Due ordinanze dei Giudici per le Indagini preliminari di Catania e Messina: arresti per 39 persone affiliate al Clan mafioso “Cappello- Cintorino”

 

 

 

 

 Catania – Messina – 

In data odierna, su delega delle DDA di Catania e Messina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno dato esecuzione a due ordinanze, rispettivamente emesse dai Giudici per le Indagini Preliminari di Catania e Messina, con le quali sono state disposte misure cautelari personali nei confronti, complessivamente, di 39 persone, a vario titolo indiziate per associazione per delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori; associazione finalizzata al narcotraffico; numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti – reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale, poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan “CAPPELLO-CINTORINO”.
All’operazione- comunica il Comando – hanno preso parte oltre 260 tra Carabinieri e Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina, che si sono avvalsi del supporto di: militari dell’Arma dei Carabinieri, segnatamente dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, del Nucleo Cinofili e del 12° Nucleo Elicotteri di Catania; personale della Guardia di Finanza della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) e della Sezione Aerea di Manovra di Catania.

Le indagini hanno delineato, nel periodo corrente dal 2020, un quadro aggiornato degli equilibri criminali e della loro evoluzione nella fascia di territorio a cavallo tra le province di Catania e Messina, documentando l’influenza su quell’area del clan catanese “CAPPELLO” di Catania e l’attualità del sodalizio criminale di tipo mafioso, denominato clan “CINTORINO”, costituente articolazione locale della menzionata organizzazione catanese, con cui è risultato storicamente e stabilmente collegato e alleato, attivo in particolare tra Calatabiano (CT), Giardini Naxos (ME), Taormina (ME) e zone limitrofe.

Le due ordinanze sono il risultato della strettissima sinergia investigativa attuata dalle DDA di Catania e di Messina, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nonché fra i Carabinieri e la Guardia di Finanza, finalizzata a contrastare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati sodalizi nei territori “di confine” dei distretti di Catania e Messina.

In tale contesto, sarebbero state ricostruite molteplici vicende criminali che avrebbero confermato, come ricostruito sulla base di indizi ritenuti gravi, come gli indagati si adoperassero per il mantenimento in vita e il rafforzamento del sodalizio mafioso, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere una serie indeterminata di “reati fine”, tra cui, in particolare, quelli legati ad attività estorsive ed al traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, le investigazioni delegate dalle DDA ai finanzieri dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria etneo – G.I.C.O. – anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e riscontro, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso alla G.d.F., avrebbero permesso di acquisire molteplici evidenze indiziarie fortemente sintomatiche della perpetua operatività del clan CINTORINO quali l’impegno mai scemato degli indagati per il mantenimento in carcere dei vertici storici del clan, il coinvolgimento in attività estorsive, il controllo del territorio, la disponibilità di armi da fuoco e il ricorso a figure apparentemente “pulite” e distanti per la loro custodia, l’uso delle armi nei confronti di altri soggetti, l’attitudine a dirimere controversie attraverso il richiamo alla potenza e alla capacità di intimidazione propria del clan mafioso, e ancora l’attitudine di un’esponente storico a continuare ad impartire direttive dal carcere attraverso apparecchi telefonici a lui clandestinamente procurati dai familiari e comunque da persone vicine ..

Nell’ambito delle indagini dirette dalla DDA di Catania sull’associazione mafiosa, a seguito del coordinamento tra gli Uffici requirenti, sono state valorizzate anche utili risultanze delle attività investigative condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina sotto la direzione della DDA peloritana.

Anche la Guardia di Finanza

La Guardia di Finanza etnea veniva, altresì, delegata dalle DDA ad individuare i soggetti di spicco della predetta associazione, destinatari poi del provvedimento custodiale, ricostruendone le vicende criminali nel periodo investigato.

In particolare, dalle stesse sarebbe risultato che SPINELLA Mariano avrebbe assunto il ruolo di promotore/reggente del clan CINTORINO, mentre PEDICONE Riccardo, braccio destro del boss PACE Mario del clan CAPPELLO, avrebbe rappresentato il referente per tale sodalizio mafioso etneo, affermandosi come organizzatore delle illecite attività sul versante ionico, circostanza questa ultima, specie per il territorio messinese, emersa chiaramente nella indagine condotta anche dai Carabinieri.

Per quanto concerne gli altri partecipi, alle figure storiche di SPINELLA Carmelo (fratello di Mariano) e RANERI Giuseppe, attualmente detenuti, si affiancherebbero soggetti emergenti, come GALASSO Alessandro, MAVILLA Diego, uomo di fiducia di PEDICONE, CINTORINO Christopher Filippo legato a vincoli di sangue con l’esponente di spicco da cui origina la denominazione del clan essendo nipote del boss Antonino. Quest’ultimo, avvalendosi dell’autorità derivante dai legami familiari, si sarebbe imposto sul territorio, primariamente nel settore degli stupefacenti.

I molteplici episodi osservati confermerebbero come il gruppo CINTORINO avrebbe attuato un ramificato controllo del territorio, anche attraverso una metodica attività estorsiva nel comprensorio di Calatabiano e nei comuni limitrofi della fascia ionica etnea e messinese a danno di operatori economici dell’edilizia, dei trasporti e di attività turistico-ricettive. Significativo riscontro della forza d’intimidazione territoriale del clan si desumerebbe inoltre dalle richieste di intervento rivolte al reggente del sodalizio SPINELLA Mariano, per dirimere controversie insorte tra sodali e tra questi ultimi e soggetti esterni all’organizzazione per le questioni più varie, da quelle di carattere economico a quelle sentimentali.

Nel settore degli stupefacenti, l’affiliato CINTORINO Christopher F., imparentato con il capo  storico del sodalizio CINTORINO Antonino avrebbe rivestito un ruolo di primo piano, dirigendo e gestendo un gruppo capace di assicurare in maniera stabile un mercato operativo a “ciclo continuo”, relativo a stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, che avrebbe avuto un nucleo centrale costituito dal predetto sodale, con ruolo direttivo, e da altri tre partecipi GALASSO Alessandro, MOBILIA Carmelo e MURATORE Cinzia, che avrebbero – sulla base degli indizi raccolti –  il ruolo di organizzatori dediti alla contrattazione, al trasporto, al confezionamento e all’occultamento della sostanza stupefacente, affiancato da una rete di spacciatori, stabilmente collegata.

Le indagini tecniche delegate dalle DDA ai Finanzieri etnei avrebbero poi restituito gravi indizi in merito al fiorente business criminale del traffico di stupefacenti, nonostante le cautele adottate dagli indagati, volte a dissimulare l’attività realmente svolta per non attrarre le forze dell’ordine.

Non sarebbero stati rari i tentativi di dissimulare il reale oggetto della conversazione mediante riferimenti all’attività di allevamento canino o a una nota bevanda gassata per la cocaina e sarebbe stato inoltre appurato l’utilizzo di telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili con le comuni tecniche, con il verosimile fine di eludere eventuali investigazioni.

Nel corso delle investigazioni delegate dalle DDA alle Fiamme Gialle del Nucleo PEF di Catania, sarebbero, inoltre, stati monitorati diversi episodi di approvvigionamento e di cessione di narcotico, che hanno portato complessivamente, nell’intero corso delle indagini, all’arresto in flagranza di 5 indagati ed al sequestro di circa 13 kg di cocaina, 55 di hashish e 72 di marijuana. Significativo è risultato il ritrovamento e sequestro di 71,5 kg di marijuana tipo SKUNK, quasi 1 kg di hashish e 3 etti di cocaina all’interno del cimitero di Giarre (CT), risultata una delle basi operative e di deposito del gruppo criminale.

Sarebbe stato inoltre accertato, sulla base degli indizi raccolti, come PEDICONE RICCARDO del clan “CAPPELLO” attivo a Giardini Naxos, in occasione delle consultazioni regionali del settembre 2022, si fosse adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea Regionale Siciliana. Le risultanze investigative sulla ricerca del sostegno elettorale, seppur non abbiano consentito di configurare a livello di gravità indiziaria il patto idoneo ad integrare il reato di scambio elettorale politico mafioso di cui all’art 416-ter cp, avrebbero consentito, comunque, di acquisire ulteriori elementi indiziari in ordine al riconoscimento mafioso della citata figura di PEDICONE, in quanto sodale influente ed in grado di assicurare l’appoggio elettorale anche in occasione di elezioni di livello regionale.

Grazie alle investigazioni delegate dalle DDA all’Arma dei Carabinieri di Messina sarebbe stato evidenziato, a livello di gravità indiziaria, il ruolo di primo piano del menzionato PEDICONE RICCARDO del clan “CAPPELLO” che, a partire dal 2020, insieme ad altri soggetti ritenuti appartenenti alla stessa organizzazione mafiosa, tra cui SICALI Carmelo, avrebbe spostato nel territorio di Giardini Naxos una parte degli interessi illeciti del gruppo, avviando una fiorente attività nell’ambito del narcotraffico, avvalendosi dei propri canali di rifornimento della città etnea e operando nella commissione di estorsioni.

Proprio dalle intercettazioni delegate dalle DDA ai Carabinieri emergeva come dai vertici del clan “CAPPELLO” di Catania fosse stata imposta la presenza sul territorio di Giardini Naxos di PEDICONE Riccardo, il quale, secondo il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati, avrebbe dovuto giocare in quel paese con i bambini, espressione quest’ultima intesa dagli investigatori, secondo una interpretazione condivisa dalle A.G., per indicare i sottoposti nell’ambito del gruppo criminale. Nel ragionare sulle dinamiche interne alla consorteria, gli indagati si sarebbero definiti tutti una cosa, espressione che rafforzava il vincolo associativo e modo per intendere l’unità dell’organizzazione criminale, in un contesto in cui ciascuno poteva contare sul sostegno degli altri sodali anche nel caso in cui qualcuno cascava in galera.

Sarebbe poi emerso che PEDICONE Riccardo, ritenuto sulla base del quadro indiziario acquisito capo dell’organizzazione, nel corso dell’indagine, si fosse trasferito dalla città etnea a Giardini Naxos per organizzare meglio gli affari illeciti e si sarebbe avvalso principalmente di soggetti del posto, al fine di gestire lo smercio di sostanze stupefacenti e le richieste estorsive, esercitando il proprio ascendente, derivante dalla sua appartenenza al clan catanese e agendo con tipiche modalità mafiose, spesso con azioni violente.

Le indagini delegate dalle DDA e condotte dai Carabinieri hanno inoltre documentato l’esistenza e l’operatività, in maniera quasi monopolistica a Giardini Naxos e nelle zone limitrofe, di due distinti gruppi criminali attivi nel narcotraffico, con assetti che avrebbero visto quale medesimo capo il citato PEDICONE Riccardo gravemente indiziato di essere legato al clan “CAPPELLO”, il quale avrebbe operato sul territorio con piena autonomia decisionale.

 

 

Le attività investigative sul traffico di stupefacenti sono state avviate nel febbraio 2020, a seguito di una rapina con l’utilizzo di armi ai danni di una sala giochi di Giardini Naxos, dalle cui prime risultanze, tramite il monitoraggio dei soggetti individuati come indiziati, sarebbero emersi indizi relativi ad un vasto traffico di sostanze stupefacenti.

In particolare, i due gruppi criminali, con un vertice definito e ruoli suddivisi tra fornitori, corrieri, vedette, gestori delle basi operative e della “cassa”, avrebbero smerciato nel territorio jonico della provincia messinese cocaina, marijuana e hashish, avvalendosi di basi logistiche individuate dapprima in un’officina meccanica e poi in un bar di Giardini Naxos. Lo stupefacente sarebbe stato trasportato a Giardini Naxos dai componenti dei sodalizi, riforniti dal clan “CAPPELLO”, a cui sarebbero stati destinati i proventi dello smercio, vuoi a conferma dell’affermazione del dominio economico e criminale dell’associazione mafiosa sul territorio, che per le necessità di mantenimento economico dei propri esponenti detenuti.

Nel corso delle indagini, sarebbero state inoltre documentate intimidazioni e violenti pestaggi che sarebbero stati messi in atto dagli associati, su ordine di PEDICONE Riccardo, quale capo dei sodalizi nei confronti di pusher, anche intranei ai gruppi, che avevano trattenuto per loro il narcotico, o erano insolventi o ritardavano la consegna delle somme ricavate dallo smercio dello stupefacente.

La struttura dei sodalizi dalle indagini svolte sarebbe risultata definita e caratterizzata da assetti e ruoli che variavano nel corso del tempo, al punto che lo stesso capo promotore dei gruppi sarebbe stato temporaneamente sostituito al vertice dell’organizzazione da altro soggetto, CRIMI Matteo Fortunato Mario, a seguito di un periodo di convalescenza dovuto a un conflitto a fuoco, avvenuto a Catania, in cui era stato ferito.

Nell’ambito dell’attività investigativa delegata dalle DDA ai Carabinieri, sono già state arrestate in flagranza di reato 17 persone, con il sequestro complessivamente di più di 11 kg. di stupefacente, tra marijuana, hashish e cocaina.

L’altro filone investigativo focalizzato sull’area di Taormina, delegato al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Messina, ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’attività estorsiva posta in essere nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe dal già menzionato esponente mafioso, PEDICONE Riccardo, per il clan “CAPPELLO”, nonché da referenti dell’articolazione dei “CINTORINO” e del sodalizio mafioso “BRUNETTO-SANTAPAOLA”, in prosecuzione di pregressi accordi spartitori dei proventi estorsivi che sarebbero stati stabiliti anni indietro.

Si è trattato di un’attività investigativa che si pone in continuità con le indagini già condotte dai Finanzieri etnei sotto la direzione della DDA catanese, nell’ambito dell’operazione cd “Isola Bella” nei confronti dell’articolazione “CINTORINO” del clan “CAPPELLO”, per atti estorsivi perpetrati (sino al settembre del 2017) nel settore della gestione di escursioni turistiche nel tratto di mare antistante l’Isola Bella di Taormina e sfociate nell’emissione di misure cautelari personali e reali il 10.06.2019, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado. Le odierne indagini delegate al GICO della Guardia di Finanza di Messina hanno attualizzato le situazioni cristallizzate nel procedimento “Isola Bella”, mettendo in primo piano il ruolo del referente del clan “CAPPELLO”, PEDICONE RICCARDO, cognato di un esponente arrestato nella precedente indagine e protagonista con altri sodali di plurimi episodi di estorsione aggravata.

Le suddette indagini hanno consentito di acquisire gravi indizi in ordine ad una serie di estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina, in danno di privati ed imprenditori locali e, soprattutto, di imprese impegnate nel settore delle “Escursioni Turistiche”, svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina, col precipuo scopo di agevolare l’associazione mafiosa e, al contempo, di finanziare l’assistenza di soggetti affiliati detenuti in carcere.

Per vincere eventuali resistenze degli estorti, i sodali avrebbero impiegato ogni strumento di persuasione psicologica e minacce (usavano diverse espressioni gergali arrivando anche ad esercitare la violenza fisica nei riguardi un imprenditore che si voleva opporre alle pretese ed apponendo, in un caso, una bottiglia con liquido infiammabile ed accendino sulla porta di un esercizio commerciale. In una particolare circostanza, RANERI Giuseppe avrebbe persino tentato di sfondare la porta di ingresso dell’abitazione di una vittima, in orario notturno, lanciando poi oggetti contundenti contro la finestra della casa per indurre la vittima ad uscire di casa e cedere ai soprusi.

Gli elementi raccolti avrebbero così dimostrato che, dopo una preliminare fase di spartizioni delle aree di influenza, attuata tramite diversi comportamenti estorsivi, una delle compagini, dopo aver cacciato altri affermati imprenditori dalla zona più esclusiva nel settore delle escursioni turistiche e sbaragliato la concorrenza, è riuscita finanche a diventare impresa, gestendo, direttamente, il lauto guadagno generato dall’enorme flusso di turisti che, ogni anno, da marzo a ottobre, visitano una delle spiagge più belle al mondo.

Nelle due ordinanze, i G.I.P. di Messina e Catania si sono riservati di valutare, a seguito di interrogatorio preventivo, l’adozione delle misure cautelari nei confronti, rispettivamente, di ulteriori 13 indagati.

Quanto sopra, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito, nonché tenuto conto dell’interesse pubblico ad una chiara esposizione dei fatti, sia pure nel doveroso riserbo di ulteriori elementi in ragione della attuale fase delle indagini preliminari. Con la precisazione che il procedimento è, allo stato, nella fase delle indagini preliminari, nella quale i soggetti indagati  sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità con la puntualizzazione che l’eventuale giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati.

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Stop al Clan Cappello: i Carabinieri sequestrano il lido Miami Lounge Beach a Catania Gli indagati dovranno rispondere di truffa e falso in atto pubblico.

 

 

Sequestro beni a boss della malavita siciliana. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Catania su richiesta della Procura della Repubblica etnea e su ordine del Tribunale, hanno sequestrato beni per tre milioni a Salvatore Pistone, pregiudicato 62enne di Caltanissetta e a due donne congiunte con elementi di spicco del clan mafioso dei Cappello, Giovanna Maria Salvo, pregiudicata catanese di 51 anni e Anna Laura Comparato, catanese di 28 anni . Tutti e tre sono indagati per truffa e le due donne anche per falsità ideologica commessa da P.U. in atti pubblici.

 Pistone, nella prima fase della truffa, iniziata nel 2021, avrebbe dovuto occuparsi delle trattative iniziali con la società titolare dello stabilimento balneare, il “Miami Lounge Beach Bar”, con l’obiettivo di convincerlo a sottoscrivere a suo favore un contratto d’affitto. Pistone si è finto legale rappresentante di una società svizzera – realmente esistente ed operante nel Canton Ticino ma che è totalmente all’oscuro dell’intera vicenda – ed ha avviato le trattative con il rappresentante della proprietà del lido, esibendo documenti e deleghe false, mai prodotti o emessi dal gruppo elvetico.

L’offerta era particolarmente allettante prevedendo canone vantaggiosi per la società: 135.000 all’anno per i primi due anni, 140.000 euro per il terzo e il quarto anno e 150.000 per il quinto e il sesto. Pure la “polizza fideiussoria” a garanzia dei futuri pagamenti dei canoni di locazione sarebbe stata falsa. Nel mese di marzo 2022, l’amministratore della società catanese quindi firmò il contratto concedendo in affitto il lido, con annesso ristorante.

Si definisce il ruolo delle due  donne: la Comparato ad esempio avrebbe avuto il compito di organizzare in prima persona le prenotazioni e tenere i contatti in nome e per conto dell’azienda. Le due donne, tuttavia, non avrebbero mai pagato la quota dei canoni di locazione pattuiti con la proprietà, motivo per cui erano state citate in giudizio davanti al Tribunale Civile di Catania. Anche in questa circostanza le due indagate hanno prodotto durante il processo civile, documenti falsi, con lo scopo di indurre in errore il giudice.

Secondo le investigazioni svolte l’attività commerciale si è scoperta  era stata  illecitamente acquisita. Il lido è stato affidata in custodia giudiziaria all’amministratore individuato dal Tribunale.

Librino-Catania, il Clan Cappello vuol dominare nel quartiere, la Procura lo inginocchia e chiede 247 anni di carcere per l’organizzazione criminale

 

Il processo è stato  rinviato all’udienza del  16 maggio con gli interventi della difesa 

Condanne per tutti i 16 presunti appartenenti al clan Cappello, con pene comprese tra otto e 17 anni, per complessivi 247 anni di reclusione. E’ la richiesta avanzata dalla Procura di Catania al Gup Ivana Cardillo nel processo, celebrato col rito abbreviato, scaturito dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale sulla sparatoria tra organizzazioni criminali contrapposte dell’8 agosto 2020 nel popoloso rione di Librino.

Nello scontro armato, tra esponenti del gruppo dei Cursoti milanesi e del clan Cappello, morirono Luciano D’Alessandro, di 48 anni, e Vincenzo Scalia, di 29, e rimasero ferite quattro persone. Un altro procedimento, col rito ordinario, è pendente davanti la quarta Corte d’appello di Catania.

Queste le richieste di condanna, per tentativo di omicidio aggravato, avanzate a conclusione della requisitoria al Gup Cardillo dal Procuratore aggiunto dr. Ignazio Fonzo e dal sostituto Alessandro Sorrentino. Otto anni per Concetto Alessio Bertucci; 14 anni per Giuseppe Romano; 15 anni per Mario Bonaventura, Sebastiano Cavallaro e Renzo Cristaudo; 16 anni per Gaetano Ferrara, Luciano Guzzardi, Santo Antonino Lorenzo Guzzardi, Gaetano Nobile, Riccardo Pedicone, Rinaldo Puglisi, Gioacchino Spampinato e Luciano Tudisco; 17 anni per Massimo Cappello e Salvuccio Junior Lombardo; 18 anni per Rocco Ferrara.

 

 

Caltanissetta, arresti per disarticolare un sodalizio criminale

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Dalla prima mattinata odierna militari della Compagnia Carabinieri di Caltanissetta, supportati in fase esecutiva dall’Arma territoriale di Catania, Canicattì e Mussomeli, dal personale dello Squadrone eliportato “Cacciatori di Sicilia”, dalle unità cinofile di Palermo Villagrazia e di Nicolosi, nonché da una squadra della CIO del 12° Reggimento “Sicilia”, sono impegnati ad eseguire una Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere e degli arresti domiciliari nei confronti di 11 soggetti di nazionalità italiana per i reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e reati  affini. 
L’ordinanza, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta trae origine da una ampia attività investigativa, condotta dalla Sezione Operativa del N.O.R.M. Carabinieri e coordinata dai Pubblici Ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia, ed ha consentito di disarticolare un’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti sul capoluogo nisseno e nel vicino comune di San Cataldo, nonché nel Comune di Catania. 
Le attività hanno avuto inizio a gennaio 2019, a seguito delle dichiarazioni rese alla P.G. operante da parte di un collaboratore di giustizia, affiliato al clan Cappello di Catania il quale riferiva di rilevanti forniture di sostanze stupefacenti provenienti da Catania ed immesse sul mercato clandestino di Caltanissetta. 

Arresti in corso a Catania di componenti di Clan Cappello-Cursoti

 

Un’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa stamane dal Gip su richiesta della  Procura Distrettuale Etnea nei confronti di 40 indagati appartenenti a due gruppi di spacciatori legati ad altrettanti clan mafiosi, i Cappello-Bonaccorsi e i Cursoti Milanesi.

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I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso. L’operazione, denominata ‘Tricolore’, ha colpito i gruppi che gestivano ‘piazze di spaccio’.     Le forze dell’ordine hanno constatato, nel rione popolare di San Berillo Nuovo,  due distinte “piazze di spaccio” di sostanze stupefacenti (trafficanti in cocaina e marijuana), a breve distanza l’una dall’altra, la prima di esse (quella ubicata in Corso Indipendenza, angolo via La Marmora) gestita dal gruppo mafioso organicamente riconducibile al clan mafioso Cappello–Bonaccorsi, con a capo Lorenzo Christian Monaco, ovvero colui che aveva ricevuto da Salvatore Bonaccorsi, figlio di Concetto ed esponente apicale dei “Carateddi” (oggi entrambi collaboratori di giustizia), l’investitura per gestire la attività nel complesso, preoccupandosi anche di definire i confini con gli altri gruppi mafiosi operanti sul territorio.

 

La seconda, invece, operativa in zona limitrofa alla prima e precisamente in via San Leone, è gestita da diversi soggetti riconducibili, per la loro storia pregressa, al clan dei “Cursoti Milanesi”. Il confine tra le due piazze – dopo aspri dissidi che avevano visto alcuni soggetti vicini al clan dei “Cursoti Milanesi” percorrere armati le vie pubbliche della città per contrastare i rivali – veniva contrassegnato dall’apposizione di due distinte bandiere, quella degli Stati Uniti d’America per il clan dei Cappello-Bonaccorsi, quella del Milan per il clan dei Cursoti-Milanesi.

 

Il cantante Tony Colombo accusato di avere “chiari rapporti di Mafia” con i boss più potenti del Catanese

GRAVI ACCUSE DI MAFIA -CLAN CAPPELLO

Tony Colombo in posa con il neomelodico siciliano nipote del boss di mafia

Un’accusa di mafia , di Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale della Campania, rivela alcune circostanze dubbie di “natura mafiosa” sui rapporti del cantante Tony Colombo, noto soprattutto nel Napolitano    Vediamo cosa dice l’accusa :
«Da un video che ci hanno inviato e reperito sul web dalla testata online Napolitan, veniamo a sapere che il cantante neomelodico Tony Colombo ha rapporti di collaborazione con Niko Pandetta, collega neomelodico siciliano, pregiudicato, e nipote di Salvatore Turi Cappello, uno dei bossi più potenti della mafia catanese. Pandetta è lo stesso personaggio che mesi fa mi minacciò con un video in cui mostrava una pistola d’oro per aver espresso posizioni durissime contro la mafia. A quanto pare, quindi, la moglie Tina Rispoli, vedova del boss di Secondigliano Gaetano Marino, non è l’unica persona nella cerchia del cantante vicina alla criminalità organizzata. Pandetta, nelle sue canzoni, inneggia alla malavita, dedica brani a suo zio detenuto al 41 bis, oltre a essere stato in prigione per rapina e spaccio di stupefacenti, e ha incassato una nuova condanna a sei anni di carcere lo scorso luglio. È questo l’esempio che Colombo vuole dare a chi lo segue?»
«Sono tanti i giovani che seguono Colombo e sua moglie. Sponsorizzare pregiudicati vicini alla mafia di certo non è un bel segnale. Dopo il caos sulle nozze, dopo la diffusione di una foto in scooter su un marciapiede e senza casco, forse è il caso – ha aggiunto Borrelli – che la coppia analizzi bene i contenuti che finiscono in rete e prenda chiaramente le distanze dalla mafia e dalla camorra».

Sappiamo adesso che gli inquirenti svolgono indagini sulle comunicazioni ed accuse del consigliere regionale Borrelli.

Operazione “Fossa dei leoni” a Librino: 25 arresti, Clan Cappello gestiva una “piazza di spaccio”

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Blitz antidroga dei carabinieri del comando provinciale di Catania che ha inferto un duro colpo al sodalizio criminale legato al clan Cappello che gestiva una ‘piazza di spaccio’ nel popoloso rione di Librino.

Un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia etnea, è stata notificata dai carabinieri a 25 persone per reati di associazione finalizzata al traffico e  spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante del metodo mafioso.

L’operazione, denominata ‘Fossa dei leoni’, è l’epilogo di una indagine condotta dai carabinieri dal settembre 2017 al febbraio 2018 che ha consentito di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli dei componenti del gruppo criminale attivo nel popolare quartiere Librino di Catania

Clan Cappello: l’Antimafia di Catania scopre flussi di denaro e distribuzione di droga, arresti

VIDEO DEGLI ARRESTI ( FORNITO DAL  NUCLEO CARABINIERI DI CATANIA )

Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere  è stata emessa dalla Procura di Catania , nelle province di Palermo, Catania e Siracusa nei confronti di 8 persone per il delitto di associazione finalizzata alla detenzione e traffico di stupefacenti.

Si apprende dagli investigatori che l’attività incriminata è quella del  Clan Cappello-Bonaccorsi e in particolare al gruppo del boss Salvatore Massimiliano. L’ordinanza è stata emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione il cui referente veniva individuato in Giovanni Geraci  con la collaborazione diretta di Salvatore Panassiti, agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, sita in via Santa Maria delle Salette, ma boss di riferimento per il Clan,
Le indagini – avviate proprio a seguito del rinvenimento in casa del Panassiti di sostanza stupefacente di tipo cocaina, denaro e un “libro mastro” contenente appunti relativi alla gestione dei flussi di denaro e alla distribuzione della droga nelle piazze di spaccio di pertinenza del Clan, hanno consentito – tramite appositi servizi di Osservazione, Controllo e Pedinamento (O.C.P.), video-riprese, intercettazioni e riscontri specifici con sequestri di sostanze stupefacenti – di accertare la sussistenza di un forte vincolo associativo la cui riconducibilità all’organizzazione mafiosa Cappello-Bonaccorsi veniva corroborata da dichiarazioni di collaboratori di giustizia”.
Nel corso della suddetta indagine in particolare venivano tratti in arresto in flagranza di reato (detenzione e spaccio di stupefacenti, nonché detenzione di un’arma clandestina da guerra) 4 degli odierni indagati e contestualmente venivano sequestrati circa 40 grammi di cocaina (in parte “pura” e in parte già “tagliata” per essere venduta al dettaglio) e oltre 5 Kg di marijuana eccetera