Camorra Napoli: figlia contesa. Imposizioni intimidatorie e cortei armati del clan De Martino per scortare i nonni paterni durante gli incontri con la piccola. 9 misure cautelari

A Napoli la guerra di camorra è ricominciata. Lo Stato intervenga

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 – Napoli,

Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli, si comunica che i Carabinieri della Compagnia di Torre del Greco hanno eseguito un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 9 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di atti persecutori, lesioni personali e di detenzione e porto in luogo pubblico di armi, delitti aggravati dal metodo mafioso per aver fatto ricorso alla capacità d’intimidazione dell’associazione di tipo camorristico denominata clan “De Martino”, storicamente operante nell’area orientale di Napoli e, in particolare, nel quartiere Ponticelli.
All’esito delle indagini svolte dai Carabinieri della Tenenza di Cercola, è emerso che gli indagati hanno fatto ricorso ad imposizioni, progressivamente divenute più intimidatorie e prevaricatrici, affinché venisse loro garantito l’affidamento, in totale assenza di alcuna regolamentazione giudiziaria, di una bambina nata dalla relazione di una donna con il rampollo – detenuto – di una famiglia storicamente al vertice di una delle fazioni camorristiche che si contendono l’egemonia criminale nella zona del quartiere napoletano Ponticelli.
Le investigazioni hanno consentito, inoltre, di documentare l’esecuzione di veri e propri cortei armati degli affiliati al gruppo camorristico in questione per scortare i nonni paterni  in occasione dei quotidiani prelievi e delle riconsegne della bambina.

Gli arrestati sono stati associati presso la Casa Circondariale di Napoli-Secondigliano nonché presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Messina, un’operazione internazionale di Narcotraffico conduce in carcere oltre 110 persone con Ordinanza del GIP del Tribunale di Messina

Foto close-up di un uomo depresso sdraiato vicino alle medicine sul pavimento

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 Messina – Territorio Nazionale e Spagna,

I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione, in Sicilia, Calabria, in altre località del territorio nazionale e in Spagna, a ordinanze di custodia cautelare nei confronti di oltre 110 persone (85 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 27 agli arresti domiciliari), di cui 4 a cura della Polizia Penitenziaria, emesse dal GIP del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica. Tra i destinatari delle misure cautelari, 16 sono già detenuti in carcere.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi si pone a valle di tre distinte indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, a partire dal gennaio 2021 all’attualità; delle quali, una eseguita dai CC della Compagnia di Messina Sud, le altre due dalla Compagnia CC di Barcellona Pozzo di Gotto. Le articolate e complesse investigazioni hanno disvelato l’esistenza e la operatività di diverse organizzazioni criminali della città di Messina e del barcellonese, attive nel narcotraffico, con collegamenti con strutture criminali calabresi e soggetti attivi anche in Campania, Lombardia e all’estero.

Nell’ambito delle tre attività investigative, sono stati, infatti, documentati diversi, stabili, canali di approvvigionamento della droga, con la Calabria, per la cocaina; con alcuni soggetti attivi nelle province di Napoli e Milano, nonché con la Spagna, per l’hashish; e con soggetti attivi nei Paesi Bassi, con riferimento allo spice, cannabinoide sintetico con effetto psicotropo estremamente dannoso per la salute. Le indagini articolate e complesse, si sono strutturate, utilizzando i tradizionali strumenti delle intercettazioni, telefoniche e ambientali;; delle dichiarazioni di soggetti che hanno avviato la collaborazione con l’autorità giudiziaria. Gli elementi raccolti, dunque, hanno disvelato l’organigramma di 4 tra le principali organizzazioni criminali operanti, dal 2020, nel traffico di stupefacenti e nella gestione di piazze di spaccio nei quartieri messinesi di Giostra, S a n t a Lucia Sopra Contesse, Villaggio CEP e Villaggio Aldisio, nonché nelle zone di Barcellona P.G. e di Milazzo.

In particolare, l’indagine delegata alla Compagnia Carabinieri di Messina Sud ha riguardato l’esecuzione di misure cautelari in carcere e agli arresti domiciliari a carico di 49 persone, gravemente indiziate -a vario titolo- per i delitti di “associazione finalizzata al narco traffico”, “detenzione, coltivazione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “autoriciclaggio” e “porto e detenzione di armi clandestine”. Sono stati delineati i ruoli e gli assetti di un gruppo criminale, ritenuto fra i più attivi nel narcotraffico nell’area peloritana, con significativi rapporti con organizzazioni criminali di altre regioni, riorganizzatosi e riaffermatosi sul territorio .

Il sodalizio, con base operativa nel quartiere popolare messinese “Giostra” e con la disponibilità di armi, avrebbe smerciato, nel tempo, ingenti quantitativi di stupefacente, rifornendo plurime piazze di spaccio nei diversi quartieri nelle aree a Nord e a Sud del capoluogo e delle zone nebroidea e tirrenica della provincia, particolare a Tortorici. Lo stupefacente sarebbe stato stoccato e custodito nelle abitazioni di alcuni sodali, strategicamente protette da impianti di videosorveglianza, inferriate e porte blindate, volti a ritardare i tempi di accesso delle Forze di Polizia durante le perquisizioni e consentire, nel frattempo, l’occultamento della droga e delle armi, realizzando veri e propri “fortini” di difficile, se non impossibile, accesso. Infatti, nel corso delle indagini sull’articolazione operante in Messina, nel g e n n a i o 2021, abbiamo registrato il ferimento di un carabiniere, che, nel tentativo di entrare in una abitazione da perquisire, rimaneva ferito al piede, per effetto della improvvisa e volontaria chiusura, contro di lui, di una porta blindata a protezione dell’appartamento.

L’organizzazione, anche attraverso la considerevole disponibilità economica acquisita e le sperimentate capacità criminali, si sarebbe accreditata sul mercato illecito della droga, potendo contare su numerosi canali di approvvigionamento, individuati nelle aree di San Luca e Rosarno (RC), nonché in soggetti operanti nel napoletano e a Milano; ovvero, ancora, avvalendosi, in caso di difficoltà, di altri gruppi messinesi attivi nello spaccio degli stupefacenti. Sulla base di quanto emerso dalle indagini, il sodalizio avrebbe reimpiegato parte dei consistenti profitti del narcotraffico -che si stima essere pari a ca. €500.000 mensili, confluenti in una cassa comune- in un’attività commerciale nel settore dell’abbigliamento di Messina, destinando un’altra parte alle famiglie dei sodali detenuti.

Dall’indagine è emersa anche una seconda consorteria criminale, che si riforniva di stupefacente dal sodalizio principale, qualificandosi quale gruppo acquirente privilegiato, per, poi, metterlo in vendita nel quartiere popolare denominato “Villaggio Aldisio”. Sul versante barcellonese, delle due attività di indagine, la prima è culminata nell’arresto di 28 persone, delle quali 24 a cura della Compagnia CC di Barcellona P.G.; le restanti 4 a cura della Polizia Penitenziaria del Provveditorato di Palermo dell’Amministrazione penitenziaria; in particolare, 23 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari, gravemente indiziate -a vario titolo- dei delitti di “associazione finalizzata al narco traffico”, “detenzione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “associazione per delinquere finalizzata all’indebita introduzione di telefoni cellulari in istituti penitenziari”, “porto abusivo di armi” e “trasferimento fraudolento di valori”.

Le attività investigative hanno consentito di ricostruire le componenti soggettive ed oggettive di un’organizzazione criminale, attiva a Barcellona P.G. nel narco traffico di ingenti quantitativi di cocaina, marijuana e hashish. Gli indagati avrebbero posto in essere un’intensa attività di spaccio, in modo sistematico, attraverso un’organizzazione criminale strutturata; con la disponibilità di armi; composta, tra vertici e affiliati, anche da soggetti legati da vincoli di parentela, che avrebbe distribuito la droga in favore di una rete di spacciatori nel territorio di Barcellona e nei paesi limitrofi, cedendola anche ad altri narcotrafficanti della provincia di Catania.

La droga, in particolare l’hashish, sarebbe stata, in parte, approvvigionata dalla Spagna, tramite un sodale ivi dimorante e poi occultata nelle abitazioni di altri affiliati alla consorteria, che utilizzava un’autoconcessionaria di Barcellona P.G., fittiziamente intestata ad alcuni indagati, sebbene riconducibile a uno dei capi del sodalizio, quale base operativa del narcotraffico nonché quale attività commerciale ove indirizzare parte dei proventi dell’illecita attività di spaccio. Dagli accertamenti svolti dai militari dell’Arma, insieme al Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria, è emerso che, al fine di incrementare i propri introiti, il sodalizio criminale avrebbe, addirittura, introdotto la droga nel carcere di Barcellona P.G., dove uno dei promotori, lì detenuto, dirigeva e coordinava la distribuzione delle dosi e telefoni cellulari, anch’essi illecitamente introdotti, ad altri reclusi. L’attività investigativa ha altresì consentito di raccogliere indizi circa l’esistenza di un ulteriore gruppo criminale, collegato al primo sodalizio, finalizzato all’illecita introduzione nel carcere di Barcellona P.G. di telefoni cellulari, composto da detenuti e da una donna la quale, dall’esterno dell’istituto, avrebbe introdotto i dispositivi occultati all’interno di pacchi destinati ai detenuti.

Tra i destinatari della misura cautelare in carcere figurano un Agente della Polizia Penitenziaria e un infermiere dell’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) di Messina, all’epoca entrambi in servizio presso la citata Casa Circondariale. Il primo avrebbe coadiuvato uno dei capi della consorteria – consegnandogli stupefacente, poi, distribuito nel carcere; il secondo avrebbe introdotto la droga nel carcere, ceduta poi ad alcuni reclusi.

Contestualmente, all’esecuzione delle misure cautelari, i militari dell’Arma hanno anche eseguito il sequestro preventivo del capitale sociale e del compendio aziendale di 5 società, compresa una concessionaria di autovetture, ubicate a Barcellona P.G., Milazzo e in Spagna, nonché di 7 beni immobili (fabbricati e terreni), autovetture, polizze assicurative e conti correnti, tra cui uno relativo a un istituto di credito spagnolo, intestati o nella disponibilità degli indagati, del valore complessivo di 4 milioni di euro. Sempre sul versante barcellonese, il secondo segmento dell’indagine fa, oggi, registrare l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 35 persone, delle quali 20 destinatarie della misura in carcere e 15 agli arresti domiciliari, di cui 10 già detenute; allo stato, gravemente indiziate a vario titolo- di “associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, “detenzione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “estorsione”, “detenzione e porto abusivo di armi”, nonchè “indebita introduzione di telefoni cellulari in istituti penitenziari”.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire le coordinate di riferimento di un’organizzazione criminale, con basi operative a Barcellona P.G e Milazzo (ME), dedita al traffico di ingenti quantitativi della droga sintetica denominata spice, nonché di cocaina e marijuana. In particolare, il gruppo criminale avrebbe importato lo spice dal mercato olandese in considerevoli quantitativi, tramite siti web riguardanti, apparentemente, il commercio di prodotti leciti- per il successivo smercio, per un volume d’affari di circa 50.000 euro al mese. Sono emerse anche le forti pressioni, esercitate dagli affiliati nei confronti di alcuni spacciatori, loro acquirenti, per costringerli ad onorare i debiti di droga assunti nei confronti della consorteria.

Dagli accertamenti condotti, anche questa organizzazione criminale avrebbe avuto la disponibilità di armi e la sua forza criminale sarebbe emersa dalla circostanza di essere in grado di operare nel narcotraffico, senza subire interferenze da parte di sodalizi concorrenti del territorio di Barcellona P.G. Pur essendo 3 distinte indagini, sono emersi elementi di collegamento tra i territori coinvolti, come documentato per il traffico di spice, che dal gruppo di Barcellona P.G., oltre a pusher della zona, veniva smerciato in favore di spacciatori messinesi, raggiunti dall’odierno provvedimento, che provvedevano a distribuire la sostanza ai consumatori del capoluogo.

Quanto sopra, – informa il Comando – ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti degli indagati, che, in considerazione dell’attuale fase delle indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la precisazione che il giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati e restituzione dei beni sequestrati.

Ragusa, tenuto in ostaggio per un debito di droga viene liberato dalle forze speciali

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Ragusa – Scicli e Siracusa,

Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ragusa e della Compagnia di Modica a seguito dei fatti avvenuti nella serata di giovedì 20 giugno scorso a Scicli, nel corso dei quali due bande rivali si sono scontrate nel quartiere Jungi con l’esplosione di due colpi di arma da fuoco, hanno permesso di far emergere come il motivo scaturente della controversia fosse legato al mancato pagamento di una partita di droga.

I militari dell’Arma, infatti, hanno appurato come tra il gruppo composto da giovani ventenni di origine modicana e sciclitana vi fossero due ragazzi che erano riusciti a farsi consegnare da alcuni coetanei siracusani poco meno di 4 kg. di hashish senza corrispondere loro la cifra dovuta, quantificabile in circa € 15.000,00, così provocando una violenta ritorsione da parte della banda dei siracusani.

Questi ultimi, giunti a Scicli, intercettavano la banda avversaria e, oltre a sparare all’indirizzo dei componenti del gruppo locale, riuscivano a sequestrare uno di loro. Gli accertamenti svolti dai Carabinieri, nell’immediatezza dei fatti, consentivano di individuare uno dei responsabili dell’indebito impossessamento dell’importante quantitativo dello stupefacente, identificato in un ventenne residente a Modica, di origini nordafricane, che pertanto veniva tratto in arresto avendo avuto il possesso dei circa 4 kg. di hashish, recuperati nel corso delle attività e sottoposti a sequestro.

Le serrate indagini proseguite per tutta la giornata di venerdì 21 consentivano, grazie anche ad apparecchiature di elevato profilo tecnico, di individuare il luogo ove potesse essere stato portato il soggetto sequestrato, identificato in un 19enne residente a Modica, anch’egli di origini nordafricane, ossia un’abitazione popolare nei pressi di Piazza Santa Lucia di Siracusa, con lo scopo di indurre i suoi sodali a restituire lo stupefacente di cui si erano impossessati o a corrisponderne la cifra del valore commerciale.

Vista la pericolosità dei soggetti implicati nella vicenda, che aveva già dato modo di constatare come gli stessi potessero essere in possesso di armi e di poterne far uso, e considerata le criticità di un intervento in un ambiente urbano densamente popolato, veniva attivato il Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri con sede a Livorno per la delicata operazione di liberazione del soggetto sotto sequestro.

Nella notte tra sabato e domenica, i Carabinieri del GIS dei Carabinieri, con il supporto delle Aliquote di Primo Intervento di Catania, di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sigonella e della componente territoriale dei militari dell’Arma di Ragusa e Siracusa, hanno quindi fatto irruzione all’interno dell’abitazione del centro di Siracusa, consentendo l’immediata liberazione dell’ostaggio e l’arresto di un siracusano minorenne, prossimo alla maggiore età, che sotto minaccia compiuta grazie anche alla disponibilità di un’arma, aveva trattenuto il 19enne modicano contro la sua volontà. Il giovane sequestrato, che al momento della liberazione si presentava in buone condizioni generali di salute, veniva comunque affidato alle cure mediche del personale sanitario dell’ospedale Umberto I di Siracusa poiché presentava una ferita alla spalla destra provocatagli dai suo sequestratori la sera dello scontro tra le due bande a Scicli.

Reggio Calabria, un 79enne accusa un malore improvviso. I Carabinieri lo soccorrono nelle manovre di primo soccorso: salvato

Tale episodio dimostra, ancora una volta, l’estrema sensibilità dell’Arma dei Carabinieri ai bisogni della popolazione, qualunque essi siano.

Truffa ai danni di un anziano di 99 anni: due donne agli arresti domiliciari

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Reggio Calabria,

I Carabinieri di Ortì, nel corso di un servizio di pattuglia, sono intervenuti in loc. Terreti di Reggio Calabria in quanto alcuni cittadini avevano segnalato un 79enne riverso sulla strada, in stato di semi-incoscienza, poiché colto da malore improvviso.

I militari, giunti sul posto, dopo aver allertato il 118 per il tramite della Centrale Operativa, unitamente al nipote dell’uomo attuavano le manovre di primo soccorso per poi affidare il malcapitato nelle mani del personale sanitario che provvedeva a trasportarlo, non in pericolo di vita, presso il locale G.O.M. Tale episodio dimostra, ancora una volta, l’estrema sensibilità dell’Arma dei Carabinieri ai bisogni della popolazione, qualunque essi siano. La diffusione capillare su tutto il territorio nazionale e, in particolar modo, nei piccoli centri e nelle piccole frazioni – ove spesso la Stazione Carabinieri rappresenta l’unico presidio di riferimento per la cittadinanza – costituisce uno dei punti di forza dell’Istituzione e consente un intervento tempestivo, da parte dei militari, anche in caso di soccorso alle persone vittime di eventi naturali.

Napoli, movimentano il terreno per rimuovere i rifiuti, area sequestrata e 4 persone, tra cui un architetto, denunciate

Area industriale trasformata in discarica rifiuti speciali ...

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 Napoli – Somma Vesuviana (NA)

Siamo a Somma Vesuviana e una gazzella della locale stazione sta percorrendo le strade della città che si trova nel cuore del parco nazionale del Vesuvio.
La giornata è calda e tranquilla mentre la pattuglia gira a via del colle. Nella strada immersa nel verde, però, i Carabinieri notano dei lavori in corso da pare di alcuni mezzi pesanti: é domenica ed è bene approfondire.
Dal sottosuolo affiora un ingente quantità di rifiuti. La movimentazione del terreno viene interrotta e sul posto arrivano anche i carabinieri di Ottaviano.
Dagli accertamenti emerge che erano in corso dei lavori di ampliamento dei capannoni di una ditta adibita alla lavorazione dei metalli. Vengono rinvenuti rifiuti speciali non pericolosi. Ferro, materiali di risulta di demolizioni e miscele bitumose che erano stati nel tempo accantonati lì.
L’area é grande circa 10mila metri quadrati ed è stata sequestrata.
Denunciati per gestione e smaltimento illecito dei rifiuti l’amministratore unico della società, un architetto, un imprenditore e un operaio.

I CLAN vogliono affidare il controllo del territorio ai figli dei “padrini” – Stop della Procura , dei Carabinieri e della Finanza – Ordinanza di misure cautelari personali nei confronti di 16 mafiosi su richiesta della Procura Antimafia

 

Catania,

Alle prime ore di ieri,  12 giugno ,- informa il Comando Carabinieri-  personale del Comando Provinciale Carabinieri di Ragusa unitamente ai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dall’Ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia etnea, concernente complessivamente 16 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di “associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tentato omicidio, estorsione e tentata estorsione, detenzione abusiva di armi e porto in luogo pubblico, detenzione, trasporto e cessione di sostante stupefacenti, falsità ideologica commessa da privati, reati tutti aggravati dalla finalità mafiosa”.

Il provvedimento cautelare eseguito dai Finanzieri del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ragusa nelle province iblea ed etnea valorizza e mette a sistema le risultanze delle complesse indagini svolte dai predetti reparti a partire dal 2016 e fino al 2023.

Le investigazioni, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, avrebbero permesso di ricostruire:

  • le dinamiche criminali dell’associazione a delinquere riconducile a cosa nostra operante nel territorio di Vittoria (RG) e in altri comuni della provincia di Ragusa, capeggiata da un esponente di spicco in quel contesto geografico;
  • i ruoli nel tempo assunti dagli altri indagati, destinatari di misura cautelare, monitorandone le attività criminali sia nel periodo in cui il predetto esponente era in stato di libertà sia durante il periodo di detenzione.

Le più recenti attività di p.g. avrebbero fatto emergere che, durante il periodo di detenzione del soggetto apicale del clan, un pregiudicato a lui vicino sarebbe stato investito del ruolo di referente pro tempore dell’organizzazione criminale. L’attività investigativa aveva ulteriore impulso dopo che il capo clan, posto agli arresti domiciliari nel gennaio 2021, avrebbe sfruttato la propria abitazione quale base logistica in cui effettuare incontri riservati con i propri accoliti, con esponenti apicali dei gruppi riconducibili a cosa nostra e operanti in altri contesti territoriali nonché con importanti imprenditori del settore del packaging, riprendendo di fatto il proprio ruolo di riferimento del sodalizio mafioso e riaffermando la propria influenza sul territorio.

Il monitoraggio tecnico e le attività condotte a carico dell’indagato di spicco, dei suoi figli, e di altri soggetti ritenuti appartenere al gruppo criminale avrebbero consentito di acquisire elementi di pregio indiziario in merito all’esistenza di un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli. Il sodalizio avrebbe unito l’aggressività e la forza militare a strategie imprenditoriali, estendendo così il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan “Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela.

Contestualmente sarebbe venuto in evidenza anche il ruolo dei figli dell’esponente di spicco del clan per la gestione, unitamente al padre, degli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi, facendo uso degli strumenti propri dell’assoggettamento mafioso e avvalendosi del proprio riconosciuto carisma criminale nell’ambiente della fornitura del packaging per influenzare e condizionare la libera concorrenza. In tal modo, si sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della Procura etnea, a carico di tale soggetto apicale, che aveva riguardato anche svariate società, tra le quali una delle aziende di famiglia.

In altri termini, la consorteria criminale, operando con modalità spesso illecite e spregiudicate e interagendo con altri soggetti malavitosi, riciclatisi anch’essi in quell’ambito territoriale come imprenditori, avrebbe continuato a imporre la propria leadership nell’ambito del lucroso settore del mercato locale, con particolare riferimento alla vendita di materiali e imballaggi per confezionamento dei prodotti ortofrutticoli, assai fiorente nel contesto territoriale, a vocazione prevalentemente agricola, del comune di Vittoria.

Sarebbe emersa altresì la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi che, grazie alla rete di relazioni del capo clan, sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo. Al contempo, le stesse aziende, ponendosi a disposizione del sodalizio, avrebbero apportato un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento, e comunque della realizzazione anche parziale del programma criminoso dell’associazione mafiosa.

Inoltre, l’arresto di un soggetto vicino al richiamato soggetto apicale, avvenuto nell’aprile 2021, trovato in possesso di un’arma da fuoco clandestina detenuta illegalmente e di un’importante quantità di stupefacente, avrebbe consentito di evidenziare come gli interessi del gruppo abbracciassero anche il settore della droga, delle armi e delle estorsioni.

Sul punto, emergono evidenze in cui il gruppo mafioso avrebbe posto in essere azioni intimidatorie verso altri soggetti pregiudicati vittoriesi per indurli al pagamento di quantitativi di stupefacente forniti da altre consorterie, che si sarebbero rivolti al sodalizio di cosa nostra vittoriese riconoscendone le capacità operative sul territorio. Parimenti, sono stati monitorati momenti di criticità all’interno dei quali gli appartenenti al gruppo si sarebbero organizzati per il compimento di azioni di forza con l’uso di armi da compiere in danno di pregiudicati vittoriesi che, grazie al tempestivo intervento degli inquirenti, si risolvevano senza spargimento di sangue.

All’esito delle indagini svolte, il GIP etneo, su richiesta della Procura di Catania, ha ritenuto dunque sussistente un grave quadro indiziario nei confronti dei 16 soggetti indagati, disponendone la custodia cautelare in carcere.

L’attività investigativa in questione si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura della Repubblica di Catania, dalla Guardia di Finanza etnea e dall’Arma dei carabinieri di Ragusa volte al contrasto delle associazioni a delinquere di tipo mafioso e della “mafia imprenditrice”, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale e di condizionamento della libera concorrenza.

 

 

 

In ginocchio i clan mafiosi che dominavano tra le province di Ragusa e Catania: arrestate 16 persone

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I  finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico e Finanziaria della Guardia di Finanza di Catania e dei carabinieri del Comando provinciale di Ragusa hanno posto in stato di fermo sedici persone nell’ambito di una inchiesta sui clan attivi sul territorio tra le provincia di Ragusa e Catania. Tutti sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, tentato omicidio, illecita concorrenza con minaccia o violenza. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Catania e i provvedimenti cautelari sono stati firmati dal Gip del Tribunale etneo.

Estorsioni: sequestro di beni disposto dal Giudice del Tribunale di Termini Imerese per 1 milione di euro in Sicilia

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 Palermo – Cefalù 

I Carabinieri della Compagnia di Cefalù hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Termini Imerese su richiesta della Procura della Repubblica.

L’odierna attività segue quella condotta dal medesimo comando dell’Arma nello scorso mese di aprile per la quale è stata notificata la misura cautelare nei confronti di 5 indagati (1 agli arresti domiciliari, 4 interdittive del divieto di esercitare attività professionale e imprenditoriale nel settore dell’insegnamento per 12 mesi) accusati a vario titolo di estorsione e sfruttamento del lavoro all’interno di due istituti paritari di Cefalù e Termini Imerese facenti capo ad una cooperativa esercente attività di istruzione di secondo grado.

Le vittime, insegnanti e personale ATA (personale amministrativo, tecnico e ausiliario) obbligate mediante minaccia, oppure avvantaggiate dalla necessità di ottenere i punteggi per accedere alle graduatorie pubbliche per le successive assunzioni, nonché dallo loro stato di bisogno connesso alla crisi economica ed occupazionale, avrebbero prestato la loro attività lavorativa in difformità ed in misura sproporzionata alla contrattazione nazionale se non finanche a titolo gratuito, restituendo la retribuzione formalmente ottenuta per il lavoro prestato.

Le indagini condotte, oltre a delineare il quadro investigativo sopra descritto, hanno permesso di quantificare in oltre un milione di euro il danno derivante dalle violazioni in materia contrattuale tanto nei confronti delle vittime quanto dell’interesse pubblico. Il provvedimento ha disposto il sequestro dei conti bancari nonché dei beni immobili riconducibili alla predetta cooperativa e ai singoli indagati.

Nella medesima circostanza il Tribunale di Termini Imerese ha nominato un commissario giudiziale per garantire la prosecuzione dell’attività scolastica nell’interesse degli studenti e a ripristino di una situazione di diritto all’interno dei singoli istituti. È doveroso rilevare – informa il Comando Carabinieri – che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.

Sicurezza: 27 arresti in Sicilia per porto abusivo di armi, droga , furto ed estorsioni

I Padrini che hanno fatto la storia della mafia - Focus.it

 

 Palermo –

I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica,  nei confronti di 27 persone indagate – a vario titolo – per i reati di detenzione e porto abusivo di armi comuni da sparo e clandestinericettazioneattività organizzate per il traffico illecito di rifiutiassociazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacentifurto ed estorsione.

L’attività d’indagine è stata condotta dal personale del Nucleo Operativo della Compagnia di Palermo – San Lorenzo e ha consentito di delineare un grave quadro indiziario, sostanzialmente recepito nel provvedimento cautelare, circa la sussistenza di un sodalizio criminale, attivo nei quartieri San Giovani Apostolo – ex C.E.P., Borgo Nuovo e Cruillas, composto da persone, già note alle cronache, che, avendo anche la disponibilità di armi comuni da sparo di provenienza illecita e clandestine, erano dediti alla gestione di 4 piazze di spaccio, di un’attività organizzata, priva di alcuna autorizzazione, per il traffico di rifiuti e alla commissione di furti di veicoli finalizzati per lo più alle conseguenti estorsioni con il cd. metodo del “cavallo di ritorno”.

L’azione investigativa, portata avanti da settembre 2020 a marzo 2021, ha fatto emergere un grave quadro indiziario su un 34enne del C.E.P., all’epoca dell’indagine ristretto in regime di detenzione domiciliare e attualmente in carcere, quale figura di riferimento per tutte le attività criminali sopra descritte, che, grazie agli altri indagati, sarebbe riuscito a:

  • dirigere un’attività organizzata, priva delle autorizzazioni previste, di gestione di rifiuti, svolta con la compartecipazione di altri 5 indagati e che, oltre allo stoccaggio dei materiali raccolti illecitamente (ferro e altri metalli), ne prevedeva la lavorazione presso un terreno adiacente alla sua abitazione abusiva e il successivo trasporto effettuato tramite il titolare compiacente, raggiunto dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, di un’azienda operante nel settore che, mettendo a disposizione i propri mezzi, consentiva la compilazione dei formulari per la successiva vendita a ditte della Sicilia e di altre regioni, impegnate nel campo edile, siderurgico e del trattamento di materiale metallico, con guadagni stimati che potevano arrivare anche a 50mila euro mensili;
  • promuovere un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, gestendo in prima persona il rapporto con i fornitori, emanandone le strategie operative criminali e raccogliendone i proventi illeciti stimati in circa 40mila euro su base mensile. Il gruppo era strutturato su un’organizzazione piramidale con al vertice il 34enne e alle sue dipendenze 2 figure incaricate di rifornire le 4 “piazze di spaccio” – la cui operatività nelle predette aree della città era garantita da altri 5 indagati ritenuti intranei al sodalizio – con cocainamarjuana e hashish, approvvigionate da fornitori del capoluogo – tra cui figura un indagato con precedenti riconducibili all’ambito della criminalità organizzata e in particolare alla famiglia mafiosa di Santa Maria del Gesù;
  • esercitare il controllo sul giro di furti di auto finalizzati soprattutto alla successiva richiesta estorsiva con il metodo del cd. “cavallo di ritorno”, in cui le vittime, per vedersi restituiti i veicoli sottratti, erano costretti a versare fino a 1000 euro.

Le risultanze dell’indagine, compendiate nella misura cautelare, avrebbero messo in luce come alcuni cittadini dei quartieri in cui il 34enne esercitava il controllo delle attività criminali si sarebbero rivolti a lui per la risoluzione di problematiche di vita quotidiana o per avere un’intercessione a seguito del patito furto del proprio veicolo.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto la custodia cautelare in carcere per 17 persone e la misura cautelare degli arresti domiciliari per le restanti 10. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro preventivo, con decreto emesso dalla stessa A.G., l’area in cui venivano stoccati i rifiuti, adiacente all’abitazione del 34enne, e un autocarro di proprietà della ditta incaricata del trasporto del materiale lavorato.

Nel corso delle investigazioni, si è delineata la responsabilità di tre persone all’epoca dei fatti minorenni, attivamente coinvolte nelle illecite attività ed indagati per i reati di “detenzione abusiva di armi da fuoco”, “ricettazione” e “traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti per i quali l’indagine, proseguita anche sotto il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni, ha portato all’emissione di 3 decreti di perquisizione, eseguiti nella mattinata odierna.

La Procura per i minorenni, a seguito degli accertamenti svolti dai Carabinieri, sta valutando inoltre di adottare provvedimenti di competenza a tutela dei minori appartenenti alle famiglie degli indagati.

 

È obbligo rilevare- informa il Comando Carabinieri -che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

 

Reggio Calabria, maxi operazione contro una cosca della ‘ndrangheta, indiziata di associazione mafiosa ed estorsione: numerosi arresti e misure cautelari

Foto Ministero I.

Reggio Calabria,

I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria con il supporto dello Squadrone Eliportato ‘Cacciatori’ Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria–Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di numerose persone indiziate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni e armi.

Le indagini  ricostruiscono  dinamiche e assetti di un’articolazione di ndrangheta riconducibile ad una ‘locale’ operante nel territorio del comune di Reggio Calabria, ricostruendone l’imposizione del controllo del territorio ed un diffuso sistema estorsivo nonché la gestione occulta di diverse imprese.