Caltanissetta, arresti per disarticolare un sodalizio criminale

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Dalla prima mattinata odierna militari della Compagnia Carabinieri di Caltanissetta, supportati in fase esecutiva dall’Arma territoriale di Catania, Canicattì e Mussomeli, dal personale dello Squadrone eliportato “Cacciatori di Sicilia”, dalle unità cinofile di Palermo Villagrazia e di Nicolosi, nonché da una squadra della CIO del 12° Reggimento “Sicilia”, sono impegnati ad eseguire una Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere e degli arresti domiciliari nei confronti di 11 soggetti di nazionalità italiana per i reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e reati  affini. 
L’ordinanza, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta trae origine da una ampia attività investigativa, condotta dalla Sezione Operativa del N.O.R.M. Carabinieri e coordinata dai Pubblici Ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia, ed ha consentito di disarticolare un’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti sul capoluogo nisseno e nel vicino comune di San Cataldo, nonché nel Comune di Catania. 
Le attività hanno avuto inizio a gennaio 2019, a seguito delle dichiarazioni rese alla P.G. operante da parte di un collaboratore di giustizia, affiliato al clan Cappello di Catania il quale riferiva di rilevanti forniture di sostanze stupefacenti provenienti da Catania ed immesse sul mercato clandestino di Caltanissetta. 

Ragusa,controllo a tappeto del territorio dai Carabinieri, un arresto e una denuncia in stato di libertà.

 

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RAGUSA
Proseguono i controlli a tappeto dei Carabinieri del Comando Provinciale di Ragusa nel territorio di comuni di Vittoria e Chiaramonte Gulfi. I Carabinieri della Compagnia Vittoria hanno svolto mirati servizi, con il supporto dei colleghi dello Squadrone Eliportato Carabinieri “Sicilia”, finalizzati al contrasto del traffico di armi clandestine e sostanze stupefacenti, nonché alla prevenzione e repressione dei reati contro il patrimonio con particolare attenzione ai furti nelle abitazioni.
Numerose le pattuglie impegnate sull’intero territorio, attraverso l’allestimento di molteplici posti di controllo sia diurni che notturni, con servizi di perlustrazione estesi nelle aree rurali del Comune di Vittoria e Chiaramonte. 
All’esito di serrati controlli e rastrellamenti effettuati dai Reparti operanti, durante i quali sono state effettuate 14 perquisizioni di abitazioni e casali nonché il controllo di 83 persone a bordo di 41 veicoli, sono stati conseguiti i seguenti risultati, i Carabinieri della Stazione di Chiaramonte Gulfi, congiuntamente a personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia” Squadra Falco 11, hanno denunciato in stato di libertà un pensionato incensurato di anni 70 per omessa custodia di armi e munizioni che teneva appeso al muro nella camera da letto senza alcuna cautela.
Il fucile e le cartucce venivano sottoposte a sequestro e custodite presso i locali del comando stazione procedente; i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Vittoria, congiuntamente a personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia” a seguito di una perquisizione domiciliare, in Vittoria hanno tratto in arresto nella flagranza del reato un pensionato, incensurato, di anni 76 per la detenzione di un fucile sovrapposto con matricola abrasa e di oltre complessivamente 40 cartucce caricate a pallettoni e di varie tipologie di cui non ha saputo dire la provenienza, rinvenuti, occultati all’ interno del suo garage. Tutto il materiale è stato sottoposto a sequestro e custodito presso il reparto procedente.   Vista  l’ età anagrafica, del pensionato, è stato collocato agli arresti domiciliari su direttiva del magistrato competente.

Coltivava marjuana a casa: scoperto ed arrestato dai Carabinieri

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Stop alla coltivazione casalinga di droga.Ieri, nel corso dei servizi di prevenzione e controllo del territorio, i Carabinieri della Compagnia Messina Sud hanno arrestato in flagranza di reato il 30enne messinese A.S., già noto alle forze dell’ordine, ritenuto responsabile dei reati di coltivazione e detenzione di stupefacenti e furto aggravato di energia elettrica.
Nell’ambito delle attività di controllo e prevenzione sul territorio, finalizzate al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti, i Carabinieri della Stazione di Messina Bordonaro, hanno effettuato una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di A.S., riscontrando che l’uomo aveva adibito una stanza alla coltivazione di piante di cannabis.

L’uomo aveva allestito un impianto di illuminazione con lampade in grado di riprodurre gli effetti di calore e luminosità della luce solare e collocato i vasi per coltivare le piante di canapa che si trovavano ancora in una fase inziale del loro sviluppo.  
I Carabinieri hanno sequestrato complessivamente 7 piante di canapa indiana e 58 grammi di marijuana già essiccata, pronta per essere ceduta, nonché l’attrezzattura completa per la coltivazione, tra cui le lampade solari. Lo stupefacente è stato trasmesso al Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Messina per le analisi di laboratorio. 
Inoltre, nel corso della perquisizione i Carabinieri hanno constatato che l’uomo aveva rotto i sigilli posti sul contatore di energia elettrica dell’abitazione, il cui contratto era stato dismesso da diverso tempo, per usufruire illegalmente della fornitura. 
A.S. è stato pertanto arrestato in flagranza di reato per coltivazione e detenzione di stupefacente e furto aggravato di energia e questa mattina è comparso davanti al Giudice del Tribunale di Messina che ha convalidato l’arresto effettuato dai Carabinieri ed ha applicato all’uomo la misura degli arresti domiciliari presso la propria abitazione.

 

Ragusa: arrestato giovane estortore, lievitava la cifra pretesa

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RAGUSA,

La vicenda dell’arresto di un uomo di 26 anni , ieri l’altro, per estorsione ai danni di un altro giovane concittadino, trae origine dalla denuncia che la vittima dell’estorsione ha formalizzato alle Forze dell’Ordine iblee quando la pressione del suo aguzzino non gli  lasciava più scampo visto il continuo lievitare dall’ammontare della cifra pretesa che, inizialmente fissata a 5mila euro, nel giro di pochi giorni è salita all’irraggiungibile ammontare di 10mila euro complessivi. Anche le continue minacce che continuavano a provenire dall’aguzzino, che prometteva violenze fisiche in caso di ulteriori inadempimenti, hanno convinto il giovane a chiedere aiuto alle Istituzioni.
Il ragazzo ha descritto agli inquirenti un quadro sufficientemente preciso e dettagliato della vicenda, nata nel torbido contesto dello spaccio di stupefacenti sulla piazza ragusana, e sulla base delle informazioni ricevute i Carabinieri hanno potuto sviluppare un’approfondita attività d’indagine. L’operazione che ha permesso la cattura del soggetto, noto pregiudicato per reati in materia di stupefacenti, è scattata nel primo pomeriggio di mercoledì scorso allorquando i militari hanno cinturato la zona dell’appuntamento e fermato il soggetto subito dopo aver ricevuto il denaro dalla propria vittima.
Al momento dell’arresto infatti la cifra indebitamente incassata era bene in vista sul sedile dell’autovettura dell’uomo che, sicuro di aver agito con la massima scaltrezza si stava allontanando noncurante in direzione del centro città. Poco convincenti, e comunque in contrasto con il quadro probatorio raccolto dai militari dell’Arma, le giustificazioni addotte dall’arrestato secondo cui la cifra sarebbe servita per la riparazione del motore di una delle proprie auto per cui l’estortore è stato ammanettato e condotto presso la caserma di piazza caduti di Nassirya. La perquisizione condotta nell’immediatezza delle operazioni ha permesso inoltre di rinvenire presso l’abitazione dell’uomo modesti quantitativi di cocaina e marijuana. Dopo la redazione dei verbali e le operazioni di fotosegnalamento la Procura della Repubblica di Ragusa ha disposto per l’uomo gli arresti domiciliari in attesa dell’udienza di convalida.

Controlli del territorio: quattro arresti, a Comiso e a Vittoria

 

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Comiso,
Nel corso di un servizio di pattuglia i Carabinieri della Stazione di Comiso,  hanno tratto in arresto in flagranza del reato di tentato furto aggravato in concorso tre persone originarie della provincia di Catania. Li hanno sorpresi mentre tentavano di asportare un cartellone pubblicitario in ferro, della lunghezza di 6 metri e un’altezza di 3.
I militari si sono insospettiti dall’insolito orario, le 22.00 circa, in cui i tre “operai” stavano fingendo di effettuare lavori di manutenzione ad un cartellone pubblicitario, muniti di tutti gli strumenti idonei – smerigliatrice, una mazza in ferro, due scale telescopiche, coni stradali in gomma con banda catarifrangente, una prolunga elettrica, una saldatrice e un martello demolitore – custoditi anche nel bagagliaio di un furgone parcheggiato a pochi metri di distanza.
Il veicolo e tutto il materiale rinvenuto sono stati sottoposti a sequestro. Gli arrestati, dopo formalità di rito sono stati tradotti presso le proprie abitazioni su disposizione dell’Autorità   giudiziaria.    Non sono da meno i Carabinieri  del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Vittoria che  in flagranza del reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, hanno arrestato  un 45enne pregiudicato.
L’uomo è stato sorpreso mentre cedeva 2,60 grammi di marijuana a un ragazzo di 21 anni. A seguito della successiva perquisizione domiciliare effettuata presso la sua abitazione, sono stati rinvenuti altri 3 grammi di marijuana, suddivisi in quattro dosi, ed un bilancino di precisione.  L’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Ragusa.

Messina: arrestato un forestale stagionale, appiccava il fuoco nei boschi di Longi-area protetta

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 Arrestato dai Carabinieri della Stazione di Longi, in flagranza di reato, P.A., 61enne, operaio forestale stagionale originario di Longi, ritenuto responsabile del reato di incendio boschivo in area protetta.
Nella mattinata di ieri, i Carabinieri della Stazione di Longi sono intervenuti in località Ferrante di Portella Gazzana nel Comune di Longi ove si era sviluppato un incendio. Sul posto i militari dell’Arma hanno sorpreso un 61enne intento ad incendiare un’area boschiva della macchia mediterranea in prossimità del Parco dei Nebrodi, luogo di particolare interesse naturalistico. L’uomo è stato bloccato e, sottoposto a perquisizione, è stato trovato in possesso di vario materiale atto alla combustione. Contestualmente i militari hanno richiesto l’intervento dei Vigili del Fuoco che hanno domato le fiamme, evitando così il propagarsi delle stesse. 
Il materiale rinvenuto è stato sequestrato ed il piromane è stato arrestato, in flagranza di reato, per incendio boschivo in un’area protetta. Al termine delle formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, l’arrestato è stato condotto presso la propria abitazione in regime degli arresti domiciliari in attesa dell’udienza di convalida.

Messina, arrestato il responsabile dell’omicidio aggravato in danno del fratello

 

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MESSINA,

Un’ordinanza di applicazione misura cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto su richiesta della locale Procura della Repubblica, guidata dal Procuratore Capo E. C., è stata notificata ieri sera  dai Carabinieri di Barcellona P.G. al 25enne A. T. S. ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato, commesso in danno del fratello A.C.C., in data 19 maggio 2019 in località Femminamorta di Barcellona Pozzo di Gotto. 
Il provvedimento cautelare scaturisce dall’esito delle indagini svolte dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto a seguito del rinvenimento del cadavere di A.C.C. avvenuto il 19 maggio 2019 in Contrada Posto della località Femminamorta di Barcellona Pozzo di Gotto. In particolare, quella notte, verso le ore due, A.T.S. dopo aver contattato il numero unico di emergenza 112 riferiva di aver rinvenuto il cadavere del fratello A.C.C. in località Femminamorta in quella contrada Posto, asserendo, nella circostanza, che il congiunto era verosimilmente precipitato dal balcone, da un’altezza di circa cinque metri. Giunti sul posto, i Carabinieri hanno effettuato gli accertamenti sullo stato dei luoghi e, con l’apporto tecnico del medico legale, provvedevano ad effettuare una preliminare ispezione cadaverica. Le prime evidenze permettevano di accertare che il decesso del giovane era da ricondurre ad una probabile frattura della base cranica. L’indagato, ascoltato nell’immediatezza dichiarava che, nel corso della serata, verso la mezzanotte, si era recato presso un bar della zona per riaccompagnare a casa il fratello che, poco prima, aveva avuto un diverbio con altri clienti del locale. Rientrati alla propria abitazione, il C.C. chiedeva al fratello T.S. di poter tornare al bar ove aveva trascorso la serata per recuperargli il cellulare che aveva accidentalmente dimenticato. Pertanto, il T.S. acconsentiva alla richiesta ma, al suo rientro, rinveniva il corpo esanime del fratello riverso nel giardino dell’abitazione.
Lo sviluppo delle indagini tuttavia forniva elementi distonici rispetto alle dichiarazioni dell’indagato. Anzitutto, la causa del decesso di A.C.C. secondo la consulenza medica, risulta dovuta ad un arresto cardio-circolatorio per grave trauma cranico con fracasso craniofacciale, causato da un oggetto di ingente peso e dotato di elevata energia cinetica, verosimilmente orientata dall’alto verso il basso. Inoltre, gli elementi probanti emersi dall’attività investigativa condotta dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, anche attraverso attività tecniche hanno permesso di smentire quanto dichiarato da A.T.S. In particolare le indagini svolte in ordine alla dinamica del decesso e dello stato dei luoghi hanno fatto emergere un risultato incompatibile con la versione fornita dal A.T.S. e con l’ipotesi della caduta accidentale in quanto sul corpo della vittima non sono state riscontrate lesioni e fratture degli arti superiori compatibili con una caduta da precipitazione ed erano inoltre presenti numerose escoriazioni derivanti da sfregamento contro una superfice rigida provocate, verosimilmente, dal trascinamento del corpo sul luogo del rinvenimento. Infine le attività tecniche hanno permesso di accertare ulteriori contraddizioni anche in riferimento all’arco temporale dei fatti narrati dall’arrestato.
Il G.I.P. del Tribunale di Barcellona P.G., condividendo la ricostruzione operata dall’Ufficio di Procura, a seguito dei convergenti elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, ha emesso l’Ordinanza di Applicazione della Misura Cautelare in Carcere a carico A.T. ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato in danno del fratello. Pertanto, ultimate le formalità di rito, l’arrestato è stato condotto presso la Casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

Marsala, tamponava a velocità auto,un incubo per la città. Arrestato dai Carabinieri

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MARSALA
I Carabinieri della Stazione di Campobello di Mazara hanno eseguito un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico del Tribunale di Marsala su richiesta della locale Procura, nei confronti di F. C., 36enne di Castelvetrano.
L’arrestato era già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora emessa dal G.I.P. di Marsala ed eseguita dai militari della Stazione di Campobello di Mazara il mese scorso, relativa al reato di resistenza a un pubblico ufficiale. 
Il provvedimento scaturisce da specifiche attività investigative – condotte dai Carabinieri della Stazione di Campobello di Mazara che hanno consentito di individuare l’autore di una serie di reati e violazioni nonostante la misura cui era già sottoposto. 
I primi episodi risalgono ai giorni successivi al 5 gennaio 2021 quando il C., al quale la patente era stata revocata lo scorso anno, veniva arrestato poiché sorpreso a guidare un’auto in possesso di 40 grammi di cocaina. 
Era la sera del 12 gennaio quando il C. veniva nuovamente arrestato poiché, al volante di una Nissan Patrol, dopo aver tamponato violentemente un’auto in sosta e percorrendo a intensa velocità la via Vittorio Emanuele III, non si fermava all’ALT di una pattuglia dei Carabinieri della Stazione di Campobello di Mazara. Il tentativo incontrollato di fuga però terminava poco dopo, quando, tra la via Roma e la via Garibaldi, investiva e causava il ribaltamento di un’autovettura Audi A4 in movimento e il danneggiamento di altre tre auto ivi parcheggiate. Fortunatamente il conducente dell’Audi distrutta non riportava lesioni gravi.
Circa una settimana dopo, la sera del 19 gennaio, nella frazione di Tre Fontane i Carabinieri intervenivano per assicurare le dovute cure a un’intera famiglia che a bordo di una Fiat Punto veniva travolta da un pirata della strada. Anche stavolta l’autore veniva identificato nel C. che a bordo di una VW Golf, percorrendo ad intensa velocità la via Margellina, in violazione della segnaletica stradale indicante lo STOP causava il grave incidente e si dava alla fuga a piedi. Le attività dei Carabinieri risultavano pertanto efficaci anche grazie all’immediata acquisizione e analisi delle immagini estrapolate dai sistemi di video sorveglianza dalle quali si ricostruiva la dinamica e si riconosceva il C. allontanarsi dal luogo del misfatto frettolosamente con l’ausilio delle stampelle

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L’ultimo episodio in ordine di tempo risale a domenica 24 gennaio quando tra le 14:00 e 15:00 i militari sono intervenuti in via Vaccarello dove poco prima era stato segnalato l’incendio di un capannone e un’incidente stradale che aveva coinvolto un’Alfa Romeo GT e una Fiat Panda. Nelle ore successive le attività d’indagine poste in essere dai militari della Stazione di Campobello di Mazara ricostruivano la dinamica degli eventi con non poca difficoltà.
Infatti, l’acquisizione di diversi sistemi di video sorveglianza installati nei pressi dei luoghi dell’evento e l’escussione di sommarie escussioni da parte di testimoni oculari consentiva ancora una volta di verificare e individuare quali autori il CALAMIA che, in concorso con un complice, dopo un diverbio nato con il proprietario del capannone si rendeva responsabile del danneggiamento seguito da incendio dello stesso.
 
Il complice, a seguito dalle attività poste in essere dai militari dell’Arma, veniva identificato in MISTRETTA Giovanni cl. 78, soggetto già destinatario della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Castelvetrano, dove veniva rintracciato e arrestato dai Carabinieri del posto.

Al termine delle formalità di rito, l’arrestato, è stato quindi condotto presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ripristinando così la giusta cornice di sicurezza e legalità alla comunità mazarese.

Operazione “Xydi”. Decreto di fermo di indiziato di delitto per 23 indagati

Grande rilievo assume il controllo e lo sfruttamento del lucrosissimo settore commerciale delle transazioni per la vendita di uva e altri prodotti di Agrigento

FIDANZAMENTI COMBINATI IN NOME DEL POTERE – ANCHE QUESTA E' LA 'NDRANGHETA!  – Blog degli Amici di Pino Masciari
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AGRIGENTO
Operazione “Xydi”.    Stamane  i Carabinieri del ROS, con il supporto operativo dei Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento e l’ausilio dei Comandi Provinciali di Trapani, Caltanissetta e Palermo, del XII Reggimento “Sicilia”, dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia” e del 9° Nucleo Elicotteri, hanno dato esecuzione ad un Decreto di Fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di 23 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso (Cosa nostra e stidda), concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione ed altri reati aggravati poiché commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso.
Le indagini, avviate nel 2018, si sono sviluppate nella parte centro orientale della provincia di Agrigento ove risulta attivo il mandamento mafioso di Canicattì (AG) che costituisce tuttora l’epicentro del potere mafioso dell’ergastolano campobellese F. G., pure destinatario del provvedimento precautelare in esame in quanto risultato a capo della provincia mafiosa di Agrigento.
Le attività investigative, nel fare luce sugli assetti di cosa nostra agrigentina ed in particolare del suddetto mandamento, hanno consentito di documentare, l’attuale operatività delle sue articolazioni territoriali, rappresentate dalle famiglie di Canicattì, Campobello di Licata, Ravanusa e Licata, nonché individuarne gli esponenti di maggior rilievo. 
Sono emersi, tra gli altri, D. C. C., capo del mandamento, B. G., rappresentante del citato F. e organizzatore del mandamento, nonchè B. L., capo della famiglia di Ravanusa.
In tale cornice, nell’ambito delle dinamiche associative delle articolazioni mafiose oggetto di indagine, ruolo di rilievo ha ricoperto P. A., compagna di B. G., che, in qualità di difensore di numerosi affiliati del Mandamento, tra cui lo stesso F., sfruttando le garanzie del mandato difensivo, ha messo a disposizione degli stessi il proprio studio legale per l’esecuzione di summit mafiosi, ritenendolo luogo non soggetto ad investigazioni. 
Presso lo studio, infatti, si sono svolti incontri che hanno riguardato esponenti mafiosi di primo piano quali B. L. (capo della famiglia mafiosa di Ravanusa), S. G. (capo della famiglia di Favara), L. G. (capo della famiglia mafiosa di Licata), C. S. (uomo d’onore di Villabate, già fedelissimo di B. P.) e C. A. (esponente di vertice della rinata stidda). 
Sul punto gli elementi raccolti hanno altresì permesso di accertare che F. G., sottoposto al regime ex art. 41 bis OP, oltre a riuscire ad interagire con altri uomini d’onore (diversi da quelli con cui svolge i previsti periodi di socialità) a loro volta sottoposti al medesimo regime detentivo, servendosi del menzionato Avv. P. A., ha veicolato e ricevuto informazioni, mantenendo così la direzione operativa della provincia mafiosa di Agrigento.
Inoltre, sono stati ricostruiti i qualificati rapporti tra i rappresentanti del mandamento di Canicattì con esponenti di altre omologhe strutture delle province di Agrigento, Trapani, Catania e Palermo, sintomatici della perdurante unitarietà dell’organizzazione. 
In proposito, particolarmente rilevanti sono i contatti con esponenti della famiglia G. di Cosa nostra newyorkese, interessata ad avviare articolate attività di riciclaggio di denaro con cosa nostra siciliana.
Le investigazioni hanno inoltre messo in luce la rinnovata presenza nel territorio del mandamento di Canicattì della stidda, organizzazione mafiosa ricostituitasi intorno alle figure degli ergastolani semiliberi G. A. (ritenuto responsabile, quale mandante, dell’omicidio del Giudice R. L. avvenuto il 21 settembre 1990) e R. S. G. la quale, persistendo la situazione di pacificazione risalente agli anni ’90, opera in rapporti di sinergia criminale con cosa nostra, sia per la risoluzione di problematiche che per la spartizione delle attività criminali. 
Oltre al generalizzato controllo della criminalità comune, estremamente significative sono le infiltrazioni di Cosa nostra e della stidda nelle attività economiche. 
Al riguardo, grande rilievo assume il controllo e lo sfruttamento del lucrosissimo settore commerciale delle transazioni per la vendita di uva e di altri prodotti ortofrutticoli della provincia di Agrigento che, oltre a garantire rilevantissime entrate nelle casse delle organizzazioni, permetteva loro di consolidare il già rilevante controllo del territorio. 
In tale quadro, è stato pure sventato un progetto omicidiario organizzato dagli esponenti della stidda in danno di un mediatore e un imprenditore che non avevano corrisposto – a titolo estorsivo – alla nominata associazione mafiosa parte dei guadagni realizzati con le loro attività.
Tra le linee d’azione considerate più importanti da cosa nostra vi è quella dell’inabissamento, esigenza particolarmente sentita anche con riguardo alle inchieste giornalistiche, secondo l’esempio di P. B. per il quale rimanere invisibile era una inderogabile regola di vita.
La particolare ampiezza dell’azione investigativa ha cristallizzato, inoltre, la perdurante posizione apicale, nell’ambito di cosa nostra, di M. D. M. che, punto di riferimento decisionale dell’organizzazione, ha continuato a impartire direttive sugli affari illeciti più rilevanti gestiti dal sodalizio nella provincia di Trapani ed in altri luoghi della Sicilia. 
Sono stati colpiti, tra gli altri, M. D. M. e F. G. rispettivamente al vertice della provincia mafiosa di Trapani e della provincia mafiosa di Agrigento, gli esponenti di vertice di diverse articolazioni mafiose di cosa nostra (mandamento di Canicattì e famiglia di Favara) nonché capi, promotori e organizzatori della rinnovata associazione mafiosa stidda. 

Operazione “Bivio”: Cosa nostra alla ricerca del consenso sociale crea nuove famiglie mafiose. L’intervento dei Carabinieri scongiura la “guerra” in atto

 

 

 

Nel territorio dello Zen, a Palermo, i vertici di Cosa nostra hanno anche tentato di accreditarsi, in maniera concreta, quali referenti in grado di fornire aiuti alla popolazione in tempo di pandemia da Covid 19. È quanto emerge dall’operazione antimafia, denominata Bivio, che ha portato stamane all’arresto di 16 persone da parte dei carabinieri.

I militari del Nucleo Investigativo di Palermo hanno accertato che uno degli indagati, Giuseppe Cusimano, infatti, ergendosi a punto di riferimento per le tante famiglie indigenti del quartiere, avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020. “Tale circostanza – sottolineano gli investigatori – dimostra come Cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso”.

Esposizione dei fatti da parte del  generale Arturo Guarino, Comandante provinciale dei Carabinieri

PALERMO  –

Operazione antimafia, “Bivio”  Stamane sono state arrestate 16 persone dai militari.Nel territorio dello Zen, a Palermo, i vertici di Cosa nostra hanno provare ad offrire una immagine nuova,di accredito, in maniera concreta, quali referenti in grado di fornire aiuti e sostegno alla popolazione in tempo di pandemia da Covid 19. 

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno accertato che uno degli indagati, Giuseppe Cusimano, infatti, ergendosi a punto di riferimento per le tante famiglie indigenti del quartiere, avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020. “Tale circostanza – sottolineano gli investigatori – dimostra come Cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso”.

C’è pure l’intervento della Dda di Palermo che  ha disposto il fermo di 16 persone accusate di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco. L’indagine, coordinata dal Procuratore Dr Francesco Lo Voi e dal Procuratore aggiunto Dr. Salvatore De Luca e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo,  punta i riflettori sul  «mandamento» mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, le «famiglie» di Tommaso Natale, Partanna Mondello e ZEN – Pallavicino.

Tra gli indagati anche un pezzo da novanta, un capomafia storico: Giulio Caporrimo che, tornato in libertà dopo una lunga detenzione, a maggio 2019, si è dovuto confrontare con la nuova leadership di Francesco Palumeri, asceso al vertice del clan dopo la riorganizzazione degli assetti mafiosi seguita agli arresti disposti con l’inchiesta Cupola 2.0. 

Caporrimo, dopo essere stato scarcerato, si è ritrovato all’ubbidienza  a Palumeri del quale, però, secondo gli inquirenti, non avrebbe mai riconosciuto la leadership e che non avrebbe ritenuto all’altezza dell’incarico. Il boss,  contestava anche le decisioni assunte dai nuovi vertici del clan perché contrarie all’«ortodossia» mafiosa e a una delle regole principali dell’organizzazione: quella secondo la quale si è mafiosi fino alla morte e si mantiene il proprio incarico di vertice anche durante la detenzione.

Non considerando Palumeri un reggente, riottenuta la libertà, Caporrimo ha deciso di stabilirsi a Firenze per prendere le distanze dall’organizzazione che, nelle intercettazioni, arrivava a definire non «Cosa nostra» ma «cosa come vi viene».

L’allontanamento da Palermo del capomafia ha confermato la piena operatività delle decisioni prese dalla nuova commissione provinciale. E Palumeri,  portavoce e vice del boss Calogero Lo Piccolo, figlio dello storico padrino Salvatore Lo Piccolo,ottiene il rionoscimento  per affermarsi “Il Capo” ed  imporsi sul suo rivale.

Cosa nostra, organizzazione verticistica disciplinata da «regole» precise, si è trovata davanti a un bivio (Bivio è anche il nome dell’indagine): accettare l’organismo provinciale della commissione, oppure, rimettere in discussione tutto attraverso le persone più carismatiche nel tempo rimesse in libertà, come Caporrimo.

Dopo aver trascorso un periodo di isolamento a Firenze, Caporrimo l’11 aprile del 2020 è tornato a Palermo riuscendo in poco tempo ad accentrare nuovamente su di sé i poteri dell’intero «mandamento» ed evitando gli spargimenti di sangue che pure era disposto ad affrontare. Appoggiato dalla sua base mafiosa sul territorio (si sono rivelati suoi fedeli alleati Antonino Vitamia – capo della famiglia di Tommaso Natale, Franco Adelfio – uomo d’onore di Partanna Mondello, e Giuseppe Cusimano – ai vertici della famiglia ZEN/Pallavicino) tornato a Palermo, ha dunque ripreso in mano le redini dell’organizzazione. 

Ma una realtà si era intanto creata in Cosa nostra :la nascita di   una nuova “famiglia» mafiosa: quella dei quartieri Zen-Pallavicino, affidata alla gestione di Giuseppe Cusimano. Dall’indagine è venuto fuori che il neo costituito clan aveva problemi gestionali, dovuti all’esuberanza criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti.

Un esempio è quanto accaduto lo scorso settembre 2020 nel quartiere ZEN, quando due gruppi armati si sono sfidati «a duello». Le due bande si sono affrontate, armi in pugno, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L’episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l’eliminazione di alcuni soggetti non «allineati” e non controllabili. Solo l’intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi.