Messina: arrestato giovane che minaccia i titolari di un esercizio pubblico

L’INTERVENTO DEI CARABINIERI HA SCONGIURATO UN EPILOGO SANGUINOSO DELLA VICENDA

Si dimentica di dare la precedenza, automobilista si ritrova una pistola  puntata addosso

 MESSINA
Nelle prime ore della mattinata odierna, i Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto hanno arrestato, in flagranza di reato, B.G., 29enne del luogo, già noto alle forze dell’ordine, poiché ritenuto responsabile del reato di porto d’arma clandestina in luogo pubblico.
I Carabinieri, a seguito di una segnalazione pervenuta al numero unico 112 della Centrale Operativa della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, sono intervenuti presso un esercizio pubblico in località Portorosa di Furnari (ME) dove era stata segnalata una lite. Giunti sul luogo, i militari dell’Arma hanno contattato i titolari dell’esercizio pubblico i quali riferivano ai militari che, poco prima, un giovane, che aveva trascorso la serata presso il loro locale, dopo una lite avvenuta per futili motivi si era allontano minacciandoli di morte proferendo nei loro riguardi frasi del tenore “ora torno a casa, prendo la pistola e vi ammazzo”.
Mentre effettuavano le opportune verifiche sul luogo, i Carabinieri hanno notato un giovane che, in atteggiamento nervoso, si dirigeva proprio verso l’esercizio pubblico, ma avvedutosi della presenza dei militari, tentava la fuga nelle vie limitrofe e dopo un breve inseguimento a piedi, veniva raggiunto e bloccato dai Carabinieri che lo hanno sottoposto a perquisizione personale, trovandolo in possesso di una pistola marca Beretta calibro 6,35 con la matricola abrasa, comprensiva del serbatoio inserito contenente cinque colpi al suo interno. Pertanto il 29enne B.G. è stato arrestato in flagranza di reato per porto d’arma clandestina in luogo pubblico. La pistola, detenuta illecitamente, ed il relativo munizionamento sono stati sequestrati e saranno inviati ai Carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Messina per gli accertamenti balistici al fine di verificare se l’arma sia stata utilizzata per eventuali azioni delittuose.
L’arrestato, al termine delle formalità di rito, come disposto dal Sostituto Procuratore di turno, della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, è stato ristretto presso la Casa Circondariale di Caltagirone (CT) a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Qui avrà modo di riflettere e di pensare al gesto che stava per compiere. Qui dovrà pure correggersi  altrimenti costituirà un pericolo per la società
L’immediato intervento dei Carabinieri con l’arresto del giovane, ha consentito di scongiurare un possibile epilogo drammatico della vicenda.

Recuperati beni ecclesiastici -da restituire stasera alle 18 e scoperta banda criminale che ricettava i beni preziosi

Napoli, opere d'arte rubate nelle chiese: sgominata banda di 29 ricettatori  - Cronaca - quotidiano.net

NAPOLI
Due busti in legno intagliato, raffiguranti gli apostoli “San Paolo” e “San Pietro”, saranno restituiti oggi,  28 giugno 2021 alle ore 18:00, dal Comandante del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Napoli, Magg. G.B., al Parroco Don G.B. a prima della celebrazione della messa in suffragio dei menzionati santi nella Chiesa San Carlo del comune di Cave (RM). Alla restituzione, saranno presenti il Vescovo della Diocesi di Palestrina e Tivoli, S.E. Mons. M.P. e il Sindaco di Cave, A.L., oltre ad autorità locali e studiosi d’arte.
I busti furono asportati il 18 novembre 2010 dalla Chiesa San Carlo.               
Questa sera saranno pure riconsegnati:
– due beni ecclesiastici (un calice e una pisside) al Responsabile dell’Arciconfraternita di “Santa Croce”, Frate M.F., che furono asportati il 9 novembre 2010 dalla Chiesa di Artena (RM);
– una pisside al Parroco della Chiesa dell’Assunta della frazione Castello di Alvito (FR), Don F.D.B., trafugata il 26 ottobre 2010 dalla Chiesa Santa Maria Assunta di Alvito (FR)                
Una complessa investigazione condotta dal Nucleo TPC di Napoli, coordinata dalla Procura della Repubblica partenopea, ha permesso di individuare ventinove persone facenti parte di un’organizzazione criminale con base logistica in Campania, che ricettava beni preziosi rubati da luoghi di culto e istituti religiosi collocati sull’intero territorio nazionale.
Le indagini hanno permesso di accertare che la banda era attiva già da molti anni nel settore dell’antiquariato e dei beni ecclesiastici grazie alle specifiche conoscenze dei ricettatori che, appassionati d’arte o, in alcuni casi, ex titolari di negozi, costituivano il tramite per la commercializzazione degli oggetti proventi di furto.
L’iter era consolidato: alcuni avevano il compito di effettuare sopralluoghi per individuare luoghi di culto vulnerabili, altri si occupavano del reperimento dei beni per individuare i canali illeciti di vendita, ad altri ancora spettava, infine, la collocazione dei pezzi rubati, dai mercati rionali per gli oggetti di minore rilevanza a trattative private nel caso di opere di notevole valore commerciale.
Di fondamentale importanza, per l’individuazione dei beni, è risultata la comparazione delle immagini degli oggetti sequestrati con quelle contenute nella “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il più grande database di opere d’arte rubate al mondo, gestito dal Comando TPC e che ha permesso di ricondurre i beni ai furti avvenuti entrambi nel 2010, il primo ai danni della Chiesa San Carlo di Cave (RM), mentre il secondo della Chiesa Santa Croce di Artena (RM).
Gli oggetti recuperati, derivanti da 55 furti compiuti sull’intero territorio nazionale, da Bolzano a Catania, provengono in prevalenza da chiese e abitazioni private. Tra i più rilevanti da ricordare, l’intero tesoro di San Donato, asportato dalla Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Acerno (SA), e due busti in legno raffiguranti “San Paolo” e “San Pietro”, rubati dalla Chiesa di San Carlo a Cave (RM).
La restituzione odierna, nel quadro della collaborazione fra l’Arma dei Carabinieri e i titolari degli Uffici Diocesani preposti al patrimonio religioso, segue di poco l’operazione compiuta dal Nucleo TPC di Cagliari, che aveva smantellato un gruppo di finti restauratori dediti a raggiri ed estorsioni ai danni di parroci e responsabili di altri luoghi di culto.

Catturati i “Torturatori licatesi”

 

Foto Dea della giustizia, immagini Dea della giustizia da scaricare | Foto  stock - Depositphotos

Foto Archivi- Sud Libertà-   La dea della giustizia

Agrigento

Quattro misure cautelari, di cui tre in carcere, sono state eseguite stanotte  dai Carabinieri di Licata ,a carico dei componenti dell’ormai noto gruppo di “torturatori licatesi”.
Le misure, richieste dalla Procura di Agrigento che ha coordinato le indagini ed emesse dall’Ufficio del Gip del Tribunale, si sono rese necessarie perchè lo svolgimento dell’attività investigativa ha permesso di scoprire grazie ad un’attenta analisi dei telefoni cellulari in uso ai responsabili, nuovi episodi di violenza contro un’ulteriore vittima, ma soprattutto come emerso in più circostanze, i protagonisti di questa vicenda abbiano minacciato,  malmenato e tentato di pagare una delle vittime al fine di far ritrattare le sue dichiarazioni difronte ai giudici. Inoltre, in una circostanza, uno degli indagati, che si trovava agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, dopo essersi fatto autorizzare dall’Autorità’ Giudiziaria per una visita medica,  si è’ recato dalla vittima per minacciarla e costringerla a ritrattare le denunce dinanzi al Giudice. 
L’Arma della gente continua ad essere quotidianamente vicina alle persone più deboli che necessitano di essere rassicurate.
Gli arrestati sono stati tradotti presso la Casa Circondariale di Agrigento dove rimarranno a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Carabinieri aggrediti nelle scorse ore a Palermo- Solidarietà ai militari del Sindaco Orlando

Foto

Foto comunicato Stampa

 

Palermo,

Esprimo solidarietà ai tre carabinieri che durante un servizio di controllo sono stati accerchiati e aggrediti in via Magliocco nelle scorse ore da un gruppo di malviventi. Si tratta di un atto violento e inaccettabile. Ai militari, che ogni giorno con grande senso del dovere garantiscono il rispetto della legalità in città, va la mia vicinanza”. 

Lo ha dichiarato  stamattina il sindaco Leoluca Orlando.

Condannato per tentata rapina aggravata, arrestato 46enne

Tentata rapina, denunciato un ragazzo di 15 anni dai carabinieri |  BlogSicilia - Ultime notizie dalla Sicilia
Messina\,

I Carabinieri della Stazione di Gioiosa Marea hanno arrestato il 46enne messinese P.A., già noto alle forze dell’ordine, destinatario di un ordine per la carcerazione, emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Messina, in quanto condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione per il reato di tentata rapina aggravata in concorso, commessa in Brolo (ME) nell’anno 2006.

Il provvedimento cautelare scaturisce dagli esiti dell’attività d’indagine sviluppata dai Carabinieri della Compagnia di Patti che hanno consentito di risalire al 46enne P.A. quale responsabile della tentata rapina in concorso commessa a Brolo nell’anno 2006, quando l’uomo, unitamente ad altri due complici, durante la notte, si era introdotto all’interno di un’abitazione minacciando il proprietario con un coltello al fine di farsi consegnare del denaro, ma a seguito dell’improvvisa reazione della vittima, dopo una colluttazione, i rapinatori si diedero alla fuga.

Dagli approfonditi accertamenti effettuati nell’immediatezza dei fatti, i Carabinieri il giorno successivo hanno rintracciato il 46enne P.A. e lo arrestavano, poiché gravemente indiziato del reato di tentata rapina aggravata in concorso.

Ultimate le formalità di rito, l’arrestato è stato condotto presso la propria abitazione in regime degli arresti domiciliari.

Supermarket della droga in un garage. Arrestato dai Carabinieri di Niscemi e dall’Unità cinofili di Nicolosi

Informazioni sui Vari Tipi di Droghe

Il 7 maggio 2021, nel corso di un servizio finalizzato al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti, i Carabinieri della Stazione di Niscemi, supportati da una unità cinofila del Nucleo Cinofili di Nicolosi (CT), hanno arrestato un giovane incensurato per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
I militari dell’Arma, nel corso di un servizio di controllo straordinario del territorio disposto dal Reparto Territoriale di Gela, insospettiti dal continuo via vai di giovani dal garage della abitazione del ragazzo, hanno effettuato una perquisizione, nel corso della quale hanno trovato 67 grammi di hashish, 28 gr di cocaina, 19 gr. di marijuana, 405,00 euro provento dell’attività di spaccio e tutto il materiale occorrente per il confezionamento delle dosi (bilancini elettronici di precisione, cellophane, etc.). Parte dello stupefacente era ben nascosto dietro un pesante mobile ma Reily, questo il nome del cane antidroga, grazie al suo fiuto lo ha segnalato facilitando le operazioni di ricerca.
Su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela, l’uomo è stato ristretto agli arresti domiciliari in attesa della convalida dell’arresto. Il Giudice per le Indagini Preliminari di Gela, ieri 10 maggio 2021 ha convalidato l’arresto, confermando gli arresti domiciliari.

 

 

Operazione “Sotto scacco”: quaranta arresti, dieci ai domiciliari e tre gruppi criminali disarticolati. Ma il “pizzo” diventa una cancrena

CATANIA 

Operazione ‘Sotto scacco’ dei carabinieri del comando provinciale di Catania Quaranta persone arrestate, dieci delle quali poste ai domiciliari, e tre gruppi criminali legati a Cosa nostra di Catania disarticolati.

Le attività tanto note, a Paternò e Belpasso,sin dal 2017 sotto i riflettori dell’Antimafia,  degli storici clan mafiosi Alleruzzo, Assinnata e Amantea e dei loro vertici legati alla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano che gestivano in esclusiva il traffico di droga e le estorsioni nella ‘zona di appartenenza’. Secondo diversi ‘pentiti’, ad esempio, gli spacciatori a Paternò non potevano ‘lavorare’ senza pagare una ‘tassa’ alla cosca Assinnata per potere esercitare la loro attività in una ‘piazza di spaccio’.

Militari dell’Arma hanno anche scoperto un piano per fare arrivare ingenti carichi di cocaina dall’Ecuador, nascosta in container contenenti banane. Non è stato scoperto se è stato poi realizzato, ma è stato invece accertato che la cosca utilizzava anche come nascondiglio per la marijuana il cimitero monumentale di Paternò, dove sono stati eseguiti dei sequestri di sostanza stupefacente.

Ricostruito anche il tentativo di estorsione aggravata all’industria dolciaria ‘Condorelli’ di Belpasso, dove fu fatta trovare una bottiglia con liquido infiammabile e un biglietto intimidatorio con la minaccia sgrammatica: “Mettiti a posto ho ti faccimo saltare in aria cercati un amico”.

 

La richiesta di tangente non andò a buon fine per il clan per il deciso rifiuto della vittima a pagare. Dalle indagini dei carabinieri, ha spiegato il comandante provinciale di Catania, il colonnello Rino Coppola, è emerso “un rilevante condizionamento da parte dei clan del tessuto economico locale” con “imprenditori che favorivano consapevolmente le illecite attività del clan”. Per la Dda di Catania è “emblematica la posizione di Salvatore Tortomasi, titolare di una ditta per la commercializzazione di prodotti agricoli ed ortofrutticoli” che “versava denaro anche in percentuale sugli utili dell’attività di impresa che, grazie alla mafia, aveva una posizione dominante nelle attività economiche esercitate”.

Altre figure imprenditoriali di Paternò in rapporti con il clan sono indicate dalla Dda in Angelo Nicotra proprietario di importanti gioiellerie, e Enrico Maria Corsaro, che, secondo l’accusa, avrebbero “nascosto la provenienza illecita di beni e denaro”. Scoperto anche un sodalizio specializzato, con l’aiuto di consulenti del lavoro compiacenti, nella truffa all’Inps per fare ottenere indebitamente l’indennità di disoccupazione agricola a falsi braccianti che ricevevano 20 euro al giorno per la loro complicità.

Il danno all’Ente previdenziale è stimato in oltre 85.000 euro. Dalle indagini è emerso anche che il boss Santo Alleruzzo, che sta scontando una condanna all’ergastolo per duplice omicidio, mafia e traffico di droga a Rossano (Cosenza), approfittava dei permessi premio per ritornare nel paese d’origine, Paternò, dove durante di summit mafiosi continuava ad impartire ordini e direttive per la gestione degli affari del clan.

La droga interessava anche gruppi criminali di Messina dove la polizia ha sgominato due organizzazioni di trafficanti attive nel rione Giostra gestite su base familiare con interi nuclei coinvolti. L’inchiesta della Procura dello Stretto ha accertato oltre 1.000 consegne di dosi e scoperto una ‘centrale dello spaccio’ realizzata in edifici di case popolari. Un’altra operazione antidroga è stata messa a segno dai carabinieri di Roma che hanno arrestato 21 persone accusate di spacciare cocaina nel quartiere di Tor Bella Monaca, alla periferia della Capitale. Ad altre 14 indagati è stato notificato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

 

Arresti in carcere:
1)  ALLERUZZO Francesco, nato a Palermo il 22/12/1982
2) ALLERUZZO Santo, nato a Paternò il 21/03/1954;
3) AMANTEA Salvatore Vito, nato a Paternò il 19/10/1995;
4) ASSINNATA Domenico Filippo, nato a Agira il 29/04/1952;
5) BEATO Giuseppe, nato a Paternò il 30/11/1979;
6) BEFUMO Davide Alessandro nato a Paternò il 08/05/1980;
7) BORZI’ Omar Francesco, nato a Augusta il 18/09/1989;
8) DI LEO Lorenzo, nato a Paternò 10/11/1991;
9) DI LEO Marco, nato a Paternò il 10/11/1991;
10) DI MAURO Sebastiano, nato a Catania il 13/04/1994;
11) FAZIO Alessandro, nato a Paternò il 06/07/1977;
12) FONTANAROSA Michele, nato a Catania il 13.4.1957;
13) FRENI Giorgio, nato a Catania il 27/10/1965;
14) GATTARELLO Vincenzo, nato a Catania il 03/02/1982;
15) LICCIARDELLO Daniele, nato a Catania il 07/08/1973;
16) MENDOLARO Alfio, nato a Catania il 28/06/1981;
17) MOBILIA Francesco, nato a Paternò il 19/05/1980;
18) MOBILIA Giuseppe, nato a Paternò il 19/11/1977;
19) PARISI Carmelo, nato a Paternò (CT) il 08/04/1975;
20) PUGLISI Pietro, nato a Paternò il 11/08/1974;
21) RECCA Giuseppe, nato a Catania il 05/09/1963;
22) SCHILLACI Lorenzo Michele, nato a Troina (EN) il 25/04/1968;
23) SCUDERI Ivan Gianfranco, nato a Catania il 10/10/1992;
24) SINATRA Orazio, nato a Paternò il 22/01/1971;
25) SINATRA Giuseppe, nato a Paternò il 27/12/1993;
26) STIMOLI Barbaro, nato a Paternò il 01/07/1978;
27) STIMOLI Salvatore, nato a Paternò 02/12/1981;
28) STIMOLI Vincenzo junior, nato a Paternò il 30/09/1994;
29) TERRANOVA Cristian, nato a Paternò il 24/09/1992;
30) TORTOMASI Salvatore, nato a Paternò il 16/03/1958.

Agli arresti domiciliari:
1)  CORSARO Enrico Maria nato a Catania il 15/12/1972;
2) COSENTINO Barbaro Luca Maria, nato a Paternò il 06/07/1995;
3) GIANGRECO Giovanni Battista, nato a Paternò il 15/08/1995;
4) LA DELFA Andrea, nato a Paternò il 25/10/1980;
5) MALANDRINO Pasqualino, nato a Siracusa il 27/06/1981;
6) NICOTRA Angelo nato a Catania il 12.12.1974;
7) ORTO Giuseppe, nato a Paternò il 03/06/1962;
8) PIRRO Alfio, nato a Catania il 26/09/1975;
9) SARACENO Sebastiano, nato a Siracusa il 06/12/1965;
10) SINATRA Maurizio, nato a Paternò 08/05/1988.

Beni culturali: ritrovate sei preziose pagine miniate

 

Furti in chiese e conventi. 
Libri antichi e miniature: i tesori di Gubbio - Ville&Casali
 
Sei pagine miniate del XIII secolo, caratterizzate da notevoli capilettera istoriati, sono state restituite alla Direttrice dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Pistoia, Dott.ssa L. C., dal Comandante del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Firenze, Cap. C.M.. Erano conservate presso la Chiesa di San Paolo e quella di San Francesco al Prato, l’Archivio Diocesano e le Biblioteche Capitolari Leoniana e Fabroniana.
I furti risalgono agli anni Novanta, quando furono asportati alcuni interi corali e antifonari insieme a numerose pagine strappate dalla rilegatura del volume a cui appartenevano.
Le lunghe indagini che hanno portato al recupero sono state avviate nel 2010, quando alcune pagine miniate furono poste in vendita da case d’asta internazionali e in seguito individuate grazie alla comparazione con le fotografie presenti nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, gestita dal Comando TPC.
Immediate e approfondite attività investigative svolte sia in Italia che all’estero, grazie alla proficua collaborazione con gli organi di cooperazione internazionale di polizia quali Interpol, Europol e ICE (Immigration and Custom Enforcement degli Stati Uniti d’America), hanno permesso di risalire a un importante canale di “smercio” di preziosi manoscritti miniati che ricettatori specializzati utilizzavano per porli in commercio.
In particolare, due miniature avevano già attraversato illecitamente diverse frontiere, anche extraeuropee, ed erano state infine “contrabbandate” negli Stati Uniti, dove si trovavano in vendita su un sito internet specializzato.
Un’altra invece, esportata illecitamente ma fortunatamente rimasta in Europa, era stata rubata in analoghe circostanze da un malintenzionato che si era presumibilmente presentato in qualità di studioso. La miniatura era stata già riacquistata a un’asta straniera da un ignaro collezionista italiano il quale, una volta convocato dai Carabinieri e messo al corrente della vicenda, non ha potuto fare altro che mostrare il suo rincrescimento consegnandola senza particolari opposizioni.
All’attività d’indagine è seguito poi il necessario iter giudiziario, a sua volta compendiato dalle Commissioni Rogatorie Internazionali, strumento giuridico di cui si avvalgono le diverse autorità giudiziarie nazionali per poter svolgere i propri atti d’indagine all’estero. Solo dopo il raggiungimento di una definitiva pronuncia giurisdizionale si è potuto provvedere alla restituzione degli antichi manoscritti agli enti legittimati.
Le pagine miniate barbaramente tagliate o, peggio, strappate dagli antichi corali, possono raggiungere sul mercato quotazioni di parecchie decine di migliaia di euro ciascuna, a seconda dell’epoca di realizzazione, del contesto storico-religioso, dell’abilità del miniatore e dell’eventuale presenza di decorazioni in oro, come era consuetudine in passato.
Interi volumi, miscellanee, parti interne, fogli separati e anche grossolani ritagli di singoli capilettera rappresentano una pratica predatoria estremamente distruttiva, che priva la collettività di uno dei caratteri più espressivi ed eleganti dell’ingegno umano.

 

 

Fermato dai Carabinieri 90enne sorpreso in ospedale con una pistola

 

Canicattì,
I Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia di Canicattì, nella tarda serata di ieri, hanno tratto in arresto il 90enne, sorpreso nell’ospedale Barone Lombardo di Canicattì in possesso di una pistola.
L’anziano, originario di Camastra, era stato ricoverato durante il pomeriggio ma il suo comportamento estremamente circospetto aveva lasciato perplessi i sanitari che se ne stavano prendendo cura.
Dalla direzione dell’Ospedale partiva la segnalazione che allertava i militari i quali, verificati i numerosi precedenti in materia di armi accumulati dall’anziano signore, per precauzione decidevano di approfondire: e così si scopriva che tra gli indumenti portati per il ricovero, costui deteneva illegalmente una pistola senza marca calibro 6.37 con matricola abrasa, caricatore con 4 cartucce e colpo già in canna.
I militari, dopo aver messo in sicurezza e sequestrato l’arma, che era pronta a far fuoco, dichiaravano in arresto il 90enne, rimasto in custodia cautelare presso la struttura ospedaliera.
Le indagini proseguono, anche per accertare il motivo per il quale C.B. si era fatto ricoverare in ospedale con una pistola.

 

 

Librino, quel giorno lo scontro a fuoco tra il Clan dei Cursoti Milanesi e dei Cappello

 

CATANIA –

I carabinieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito una misura cautelare in carcere emessa dal Gip nei confronti di 14 persone indagate, a vario titolo, di concorso in duplice omicidio, sei tentati omicidi e porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico.

A tutti la Dda contesta l’aggravante di avere agito per motivi abbietti e avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione di tipo mafioso, al fine di agevolare i clan di appartenenza.

Al centro dell’inchiesta la sparatoria dell’8 agosto 2020 quando affiliati e esponenti di vertice dei clan mafiosi dei ‘Cursoti milanesi’ e dei Cappello, su almeno 14 motoveicoli, si sono scontrati nelle strade del rione di Librino. Il bilancio dello scontro armato fu di due morti e di diversi feriti.

“Esito che – sottolinea la Dda della Procura di Catania – poteva essere ben più nefasto se si considera che lo scontro a fuoco si è verificato di sera nel quartiere Librino, caratterizzato da un’elevata densità abitativa e dove i residenti , anche donne e bambini, soprattutto per la calura estiva, sono soliti trattenersi in strada fino a tardi”.

In sostanza, come già era emerso, si è trattato di un vero e proprio scontro armato tra esponenti del clan Cappello e dei Cursoti originato in seguito a distinti episodi avvenuti nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti i fatti, che avevano nutrito e acuito una radicata e storica contrapposizione tra i due clan, sfociata, infine, nella spedizione punitiva organizzata da esponenti di rilievo del clan Cappello nei confronti di Di Stefano Carmelo e del gruppo di soggetti a lui vicini appartenenti al clan dei Cursoti Milanesi.

Emesse  due ordinanze di convalida di fermo e di custodia in carcere nei confronti di Di Stefano Carmelo, considerato l’elemento di spicco  del Clan dei Cursoti Milanesi, e di Sanfilippo Martino Carmelo, altro esponente della  cosca 

La collaborazione di Sanfilippo ha permesso alle forze dell’ordine di risalire gradualmente agli altri elementi coinvolti. L’antefatto della vicenda criminale risale ai contrasti insorti tra Di Stefano Carmelo e Nobile Gaetano e tra Lombardo Salvuccio Junior e Campisi Giorgio.

Proprio le dichiarazioni di Sanfilippo Martino Carmelo, hanno consentito l’identificazione di ulteriori indagati, componenti del gruppo armato dei Cursoti Milanesi, sino a quel momento ancora non individuati, i quali, sottoposti a interrogatorio, di fronte a precise contestazioni, ammettevano la loro presenza sul luogo dei fatti esibendo, alcuni, persino le lesioni riportate a seguito dei colpi d’arma da fuoco ricevuti.

Fondamentali alle indagini, inoltre, si sono rivelati gli accertamenti balistici e medico-legali che riscontravano la veridicità delle dichiarazioni dei collaboratori in ordine alla tipologia delle armi utilizzate e alle specifiche condotte avute da numerosi indagati, fornendo, altresì, elementi decisivi per l’individuazione degli esecutori materiali dei due omicidi.