Sentenza di condanna ai Clan mafiosi di Agrigento- Un avvocato coinvolto -e condannato a 15 anni-chiede di parlare con il magistrato

Agrigento

Sentenza di condanna a pene comprese tra 10 mesi e 20 anni mafiosi e professionisti agrigentini accusati a vario titolo di associazione mafiosa. La condanna   emessa dal Gup di Palermo dott Paolo Magro non ha risparmiato neppure  un poliziotto e un agente penitenziario che rispondevano, rispettivamente, di ” accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio”.

Il processo, celebrato in abbreviato, nasce da una indagine della Dda, coordinata dall’’aggiunto Paolo Guido, sui clan della provincia di Agrigento che coinvolse anche l’avvocata Angela Porcello, oggi condannata per mafia a 15 anni e 4 mesi. La penalista -si apprende – avrebbe chiesto di parlare con il magistrato Quattro gli assolti.

Il capomafia Giuseppe Sicilia è stato condannato a 18 anni e 4 mesi, ai boss Luigi Boncori e Calogero di Caro sono stati inflitti 20 anni, a Giancarlo Buggea, compagno della Porcello, 20 anni, a Simone Castello, in passato ritenuto il “postino del capomafia Bernardo Provenzano, 12 anni, a Diego Cigna, esponente della stidda 10 anni e sei mesi, a Gregorio Lombardo 17 anni, a Calogero Paceco 8 anni, a Giuseppe Giuliana 8 anni.

Il poliziotto di Canicattì Giuseppe D’Andrea ha avuto, per accesso abusivo al sistema informatico, 3 anni e 4 mesi, la collaboratrice della Porcello, l’avvocata Annalisa Lentini un anno e 4 mesi per falso materiale in concorso con Vincenzo Di Caro che ha avuto un anno. Per rivelazione di segreto professionale ha avuto 10 mesi Giuseppe Grassadonia, un agente penitenziario che aveva comunicato ai familiari di un detenuto il suo spostamento. A Gaetano Lombardo sono stati inflitti per favoreggiamento 3 anni e 4 mesi.

Gli assolti sono: Luigi Carmina, Antonino Oliveri, Giovanni Nobile, Gianfranco Gaetani.

 

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Secondo le indagini nello studio dell’avvocato,(nella foto/immagine sopra), si tenevano i summit tra i vertici delle cosche agrigentine. Rassicurati dall’avvocato, i capi dei mandamenti di Canicattì , della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, Simone Castello, ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano e il nuovo capo della Stidda, l’ergastolano Antonio Gallea, a cui i magistrati avevano concesso la semilibertà , discutevano di problematiche legate a  Cosa nostra.

Le centinaia di ore di intercettazione disposte nello studio penale dopo che, nel corso dell’inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sull’intera vicenda criminale

Catania: traffico di stupefacenti, 14 arresti

Immagini droga-Eroina – Antidroga

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 Catania,

 Un’ordinanza cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania è stata notificata nelle prime ore del mattino, su delega della Procura distrettuale della Repubblica dai Carabinieri della Compagnia di Gravina 8Catania) nei confronti di 14 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nonché spaccio di sostanze stupefacenti.

L’attività di indagine, coordinata da questa Procura della Repubblica e condotta dalla Stazione Carabinieri di San Giovanni La Punta, da febbraio a dicembre 2020, ha consentito di evidenziare la sussistenza di un grave quadro indiziario, commisurato all’attuale fase delle indagini in cui il contraddittorio tra le parti non risulta instaurato in modo completo, relativamente all’esistenza di una organizzazione criminale finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo eroina, operante in Catania e Provincia, che avrebbe avuto al vertice il nucleo familiare riconducibile a M.A., all’epoca detenuto agli arresti domiciliari, il quale attraverso i suoi due figli (tutti e tre non colpiti da ordinanza in quanto già cautelati in altro procedimento penale per condotte della medesima tipologia),  avrebbero gestito il traffico illecito servendosi di molteplici sodali o gruppi criminali, ognuno avente una specifica area geografica di competenza.

L’indagine, sviluppata mediante attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre che attraverso videoriprese e pedinamenti, sembra aver disvelato l’operatività di uno stabile sodalizio criminale, strutturato secondo una precisa suddivisione territoriale e con una cassa comune (l’introito complessivo si sarebbe aggirato intorno ai 3.000 euro giornalieri).

Il sodalizio, mediante l’utilizzo di apparecchi telefonici che sarebbero stati forniti dai M. aventi Sim intestate a soggetti extracomunitari e attraverso l’impiego di appellativi alias nonché di terminologia convenzionale, con lo scopo di impedire eventuali identificazioni da parte delle forze di polizia, organizzava l’attività di traffico e l’approvvigionamento della sostanza, ponendo in essere anche sponsorizzazioni dell’eroina attraverso celati sms, come ad esempio proposte di 3 dosi di eroina al costo di 2, da qui il nome dell’indagine 3X2.

Il gruppo si sarebbe occupato sia della cessione al dettaglio attraverso sodali all’uopo incaricati sia di rifornire stabilmente altri gruppi criminali operanti nel capoluogo e in altri paesi della provincia Etnea, quali, ad esempio il gruppo “camminanti” di Adrano.

L’indagine, inoltre, ha disvelato il riutilizzo dei proventi dell’eroina al netto delle percentuali spettanti agli associati, per l’acquisto di sempre più ingenti quantitativi della medesima sostanza fino ad arrivare anche a panetti dal peso complessivo di 3kg mensili.

Nel corso dell’indagine sono state arrestate in flagranza di reato 8 persone e deferite altre 3, nonché sono stati recuperati oltre 600 grammi di sostanza stupefacente del tipo eroina.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto la custodia in carcere per nove indagati e l’obbligo di dimora e di presentazione alla Polizia Giudiziaria per altri cinque, nel medesimo contesto sono stati deferiti in stato di libertà ulteriori dodici persone.

 

Palazzolo Acreide, badante infedele , da poco assunto, trafugava tutto l’oro di famiglia

 

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Palazzolo Acreide,

I Carabinieri della Stazione di Palazzolo Acreide hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto un campano di 45 anni, con precedenti per reati contro il patrimonio ed altro, da poco assunto, tramite internet, come badante da una coppia del luogo e che, durante la permanenza presso l’abitazione dei coniugi, ha trafugato tutti i monili in oro di famiglia.

L’uomo si era fatto assumere come badante ma non aveva mai assistito veramente il marito della donna che, in più di una circostanza era stato lasciato solo a casa nonostante le condizioni di salute. La donna, insospettita dal comportamento poco professionale del badante e dalla sua improvvisa disponibilità di denaro, ha richiesto l’intervento dei Carabinieri che hanno constatato in casa il furto di tutti gli oggetti d’oro.

Le immediate ricerche del 45enne hanno consentito ai militari di rintracciare l’uomo, pronto per la fuga, all’interno di un bar poco lontano con al seguito un trolley. Le successive verifiche hanno permesso ai Carabinieri di individuare a chi erano stati venduti gli oggetti d’oro, che sono stati recuperati e restituiti alla coppia. Il fermato è stato condotto presso la Casa Circondariale Cavadonna di Siracusa a disposizione dell’A.G. aretusea.

Violenza senza ancora un perchè a Favara. I Carabinieri stanno scavando nel passato dell’omicida

 

Fermato nella sua abitazione dopo il delitto  il presunto assassino del cardiologo Gaetano Alaimo, assassinato nel suo studio medico.  Adriano Vetro, 47 anni, di Favara. Dovrà spiegare tanti perchè..      Sequestrata anche la pistola usata per l”uccisione del cardiologo.

L’assassino – che, si apprende, non è incensurato – avrebbe sparato al professionista nella sala d’attesa del poliambulatorio di via Bassanesi, davanti agli altri lavoratori del centro medico. La vittima è morta sul colpo. Il presunto killer nel frattempo avrebbe lasciato di corsa lo studio medico e si sarebbe rifugiato nella sua abitazione in preda al panico. Qui è stato trovato infatti  tutto tremante, fuori connessione mentale,  dai carabinieri.

 Questo pomeriggio non ci sarebbe stata nessuna discussione fra Alaimo e Vetro, ma pare che ve ne fossero state in passato. Il favarese è arrivato al Poliambulatorio quando la struttura non aveva ancora aperto le porte ai pazienti e, davanti agli impiegati del punto sanitario, ha sparato da distanza ravvicinata un colpo di pistola contro il medico che è stato raggiunto all’altezza del torace. Poi è scappato, ma è stato poco dopo rintracciato dai carabinieri che, giunti in via Bassanesi, hanno subito avuto notizia di chi era stato l’autore del delitto.

 

Blitz Carabinieri nel parco Verde e nel Bronx-Scoperto Bunker per latitanza

Droghe: cosa si vende in Piazza di Spaccio? - Focus.it
Napoli 

Bunker in costruzione come quelli dell’entroterra calabrese. Rifugi studiati per viverci settimane e sfuggire alle manette, per rimanere in città e continuare a controllare gli affari illeciti. Per nascondere armi, droga. Come dei depositi merce. Invisibili.

I Carabinieri della Compagnia di Caivano, insieme a quelli dello squadrone eliportato Cacciatori di Calabria hanno perquisito decine di caseggiati popolari nel rione parco verde e nel bronx. 4 i bunker scoperti. L’accesso era camuffato nelle cantine, nei seminterrati e nelle aree condominiali. Uno di questi ancora in costruzione, come in un cantiere.

L’ingresso da una botola blindata, nascosta in una parete di mattoni. Altrettanto ingegnoso il trucco utilizzato per nascondere droga e proiettili. Lungo un muretto di cinta di uno dei palazzoni era stato scavato un piccolo vano, esattamente della stessa dimensione del mattone che lo componeva. A coprirlo uno sportello sul quale era stato agganciato uno strato di tufo, muschio compreso, che si mimetizzava perfettamente con il resto della parete.

Nella cavità quasi un chilo di cocaina diviso in 5 panetti e 20 panetti di hashish per oltre 4 chili di sostanza. E ancora 50 proiettili calibro 7,65 e 57 calibro 9×21 millimetri. Durante il blitz è stato scoperto anche una sorta di laboratorio per il confezionamento della droga. E’ stato sequestrato. Continuano le indagini per identificare chi avesse commissionato quei nascondigli.

Droga,” Operazione Gold Green”, 15 arresti in Sicilia

La droga arriva a casa: chi sono i giovani tossicodipendenti

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Palermo –
Alle prime ore di stamattina, nelle città di Palermo e Africo Nuovo (RC), i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo, hanno dato esecuzione a 15 provvedimenti cautelari (10 in carcere e 5 degli arresti domiciliari), emessi dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, con le aggravanti relative alla composizione dell’associazione con più di dieci associati, all’aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e per essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo mafioso e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Sono anche contestati vari episodi di detenzione, in concorso, di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.
L’indagine costituisce l’esito di un’articolata manovra investigativa antidroga, focalizzata nel contesto territoriale dei mandamenti mafiosi palermitani di Porta Nuova, Brancaccio e Tommaso Natale – San Lorenzo, che ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’esistenza di un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti, che si occupava di importare nel territorio palermitano, tramite vari e consolidati canali di rifornimento, grosse partite di narcotici da immettere nelle piazze di spaccio del capoluogo, registrando ulteriori connessioni con le singole articolazioni mafiose interessate territorialmente.
L’importante dispositivo di contrasto al traffico di stupefacenti connesso con “Cosa Nostra”, di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, ha sviluppato un articolato percorso investigativo antidroga, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, finalizzato al contrasto del principale e più redditizio asset di arricchimento della criminalità organizzata mafiosa.
L’indagine, avviata nel settembre 2019, ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario che è stato sostanzialmente accolto nella suindicata ordinanza cautelare, secondo il quale, per l’appunto, sussistono gravi indizi (che dovranno successivamente essere confermati dagli ulteriori passaggi processuali) in ordine ai gravi reati ipotizzati in capo ai soggetti indagati. In sintesi, le investigazioni hanno permesso di:
– individuare un’associazione dedita al traffico di stupefacenti che si occupava di importare a Palermo, tramite vari canali di rifornimento, grosse partite di narcotici di diversa tipologia, da immettere nelle piazze di spaccio del centro del capoluogo siciliano, registrando connessioni tra il sodalizio e distinte articolazioni territoriali di cosa nostra, riunite trasversalmente dal comune interesse di acquisire, per le loro finalità, ingenti quantitativi di droga;
– collocare, al vertice dell’associazione, importanti uomini d’onore (già definitivamente condannati per la loro appartenenza all’associazione mafiosa) delle famiglie mafiose di Palermo Centro e di Partanna Mondello, che, coadiuvati dagli altri sodali (fra i quali anche affiliati mafiosi del mandamento di Brancaccio – non attinti dalla presente misura in quanto già sottoposti a misura cautelare in altro procedimento), operavano a tutto tondo nel mercato degli stupefacenti, rapportandosi sia con fornitori operanti in altre regioni – Campania e Calabria – sia con spacciatori palermitani, incaricati di rivendere al dettaglio i narcotici;
– appurare che parte dei proventi derivanti dallo spaccio siano stati destinati al mantenimento dei detenuti affiliati a più famiglie mafiose del capoluogo;
– individuare, in un’abitazione di Pollena Trocchia (NA), un deposito di stupefacenti del gruppo criminale, all’interno del quale, il 14.05.2020, venivano sequestrati 255 kg di hashish;
– arrestare, nel corso delle indagini, otto corrieri e sequestrare, complessivamente, ulteriori 185 kg di sostanze stupefacenti di varia tipologia (cocaina, hashish e crack), nonché circa 52.000 euro in contanti, verosimile provento dall’attività illecita.

 

 

Caltagirone : -Furto autovetture e ricettazione . Provvedimento restrittivo per 6 persone.

 

Furti d'auto: 6 consigli per non farsi rubare la macchina in estate - Il  Sole 24 ORE

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 Catania – Caltagirone 
Nelle prime ore del mattino, i militari della Compagnia di Caltagirone, supportati da personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, hanno dato esecuzione ad un provvedimento restrittivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Caltagirone nei confronti di 6 persone gravemente indiziate, a vario titolo, per reati di furto di autovetture e ricettazione delle stesse, e 3 anche di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Caltagirone e condotte dal Comando Stazione di Caltagirone nell’estate del 2020, hanno consentito di accertare, in un lasso di tempo di circa 40 giorni, la commissione di 18 furti di autovetture e 4 tentativi di furto, nei comuni di Caltagirone, Grammichele, Misterbianco e Catania, nonché la ricettazione di un veicolo con la complicità di un palagonese e di un altro catanese.
Gli obiettivi delle malefatte erano veicoli del gruppo FCA, specificatamente Fiat 500, Fiat Panda e Punto, Lancia Y, Alfa Romeo Giulietta e Jeep Renegade.
L’attività ha avuto inizio a seguito di due furti di autovetture avvenuti nel maggio 2020 nei comuni di Caltagirone e Grammichele, le cui denunce hanno permesso ai Carabinieri di visionare le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti in quelle zone, ed individuare due degli odierni arrestati, ripresi nel momento della commissione del furto.
Le indagini svolte dai Carabinieri, attraverso pedinamenti e servizi di osservazione, nonché con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e g.p.s., hanno consentito di acquisire importanti elementi indiziari a carico del gruppo criminale, la cui scaltrezza e “professionalità” si sono evinte da un modus operandi ben rodato e dettagliato in ogni aspetto: i sodali preventivamente ricevevano commesse sulle tipologie di vetture da rubare; già individuavano il luogo ove occultare i veicoli in attesa di cederli ai ricettatori; si avvalevano, per la commissione dei furti, di automobili a noleggio, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine nel caso venissero avvistati nella flagranza di un furto; erano dotati di sofisticati strumenti atti allo scasso e all’accensione delle autovetture, del tipo grimaldelli, spadini, centraline, ed altri, discutendo tra di loro sul dove reperire tali materiali nonché sulle metodologie di scassinamento dei veicoli.
Uno degli indagati, invece, è risultato essere un sicuro referente per la “cannibalizzazione” dei veicoli rubati, all’interno di un’artigianale “officina” dallo stesso realizzata nel proprio domicilio, smontando pezzi delle auto per poi commercializzarli. Anche la modalità con cui consegnare le vetture rubate a questo sodale era ben studiata, ed avveniva con il metodo della “staffetta”: nel tratto di strada che conduce a Palagonia, due individui precedevano l’auto rubata a bordo di un altro veicolo, al fine di avvistare la presenza di eventuali posti di controllo delle forze armate, mentre l’auto provento di furto veniva guidata da un altro soggetto, dietro corrispettivo in denaro. In un’occasione, gli indagati, sottoposti ad intercettazione, commentavano il corrispettivo troppo basso, ammontante ad Euro 50,00, per trasportare l’auto rubata, a fronte del rischio di essere fermati ed arrestati.
Le intercettazioni hanno permesso di comprendere la stabilità e la forza di questa organizzazione, nonchè il ruolo di primo piano che ha assunto nel “mercato” catanese dei furti d’auto. Alla luce della fiorente e redditizia attività illecita, dagli stessi membri del sodalizio definita come “lavoro”, spesso discutevano dei proventi, mostrando pervicacia nel loro operare e, prima di uscire per compiere furti, si prefiggevano il numero di autovetture da asportare.
Inoltre, grazie alle intercettazioni si è evinto che le conversazioni tenute dal gruppo criminale vertessero unicamente su attività illecite, sia messe in atto che da progettare. È il caso del c.d. “cavallo di ritorno”, in quanto gli odierni indagati più volte hanno discusso della possibilità di compiere estorsioni in danno alle vittime che, dietro dazione di denaro, avrebbero potuto riottenere le auto sottratte.
Dei sei destinatari della misura cautelare, come disposto dall’Autorità Giudiziaria, quattro sono stati associati presso istituti penitenziari della provincia etnea, mentre due sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla p.g………

 

 

Operazione dei Carabinieri per sgominare il traffico di droga

Sniffare Droga - Foto e Immagini Stock - iStock

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 Catania, Palermo, Siracusa 

Vasta operazione dei Carabinieri nelle prime ore del mattino.. Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica, i Carabinieri della Compagnia di Acireale (CT) e del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma presenti nella Regione siciliana (Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento “Sicilia” e  Nucleo Cinofili), hanno eseguito, nelle Province di Catania, Palermo, Siracusa e L’Aquila, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catania nei confronti di 13 soggetti (di cui 8 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di “associazione finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti”. Nei confronti di altri 6 individui, invece, è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini.
L’indagine, coordinata da questa Procura Distrettuale e condotta dai militari della Compagnia Carabinieri di Acireale tra il febbraio e il luglio 2021, attraverso complesse attività tecniche e dinamiche, ha consentito di evidenziare la sussistenza di un grave quadro indiziario, relativamente all’esistenza di una associazione criminale finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, operante nei paesi etnei.
Nell’attuale fase del procedimento, in cui non è stato ancora instaurato il contraddittorio tra le parti, le attività tecniche e i relativi approfondimenti investigativi hanno consentito sia d’individuare il movimento di un considerevole quantitativo di sostanza stupefacente nei pressi di un bar ubicato nel Comune di Aci Bonaccorsi, sia di ricostruire la rete dei pusher e il sistema di gestione dello spaccio, acclarando le modalità di approvvigionamento e cessione degli stupefacenti (cocaina, marijuana) nei Comuni di Aci Sant’Antonio, San Giovanni La Punta, Viagrande, Pedara e Aci Bonaccorsi.
L’opportuna azione investigativa, basata sul monitoraggio di quotidiani spostamenti e incontri di vari personaggi, avrebbe quindi registrato un’intensa attività di compravendita di cocaina, che sarebbe stata venduta, all’ingrosso, dall’associazione criminale al costo di 38 € al grammo. Le persone coinvolte, alcune disoccupate e molte gravate da pregiudizi di polizia, al fine di ottenere illecito profitto economico, anche per il mantenimento delle loro famiglie, avrebbero pertanto predisposto incontri finalizzati alla cessione della droga, che sarebbero avvenuti presso le proprie abitazioni e in un noto bar di Aci Bonaccorsi.
Allo stato degli atti, le investigazioni hanno consentito di definire le posizioni e i ruoli degli indagati nell’ambito del sodalizio criminale. L’associazione, infatti, costituita in parte da soggetti contigui al clan “Laudani” di Catania, grazie alla rudimentale ripartizione dei ruoli tra venditori e fornitori di sostanza stupefacente, avrebbe ideato un preciso modus operandi volto a commettere ripetute azioni delinquenziali attraverso l’utilizzo di un linguaggio allusivo, parole (come “africa” o “stella” per indicare la qualità della cocaina) e frasi in codice (che alludessero a prodotti di gastronomia venduti nel bar), non solo per organizzare incontri con gli acquirenti, ma anche per indicare le sedi deputate alle riunioni fra gli associati.
La manovra investigativa, inoltre, ha fatto emergere come i principali membri dell’associazione, si sarebbero occupati, in particolare, della vendita di partite di cocaina quali grossisti, intrattenendo contatti con soggetti appartenenti ad altre organizzazioni criminali. Nello specifico mentre B.G. avrebbe assunto il ruolo di “capo promotore”, impartendo direttive e controllando l’operato dei propri collaboratori, M.D., suo “uomo di fiducia”, sarebbe stato incaricato della gestione della contabilità relativa all’attività di compravendita della sostanza stupefacente. D’altro canto, V.F., detto “Ciccio pesce o mangioglio”, avrebbe curato i contatti con gli acquirenti e le consegne della merce, ricevendone il relativo corrispettivo. Infine, S.S. e S.A. sarebbero emersi quali corrieri, incaricati dal V. di svolgere la materiale consegna dello stupefacente agli acquirenti.
In conclusione, nel corso dell’attività d’indagine, a riscontro delle condotte criminose attribuite a vario titolo agli odierni indagati, non solo si è proceduto, in flagranza di reato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, all’arresto di 3 persone e alla denuncia in stato di libertà di altre 3, ma è stato, anche, ricostruito un giro d’affari di almeno 380.000 (trecentottanta mila) euro immesse nel mercato della droga.
Ai 13 destinatari della misura cautelare, si aggiungono 6 soggetti nei confronti dei quali sarà notificato l’avviso di conclusione delle indagini.
L’ipotesi investigativa prospettata dalla  Procura Distrettuale è stata condivisa dall’ufficio del Gip che ha emesso le misure cautelari di seguito specificate. In esito alle catture verrà attivato il contraddittorio procedimentale, nel corso del quale gli indagati avranno la facoltà di fornire la loro versione dei fatti e indicare eventuali prove a discolpa.

 

Operazione “Terra bruciata”: decapitata dai Carabinieri la cellula del Clan Laudani

 

 

Con un blitz a sorpresaI carabinieri sono riusciti a mettere le mani e decapitare la cellula mafiosa del clan Laudani – il gruppo Sangani – che opera nel territorio etneo. 

Oltre 30 gli indagati coinvolti: sono accusati di “associazione di tipo mafioso”, “estorsione”, “associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, “detenzione illegale di armi e munizioni” e “concorso in violazione di domicilio aggravata da violenza sulle cose a mezzo di incendio”. La Procura ha contestato anche l’aggravante mafiosa.

L’inchiesta della Dda – denominata Terra Bruciata – ha condotto  ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip che i carabinieri – si apprende oltre 200 in questa operazione – stanno eseguendo nelle province di Catania, Cagliari e Rimini.

 

Dalle indagini sono emerse anche ipotesi di scambio politico-mafioso. Le comunali del 2018 a Randazzo potrebbero essere state inquinate dalle infiltrazioni mafiose: «Sono emerse interferenze degli appartenenti al sodalizio mafioso sull’Amministrazione Comunale e, in particolare, su tre rappresentanti, attuali e passati, di quel Comune». 

Il traffico  di cocaina, hashish e marjuana nelle mani del gruppo Sangani viene fermato.    Si apprende pure che , nel corso degli anni, gli indagati  avrebbero esercitato «un asfissiante e capillare controllo del territorio ai danni di attività economiche della zona, i cui titolari venivano intimiditi con minacce e danneggiamenti per sottostare al pagamento del pizzo».

I carabinieri hanno scoperto pure  un arsenale costituito da pistole, fucili e numerose munizioni. Tutto sotterrato in campagna. Forse una rivelazione di indagato.

 

Controlli dei Carabinieri: sequestrati a Trapani 50 chili di polvere pirica nonché droga e banconote false

Braccialetto elettronico
 Trapani – 
 Un’ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal GIP del Tribunale di Trapani su richiesta della locale Procura, nei confronti di tre soggetti ritenuti presunti responsabili, a vario titolo, dei reati di detenzione di esplosivi, resistenza a Pubblico Ufficiale e lesioni personali aggravate, è stata notificata dai Carabinieri della Compagnia di Trapani con il supporto, in fase esecutiva, dei militari del XII Reggimento Carabinieri Sicilia e del Nucleo Cinofili Carabinieri di Palermo Villagrazia
Il provvedimento è stato emesso dall’Autorità Giudiziaria a seguito dell’intervento operato dai Carabinieri lo scorso 19 agosto, quando personale della locale Compagnia Carabinieri aveva perquisito un magazzino nel Rione San Giuliano, rinvenendo all’interno un ordigno esplosivo artigianale di circa 90 grammi e 90 batterie di fuochi d’artificio collegate in serie, dal peso complessivo di circa 50 kg di miscela pirica con innesco a miccia a lenta combustione. Sul posto erano dovuti intervenire anche gli artificieri per la pericolosità del materiale rinvenuto.
Secondo la ricostruzione dei Carabinieri, durante la perquisizione, i militari operanti erano stati ostacolati dagli indagati che, con l’ausilio di persone a loro compiacenti, avevano aggredito gli operanti e proferito nei loro confronti gravi frasi minacciose.
In quella circostanza era stato necessario l’invio, in ausilio, di diverse pattuglie presenti in circuito riuscendo così a ristabilire l’ordine. I Carabinieri avevano poi identificato tutti quelli che si sarebbero opposti all’attività e avevano denunciato 4 persone per resistenza, violenza e minaccia a Pubblico Ufficiale, lesioni personali e danneggiamento aggravato.
Durante l’esecuzione della misura cautelare nei confronti degli arrestati, i militari hanno rinvenuto nell’immobile e nei locali a loro disponibili, tre banconote contraffatte dal valore complessivo di 250,00€, 280 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish suddivisa in tre panetti, 6 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e 7 grammi di sostanza stupefacente del tipo crack.
Gli arrestati, espletate le formalità di rito, sono stati ristretti presso le proprie abitazioni in regime degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.