza da tempo delle indagini del presente procedimento grazie alle capillari infiltrazioni all’interno degli uffici giudiziari”. Il Gip definisce “allarmante un accesso abusivo al sistema informatico della Procura” di Catania per “captare aggiornamenti sul fascicolo e sugli indagati”.

Un comportamento che per la Procura di Catania era inserito all’interno di un’associazione per delinquere per commettere reati contro la Pubblica amministrazione, ipotesi che il Gip ha rigettato in sede di esigenze cautelari.

Secondo i Pm, Russo Morosoli quale rappresentante “della Star srl e della Funivia dell’Etna e di Ultima Tv srl” ne “era il promotore” e usava i suoi “mezzi finanziari e le relazioni consolidate con soggetti pubblici” per “mantenere e consolidare il monopolio delle sue aziende sul settore turistico sui versanti dell’Etna”. Lo avrebbe fatto anche, sostiene la Procura, “mantenendo rapporti con esponenti del mondo politico e istituzionale e utilizzando l’emittente Ultima Tv per denigrare potenziali concorrenti”.    Staremo a vedere eventuali ulteriori sviluppi di indagine sulla” Corruzione del sistema Morosoli” per coltivare rapporti con insospettabili uomini delle forze dell’Ordine e della Forestale e agire indisturbato nelle proprie “illecite attività…”