Visionando 40 telecamere i Carabinieri scoprono l’assassino del pensionato di Milazzo che aveva la sola pensione di 650 euro:

Le telecamere visionate dai Carabinieri hanno con sentito di ricostruire l’agghiacciante scena del delitto.  L’autore Ettore Rossitto, di 56 anni,è adesso  accusato di omicidio premeditato e distruzione di cadavere. Ha ucciso con 11 coltellate un anziano di 73 anni, Giovanni Salmeri, e poi hapersino bruciato il corpo in una discarica per rubargli una pensione di 650 euro. L?atroce  omicidio è avvenuto a Milazzo nel luglio scorso, ma solo oggi i carabinieri sono riusciti a ricostruire i particolari del delitto e ad arrestare il presunto colpevole, Ettore Rossitto    Per l’assassino o presunto tale inizia ora il calvario giudiziario

I carabinieri hanno eseguito infatti l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta della locale Procura. Le indagini sono state avviate dopo il ritrovamento il 29 luglio scorso in una discarica abusiva in località Scaccia di un cadavere carbonizzato che non consentiva di identificare la vittima. L’autopsia ha poi rivelato che l’uomo era stato ucciso con 11 coltellate, utilizzando un coltello con una lama di 20 cm trovato sulla scena del crimine.

Gli investigatori, visionando 10mila ore di filmati estrapolati da oltre 40 telecamere di sistemi di videosorveglianza, hanno notato il giorno prima un ciclomotore con a bordo due uomini vicino il luogo del delitto. Il passeggero, aveva vestiti compatibili con quelli del cadavere. In un’altra immagine si notava il ciclomotore, questa volta con a bordo il solo conducente, su una strada proveniente dal luogo dell’omicidio. Attraverso la targa del ciclomotore è stato così possibile risalire a Rossitto. L’identificazione della vittima, il cui cadavere era irriconoscibile, è avvenuta con l’accesso dagli investigatori nella sua abitazione, usando uno dei mazzi di chiavi trovati sulla scena del delitto. L’uomo viveva in precarie condizioni igienico sanitarie; i vicini confermarono che era scomparso da luglio. In un’altra immagine si vedeva Salmeri in compagnia di Rossitto che andava in un ufficio postale per ritirare i soldi della pensione. La premeditazione del delitto, è comprovata da altri filmati del giorno precedente l’omicidio in cui si vede Rossitto mentre effettua due sopralluoghi sul luogo del delitto.
L’assassino avrà tempo adesso- probabilmente – tutta la vita in carcere per “riflettere” sull’atrocità commessa ai danni di un povero pensionato..

Orrore in una Casa di riposo-lager di Aci Sant’Antonio: legavano gli anziani ai letti e li umiliavano

 

Casa Soggiorno e Cura Villa San Camillo a Aci Sant'antonio (CT)

 

Completamente nudi, lasciati a terra assieme ai loro escrementi, incastrati tra le sbarre di protezione del letto, abbandonati a se stessi con dolorose ferite. Derisi e offesi. Nella casa di riposo Villa San Camillo di Aci Sant’Antonio, nel Catanese, gli anziani erano trattati in questo modo. Un inferno di urla e violenza nella struttura ridotta a lager. C’è una foto in cui è evidente una piaga da decubito in una paziente ultrasettantenne, non adeguatamente curata e notevolmente peggiorata nel tempo.

Precarie le condizioni igienico-sanitarie della struttura: avvistati dei roditori e gli anziani (30 a fronte di una capienza massima di 24) hanno contratto persino la malattia della  scabbia.     Un’inchiesta agghiacciante svelata dai carabinieri.

La Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito di indagini a carico di Giovanni Pietro Marchese 60 anni, amministratore unico della Casa di Riposo “San Camillo s.r.l.”  di Giovanna Giuseppina Coco, 37anni, Rosaria Marianna Vasta e Alessandra Di Mauro, entrambe di 41 anni, dipendenti della citata casa di riposo, ha richiesto ed ottenuto dunque la misura del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale, per la durata di un anno, nei confronti dell’amministratore della struttura, nonché la misura del divieto temporaneo di esercitare la professione all’interno di case di riposo e strutture di assistenza per anziani, per la durata di 9 mesi, nei confronti delle tre dipendenti. I provvedimenti sono stati eseguiti dai Carabinieri della Stazione di Aci Sant’Antonio.

L’indagine è stata avviata dopo il sequestro di alcuni telefoni, avvenuto nel mese di luglio 2019: fra i cellulari sequestrati, in particolare, è stato controllato quello di una dipendente (Giovanna Giuseppina Coco)    e nella memoria c’erano numerose foto, scattate nella casa di riposo tra marzo e giugno 2019, in cui erano visibili maltrattamenti.

Anche il Nucleo ispettivo Carabinieri -Sez.Lavoro dell’Ispettorato durante una visita ispettiva hanno  accertato e verbalizzato con sorpresa che in una delle camere da letto al primo piano, un ospite era letteralmente bloccato nel proprio letto, impossibilitato ad alzarsi a causa di alcune sedie ed un divano posizionati ai lati del letto, che ne impedivano i movimento. Ma gli illeciti sono stati scoperti anche nella gestione lavorativa. Oltre alle persone regolarmente assunte, lavoravano in nero undici dipendenti, tra cui due delle indagate, e alcune sono state denunciate per avere percepito illecitamente il reddito di cittadinanza.      I tre dipendenti ai quali  per ragioni di cura e assistenza avevano il dovere di seguire e gestire gli anziani ricoverati, li maltrattavano  con condotte reiterate ed abituali: non prestavano assistenza agli ospiti, anche a fronte delle loro ripetute richieste d’aiuto,. Peggio. Li lavavano con l’acqua fredda o, per punizione, non li cambiavano a seguito dell’espletamento dei loro bisogni fisiologici o li lasciavano nel letto con le lenzuola sporche;

Particolarmente pesanti, dunque, le violenze psicofisiche: “Schifoso, sporco, più schifo di te non ce n’e’, ora la lascio sulla sedia tutto sporco di pipì, come i porci”, erano le parole rivolte alle vittime, tra le quali una persona di 100 anni che poi per punizione era costretto a mettersi a letto da solo. Trattamenti orribili riservati a tutti, anche a una donna che tra le lacrime veniva legata e lasciata sporca.

Le microspie piazzate nella casa di riposo hanno rivelato che l’amministratore aveva omesso di vigilare sul personale dipendente così da non impedire loro di maltrattare gli anziani, in un clima abituale di vessazioni, umiliazioni e mortificazioni. Una storia piena di orrori in questo lager..

Catania, tentato omicidio:arrestatoun 46enne identificato dalle telecamere

 

I Carabinieri hanno risolto il caso per la  video sorveglianza attiva nella zona

Tentato omicidio. Un catanese, Fabio Laganà, 46 anni, è finito nei guai per il reato di tentato omicidio contro un suo rivale.I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia  di Piazza Dante su delega della Procura di Catania, hanno eseguito il fermo di persona che ha commesso un grave reato di reato e stanno approfondendo l’indagine supportata dalla videosorveglianza attiva sul posto..

L’uomo è accusato di avere investito, nel pomeriggio del 2 novembre scorso, con una Ford Focus, il 54enne Pietro Costanzo  contro il muro, nonché procurandogli lesioni varie con  calci e pugni, ponendo in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte, evento poi, per fortuna, non verificatosi, per cause indipendenti dalla sua volontà; con l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi consistiti in una lite legata alla vita privata. Quali siano questi motivi è in corso di accertamento completo dell’indagine

La denuncia alla Procura è stata presentata-si apprende-  dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Piazza Dante corredata da testimonianze acquisite sul luogo, individuato nei pressi di piazza Viceré, all’angolo tra le vie Leucatia e San Gregorio.     I militari hanno pure acquisito la registrazione della video sorveglianza attiva nella zona teatro del fatto delittuoso. Immagini che hanno consentito di individuare l’autovettura utilizzata dal fermato, una Ford Focus, accertata di proprietà della madre di Laganà.

Dalle immagini si è potuta scoprire l’identità dell’aggressore compatibile con quella di Fabio Laganà che, subito dopo il raid punitivo, si era reso irreperibile.  L’uomo si è poi  presentato spontaneamente in caserma dai Carabinieri dove, interrogato dal magistrato titolare dell’indagine ha ammesso, dinanzi il proprio legale di fiducia, di essere l’autore del reato. Laganà è stato subito trasferito al carcere di Piazza Lanza a Catania. 

‘Indrangheta: i Carabinieri scoprono un illecito sistema di riciclaggio del denaro

Le regole di 'ndrangheta per comandare Brianza, arrestate 20 persone -  Corriere della Calabria

L’attività della ‘indrangheta favorita da un illecito sistema di riciclaggio di denaro, anche attraverso trasmissioni televisive dedicate alle previsioni dei numeri del lotto, è stata posta in luce dai Carabinieri di Brescia. Il Comando dei Carabinieri ha pertanto disposto l’esecuzione di misure cautelari nei confronti di numerose persone ritenute responsabili di “associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro di provenienza illecita” con l’aggravante “di aver agevolato l’attività della ‘ndrangheta”.

NAPOLI: UCCISA DAL FRATELLO CHE NON SOPPORTAVA LA RELAZIONE GAY

 

Napoli. Speronata dal fratello perché ha una relazione con ragazza trans,  cade da scooter e muore - Rai News

Foto Sud Libertà

ACERRA (NAPOLI)

Non sopportava la relazione particolare di sua sorella con altra ragazza gay. Così l’altra notte  Antonio Gaglione, 25 anni,  inforca lo scooter e decide  di seguire le due giovani in moto dirette da Caivano ad Acerra (Napoli) per dare loro -dirà poi agli inquirenti una lezione da ricordare.     Antonio Gaglione per fermare sua sorella Maria Paola in moto la tampona rovinandola insieme all’altra ragazza fuori strada

Volevo darle lezione, era infettata" e uccide la sorella per relazione con  ragazzo trans | L'HuffPost

Imprevisto in agguato: Maria Paola-la sorella- sbatte la testa  contro un tubo e perde la vita  mentre la fidanzata rimane ferita, ancora sanguinante per terra,  anche picchiata dal fratello della vittima…  Il giovane violento viene arrestato dai  carabinieri. della caserma di Acerra. La ragazza ferita è stata portata in una clinica della zona, le sue condizioni non sarebbero gravi.

 Antonio Gaglione ha perso la sorella ed  è ora in carcere per omicidio e violenza privata aggravata da omofobia.

 

Napoli, uccide la sorella perché gay facendola cadere dallo scooter |  Notizie Oggi 24

OPERAZIONE “DEMETRA”: ARRESTATE 25 PERSONE PER TRAFFICO DROGA ED ESTORSIONE

 

Cercavano aspiranti spacciatori e con spavalderia tipica della malavita pensavano di farla franca con  la pubblicazione di alcuni video sui social network, veri e propri spot pubblicitari della loro piazza di spaccio, e altri in cui si vantavano dei lauti guadagni della loro attività illecita.

Nei loro confronti la Polizia e i Carabinieri di Siracusa hanno notificato un’ordinanza emessa dal Gip, che ha disposto la custodia cautelare. Le accuse sono di associazione a delinquere, dedita al traffico di stupefacenti ed estorsione. Sono 25 le persone finite in carcere, mentre a due degli indagati sono stati concessi i domiciliari.

 

Giustizia. Processo per droga a Siracusa, collaboratore di giustizia ai  giudici: per ogni membro del gruppo una paga tra i 300 e i 500 euro a  settimana - Digitale terrestre free: canale 652

L’indagine è stata convenzionalmente denominata ‘Demetra’ e racchiude le risultanze di indagine raccolte dalla Squadra Mobile di Siracusa e dalla compagnia Carabinieri di Siracusa, e ha permesso di acclarare la perdurante operatività del’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, denominato “Gruppo della Via Italia” che opera nella città di Siracusa, come già emersa nell’ambito dell’Operazione “Itaca” del novembre 2013.

Gli investigatori hanno pure accertato l’esistenza di un altro gruppo criminale, anch’esso dedito al traffico di stupefacenti, ovvero il Gruppo della via Immordini. Le indagini hanno permesso di acclarare il meccanismo utilizzato dai due gruppi per spacciare e come fosse ben avviato e capace di rigenerarsi anche a seguito dei numerosi arresti dei ‘pusher’. Alcuni fra gli indagati avevano, anche, la disponibilità di armi detenute illegalmente.

Sparatoria a Librino: due morti e quattro feriti

Case e appartamenti viale grimaldi Catania - Immobiliare.it

Viale Grimaldi,Librino

 

Due morti e quattro feriti in una sparatoria ieri sera in viale Grimaldi a Librino, all’altezza dei civici n16/18. Gli investigatori pensano ad  una lite degenerata nel sangue in una sparatoria. I carabinieri stanno indagando  anche se la pista più accreditata è il regolamento di conti tra bande di spacciatori che si contendono il mercato della droga nel popolare quartiere di Catania.Una delle persone defunte- si apprende anche – era vicina al noto cantante neomelodico Niko Pandetta, che ha subito postato un messaggio di cordoglio
Sul posto rilievi a cura del SIS del Reparto Operativo. Indagano i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale coordinati dalla Procura di Catania. 

Comportamento “anomalo” di madre “violenta” e/o insana contro la figlia: Carabinieri la fermano per evitare altre sevizie

Picchiavano figlia di sei anni, arrestati madre e convivente - La ...

(Archivi Sud Libertà)

Forse non era sana di mente. Saranno gli specialisti sanitari a dirlo e, se il caso, ad esprimersi.    Certamente un comportamento che non rientra nella norma.  Dicono gli inquirenti: “Legava la figlia, che ha meno di due anni, al seggiolone, anche dalle 12 alle 21, per obbligarla a non muoversi mentre lei usciva di casa. La colpiva violentemente e le ha rotto due denti con un colpo di cucchiaio perché aveva difficoltà a deglutire. Una volta, quando aveva 15 mesi, l’ha lanciata contro il parabrezza dell’auto del padre naturale della piccola, un suo ex amante, per convincerlo a dargli dei soldi.

Quando l’uomo si è rivolto ai Carabinieri lei ha rivolto minacce di farla finita con la bambina : “l’ammazzo di botte e, se me la penso, una volte per tutte, la prendo e la butto dal balcone”. E’ il quadro di sevizie emerso dalle indagini dei carabinieri di Catania su una 23enne, madre di tre figli, due bambine di 5 e 2 anni e un maschietto di due mesi, che è stata fermata e posta ai domiciliari in un’altra casa.

Il Gip, su richiesta della Procura, ha disposto anche la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per sei mesi nei confronti della 23enne. Stando a quanto accertato dalle autorità, la donna,  avrebbe problemi di tossicodipendenza La famiglia ha sempre evitato di sporgere denuncia per paura delle vendette annunciate dalla 23enne sulla figlioletta, nel tentativo di proteggerla, ma senza riuscirci. Le violenze sono emerse dopo la denuncia ai servizi sociali comunali di una parente che ha notato la bambina piena di lividi e con un occhio sanguinante.

 

 

Il “Capo dei capi “siciliano, Raffaele Bevilacqua, si saluta con il “bacio d’onore”, segno di rispetto. Emessi 46 provvedimenti cautelari

 

La leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso: i padri di mafia ...

 

I carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Enna hanno notificato tra Barrafranca, Pietraperzia, Catania, Palermo e Wolfsburg 46 provvedimenti cautelari emessi dal gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della Dda Nissena: si tratta di persone affiliate o vicine al clan di cosa nostra di di Barrafranca e Pietraperzia.

Tutti sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli associati. Sono stati anche sequestrati beni per un valore di oltre un milione di euro.

Tutto ruota attorno al superboss,Raffaele Bevilacqua ,avvocato, già condannato per associazione mafiosa nel processo Leopardo, che tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ‘90 era stato non solo componente del direttivo della Democrazia Cristiana ed in strettissimi rapporti con Salvo Lima, ma anche al vertice di cosa nostra ennese per intervento di Bernardo Provenzano. Raffaele Bevilacqua è stato, inoltre, condannato all’ergastolo per essere stato riconosciuto quale mandante – insieme a Francesco “Ciccio” La Rocca – dell’omicidio di Domenico Calcagno avvenuto a Valguarnera Caropepe nel maggio del 2003.

Bevilacqua era ai domiciliari a maggio del 2018 per motivi di salute,     Appena uscito il superboss ha ripreso immediatamente il comando operativo del clan con il fondamentale apporto dei suoi familiari. E comandava dall’ appartamento di Catania dove scontava i domiciliari e divenuto il crocevia di incontri con altri storici affiliati, primi fra tutti gli uomini d’onore Alessandro Salvaggio e Salvatore Privitelli, nel corso dei quali – dicono gli investigatori – venivano decise strategie e progettate le azioni da compiere, alcune anche molto gravi.

Dalle indagini è emerso che il carisma ed il rispetto di cui godeva Raffaele Bevilacqua siano rimasti intatti nonostante il tempo trascorso in carcere; significativo  il bacio d’onore  dall’anziano  Alessandro Salvaggio che, rivedendo il suo capo famiglia dopo più di 15 anni,  gli baciava le mani in segno di immutato rispetto.

Nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa  hanno assunto un posizione dominante i suoi figli, Flavio Alberto e Maria Concetta, quest’ultima avvocato del foro di Enna. Flavio Alberto era “l’interfaccia” del padre con il territorio e teneva dunque i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere. Maria Concetta Bevilacqua, invece, “dimostrando fierezza del ruolo ricoperto dal padre all’interno dell’organizzazione mafiosa e piena adesione alla stessa”, non solo era solita compiacersi per il “rispetto” che le veniva tributato, ma, , incontrava presso il suo studio legale di Barrafranca gli affiliati ai quali consegnava- secondo gli investigatori – i “pizzini” scritti dal genitore con gli ordini da eseguire. La stessa al pari del fratello, partecipava alla scelte strategiche del gruppo criminale, organizzava gli incontri di Catania e, ancora una volta sfruttando il suo ruolo di legale, attuava una serie di manovre volte ad evitare il ritorno in carcere del padre.

 

A conferma che il tempo e la detenzione non abbiano rescisso il legame con l’organizzazione è stato anche documentato come Filippo Milano, anch’egli storico affiliato alla consorteria barrese, nel tempo avesse consegnato ai famigliari del suo capo cospicue somme di denaro con le quali, come la moglie del boss Giuseppa ammetteva, aveva provveduto a soddisfare i “piaceri” dei figli, tra cui la festa di laurea di Maria Concetta pagata proprio con il denaro provento di attività illecite.

Raffaele Bevilacqua assumeva il pieno controllo del territorio ed assicurarsi lauti ritorni economici, individuando nell’appalto del valore di 7.5 milioni di euro per la gestione dei Rsu del comune di Barrafranca una scelta prioritaria.

La famiglia – Raffaele, Flavio Alberto e Maria Concetta – agiva con l’ausilio di Alessandro Salvaggio e del figlio di questi, Salvatore, di Salvatore Privitelli e di Luigi Fabio La Mattina, imponendo all’Ati agrigentina vincitrice dell’appalto l’affitto degli spazi per il ricovero dei mezzi per un importo annuo di 27 mila euro e facendosi pagare il “pizzo” attraverso bonifici così da giustificare i pagamenti come “regolare” canone di locazione.

Secondo gli inquirenti vi sono anche attentati incendiari come quello commesso ai danni del ”Supermercato Decò” di Barrafranca del “Gruppo Arena” nella notte del 15 settembre del 2018. l   Il boss Raffaele Bevilacqua stabiliva con autorità mafiosa che il traffico e lo spaccio di droga dovevano essere gestiti in toto dalla famiglia  dalla quale erano costrette a rifornirsi tutte le piazze di spaccio presenti su Barrafranca.

TRAFFICO DI DROGA. I fornitori del clan erano catanesi. A loro si rivolgevano Salvatore Privitelli e Fabio Luigi La Mattina con  l’intermediazione del catanese Marco Vaccari. La gestione delle piazze di spaccio riconducibili alla famiglia mafiosa era demandata a Salvatore Strazzanti e Andrea Ferreri; Filippo Bonelli, Davide e Valentino La Mattina erano deputati al controllo e alla raccolta del denaro provento dello spaccio da consegnare ai vertici della famiglia. E’ in questa fase che l’indagine del Ros è andata ad intersecarsi con quella condotta dal Comando Provinciale di Enna, che su delega della Dda nissena stava svolgendo indagini sul traffico di droga – cocaina e marijuana – a Barrafranca. .

Nel corso delle perquisizioni a casa di Salvatore Strazzanti e Valentino La Mattina sono state sequestrate armi da fuoco e un libro mastro con la rendicontazione dell’attività di spaccio. . E’ stata accertata infatti la diretta e fondamentale partecipazione di Giuseppe Zuccalà, responsabile del IV Settore – Gestione del Territorio Infrastrutture e Servizi Manutentivi del Comune, nell’assegnazione di un appalto, con il metodo dell’affidamento diretto all’imprenditore Salvatore Blasco, risultato essere in stretti rapporti con la famiglia Bevilacqua.

Gli inquirenti forniscono i nomi dei destinatari dell’ordinanza di custodia in carcere: Raffaele Bevilacqua, Flavio Alberto Bevilacqua, Giuseppe Emilio Bevilacqua, Luigia Bellomo, Adriano Giuseppe Bevilacqua, Andrea Blasco, Filippo Bonelli, Davide Cardinale, Domenico Cardinale, Fabio Cardinale, Angelo Cutaia, Andrea Ferreri, Calogero Ferreri, Agatino Maxmiliam Fiorenza, Davide La Mattina, Giuseppe La Mattina, Luigi Fabio La Mattina, Valentino La Mattina, Dario La Rosa, Filippo Milano, Giovanni Monachino, Vincenzo Monachino, Salvatore Paternò, Salvatore Privitelli, Massimo Riggi, Vincenzo Russo, Alessandro Salvaggio, Salvatore Salvaggio, Giovanni Strazzanti, Salvatore Strazzanti, Sebastiano Tasco, Mirko Filippo Tomasello, Giuseppe Trubia, Angelo Tummino, Salvatore Marco Vaccari e il minorenne S.S.

Ai domiciliari sono finiti: Maria Concetta Bevilacqua, Abigail Bellomo, Rosetta Bellomo, Salvatore Blasco, Rosario Corvo, Stella Crapanzano, Davide Pagliaro, Cateno Sansone, Giuseppina Strazzanti, Giuseppe Zuccalà.

MAFIA/CRIMINALITA’ SICILIA. ARRESTI A RAFFICA DI SOGGETTI DEL MANDAMENTO DI TOMMASO NATALE E DEL CLAN CATANESE CAPPELLO-BONACCORSI

Mafia: allarme attentato al tribunale di Palermo - Sicilia - ANSA.it

 

 Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e  arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale palermitano, su richiesta della procura Distrettuale Antimafia,è stata notificata dal Nucleo Carabinieri del Comando provinciale di Palermo nei confronti di 10 indagati (9 in carcere e uno ai domiciliari), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive.

L’inchiesta condotta  da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, demolisce non poco il mandamento mafioso di Tommaso Natale.
Sono numerose le  operazioni dei militarinei confronti degli esponenti del mandamento mafioso di Tommaso Natale, tra cui ‘Oscar’ (2011), ?Apocalisse’ (2014) e ‘Talea’ (2017), che hanno cristallizzato la reggenza di Francesco Paolo Liga, figlio dello storico boss Salvatore Liga, detto ‘u Tatenudd’, poi affiancato, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta nell’ottobre 2015, da Giuseppe Biondino, figlio di Salvatore, l’autista di Totò Riina, arrestato di nuovo nel gennaio 2018. L’operazione di oggi, denominata Teneo, è la prosecuzione dell’indagine Talea aveva un deciso impulso con il monitoraggio di Vincenzo Taormina, imprenditore del settore movimento terra particolarmente vicino a Francesco Paolo Liga.

La novità, secondo gli inquirenti, studiosi della Mafia territoriale,era che  la reggenza mafiosa di Francesco Paolo Liga, non fosse di gradimento di  molti affiliati che invece speravano nella scarcerazione “eccellente” (febbraio 2017) di Giulio Caporrimo e poi di Nunzio Serio e di altri affiliati arrestati nell’operazione Oscar. Ai due in particolare venivano riconosciute capacità di comando, carisma e influenza nella dinamiche mafiose:

. Gli equilibri mafiosi si spostavano così in favore di Giulio Caporrimo e di Nunzio Serio, con un  ridimensionamento del bossi Francesco Paolo Liga che però non veniva esautorato.
La libertà d’azione di Caporrimo però dura solo 7 mesi, fino al settembre 2017, quando viene di nuovo arrestato. Da quel momento, le redini del mandamento mafioso passano a Nunzio Serio, arrestato nel maggio 2018. Proprio in quel mese, il 29 maggio, si riuniva per la prima volta dopo l’arresto di Salvatore Riina, la ricostituita commissione provinciale di Cosa Nostra palermitana, a cui partecipava Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale, arrestato nel gennaio 2019 con il seguito dell’operazione ‘Cupola 2.0’. In questa operazione vennero arrestati ben sei capi mandamento, tutti promotori e protagonisti del nuovo progetto di ristrutturazione di Cosa Nostra. Fra questi anche Settimo Mineo che avrebbe dovuto assumere la carica di vertice provinciale.

Scoperti  sette casi di estorsioni, consumate o tentate, operate dal clan nei confronti di imprese edili. In due circostanze sono state le stesse vittime a denunciare.     L’inchiesta pone in luce anche che  i due boss Caporrimo e Serio, “per la gestione materiale delle diverse attività illecite”, si avvalevano soprattutto della ‘collaborazione’ di Andrea Gioè, già arrestato per mafia e attuale referente per il quartiere di Sferracavallo, di Andrea Bruno, anche lui arrestato per mafia e attuale referente per il quartiere Marinella, di Vincenzo Taormina, Vincenzo Billeci, Francesco Di Noto, arrestato nell’operazione Talea, e Giuseppe Enea.

Si svolgevano anche al largo della coste di Palermo, a bordo di gommoni, i summit fra i due boss Giulio Caporrimo e Nunzio Serio. E’ uno degli spaccati che emerge dall’operazione Teneo. Fra gli incontri, registrati dalle microspie, anche una pittoresca vicenda relativa alle lamentele per la presenza di moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi dei bagnanti di Sferracavallo. Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni utilizzatori delle moto d‘acqua, originari dei quartieri Brancaccio e Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento remissivo, tanto da essersi spostati sulla zona di Mondello, dall’altro lato della riserva di Capo Gallo, perché a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”.

Sono sette le vicende estorsive, consumate o tentate, ricostruite dai carabinieri. Le indagini hanno messo in evidenza una “particolare attenzione, riposta dagli esponenti mafiosi, nei confronti delle imprese operanti nel settore edile”. Due episodi sono stati spontaneamente denunciati dalle vittime. Fra gli episodi, il tentativo di Vincenzo Taormina di imporre la fornitura di scarrabili e di sabbia a un imprenditore edile, per poi costringerlo al pagamento di un’estorsione di mille euro per i lavori di ristrutturazione di uno stabile a Sferracavallo; una tentata estorsione di Francesco Paolo Liga e Vincenzo Taormina nei confronti di un altro imprenditore edile affinché affidasse a un soggetto a loro vicino la realizzazione degli impianti di condizionamento all’interno di un cantiere aperto in via Partanna Mondello di Palermo.

E poi una estorsione ai danni di un imprenditore edile la cui impresa era impegnata in lavori di ristrutturazione all’interno di un residence in via Tommaso Natale, con la complicità e la mediazione del portiere; un’altra estorsione che ha costretto un imprenditore edile a rinunciare ai lavori di ristrutturazione di un immobile nella zona della Marinella di Palermo, che poi venivano assegnati a una ditta a lui riconducibile; il tentativo di un imprenditore edile ed esponente della famiglia mafiosa di Passo di Rigano di bloccare l’avvio dei lavori di scavo nella zona di viale Michelangelo da parte di una ditta edile, il cui titolare avrebbe dovuto cercare prima un contatto con gli esponenti mafiosi del territorio per la cosiddetta ‘messa a posto’; un furto aggravato, commesso come avvertimento e intimidazione mafiosa, di un cassone scarrabile collocato dalla vittima in via Plauto; un’altra estorsione ai danni di una impresa che aveva aperto un cantiere in via Porta di Mare di Palermo

-Il mandamento, secondo i Carabinieri che hanno svolto le indagini, si regge sul  boss Giulio Caporrimo, scarcerato nel febbraio 2017, una delle figure principali dell’operazione condotta questa mattina.

L’indagine –  copre un periodo di tempo che va da febbraio a settembre 2017, arco di tempo nel quale Giulio Caporrimo, scarcerato e poi arrestato per un residuo di pena, ha avuto il tempo di riorganizzare il mandamento di Tommaso Natale, nella parte occidentale della città, con particolare attenzione alle attività estorsive nei confronti degli imprenditori edili, da sempre una delle principali fonti di reddito di Cosa Nostra al fine di incrementare le casse del mandamento e assistere le famiglie degli associati detenuti”.

                                  LA       MAFIA  A CATANIA, COINVOLTO IL CLAN “CAPPELLO-BONACCORSI”
Immagine tribunale

Vasta operazione antimafia,condotta dalle forze di Polizia, coordinata dalla Procura Distrettuale etnea, volta alla disarticolazione di un’imponente organizzazione di stampo mafioso. Centinaia di poliziotti, con i Reparti Speciali e i Nuclei Investigativi, coordinati dalla Dda di Catania e dal Servizio Centrale Operativo, sono incaricati  da stamane di notificare un’ordinanza cautelare a carico di numerosi indagati, appartenenti al clan mafioso ‘Cappello-Bonaccorsi’.

Coinvolte anche mogli e figli dei boss, perquisizioni e sequestri di beni nel capoluogo etneo. In totale vengono eseguite 52 misure cautelari, di cui 44 di custodia cautelare in carcere.

 

T

Translate »
Warning: file_get_contents(https://gooolink.com/somefile.php?domain=sudliberta.com): Failed to open stream: HTTP request failed! HTTP/1.1 521 in /customers/c/2/5/sudliberta.com/httpd.www/wp-content/plugins/gutenberg-addon/function.php on line 32