Non possiamo permetterci di galleggiare, in questo clima di azione sospesa. Ci confronteremo sulle priorità e tutti saremo chiamati ad assumerci le rispettive responsabilità”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si esprime così sulla verifica di governo rispondendo alle domande nella conferenza di fine anno. Con riferimento a Renzi i aggiunge: “Gli ultimatum non appartengono al mio bagaglio culturale e politico. Nel suo ultimo discorso ai gruppi parlamentari della Dc nel febbraio 1978, Moro disse che gli ultimatum non sono ammissibili in politica perché portano a un precipitare delle cose e a impedire di raggiungere una soluzione positiva. Io sono fuori dalla logica degli ultimatum per attitudine personale, culturale e politica. Io sono per il dialogo e confronto e trovare una sintesi superiore per il bene del Paese”.
“Dobbiamo assolutamente affrettare le risposte che il Paese attende – ha sottolineato Conte – Oggi al Senato è in approvazione la legge di bilancio, il prossimo passaggio è il Recovery Plan. Dopo la bozza tecnica, dobbiamo fare una sintesi politica urgente, va fatta nei prossimi giorni. Dopo questa sintesi politica, da riportare nel Consiglio dei ministri, dobbiamo aprirci al confronto con le parti sociali e inviare il documento al Parlamento. Altrimenti rischiamo di arrivare in ritardo”. “I tempi per la presentazione del progetto definitivo dovrebbero essere a metà febbraio – ha aggiunto il premier – In questo momento abbiamo davanti a noi una prospettiva di fine legislatura, è una prospettiva politica molto particolare, stiamo attraversando una pandemia. Siamo stati sfidati per primi dalla pandemia nel mondo occidentale, ora stiamo subendo la seconda ondata, ma siamo riusciti a rafforzare la nostra credibilità in Italia e in Europa”, ha aggiunto sottolineando: “Io sono qui per programmare il futuro, non potrei mai distogliermi da questo obiettivo e mettermi a programmare un ruolo in campagna elettorale”.
In ogni caso sul Recovery “non ho detto che va tutto bene, se non abbiamo ancora il documento aggiornato, la struttura di governance, non va tutto bene. Dobbiamo affrettarci o rischiamo di arrivare in ritardo. Plausibilmente dovremo presentare a metà febbraio il Recovery plan, ho sollecitato il contributo delle forze di maggioranza, avremo una riunione collegiale che si possa esaurire in qualche giorno, massimo i primi giorni di gennaio. Dobbiamo correre”. Comunque “siamo partiti da oltre 600 progetti, ci sono persone che non sono mai andate in vacanza. Non si può pensare che i progetti sintetizzati politicamente sono nati dal nulla”, ha detto poi Conte, spiegando: “Ora c’è un documento tecnico con 50-52 progetti, non un titolo, ognuno con centinaia di pagine. Forse non ci rendiamo conto, dobbiamo declinare un cronoprogramma. Si è lavorato notte e giorno anche ad agosto”, ha spiegato il premier. “Quello che sin qui è mancato, per cui affettare, è la sintesi politica finale dove è giusto che ciascuna forza esprima la sua sintesi, la sua visione, nella distribuzione finale delle risorse – ha proseguito – Questo è il momento della politica al massimo livello. Cerchiamo di sintetizzare ancora di più i progetti. Secondo me 52-54 sono troppi, dobbiamo cercare di concentrare ancora di più le nostre risorse su quei progetti che hanno attitudine a modernizzare, trasformare il nostro Paese”.
“Non dobbiamo disperdere questo patrimonio e non dobbiamo disperdere l’occasione storica offerta dal Recovery Plan – ha quindi affermato – Questo governo è nato nel segno integralmente politico, è nato nel segno dello sviluppo sostenibile. Ci confronteremo sulle priorità e tutti saremo chiamati ad assumerci le rispettive responsabilità. Un presidente del Consiglio non sfida nessuno, ha la responsabilità di operare una sintesi politica e portare avanti un programma di governo”. “Fino a quando ci sarò io ci saranno sempre passaggi chiari e franchi, tutti i protagonisti di questi passaggi si assumeranno le loro responsabilità”.
“A un tavolo di maggioranza con le forze politiche e i ministri si può discutere di tutto, fermo restando che se si parla di Mes sarà sempre il Parlamento a dover decidere”, ha chiarito poi. Però “noi non possiamo utilizzare tutti i prestiti come investimenti aggiuntivi, se li utilizzassimo avremmo vari inconvenienti. Abbiamo un deficit strutturale, una deficiente capacità di spendere. Se fossero tutti interventi additivi dovremmo operare tagli, altrimenti ci sarebbe un nuovo deficit, crescerebbe il debito pubblico”. “C’è un limite – ha spiegato il premier – oltre il quale offrire una curva di rientro e sostenibilità del debito pubblico. Se no, prenderemmo in giro i nostri giovani. Sarebbe il fardello che affosserebbe le prossime generazioni”.