Rifiuti, a Palazzo d’Orléans incontro tra Regione e Anci Sicilia sui costi per i Comuni che mettono a rischio la tenuta dei bilanci Impegno di Schifani

 

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Palermo,

L’avvio di un tavolo aperto con il governo nazionale, e in particolare col ministero dell’Economia, per sostenere la richiesta già avanzata dall’Anci nazionale di un provvedimento legislativo che sposti dal 30 aprile al 30 giugno la scadenza per la presentazione del Piano economico finanziario (Pef), il documento con il quale i Comuni stabiliscono annualmente le tariffe per la gestione dei rifiuti. È una delle proposte emerse stamattina a Palazzo d’Orléans, a Palermo, nel corso dell’incontro tra il presidente della Regione, i vertici dell’Anci Sicilia e i rappresentanti delle Città metropolitane.

Il maggiore costo sostenuto nel 2023 dagli enti locali per far fronte alla gestione dei rifiuti in situazione di emergenza, come denuncia l’Anci Sicilia, mette a rischio la tenuta dei bilanci. Una criticità che, secondo l’associazione del Comuni, si traduce nella necessità di reperire circa 45-60 milioni di euro a copertura dei sovracosti prodotti nel 2022-2023. L’alternativa sarebbe un aumento di circa il 30% delle tariffe della Tari. Per tentare di scongiurare questa eventualità, il governatore ha assicurato l’impegno della Regione a supportare la richiesta presentata da Anci nazionale e l’intenzione di intervenire a sostegno dei Comuni siciliani con un contributo straordinario da inserire all’interno della prima manovra finanziaria disponibile.

I rappresentanti dell’Anci Sicilia hanno poi evidenziato che su 391 Comuni dell’Isola 111 si trovano al momento in uno stato di dissesto o pre-dissesto. È stata, quindi, manifestata la necessità di costituire un tavolo permanente tra Stato, Regione e Comuni siciliani per analizzarne le cause e predisporre le adeguate azioni di contrasto.

Il presidente della Regione, ribadendo come l’efficienza amministrativa degli enti locali sia una priorità dell’azione di governo, ha ricordato l’impegno col quale sono state garantite ai Comuni, nei tempi stabiliti, le risorse finanziarie relative alle prime tre trimestralità da destinare alle spese correnti per il 2024.

 

Archiviata dalla Procura di Palermo l’inchiesta sui falsi nei bilanci del Comune ma resta il problema delle responsabilità contabili di chi non ha formulato bilanci corretti

Home - Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo

Nell’immagine d’archivio, la Procura della Repubblica di Palermo

Palermo,

Il Gip di Palermo ha disposto  l’archiviazione dell’inchiesta  su presunti falsi nei bilanci del Comune di Palermo a carico dell’ex sindaco Leoluca Orlando, difeso dall’avvocato Roberto Mangano, e di altri 23 tra ex assessori, dirigenti e capi area di Palazzo delle Aquile.

I pm avevano accertato cifre errate nelle entrate e nelle uscite nei bilanci 2016, 2017 e 2018 e 2019 in diverse voci: dal settore tributi a quello del condono edilizio e delle politiche abitative. Ma dalle indagini era emerso che le discrasie sarebbero state frutto di errori e non di dolo. Una valutazione condivisa oggi dal Gip.   A seguito dei controlli sui bilancio la Procura ha avanzato richiesta al Gip di archiviazione del fascicolo   Resta il problema delle responsabilità contabili di chi aveva il dovere di formulare bilanci corretti al Comune di Palermo 

 Il bilancio di un ente pubblico territoriale, quale il Comune di Palermo, -è naturale che sia un atto pubblico perché promana dal consiglio comunale ed è un atto anche a valenza esterna e, per quanto attiene al bilancio consuntivo  illustra quali siano state le spese sostenute e gli introiti realizzati, finendo per rappresentare non il mero risultato economico dell’ente nell’anno precedente ma anche l’illustrazione degli scopi amministrativi e politici perseguiti dall’amministrazione. 

Orlando: «Confermo apprezzamento alla magistratura»

Afferma l’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: «Si conclude una vicenda che ha trovato grande enfasi in strumentalizzazioni politiche e ampia eco sulla stampa. Confermo il doveroso apprezzamento alla magistratura e alla guardia di finanza per la attività di inchiesta svolta in questi anni e soddisfazione per il riconoscimento in sede giudiziaria della legittimità e correttezza della intera amministrazione comunale con riferimento ai bilanci 2016, 2017, 2018 e 2019».

CRISI D’IMPRESA: MISURE D’ALLERTA PER  UNA “SECONDA POSSIBILITÀ” AGLI IMPRENDITOR

Focus di commercialisti, avvocati e giudici fallimentari di Catania sul nuovo Codice

 CRISI D’IMPRESA: MISURE D’ALLERTA PER  UNA “SECONDA POSSIBILITÀ” AGLI IMPRENDITORI

Obblighi di controllo per una riforma normativa che è innanzitutto culturale

CATANIA

«Una novità che investe in pieno il mondo delle imprese e che rappresenta un importante cambiamento culturale»: così Giorgio Sangiorgio, presidente dei Commercialisti di Catania, ha definito il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, al centro di una serie di incontri – organizzati dagli Ordini etnei dei Commercialisti e degli Avvocati  e dal Centro Studi Diritto fallimentare di Catania, in collaborazione con il Tribunale Civile di Catania, IV sezione fallimentare – per approfondire i diversi aspetti della nuova normativa approvata lo scorso gennaio. Tra le disposizioni che entreranno in vigore il 15 agosto 2020, in attesa dei decreti correttivi, vi sono le misure di allerta per la composizione della crisi, focus del primo degli appuntamenti tenutosi ieri (15 novembre) all’Hotel Baia Verde di Acicastello. «Si tratta della parte più rilevante della riforma – ha sottolineato Sangiorgio, che ha coordinato i lavori – perché rappresenta lo spirito di questo nuovo impianto normativo: una prospettiva che va a supporto dell’imprenditore, volta a una “seconda possibilità”, nell’ottica di considerare la situazione di crisi non come patologica, ma costruendo un sistema di misure per intercettarne i segnali e rimediare per tempo».

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Tra gli strumenti previsti dalla normativa per realizzare una «fotografia completa della situazione debitoria», le certificazioni dei crediti delle Pubbliche amministrazioni, sulle quali ha fornito una panoramica – con particolare riferimento agli enti previdenziali – Pier Luigi Tomaselli, coordinatore dell’Ufficio legale metropolitano Inps di Roma. Un’analisi – ha detto – che corre su un «doppio binario con diverse finalità: quello della certificazione, per rappresentare al giudice la posizione debitoria dell’impresa nella procedura concorsuale, e quella dell’informazione, che mira a mettere il giudice nella condizione di conoscere la posizione debitoria allo stato in cui si presenta».

Sulla priorità delle misure di allerta nel contesto normativo nazionale e comunitario si è focalizzato l’intervento di Lucia De Bernardin, giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Catania. Si tratta di «meccanismi ideati per intercettare tempestivamente i segnali di crisi, segnalare problemi di liquidità e arrivare a una ristrutturazione dell’impresa». Seppur sulle modalità di attivazione dell’allerta il quadro del legislatore sia ancora non totalmente definito, De Bernardin ha sottolineato, nel caso dell’Italia dove sono prevalenti le Pmi, il ruolo dei consulenti nell’impostare un migliore e più ordinato monitoraggio e controllo della gestione delle imprese».

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Per verificare che i bilanci delle imprese siano “in regola” – tramite procedure interne o affidate a studi professionali esterni – sono stati individuati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili cinque indici d’allerta, illustrati da Maurizio Stella, segretario dell’Ordine etneo. Si tratta di «indicatori interni ed esterni – ha precisato – che segnalano squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa». Rilevano parametri quali la sostenibilità dei debiti in relazione ai flussi di cassa, i ritardi nei pagamenti, le prospettive di continuità aziendale. Sottoposti a verifiche trimestrali, nel dettaglio si elencano: l’indice di sostenibilità degli oneri finanziari (in termini di rapporto tra oneri finanziari e fatturato), l’indice di adeguatezza patrimoniale (rapporto tra patrimonio netto e debiti totali), l’indice di ritorno liquido dell’attivo (rapporto tra cash flow e attivo), l’indice di liquidità (rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine); l’indice di indebitamento previdenziale e tributario (rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo). Applicati su un campione test di 180mila imprese, dall’analisi statistica si rilevano 18mila imprese insolventi tra quelle esaminate nell’arco di cinque anni.