Assenteismo: impronte digitali a Salerno (da 800 indagati il fenomeno è ora azzerato) e, in Sicilia che si fa? continua con l'”unica” timbratura

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INIZIAMO LA SPERIMENTAZIONE NEGLI ENTI DUBBI DOVE VI SONO STATE DENUNCE SULL’ASSENTEISMO COME LE SOPRINTENDENZE SICILIANE, CATANIA IN TESTA CHE CONTINUA CON UN’UNICA TIMBRATURA

di      Raffaele  Lanza

L’azienda ospedaliero-universitaria ‘San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona’ di Salerno, è il primo ente pubblico autorizzato dal Garante della privacy a installare un sistema di lettura di dati biometrici. Un esempio positivo che anticipa la scelta contenuta nel decreto appena approvato dal governo.

“Dopo una prima fase di sperimentazione –apprendiamo – il sistema di rilevazione delle impronte in questa Asl è entrato a pieno regime nel gennaio 2017″. Una scelta nata dopo che: 800 dipendenti su 3mila sono stati indagati” nel 2015 per presunte assenze ingiustificate dal lavoro. “Sette i dipendenti licenziati, si apprende, altri sono sotto procedura disciplinare”, mentre il tribunale competente deve emettere le sentenze penali

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Dovremmo iniziare -osserviamo noi – siffatta sperimentazione anche in Sicilia dove ognuno fa i comodi suoi, i dirigenti anche e in enti come la Soprintendenza di Catania dove  addirittura hanno eliminato con ordine di servizio -da oltre un decennio- la doppia timbratura ai dirigenti. Come dire: questo personale non dovrà mai recuperare ritardi o permessi diversamente dai dirigenti comunali e delle Asl.          Il comportamento della Soprintendenza di Catania è sostenuto dai vertici del dipartimento dei beni culturali della Regione Sicilia. Cioè dalla Regione, dal Presidente Musumeci probabilmente ignaro comunque – finora-di queste situazioni.   Non basta parlare di Antimafia, bisogna concretizzare questo assunto con le azioni per una maggiore trasparenza e correttezza.      Questa diversità di comportamenti e direttive diverse tra la città di Salerno che già provvede con le impronte digitali e enti catanesi come la Soprintendenza dove vi è solo un’unica timbratura sembra riflettere e consolidare due culture diverse, su un fenomeno che va sempre più avanti  spesso trascurato persino dalla Guardia di Finanza 
(per aver collaborato professionalmente con la Soprintendenza etnea)

L’‘introduzione di un sistema di lettura delle impronte non crea nessun problema per la privacy. “E’ il dipendente a detenere la sua impronta su un apposito tesserino digitale: prima passa il tesserino su un apposito rilevatore e poi appoggia il dito, il ‘match’ tra le due rilevazioni garantisce che non vi si sono imbrogli o truffe. Dopo le “iniziali resistenze da parte di qualche dipendente o sindacato” sono stati installati 15 rilevatori per i cinque plessi che costituiscono l’azienda ospedaliera, e oggi “il fenomeno dei ‘furbetti del cartellino’ si è azzerato”     Vediamo adesso cosa succederà        negli enti pubblici e, in primis in Sicilia

Rieccoli i “furbetti del cartellino”: timbrano il ” badge”dei colleghi e poi a passeggiare….

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  Timbrare per gli altri :Una pratica diffusissima in Sicilia e a Catania in particolare nella classe dirigenziale della Regione siciliana

Ancora caos nei pubblici uffici per l’abitudine , dura a morire, di timbrare il cartellino del collega. Dodici dipendenti dell’Agenzia delle Dogane Roma 1 sono indagati per il reato di truffa aggravata e falsa attestazione. I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma – Eur e della Stazione Garbatella stanno eseguendo altrettante ordinanze di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione emessa dal Tribunale della Capitale.

Secondo quanto emerso dalle indagini, condotte anche attraverso l’installazione di un sistema di videoriprese all’interno dell’Ufficio Pubblico e diversi pedinamenti , i “furbetti del cartellino” timbravano sul posto di lavoro per poi abbandonarlo  subito dopo  senza segnalare l’uscita con l’apposito codice di permesso previsto dal  “badge” elettronico oppure, in alcuni casi, lasciavano l’Agenzia cedendo il badge ad un altro collega che lo timbrava più tardi attestando la fine del turno di lavoro.  Una indecenza che prosegue con disinvoltura in quasi tutti gli uffici pubblici. Dalla Lombardia alla Campania, dalla Campania alla Sicilia.

 La pratica, frequente e diffusa, consentiva agli impiegati di svolgere mansioni private e di intrattenersi in esercizi pubblici risultando comunque in servizio e continuando pertanto a percepire il compenso previsto dal contratto di lavoro.   Osserviamo che tale fenomeno è esteso anche in Sicilia ed in particolare a Catania nella classe dirigenziale della Regione siciliana.