Sentenza-“spazzatura strumentale “: otto mesi di carcere al Giornalista P.Napolitano per diffamazione ma “la discrepanza tra fatto e condanna” è notevole

Pasquale Napolitano (@pana_napolitano) / X

Il giovane giornalista Pasquale Napolitano

La condanna a 8 mesi di carcere per il giornalista del ‘Giornale’ Pasquale Napolitano – nella foto sopra -con l’accusa di diffamazione a mezzo stampa ha scatenato un inferno. Dall’Ordine dei giornalisti ai politici fino ai sindacati, è unanime il coro di “no al carcere” per i cronisti.

Diffamazione e querele temerarie contro i giornalisti. L'articolo de Il Post
Ordine dei giornalisti,Carlo Bortoli, Presidente Consiglio Nazionale

Rifiutiamo l’idea che in un Paese democratico venga ancora comminata la pena del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Il caso di Pasquale Napolitano, cronista del Giornale, giustamente denunciato oggi in prima pagina con grande evidenza, è la goccia che fa traboccare il vaso di una normativa che non sta più in piedi”

Al di là del merito della vicenda – prosegue Bartoli – che pure suscita non poco stupore per la discrepanza tra fatto e condanna, è necessario comprendere che l’uso strumentale delle azioni giudiziarie (penali e civili) contro i giornalisti colpisce tutta la stampa, al di là dei suoi orientamenti. Attenzione, non si può però abolire il carcere e inasprire le pene pecuniarie colpendo, in particolare, i cronisti più deboli. Serve una riforma che tuteli la libertà di informazione, che non è una prerogativa dei giornalisti ma un diritto di tutti i cittadini e un architrave della democrazia‘.

“Piena e forte solidarietà” a Napolitano arriva anche dall’Ordine della Campania e dalla Commissione Legalità dell’Ordine regionale. “I fatti – denunciano – rappresentano un inaccettabile attacco alla libertà di informazione“.

“Non comprendiamo –  – come si possa essere arrivati ad una condanna ad 8 mesi di carcere per un articolo sull’Ordine degli avvocati di Nola che non aveva – a nostro parere – elementi di diffamazione e che ha assicurato diritto di replica. Napolitano, cronista 42enne, ha semplicemente svolto il proprio lavoro e la condanna al carcere, seppur con pena sospesa, è una grave ferita che non può passare inosservata. Questo tipo di sentenza mette a rischio l’autonomia dei giornalisti”.

“È incomprensibile, inoltre, che la condivisione sui social dell’articolo firmato da Napolitano sia stata ritenuta un’aggravante – prosegue la nota dell’Ordine dei Giornalisti della Campania – e ancora non è chiaro come sia possibile che la sentenza in questione, su un diritto costituzionale, sia stata emessa da un Got. Ci auguriamo che il caso venga assolutamente rivisto in appello, sarebbe un grave precedente. La Corte Costituzionale con la sentenza n.150 del 2021, ha infatti riconosciuto il ruolo dell’Ordine dei giornalisti a difesa degli interessi diffusi e ha modificato le attuali norme restringendo le ipotesi di carcere per i giornalisti”.

 

Federazione Nazionale della Stampa

 

Insorge anche la segretaria nazionale della Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti italiani), Alessandra Costante, per la quale “il caso del cronista del Giornale condannato al carcere ricorda a tutti – giornalisti, politica e opinione pubblica – quella che è una vergogna italiana: in Italia, nel 2024, il codice penale prevede ancora le manette per i giornalisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa”, afferma. “Ma al di là del caso specifico – prosegue la Costante – quello che la Federazione nazionale della Stampa ripete da anni è che in un Paese democratico punire con la reclusione i cronisti non è accettabile. I giudici fanno il loro lavoro applicando le leggi esistenti”. ”

Restiamo in attesa che anche il legislatore faccia il proprio lavoro: recepire le indicazioni della Corte costituzionale e eliminare il carcere dalle pene previste per la diffamazione, senza per questo prevedere sanzioni economiche tanto spropositate da avere sulla libertà di stampa quell’effetto raggelante più volte denunciato nelle sentenze delle Corte europea dei diritti dell’uomo”

 

SUD   LIBERTA’  –  Quotidiano del Mezzogiorno Antimafia  – Raffaele  Lanza (direttore)

Raffaele Lanza - Casa Editrice BookSprint Edizioni

 

DIRITTO   DI CRONACA  GIUDIZIARIA  E LINGUAGGIO PROFESSIONALE: NO ALLE INTIMIDAZIONI -DENUNCE

 

Sono un po   perplesso,  queste querele e soprattutto le condanne  non consentono ai giornalisti che hanno  pure una mansione investigativa (quando sono pagati contrattualmente ..visto che la gran parte dei giornali on line non ha finanziamenti..chiudiamo qui il punto per carità di patria) di svolgere con serenità un lavoro delicato e veloce come quello di cronista. Generalmente sappiamo che assume peculiare rilievo il bilanciamento effettuato dal legislatore tra il reato di diffamazione o (di cui all’art. 595 c.p.) e la libertà della manifestazione del proprio pensiero (tutelata dagli artt. 21 Cost. e 51 c.p.) e , quindi svolgimento della propria attività professionale pubblicistica dall’altro.

Vi sono   delle esimenti    (casi di esclusione) ossia un ampio raggio di casistiche in cui l’offesa dell’altrui reputazione non configura alcun reato in presenza di determinate esigenze, ovvero di particolari situazioni tassativamente previste dalla normativa penale in attesa di significativi correttivi

Le tradizionali cause di esclusione del reato di diffamazione –- sono costituite dal diritto di cronaca giudiziaria e dal diritto di critica.

A) Il DIRITTO DI CRONACA GIUDIZIARIA consiste nel diritto di raccontare accadimenti reali tramite mezzi di comunicazione di massa in considerazione dell’interesse che rivestono per la generalità dei consociati ed esso è condizionato dall’esistenza dei seguenti presupposti:

 la verità oggettiva o anche solo putativa della notizia pubblicata, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca che non sussiste quando -pur essendo veri i singoli fatti riferiti- siano dolosamente o anche soltanto colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; oppure, quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, o da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi, obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (o ascoltatore) false rappresentazioni della realtà oggettiva. 

Può capitare che il giornalista, pressato da tanti problemi quotidiani, in un particolare contesto, cada in errori tecnici fatti in buona fede.  Occorre  far fare dunque la rettifica che dovrebbe essere sufficiente – salvo ulteriore replica – a far mettere “pace”

Il giornalista ha dunque l’obbligo di controllare l’attendibilità della fonte informativa e di accertare la verità del fatto pubblicato, essendo altrimenti responsabile dei danni derivanti dal reato di diffamazione, salvo che non provi la sua buona fede ai sensi dell  art 59., ultimo comma.        Quel che meraviglia è che in politica non si sia affrontata tale problematica con serietà e determinazione al fine di evitare l’emissione di sentenze-spazzatura come queste ai raggi x.