Una interessante decisione dell’Autorità Giudiziaria pone dei limiti alla diffusione dell’installazione delle telecamere – e loro angolazione -in un appartamento privato o in una villa. La sentenza di riferimento è del 31 gennaio 2018 emessa – si apprende – a Catania e ha condannato un condomino a risarcire la somma di 2mila euro al suo vicino per danno non patrimoniale subito per l’intrusione. La richiesta di risarcimento per danno “morale” era partita dal condomino, il quale aveva prodotto un dvd con le riprese audiovisive allo scopo di sorveglianza effettuate dal vicino all’interno di parti private di pertinenza dell’immobile di sua proprietà. Il giudice di Catania aveva inizialmente escluso che il caso potesse integrare il reato di “interferenze illecite nella vita privata”, in quanto “gli spazi di pertinenza della abitazione di taluno ma di fatto non protetti dalla vista degli estranei (…) sono assimilabili a luoghi esposti al pubblico”. Ma per la sentenza conclusiva la questione si è capovolta: la possibilità di riprendere l’ingresso e le finestre del bagno e della cucina di proprietà del condomino danneggiato è stata ritenuta in netto contrasto con la disciplina dettata dalla delibera del Garante della Privacy dell’8 aprile 2010, dove è sancito che, ove singolo condomino installi impianto di videosorveglianza a tutela della sua proprietà esclusiva, “l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (…) escludendosi ogni forma di ripresa, anche senza registrazione, di immagini relative ad aree comuni (…) o antistanti l’abitazione di altri condomini”.
Il Tribunale ha quindi ritenuto illegittima l’installazione di un impianto di videosorveglianza che filmava le pertinenze altrui anche sotto gli aspetti della proporzionalità e della ragionevolezza, scrive infine Rosario Dolce, per effetto del cosiddetto “balancing”.