La suggestiva Piazza Duomo di Catania, martedì 31 dicembre in prima serata, ospiterà “Capodanno in musica” condotto in diretta da Federica Panicucci con Fabio Rovazzi che Canale 5 trasmetterà in diretta in prima serata. Il concerto che festeggia l’arrivo del nuovo anno prenderà il via al termine del discorso del Presidente della Repubblica.
La presentazione dell’evento, a ingresso gratuito, promosso dalla Regione Siciliana in partnership con Mediaset è avvenuto nel palazzo degli elefanti, il Municipio di Catania, alla presenza del vicesindaco Paolo La Greca, dell’assessore regionale siciliana al Turismo Elvira Amata, del presidente del consiglio comunale Sebastiano Anastasi.
Tra i presenti anche il direttore di Canale 5 Giancarlo Scheri e l’Amministratore Delegato di Radiomediaset Paolo Salvaderi.
Sul palco si avvicenderanno musicisti e interpreti che hanno fatto la storia della canzone italiana e gli idoli dei più giovani.
Ci saranno Alberto Urso, Baby K, Berna, Cioffi, El Ma, Grelmos, I Desideri, LDA, Ludwig, Marco Masini, Mida, Mietta, Orietta Berti, Paola e Chiara, Paolo Meneguzzi, Riccardo Fogli, Riki, Spagna, Umberto Tozzi, Vida Loca. Prevista anche la partecipazione dei talenti della scuola di “Amici”. “Capodanno in Musica” si avvarrà poi di una partecipazione speciale di Gigi D’Alessio.
In anticipo rispetto alla data di consegna dei lavori in variante al progetto originario, prevista per fine gennaio, da stamattina una porzione della vasta area a parcheggio di piazzale Raffaello Sanzio, è aperta per accogliere circa centoventi automobili.
L’ingresso all’area di sosta, per ora, è consentita solo da via Imperia, attraverso un varco che permette anche ai pedoni di raggiungere gli stalli, in questa fase transitoria utilizzabili gratuitamente.
La superficie di parcheggio disponibile, infatti, è solo una parte della grande struttura intermodale e polifunzionale, attrezzata con un’ampia zona a verde e per il fitness, su cui si stanno ancora ultimando i dettagli dei lavori di completamento.
“Anche in questa fase temporanea il parcheggio verrà presidiato da operatori dell’Amts in attesa della consegna totale dell’opera tra circa un mese -ha spiegato l’assessore ai lavori pubblici Sergio Parisi, che stamani ha condotto un sopralluogo insieme ai tecnici– per dare seguito all’impegno del sindaco Trantino di accorciare i tempi di utilizzo delle aree di sosta per il periodo delle festività. E’ una struttura che quando verrà interamente consegnata è destinata a rimanere un fiore all’occhiello della città e anche per questo il sindaco ha voluto fosse intitolata alla memoria dell’avvocato Serafino Famà, illustre avvocato catanese ucciso dalla mafia”.
Il parcheggio è già costantemente monitorato dalle telecamere di videosorveglianza.
Il selciato è costituito da pavimentazione autobloccante, grigliati erbosi che permettono il drenaggio dell’acqua piovana, al fine di evitare formazioni di ristagni d’acqua piovana.
I poliziotti della Squadra mobile di Catania e del Commissariato di P.S. di Adrano hanno arrestato 21 persone accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, porto e detenzione di armi da sparo, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.
Gli investigatori, proseguendo filoni di precedenti indagini, dal luglio 2021 hanno evidenziato come uno dei componenti di alto livello nella gerarchia del clan Scalisi, una volta scarcerato, si sia subito posto ai vertici del gruppo criminale, diventandone il reggente.
Dalle analisi dei poliziotti si è potuto ricostruire l’organigramma del clan, portando alla luce le numerose estorsioni che commercianti e imprenditori locali subivano, costretti a versare mensilmente il “pizzo”, con il timore di subire danni alle loro imprese se non avessero pagato.
Dalle indagini, infatti, sono emersi diversi episodi di danneggiamento e intimidazione nei confronti di quelli che non avevano ceduto al pagamento del dovuto agli emissari del clan.
I poliziotti hanno dimostrato che l’estorsione non era la sola fonte di guadagno dell’associazione mafiosa. Il clan, infatti, gestiva un esteso traffico di cocaina e marijuana, dopo essersi inserito prepotentemente nel mercato degli stupefacenti grazie alla debolezza dell’altro clan adranita, colpito negli anni da numerosi arresti.
Proprio per difendere questo predominio, presidiare il loro territorio e preservare i loro affari dalle interferenze dei rivali, i membri dell’organizzazione criminale si erano dotati di numerose armi, pronti a sostenere il confronto con gli altri gruppi mafiosi.
L’operazione, su delega della Direzione distrettuale antimafia, si è conclusa con il supporto operativo degli equipaggi del Reparto prevenzione crimine, Reparto mobile, Polizia scientifica, nonché con la supervisione dall’alto di un elicottero del Reparto volo etneo.
Controlli dei Carabinieri della Compagnia di Fontanarossa, assieme agli specialisti catanesi del Nucleo Anti Sofisticazione NAS, a quelli del Nucleo Ispettorato del Lavoro NIL e i colleghi del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale NIPAAF all’interno dei Mercati Agro Alimentari Sicilia MAAS, ispezionando ben 9 ditte a tutela della sicurezza alimentare, della sanità pubblica e privata e dei lavoratori.
Il MAAS, infatti, è centro agroalimentare e snodo logistico della città di Catania, che ospita e gestisce i mercati all’ingrosso di ortofrutta e prodotti ittici che vengono venduti ai singoli commercianti e, dunque, i consumatori ritrovano sulle loro tavole o nei ristoranti.
Nell’ambito delle loro funzioni, i Carabinieri hanno sequestrato più di mezza tonnellata di pesce messo in vendita da un grossista 25 catanese, perché privo di tracciabilità, ovvero sprovvisto delle indicazioni relative al “percorso” del pesce, dalla sua cattura fino all’arrivo presso il punto vendita.
Questo scambio di dati tra i diversi attori della filiera del prodotto ittico è obbligatorio per tutte le aziende alimentari dell’Unione Europea, e ognuno di loro deve ottemperare, per la propria parte di competenza, alle disposizioni previste dalla normativa di settore, affinché il flusso delle informazioni segua il prodotto fino alla vendita al dettaglio.
Oltre al sequestro di tutto quel pescato non tracciato, al titolare è stata elevata una sanzione di 1500 euro.
Durante l’attività ispettiva presso una seconda attività commerciale, riconducibile ad un 40enne di Valverde, i Carabinieri hanno accertato che tutti e 4 i lavoratori presenti erano privi di contratto e non registrati, quindi “in nero”.
Tale condizione li ha esposti a gravi rischi, poiché gli impiegati erano privi di copertura contributiva, sanitaria e previdenziale, essenziali per garantirne la sicurezza in caso di infortuni o altri problemi legati al lavoro. Si è appreso anche che il titolare non li aveva sottoposti nemmeno alla prevista sorveglianza sanitaria, l’insieme di atti medici necessari a tutelare la salute e quindi la sicurezza del lavoratore, in relazione all’ambiente di lavoro, i fattori di rischio professionali e alla modalità di svolgimento di quella particolare professione. Al termine degli accertamenti, sulla base degli indizi raccolti da verificare in sede giurisdizionale, l’imprenditore è stato denunciato penalmente all’Autorità Giudiziaria, e sanzionato anche con un’ammenda di quasi 1500 euro, con recupero di contributiInps e Inail per 3.200 euro, e la sua attività è stata sospesa fino a quando non provvederà alla regolarizzazione della posizione lavorativa degli impiegati.
La Polizia di Stato ha eseguito la più vasta operazione contro la pirateria audiovisiva condotta in Italia ed in Europa. Oltre 270 operatori della Polizia Postale hanno effettuato 89 perquisizioni in quindici regioni italiane e, con la collaborazione delle forze di polizia straniere, 14 perquisizioni nel Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania e Croazia, nei confronti di 102 persone. Nel medesimo contesto, la polizia croata ha eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti indagati. E stata smantellata la più vasta organizzazione criminale transnazionale dedita alla pirateria audiovisiva che si avvaleva di una complessa infrastruttura informatica che serviva illegalmente oltre 22 milioni di utenti finali. –
L’Operazione basata su oltre due anni di indagini dirette dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catania e condotte dai poliziotti del locale Centro operativo per la sicurezza cibernetica della Polizia postale, coordinati dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica di Roma. Grazie al coordinamento di Europol e Eurojiust e il supporto della rete operativa @ON (Operation network), finanziata dalla Commissione europea e guidata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), l’inchiesta ha permesso l’esecuzione di provvedimenti di perquisizione e sequestro in Italia e in quasi tutta Europa.
Oltre 270 poliziotti hanno effettuato 89 perquisizioni in 15 regioni italiane, mentre altre 14 perquisizioni, sono state fatte dalle polizie dei relativi paesi in Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania, Croazia, e Cina nei confronti di 102 persone.
La risonanza internazionale delle investigazioni partite dal capoluogo siciliano ha sviluppato diversi filoni di indagini che, ad esempio, hanno permesso alla polizia croata di eseguire 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti indagati.
L’operazione di oggi ha smantellato una complessa, estesa e capillare infrastruttura informatica che serviva illegalmente oltre 22 milioni di utenti finali, dentro e fuori i confini nazionali. Infatti, attraverso strutture informatiche disseminate su tutto il globo, utilizzando il sistema informatico delle Iptv (Internet protocol television) illegali, venivano illecitamente captati e rivenduti i palinsesti delle più note piattaforme televisive nazionali e internazionali come Sky, Mediaset, Amazon prime, Netflix, Paramount, Disney+.
Grazie alle indagini svolte, sono stati spenti e sequestrati oltre 2500 canali illegali e server che gestivano la maggior parte dei segnali illeciti in Europa e che generavano un giro d’affari illegale di oltre 250 milioni di euro al mese.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori la struttura criminale, con una organizzazione di tipo verticistico, al cui interno ognuno degli indagati rivestiva ruoli distinti e ben determinati, era ben congeniata per commettere una serie di reati, in particolare inerenti lo streaming illegale, l’accesso abusivo in sistemi informatici, frode informatica e riciclaggio.
I poliziotti della postale hanno rintracciato in Romania e ad Hong Kong 9 server attraverso i quali veniva diffuso in tutta Europa il segnale audiovisivo piratato, che in collaborazione con le locali forze di polizia hanno provveduto a spegnere. Sono stati individuati, inoltre, in Inghilterra e Olanda 3 amministratori di livello superiore e 80 pannelli di controllo dei flussi streaming per i vari canali Iptv.
Nel corso delle perquisizioni sono state rinvenute e sequestrate criptovalute per un valore di circa 1.650.000 di euro e oltre 40.000 euro di denaro contante, ritenuto frutto dell’attività criminale. Si stima che il denaro sequestrato, infatti, sia solo una minima parte del giro d’affari illegale che ogni anno frutta circa 3 miliardi di euro e provoca oltre 10 miliardi di euro di danno economico alle aziende che gestiscono le pay tv.
Per tentare di eludere le investigazioni gli indagati usavano app di messaggistica crittografata, identità e documenti falsi utili per intestarsi utenze telefoniche, carte di credito, abbonamenti televisivi e noleggio di server. I poliziotti hanno rilevato inoltre che, utilizzando piattaforme social di canali, gruppi, account, forum e blog, gli indagati hanno pubblicizzato nel tempo i loro prodotti di streaming illegale anche con l’offerta di abbonamenti mensili.
Oltre agli indagati nel Regno Unito, Svezia, Svizzera, Olanda, Germania, i server collocati in Olanda, Romania e Cina, l’inchiesta ha toccato oltre 40 città italiane.
Oggi, mercoledì 27 novembre 2024 alle ore 10,15, in via Patanè Romeo, traversa di via Vagliasindi, zona Borgo Sanzio, alla presenza del sindaco Enrico Trantino, dell’assessore comunale all’ambiente Massimo Pesce e di quello alle politiche comunitarie Sergio Parisi, con i responsabili di Gema Spa, azienda che opera in appalto nel Lotto Centro, verrà ufficialmente aperto al pubblico il quinto Centro Comunale di Raccolta (isola ecologica) della città di Catania.
La nuova isola ecologica di via Carmelo Patané Romeo, nell’area del III Municipio, è ampia 4000 metri quadrati e contiene due aree di deposito rifiuti con casse scarrabili e contenitori di varie tipologie di rifiuto.
Un avanzato sistema di registrazione dei conferimenti con i sistemi di pesatura e il riconoscimento dell’utente tramite tessera sanitaria, garantisce ai cittadini che vanno a conferire i rifiuti differenziati di poter usufruire degli sgravi tributari della Tari.
Anche la realizzazione del nuovo Centro Comunale di Raccolta di via Carmelo Patané Romeo, come quella di via Cairoli e del viale Biagio Pecorino a San Giorgio-Librino aperti recentemente, è avvenuta con i fondi comunitari Pon Metro, grazie a una procedura di progetto avviata nel dicembre del 2021 dalla giunta del sindaco Pogliese e coi successivi step portati avanti dall’attuale amministrazione del sindaco Trantino.
Il Centro Comunale di Raccolta rifiuti sarà aperto al pubblico, dal lunedì al sabato, dalle ore 9.30 alle 15.30, domenica e festivi esclusi.
Martedì 26 novembre 2024, a partire dalle ore 9.00, nel Centro Fieristico e Congressuale Le Ciminiere di Catania, in viale Africa, si terrà “Un Click per Tutti” evento promosso dal Comune e dalla Città Metropolitana di Catania, volto a promuovere e favorire, con un processo coordinato e condiviso, la diffusione dell’accessibilità degli strumenti digitali.
Alla presentazione delle iniziative di sensibilizzazione verso l’inclusività digitale promosse dagli enti territoriali e finanziate con il Pnrr, parteciperanno il sindaco Enrico Trantino, rappresentanti dell’Università degli Studi di Catania, gli esperti dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), l’Unione Italiana Ciechi, l’Ente Nazionale Sordi, l’Associazione Famiglie Audiolesi Etnei e l’associazione Generazione Y, che condivideranno esperienze e best practice per costruire una prospettiva digitale alla portata di tutti, fattore di progresso sociale e tecnologico del territorio.
Prevista la partecipazione di sindaci, amministratori locali, operatori del terzo settore, della tecnologia informatica e della comunicazione digitale.
Catania – 24 attività commerciali irregolari e circa 1,6 milioni di euro di sanzioni irrogate
Catania,
I militari del Comando Provinciale di Catania nell’ambito del dispositivo di contrasto al sommerso da lavoro, hanno sottoposto a controllo diversi esercizi commerciali dell’area ionico-etnea, rilevando diverse irregolarità.
In particolare le Fiamme Gialle della Compagnia di Riposto, hanno eseguito negli ultimi periodi oltre venti mirati interventi, individuando in diversi esercizi commerciali 34 lavoratori in nero e 9 lavoratori irregolari.
Nello specifico i controlli hanno coinvolto diverse forme di esercizi commerciali fra le quali ristoranti, bar, pasticcerie, negozi di abbigliamento e calzature, società di vendita di elettrodomestici e materiali per l’edilizia, proponendo per 14 di questi esercizi, anche la sospensione dell’attività imprenditoriale in ragione dell’elevato numero di personale che prestava attività lavorativa “in nero” al momento degli accessi effettuati dai militari.
Tra i numerosi lavoratori in nero vi era un minorenne che percepiva uno stipendio giornaliero pari a circa 14 euro, nonostante le numerose ore di lavoro prestate; oltre a due soggetti che sono risultati anche destinatari di un separato assegno di inclusione statale poiché ufficialmente non inquadrati come lavoratori dipendenti.
Di rilevante interesse è risultata essere l’attività posta in essere nei confronti di una società di “Coltivazione di Uva”. Ben 7 lavoratori “irregolari” erano pagati settimanalmente mediante l’utilizzo di mezzi di pagamento non tracciabili, inadempimento questo che ha comportato l’applicazione di sanzioni amministrative che possono arrivare per la singola società interessata ad un massimo di € 825.000,00.
Il crescente fenomeno della corresponsione degli stipendi con pagamenti in contanti ha riguardato altre attività commerciali fra le quali una macelleria, un’impresa edile ed un negozio al dettaglio, alle quali sono state contestate analoghe sanzioni amministrative per un ammontare totale di oltre € 280.000,00.
In 20 casi, è stata applicata la cosiddetta maxi-sanzione, a causa delle omesse comunicazione da parte dei singoli datori di lavoro, che ha consentito di contestare sanzioni pecuniarie per un ammontare complessivo di € 480.200,00.
La Guardia di Finanza – informa infine– è da sempre impegnata nella lotta al contrasto dell’economia sommersa, concentrandosi fortemente sul fenomeno del lavoro nero ed irregolare in quanto trattasi di una piaga dell’intero sistema economico che sottrae risorse all’erario, mina gli interessi dei lavoratori, compromettendo la sana concorrenza fra le imprese del tessuto produttivo italiano.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania- informa un Comunicato – hanno sequestrato circa 58.000 articoli contraffatti e non conformi agli standard di sicurezza, nell’ambito di un’operazione volta alla repressione della contraffazione e al controllo della sicurezza prodotti. Gli articoli sono stati rinvenuti in tredici esercizi commerciali situati in vari comuni della provincia etnea.
Il Gruppo di Catania e la Compagnia di Acireale hanno avviato una serie di interventi in negozi gestiti da soggetti di nazionalità cinese, concentrandosi nelle località di Trecastagni, Gravina e Misterbianco, che hanno portato alla scoperta di quasi 40.000 articoli contraffatti e non conformi alle normative di sicurezza: nello specifico oltre 5.000 giocattoli e 34.000 articoli di cancelleria. Tra i marchi noti figurano Pokémon e diversi personaggi Disney, insieme a un aumento del fenomeno della contraffazione di prodotti del panorama digitale, sempre più di interesse per i giovani consumatori, fra cui diversi tablet perfettamente funzionanti con relativi caricabatterie.
Nel settore dell’abbigliamento, la Compagnia Pronto Impiego, attraverso tipiche attività esplorative, ha sequestrato oltre 800 capi e accessori recanti noti marchi contraffatti, tra cui i prestigiosi Hugo Boss, Hermès e Louis Vuitton. Nel dettaglio numerosi i portafogli di ottima fattura rinvenuti all’interno di buste di plastica ben occultate all’interno di un’auto non efficiente e abbandonata nelle vie del centro storico della città.
La Compagnia di Riposto ha invece cautelato circa 16.000 articoli di bigiotteria privi delle informazioni minime in materia di sicurezza, come il marchio CE, l’importatore e il fabbricante, mentre i finanzieri della Compagnia di Paternò hanno portato a termine una peculiare operazione, sequestrando 142 cuscini – guanciali con una mendace riproduzione del marchio IRGE, privi delle opportune caratteristiche anallergiche e di sicurezza.
Nel calatino le fiamme gialle di Caltagirone hanno individuato oltre 1.500 prodotti non sicuri, in particolare con graviviolazioni delle norme in materia di sicurezza di materiali elettrici. Lampade al Led, solar charger, casse-amplificatori tutti esposti per la vendita al pubblico senza le prescritte garanzie previste dal codice del consumo.
I prodotti contraffatti sono stati tutti sottoposti a sequestro penale, con contestuale denuncia all’Autorità Giudiziaria dei responsabili, 4 cittadini cinesi e 6 cittadini italiani, che rischiano multe fino a 25.000 euro.
Le operazioni rientrano nel quadro delle attività svolte dalla Guardia di Finanza a tutela dell’economia legale, finalizzate a preservare il mercato dalla diffusione di prodotti non conformi rispetto agli standard di sicurezza imposti dalla normativa nazionale e dell’Unione Europea, oltre che alla repressione degli illeciti di natura fiscale, a tutela del tessuto produttivo italiano.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, a conclusione di complesse attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica etnea, hanno dato esecuzione, nelle province di Catania, Caltanissetta, Messina, Siracusa, Ragusa, Trapani, Cosenza, Vibo Valentia, Napoli, Roma, Viterbo e Varese, con il supporto degli omologhi Comandi Provinciali nonché del I Gruppo etneo, a un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 15 soggetti (2 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 9 destinatari di interdittiva), a vario titolo indagati, unitamente ad altre 14 persone, per associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti (FOI), dichiarazione dei redditi infedele e fraudolenta mediante l’utilizzo di FOI nonché indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti.
Sulla scorta del medesimo provvedimento cautelare, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania hanno eseguito anche il sequestro preventivo di 28 società commerciali coinvolte nella frode fiscale nonché di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili riconducibili ai principali indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
Le indagini, svolte anche mediante attività di intercettazione telefonica e ambientale, accertamenti bancari, acquisizioni documentali, escussione di persone informate sui fatti e servizi di osservazione, hanno portato alla luce, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, un diffuso sistema di frodi fiscali, realizzato attraverso la creazione di consorzi di imprese con il solo scopo di operare la somministrazione illecita di manodopera a favore delle aziende clienti, celata sotto forma di falsi appalti di servizi.
Le investigazioni hanno preso avvio a seguito dello svolgimento di una serie di controlli fiscali, che avrebbero fatto emergere i segnali di un fenomeno illecito organizzato e particolarmente diffuso, specie tra le imprese operanti nel settore turistico-alberghiero di Sicilia, Calabria e Lazio, dannoso sia per l’Erario, a causa dell’ingente evasione di imposte (dirette e IVA) e contributi previdenziali, sia per le aziende che operano lecitamente sul mercato, meno concorrenziali rispetto a quelle che si sarebbero avvantaggiate della frode, in grado di praticare tariffe più convenienti in virtù dei conseguenti più elevati margini di guadagno.
Il meccanismo di frode prevedeva uno schema operativo ricorrente.
In primo luogo, la costituzione di entità giuridiche in forma di consorzi (con sede legale a Roma e Firenze) e società consorziate (oltre 26 susseguitesi nel tempo distribuite tra le province di Milano, Firenze, Roma, Catania e Messina), tutte prive di una propria organizzazione, di mezzi e senza l’assunzione di alcun rischio d’impresa, aventi di norma un ciclo di vita molto breve durante il quale avrebbero accumulato, senza onorarli, ingenti debiti tributari.
Tali soggetti giuridici, legalmente rappresentati da prestanome, spesso nullatenenti e privi di competenze professionali adeguate al ruolo apparentemente rivestito, avrebbero operato come meri serbatoi di manodopera, nel senso che sarebbero stati utilizzati esclusivamente per assumere un numero elevatissimo di lavoratori, per la maggior parte provenienti dalle aziende divenute clienti, per poi metterli a disposizione proprio di queste ultime sotto forma di appalto di servizi fittizio. In realtà, come emerso dalle investigazioni, i lavoratori non hanno mutato né sede lavorativa, né qualifica professionale, rimanendo, di fatto, alle dipendenze dell’originario datore di lavoro per continuare a svolgere le proprie ordinarie mansioni.
Lo scopo sarebbe stato dunque quello di esternalizzare, solo in apparenza, la forza lavoro, in modo da conseguire diversi vantaggi consistenti:
per le società clienti, nella maggiore flessibilità a fronte di una riduzione di costi sul lavoro, potendo modulare l’entità della manodopera in base alle esigenze di periodo e, al contempo, risparmiare sugli oneri retributivi, assicurativi, previdenziali e normativi connessi alle diverse tutele riconosciute ai lavoratori; ciò per effetto del licenziamento dei dipendenti delle predette aziende e della parallela assunzione in capo alle consorziate. Per di più, la stipula (solo formale) di un contratto di appalto avrebbe consentito alle clienti di detrarre l’iva applicata in fattura (non genuina) relativa ai “presunti servizi” erogati;
per gli ideatori del “sistema consorzio”, negli ingenti profitti illeciti derivanti dal mancato pagamento allo Stato dei debiti erariali (per imposte e contributi) maturati dal consorzio e dalle consorziate, neutralizzati attraverso indebite compensazioni con crediti IVA inesistenti derivanti dal simulato acquisto di beni strumentali da società “cartiere”, in realtà appositamente costituite dal sodalizio criminale per emettere fatture false.
Quest’ultima operazione è risultata essenziale nella filiera del sistema fraudolento in quanto, beneficiando di compensazioni con crediti inesistenti, le consorziate hanno potuto certificare al cliente finale di avere “correttamente” assolto agli obblighi di versamento, fornendo la certificazione di regolarità contributiva (da INPS o INAIL competente per territorio) ovvero il modello DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). L’escamotage in parola ha infatti consentito di aggirare le disposizioni introdotte dal legislatore per contrastare il fenomeno delle somministrazione illecita di manodopera come, a esempio, le disposizioni dell’art. 4 del D.L.124/2019 le quali obbligano le imprese che ricorrono ad appalti, subappalti, affidamenti a soggetti consorziati caratterizzati da prevalente utilizzo di forza-lavoro, come nel caso di specie, a richiedere certificazione di regolarità di pagamento delle imposte e dei contributi.
E’ stato stimato che, negli ultimi 5 anni, il giro di fatture “false” legato al sistema di frode nel suo complesso sarebbe stato pari a oltre 56 milioni di euro di imponibile e oltre 13 milioni di IVA, garantendo profitti illeciti all’associazione a delinquere per oltre 8 milioni di euro, la metà dei quali distribuita agli organizzatori del sistema sotto forma di compensi professionali, stipendi, rimborsi spese.
Le attività di indagine hanno permesso di comprendere che il centro decisionale di tutto il sistema fraudolento sarebbe ubicato a Catania, presso lo studio di un commercialista e del suo collaboratore, promotori e organizzatori del sodalizio criminale sebbene gli stessi non abbiano ricoperto alcun ruolo formale nei consorzi e nelle consorziate e nonostante il fatto che le tali società avessero sede legale in diverse province italiane (Milano, Firenze, Roma, Messina e Catania), talvolta presso civici inesistenti o locali vuoti e/o in disuso.
Per la realizzazione del disegno criminoso, i predetti ideatori del “sistema consorzio” sarebbero stati coadiuvati da una serie di partecipi all’associazione a delinquere e da altri collaboratori esterni ad essa. Tra i primi vi è un soggetto originario di Cosenza (cl. 1969), responsabile e referente della rete commerciale in Calabria e nel Lazio, uno di Catanzaro (cl. 1969), referente di alcune strutture ricettizie operanti in Calabria, nelle plurime vesti di imprenditore, professionista, consulente del lavoro e depositario delle scritture contabili di società clienti dei consorzi nonché procacciatore di clienti per questi ultimi, e due addette, originarie di Nicosia e Roma (cl. 1982 e 1968), per la gestione dei clienti/appaltanti, degli adempimenti giuslavoristici riguardanti i lavoratori in carico alle consorziate affidatarie e dell’interlocuzione e gestione delle teste di legno posti a capo dei consorzi e delle consorziate in qualità di legali rappresentanti.
Gli altri collaboratori, esterni alla compagine criminale, sarebbero costituiti da una serie di fedeli personaggi, in tutto 9, pronti ad assumere il ruolo di amministratore di diritto delle diverse società via via costituite, facendo da paravento all’attività svolta dai suddetti indagati e informandoli anche nei casi di avvio di attività ispettive da parte di reparti territoriali della Guardia di Finanza.
Sulla scorta delle evidenze acquisite dai finanzieri del Nucleo PEF di Catania, il GIP presso il locale Tribunale, su proposta della Procura etnea, ha dunque ritenuto sussistente in capo agli indagati un grave quadro indiziario in ordine ai reati contestati disponendo:
la custodia cautelare in carcere nei confronti dei due promotori dell’associazione a delinquere, già destinatari di analoga misura nel 2020 a seguito delle indagini per frode fiscale condotte sempre dalle Fiamme Gialle etnee, su delega della locale Procura, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “FAKE CREDITS”; gli arresti domiciliari per gli altri 4 partecipi all’associazione a delinquere e il divieto per un anno di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche per i restanti 9 soggetti, ritenuti più stretti collaboratori dei suddetti promotori;
il sequestro di 28 società, utilizzate per realizzare il sistema di frode, nonché di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
Nel corso dell’esecuzione dei provvedimenti del G.I.P. si è parallelamente proceduto alla perquisizione locale e informatica disposta dal P.M. inquirente nei confronti dei rappresentanti legali delle aziende “clienti” che appaiono aver usufruito maggiormente della somministrazione illecita di manodopera, al fine di raccogliere ulteriori elementi indiziari a riprova dell’ipotesi di reato a loro ascritta di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e della sussistenza di responsabilità amministrativa, ai sensi del d.lgs. 231/2001, in capo alle società da loro amministrate per i vantaggi che avrebbero ottenuto dalla frode.
L’attività si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura e dalla Guardia di finanza di Catania a tutela della finanza pubblica, con lo svolgimento di complesse indagini volte, da un lato, a tutelare le imprese sane dalle più insidiose forme di frode fiscale, contrastando fenomeni illegali in grado di distorcere le regole della libera concorrenza, e, dall’altro, a garantire- informa il Comando – il recupero degli illeciti proventi dell’evasione, da destinare, una volta definitivamente acquisiti alle casse dello Stato, anche a importanti interventi economico e sociali.
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